Lavoro sportivo: i nuovi adempimenti dopo la Riforma

La Riforma dello Sport, in vigore dal 1° luglio 2023 ha portato con sé una serie di nuovi adempimenti che precedentemente erano sconosciuti alla maggior parte delle associazioni e società sportive. Il punto di riferimento normativo in questo ambito è il D.Lgs. 36/2021: il legislatore all’interno di questo decreto ha voluto fornire nuove tutele alla figura del lavoratore sportivo, da sempre rimasto in ombra rispetto a tutti gli altri lavoratori, che comportano necessariamente corrispondenti obblighi per i datori di lavoro. Tuttavia, negli ultimi mesi si sono susseguiti una serie di interventi correttivi e integrativi, con cui sono state modificate e precisate le regole che gli operatori di settore dovranno seguire; fondamentale è stata la scelta di consentire, per alcuni di questi obblighi, un periodo di moratoria fino al 31 ottobre 2023, come vedremo.

La comunicazione al Registro delle attività sportive

Il primo adempimento che le associazioni e le società sportive dovranno effettuare è sicuramente quello del “collocamento” dei lavoratori sportivi.

L’associazione o società nonché la Federazione Sportiva Nazionale, la Disciplina Sportiva associata, l’Ente di Promozione Sportiva, l’associazione benemerita, anche paralimpici, il CONI, il CIP e la società Sport e salute S.p.a. destinataria delle prestazioni sportive è tenuta a comunicare al Registro delle attività sportive dilettantistiche i dati necessari all’individuazione del rapporto di lavoro sportivo, di cui all’articolo 6 D.Lgs. 39/2021. La comunicazione al Registro delle attività sportive dilettantistiche equivale a tutti gli effetti, per i rapporti di lavoro sportivo di cui al presente articolo, alle comunicazioni al centro per l’impiego di cui all’art. 9-bis, c. 2 e 2-bis, DL 510/96 conv. in Legge 608/96, e deve essere effettuata secondo i medesimi contenuti informativi e resa disponibile a Inps e Inail in tempo reale. La comunicazione medesima è messa a disposizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e degli enti cooperanti secondo la disciplina del sistema pubblico di connettività. Il mancato adempimento delle comunicazioni comporta le medesime sanzioni previste per le omesse comunicazioni al centro per l’impiego. All’irrogazione delle sanzioni provvedono gli organi di vigilanza in materia di lavoro, fisco e previdenza.

Per l’invio delle comunicazioni obbligatorie relative alle co.co.co. da effettuare al RAS, il termine di scadenza viene posticipato entro il 30° giorno del mese successivo all’inizio del rapporto.

Questo primo adempimento è molto importante: il Ras è stato già implementato da inizio Luglio per l’invio delle comunicazioni, ma purtroppo ancora non è stato integrato sulla base dell’ultimo correttivo, infatti è ancora presente la sezione Inail e non è possibile utilizzare la funzione delega per l’accesso degli intermediari.

L’iscrizione al LUL

Un’altra importante novità riguarda l’iscrizione obbligatoria al libro unico del lavoro.

L’iscrizione nel LUL può avvenire in un’unica soluzione, anche dovuta alla scadenza del rapporto di lavoro, entro la fine di ciascun anno di riferimento, fermo restando che i compensi dovuti possono essere erogati anche anticipatamente.

Nuovi adempimenti previdenziali e assistenziali

Infine, oltre agli adempimenti relativi alla sicurezza sul lavoro ed alla sorveglianza sanitaria, che saranno oggetto di un ulteriore approfondimento, bisogna prestare attenzione ai nuovi adempimenti previdenziali ed assistenziali, nonché ai relativi versamenti., riferendoci in particolare al flusso Uniemens e all’Inail.

Su questo tema il legislatore ha rilevato una criticità operativa e di sistema e per questo motivo ha deciso di prevedere un periodo “cuscinetto”.

Infatti, per consentire agli operatori di settore di adeguarsi a tutte queste importanti novità, è stato previsto un periodo di moratoria, per gli adempimenti e i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti per le collaborazioni coordinate e continuative limitatamente al periodo di paga da luglio 2023 a settembre 2023, che potranno essere effettuati entro il 31 ottobre 2023.

Lavoratori a contatto con minori

Infine, non bisogna certo dimenticare la necessità di essere provvisti del certificato antipedofilia, per tutti i lavoratori sportivi che sono a contatto “diretto” con minori.

Il certificato è stato introdotto dalla Legge 96/2013, e dal D.Lgs. 39/2014 in risposta alla Dir. UE 2011/93/EU, e secondo la normativa vigente prevede per chi assume persone per attività con contatto diretto con minori di verificarne la fedina penale.

Il certificato può essere richiesto all’Ufficio del Casellario Giudiziale, o direttamente da parte dell’associazione/società sportiva, attraverso il sito del ministero della Giustizia; il certificato avrà validità semestrale, e non è necessario richiederlo alla scadenza in caso di prosecuzione del rapporto senza interruzione.

Tra un anno il termine per la riforma delle aliquote IVA

Entro un anno da oggi, lo Stato italiano dovrà definire i dettagli di attuazione della nuova disciplina comunitaria in tema di aliquote IVA.
Nell’ambito del disegno di legge di delegazione europea 2022-2023, approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 giugno scorso, vi è infatti l’impegno del Governo ad adottare entro il 31 agosto 2024 il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2022/542/Ue.

La menzionata direttiva innova in maniera significativa i criteri mediante i quali ciascuno Stato dell’Unione europea potrà determinare le proprie aliquote IVA ridotte.
La maggior parte delle disposizioni (in tema di aliquote) ivi contenute dovranno essere recepite da tutti gli Stati membri – con specifici atti legislativi e regolamentari – entro il 31 dicembre 2024, così che possano essere applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2025.

Proprio in ragione di questi ultimi termini, il Governo è tenuto a emanare il necessario decreto legislativo entro il 31 agosto 2024, vale a dire entro il quarto mese antecedente a quello di recepimento della direttiva (come richiede l’art. 31 della L. 234/2012).

La riforma delle aliquote risulta necessaria per adeguare l’ordinamento comunitario al regime IVA definitivo (attualmente però in “stand by”), nel quale le cessioni e prestazioni saranno soggette ad imposta nello Stato membro di destinazione.
Come evidenziato nel secondo considerando alla direttiva 2022/542/Ue, “nell’ambito di un tale sistema una maggiore diversità delle aliquote IVA non perturberebbe il funzionamento del mercato interno né causerebbe distorsioni della concorrenza”.

Da qui discende il riconoscimento agli Stati membri di una maggiore flessibilità nell’adozione delle aliquote ridotte. Resta confermato il principio-cardine tale per cui la previsione di un’aliquota ridotta rappresenta comunque un’eccezione rispetto all’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria.

La nuova disciplina, contenuta nel riformulato art. 98 della direttiva 2006/112/Ce, consentirà a ciascuno Stato membro di adottare:
– un massimo di due aliquote ridotte pari almeno al 5%;
– una sola aliquota ridotta inferiore al minimo del 5%;
– una sola esenzione con diritto a detrazione dell’IVA a monte (c.d. “aliquota zero”).

In merito alle ultime due condizioni, sarà possibile prevedere l’aliquota inferiore al 5% o la c.d. “aliquota zero” solamente per le cessioni o prestazioni di servizi individuate da un massimo di sette punti nell’Allegato III della direttiva 2006/112/Ce, scelte dagli Stati Ue tra le cessioni o prestazioni destinate “a coprire esigenze di base”.
L’Italia non è tenuta a considerare questo limite sino al 2031, poiché (come anche alcuni altri Stati) alla data del 1° gennaio 2021 già si avvaleva di un’aliquota inferiore al 5% e di una c.d. “aliquota zero” per operazioni contemplate in più di sette punti del citato Allegato III.

Inoltre, sarà consentito a tutti gli Stati membri di adottare aliquote ridotte non inferiori al 12% per gli stessi beni e servizi cui si applicano aliquote ridotte non inferiori al 12% in altri Stati membri e alle stesse condizioni, secondo il principio della reciprocità di trattamento.

Sul piano contenutistico, le novità in tema di aliquote contemplate dalla direttiva 2022/542/Ue (nel nuovo Allegato III alla direttiva 2006/112/Ce) riguardano essenzialmente tre aspetti, vale a dire:
– il rafforzamento dei sistemi sanitari degli Stati membri (si estende l’agevolazione a tutti gli “apparecchi, strumenti, dispositivi, articoli, materiale ausiliario e dispositivi di protezione medici”);
– la transizione verso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (ad esempio, saranno inclusi i pannelli solari e la relativa installazione su abitazioni private o edifici pubblici);
– la digitalizzazione dell’economia unionale (si agevolano, ad esempio, i servizi di accesso alle dirette streaming e i servizi per la connettività a internet).

Del descritto quadro regolamentare dovrà tenere conto il legislatore nazionale anche nella stesura del decreto attuativo della legge delega per la riforma fiscale che, ragionevolmente, potrebbe venire a coincidere con il decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria.

L’art. 7 della menzionata legge delega (L. 111/2023) richiede, d’altronde, di “razionalizzare il numero e la misura delle aliquote dell’IVA secondo i criteri posti dalla normativa dell’Unione europea, al fine di prevedere una tendenziale omogeneizzazione del trattamento per beni e servizi similari, anche individuati mediante il richiamo alla nomenclatura combinata o alla classificazione statistica, meritevoli di agevolazione in quanto destinati a soddisfare le esigenze di maggiore rilevanza sociale”.

Riforma dei redditi agrari con nuove colture “innovative”

La legge delega di riforma fiscale (L. 111/2023), all’art. 5 comma 1 lett. b), reca una serie di previsioni in materia di redditi agrari, che confermano i principi e i criteri direttivi già presenti nel Ddl. originario.

In relazione alle attività di coltivazione ex art. 2135 comma 1 c.c., viene prevista l’introduzione di nuove classi e qualità di coltura nel Catasto dei terreni, per tenere conto dei più evoluti sistemi di coltivazione, disponendo a tal fine:
– il riordino del relativo regime di imposizione su base catastale;
– l’individuazione del limite oltre il quale l’attività eccedente è produttiva di reddito d’impresa.
Detta disposizione si riferisce ai sistemi di coltivazione, quali, ad esempio, la c.d. vertical farm e le colture idroponiche, in grado di ridurre, tra l’altro, il consumo di acqua, di rendere più salubri i prodotti vegetali, di sottrarre determinate produzioni di carattere vegetale agli effetti distruttivi dei cambiamenti climatici. Ciò si realizza “in strutture protette, quali, oltre alle serre, i fabbricati a destinazione agricola, industriale, commerciale e artigianale oramai dismessi e riconvertiti alla produzione in esame” (in tal senso la Relazione illustrativa al Ddl. delega).

La legge delega prevede inoltre l’inclusione tra i redditi conseguiti con attività agricole ex art. 2135 c.c., entro limiti predeterminati, dei redditi relativi ai beni, anche immateriali, derivanti dalle attività di coltivazione e allevamento che concorrono alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici. Per tali redditi viene ipotizzato l’eventuale assoggettamento a imposizione semplificata (quali, ad esempio, criteri di determinazione del reddito su base forfetaria, applicando un coefficiente di redditività ai corrispettivi dell’attività).

La Relazione al disegno di legge delega precisa che tale disposizione riguarda anche i redditi “debitamente certificati, derivanti dalla cessione dei crediti di carbonio ottenuti mediante la cattura di CO2”, i quali potranno pertanto essere assoggettati a imposizione semplificata (al riguardo si ricorda che, secondo la risposta a interrogazione parlamentare 31 maggio 2022 n. 5-08179 e la risposta a interpello Agenzia delle Entrate 16 settembre 2020 n. 365, l’assetto normativo vigente esclude che possa rientrare tra le attività agricole connesse la cessione, a titolo oneroso, da parte di un’impresa agricola, delle quote di emissione di anidride carbonica).

È prevista poi l’introduzione di procedimenti, anche digitali, che consentono di aggiornare, entro il 31 dicembre di ogni anno, le qualità e le classi di coltura presenti nel Catasto dei terreni con quelle effettivamente praticate, senza oneri aggiuntivi per i possessori e conduttori dei terreni agricoli e che incideranno, conseguentemente, anche sulla determinazione del reddito dominicale (artt. 29 e 30 del TUIR) e agrario (art. 34 comma 3 del TUIR).

Agevolazioni per pensionati e contribuenti con basso reddito

Un ulteriore criterio di riforma riguarda la revisione, ai fini di semplificazione, del regime fiscale dei terreni agricoli su cui svolgono attività agricole:
– i titolari di redditi di pensione;
– i soggetti con reddito complessivo di modesto ammontare.
La Relazione al Ddl. delega precisa che tale disposizione “è diretta a incentivare i titolari di redditi di pensione o, comunque, a basso reddito, allo svolgimento di attività agricole anche attraverso l’adozione delle medesime disposizioni previste sui terreni agricoli a beneficio dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola” (quali, ad esempio, quelle previste dall’art. 1 comma 44 della L. 232/2016).