Lo split payment, disciplinato dall’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972, è il meccanismo in base al quale l’IVA, applicata dal cedente o prestatore in fattura, è versata all’Erario direttamente dal cessionario o committente.
Si tratta di una misura speciale che costituisce una deroga agli artt. 206 e 226 della Direttiva n. 2006/112/CE per ciò che riguarda le modalità di pagamento dell’imposta e di fatturazione e che fa parte di un pacchetto di misure introdotte dall’Italia per contrastare la frode e l’evasione fiscale, che comprende anche l’obbligo di fatturazione elettronica, autorizzato dalla decisione di esecuzione n. 2018/593/UE, e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri.
La fatturazione elettronica riduce il tempo necessario all’Amministrazione finanziaria per venire a conoscenza dell’esistenza di un potenziale rischio di frode o di evasione. Allo stesso tempo, in assenza dello split payment, il recupero dell’imposta in capo gli autori di frodi o evasioni potrebbe risultare impossibile in caso di insolvenza.
Pertanto, il frazionamento dei pagamenti quale misura preventiva si è dimostrato estremamente efficace e complementare alla fatturazione elettronica obbligatoria, che costituisce una misura successiva.
Precedenti proroghe
Con la decisione di esecuzione n. 2015/1401/UE, l’Italia è stata autorizzata a prevedere che, fino al 31 dicembre 2017, l’obbligo di versamento dell’IVA sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi alle Pubbliche amministrazioni spettasse a queste ultime.
La misura speciale è stata dapprima prorogata fino al 30 giugno 2020 con la decisione di esecuzione n. 2017/784/UE e, contestualmente, il relativo ambito di applicazione è stato esteso per includervi le cessioni di beni e le prestazioni di servizi nei confronti di alcune società controllate dalle Pubbliche amministrazioni e delle società quotate in borsa incluse nell’indice FTSE MIB.
Lo split payment non avrebbe più dovuto applicarsi dopo la piena attuazione delle procedure di fatturazione elettronica e di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, in quanto le stesse consentono all’Amministrazione finanziaria la verifica incrociata delle operazioni dichiarate dai soggetti passivi e il controllo dei versamenti dell’imposta.
Tuttavia, con la decisione di esecuzione n. 2020/1105/UE, il Consiglio europeo ha autorizzato l’ulteriore differimento fino al 30 giugno 2023 in considerazione, da un lato, della recente attuazione delle predette procedure e, dall’altro, della pandemia da COVID-19, che ha reso più problematico, per i soggetti passivi, attuare le modifiche richieste nei loro sistemi di fatturazione e, per le Amministrazioni fiscali, adeguare i sistemi di controllo e informatici.
Nuova proroga al 30 giugno 2026
La rinnovata proroga dello split payment fino al 30 giugno 2026 è giustificata dall’esigenza di evitare una regressione negli sforzi compiuti dall’Italia per ridurre il VAT gap.
Per quanto l’attività di controllo, grazie all’obbligo di fatturazione elettronica e di trasmissione telematica dei corrispettivi, sia immediata, le misure ex post non sono in grado di assicurare il recupero effettivo dell’imposta evasa, in specie quando l’autore dell’evasione non dispone della necessaria capacità finanziaria per pagare il debito d’imposta.
Lo split payment costituisce, quindi, uno strumento particolarmente efficace quando il cessionario o committente presenta un grado di adempimento degli obblighi fiscali superiore a quello del cedente o prestatore, per cui le due misure (fatturazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi, da un lato, e split payment, dall’altro) possono considerarsi complementari e non mutuamente interscambiabili.
Proroga al 30 giugno 2025 per le società incluse nell’indice FTSE MIB
Per rispettare l’obbligo di eliminare gradualmente il sistema dello split payment, dal 1° luglio 2025 saranno escluse dall’ambito di applicazione della misura speciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a favore di società incluse nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.
I soggetti passivi interessati dalla restrizione disporranno in tal modo del tempo sufficiente per introdurre gli opportuni aggiustamenti operativi e l’Amministrazione finanziaria potrà monitorare l’efficacia della limitazione valutando adeguatamente eventuali alternative possibili.