Fabbricato da demolire non sempre riconducibile a un’area edificabile

In ambito immobiliare, non è infrequente l’ipotesi in cui l’oggetto della cessione sia un fabbricato da demolire.
L’intento di dismettere l’opera potrebbe rinvenirsi già negli accordi contrattuali della compravendita oppure, in assenza di pattuizioni in tal senso, potrebbe evincersi dagli atti contestuali al trasferimento.

In tutti questi casi, dal punto di vista dell’IVA, si pone il tema di qualificare correttamente l’operazione, considerando che la stessa potrebbe astrattamente dare luogo a due distinti trattamenti ai fini dell’imposta.
Nello specifico, infatti:
– se si valorizza la circostanza della presenza di un immobile nel momento in cui avviene il trasferimento della proprietà, potrebbe configurarsi una cessione di un fabbricato (in regime naturale di esenzione ex art. 10 comma 1 nn. 8-bis) e 8-ter) del DPR 633/72, con la possibilità di optare per il regime di imponibilità a determinate condizioni);
– se, invece, è dato maggior rilievo alla fase di demolizione, l’operazione andrebbe a integrare una cessione di area edificabile, soggetta a IVA con aliquota ordinaria (secondo una lettura a contrariis dell’art. 2 comma 3 lett. c) del DPR 633/72, non trovando applicazione l’esclusione dall’imposta prevista per i terreni non fabbricabili).

Sul tema si registrano alcuni interventi della giurisprudenza unionale, la quale ha, in primo luogo, affermato come il trasferimento di un fabbricato pienamente “operativo” e non ancora demolito non possa essere qualificato come cessione di terreno edificabile nei casi in cui la demolizione vada a integrare un’operazione economicamente indipendente rispetto alla vendita del suolo e non formi un tutt’uno con quest’ultima (e ciò anche se l’intenzione delle parti era quella di rimuovere l’immobile esistente per fare posto a un nuovo edificio).

Ad avviso della Corte di Giustizia Ue 4 settembre 2019, causa C-71/18, si è, quindi, di fronte alla cessione di un fabbricato nelle ipotesi in cui – nel momento in cui viene effettuato il trasferimento – il bene risulti ancora effettivamente utilizzabile e non vi sia un coinvolgimento (a qualsiasi titolo) del venditore nella fase di demolizione.
Viceversa, l’operazione, potrebbe integrare una cessione di area edificabile nel caso in cui il venditore sia incaricato della demolizione dell’immobile esistente sul fondo e siano già stati iniziati i lavori di abbattimento alla data in cui avviene il trasferimento della proprietà (cfr. Corte di Giustizia Ue 19 novembre 2009, causa C-461/08).

In buona sostanza, il trattamento IVA della compravendita discenderà essenzialmente dall’esame della totalità delle circostanze in cui si svolge l’operazione, considerando al riguardo elementi oggettivi quali:
– lo stato di avanzamento, alla data di cessione del fabbricato, dei lavori di demolizione o di trasformazione effettuati dal venditore:
– l’uso di tale proprietà alla stessa data;
– l’eventuale presenza di un impegno del venditore alla realizzazione dei lavori di demolizione, per permettere una costruzione futura.

L’orientamento della giurisprudenza unionale è stato, altresì, recepito anche a livello interno con l’ordinanza della Cassazione n. 6788 del 7 marzo 2023.
I giudici di legittimità, conformandosi ai principi della Corte di Giustizia Ue, hanno affermato come ai fini della qualificazione IVA dell’operazione, la sola intenzione delle parti non possa, di per sé, assumere rilevanza prevalente rispetto alle risultanze oggettive della compravendita immobiliare.
È possibile qualificare l’operazione come una cessione di area edificabile nella sola ipotesi in cui ricorrano elementi negoziali tali per cui si possa ritenere che la demolizione non sia indipendente rispetto alla vendita, bensì “saldata a questa in un’unitaria regolamentazione contrattuale”.

Sulla scorta di tali considerazioni, nel caso esaminato dalla Cassazione, l’operazione è stata qualificata come cessione di immobile in base alle seguenti circostanze:
– l’agibilità del fabbricato nel momento in cui veniva ceduto;
– l’assenza di riferimenti alla demolizione nell’accordo negoziale (l’alienante, pur avendo ottenuto il permesso di demolizione prima della vendita, non aveva assunto alcun impegno in merito nei confronti dell’acquirente, il quale procedeva per suo conto solo dopo il perfezionamento della cessione).

Ad avviso della Cassazione, inoltre, ai fini della configurazione del trasferimento come cessione di fabbricato, non sarebbe determinante il prezzo a cui è avvenuta la compravendita, poiché “il valore commerciale dei beni immobili è solitamente superiore al valore desumibile dalla rendita catastale”.