Secondo la Corte di Giustizia tributaria I di Lecce (sentenza 11 luglio 2023 n. 1174/2/23), la sospensione dei termini di prima casa, che opera dal 23 febbraio 2020 al 31 marzo 2022 (per effetto dell’art. 24 del DL 23/2020) e dal 1° aprile 2022 al 30 ottobre 2023 (grazie all’art. 3 comma 10-quinquies del DL 198/2022), sospende anche il termine di 3 anni per la costruzione dell’immobile, quando si compra “in corso di costruzione”.
In senso opposto si era espressamente pronunciata l’Agenzia delle Entrate, nella riposta ad interpello 12 gennaio 2021 n. 39, la quale aveva escluso che la sospensione potesse operare anche per il termine triennale da applicare in caso di acquisto in costruzione, in quanto tale termine non è contemplato dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86.
In effetti, il termine triennale è stato introdotto dalla prassi e dalla giurisprudenza per sopperire all’assenza di un termine normativo per l’ultimazione della costruzione.
Si ricorda, infatti, che l’agevolazione prima casa spetta anche per l’acquisto degli immobili in corso di costruzione, sebbene la norma in materia di imposta di registro (Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86) non lo preveda espressamente (mentre la norma IVA, collocata al n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72, fa espressa menzione di tale possibilità).
Sia la giurisprudenza (tra le tante, si vedano Cass. 12 dicembre 2018 n. 32121, 10 settembre 2004 n. 18300 e 29 aprile 2009 n. 10011) che l’Amministrazione finanziaria (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 21 febbraio 2014 n. 2, § 1.3), infatti, consentono l’applicazione dell’agevolazione prima casa anche per acquisti da ultimare o in costruzione.
Tanto la prassi che la giurisprudenza, però, dopo aver ammesso tale possibilità, hanno dovuto stabilire un termine entro il quale il contribuente deve ultimare l’immobile, in modo da consentire la verifica della sussistenza delle condizioni agevolative.
Secondo l’Agenzia delle Entrate (circ. n. 38/2005, § 5.1), appurato che la norma agevolativa non prevede un termine per l’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile, resta l’esigenza di fissare un termine per la verifica della sussistenza dei requisiti che danno diritto all’agevolazione, termine che non può essere differito sine die.
In proposito, la giurisprudenza (Cass. nn. 28577/2020 e 5180/2022) ha evidenziato che, in assenza di un termine normativamente fissato per realizzare una condizione richiesta per un beneficio, tale termine non può superare quello attribuito all’Amministrazione finanziaria per esercitare i propri controlli sulla spettanza del beneficio medesimo (fissato, nell’imposta di registro, dall’art. 76 del DPR 131/86).
Infatti, in base all’art. 2964 e seguenti c.c., il termine di decadenza stabilito dalla legge non può che farsi decorrere “… a partire dal momento in cui sussista il potere di compiere o tenere l’atto od il comportamento accertativo”.
Pertanto, secondo la ricostruzione operata dalla C.G.T. di Lecce, “in caso di acquisto agevolato di un’abitazione in costruzione, il contribuente deve ultimare la costruzione del fabbricato, ai fini del mantenimento dell’agevolazione, entro 3 anni dalla registrazione dell’atto, scaduto questo termine, decorre un ulteriore triennio entro il quale l’ufficio può contestare la spettanza dell’agevolazione «prima casa»”.
Alla luce di questa consolidato orientamento di prassi e di giurisprudenza, quindi, la Corte ritiene che anche il termine di tre anni per l’ultimazione dell’edificio rientri tra i termini relativi alle agevolazioni prima casa che risultano sospesi per effetto dell’art. 24 del DL 23/2020 e dell’art. 3 comma 10-quinquies del DL 198/2022.
Infatti, seppur sia vero che la norma sulla sospensione richiama solo i termini “previsti dalla Nota II-bis”, non è possibile escludere dalla sospensione il termine di tre anni che è stato “estrapolato” interpretativamente dalla giurisprudenza, proprio in ragione della lacuna normativa.
Quindi – rileva la Corte leccese – non sarebbe corretto interpretare letteralmente il rinvio normativo operato dalla norma sulla sospensione: il rinvio alla Nota II-bis contenuto nell’art. 24 del DL 23/2020 e nell’art. 3 comma 10-quinquies del DL 198/2022 non può, infatti, che riguardare la “complessiva interpretazione che nel passato i Giudici hanno dato della Nota II-bis”.
Sarebbe paradossale che, proprio nel momento in cui la nota II-bis viene richiamata da un’altra norma, “perdesse” tutti gli “attributi” interpretativi che la giurisprudenza gli ha riconosciuto nel tempo.
D’altronde, anche se si ragiona sulla ratio della sospensione dei termini, si comprende subito come essa non possa non operare anche per il termine triennale relativo all’ultimazione della prima casa acquistata in corso di costruzione.