Per legge, la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza nonché dai lavoratori neo-genitori durante i primi tre anni di vita del bambino (o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’art. 54 comma 9 del DLgs. 151/2001) devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali competente per territorio (art. 55 comma 4 del DLgs. 151/2001).
Attualmente, la convalida delle dimissioni dei lavoratori neo-genitori presuppone il colloquio diretto della lavoratrice o del lavoratore interessato con il personale dell’Ispettorato territoriale del lavoro (ITL), il quale rappresenta un efficace strumento per valutare e accertare la genuinità della volontà di risolvere il rapporto di lavoro.
È comunque anche ammessa, su richiesta della lavoratrice o del lavoratore interessato, l’effettuazione del colloquio da remoto mediante l’utilizzo della piattaforma Microsoft teams (cfr. nota INL n. 2897/2022).
A tal fine sul sito istituzionale dell’Ispettorato del Lavoro risulta scaricabile il relativo modulo di richiesta nella sezione “Modulistica”, da trasmettere all’indirizzo e-mail dell’ITL competente – individuato in base alla Provincia corrispondente al luogo di lavoro o di residenza del lavoratore o della lavoratrice –, con indicazione della casella di posta elettronica del lavoratore padre o della lavoratrice madre alla quale dovrà essere inviato il link per il collegamento alla piattaforma Microsoft teams e con allegazione della documentazione richiesta (quindi, fotocopia non autenticata del documento di identità e lettera di dimissioni/risoluzione consensuale debitamente datata e firmata).
Si evidenzia che la convalida, in tali ipotesi, è fondamentale, in quanto le dimissioni in questione devono essere convalidate a pena di inefficacia.
L’ultima parte del comma 4 dell’art. 55 del DLgs. 151/2001 dispone infatti espressamente che l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro sia sospensivamente condizionata alla convalida da parte dell’Ispettorato del lavoro.
Sul punto la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5598/2023, è intervenuta chiarendo che l’inefficacia delle dimissioni non convalidate non è limitata al solo periodo “protetto” dalla norma – vale a dire la gravidanza e i primi tre anni di vita del bambino, seppur la pronuncia si sia riferita alla precedente versione della disposizione in argomento, che faceva riferimento al primo anno di vita del minore –, per cui una volta trascorso detto periodo, le dimissioni non producono in ogni caso l’estinzione del rapporto di lavoro.
In mancanza della convalida da parte dei servizi ispettivi, le dimissioni non producono quindi effetti, ciò in quanto “la cessazione del periodo protetto costituisce un fattore neutro”, inidoneo, in quanto tale, a incidere “sulla modalità di formazione della volontà dismissiva espressa dal dipendente”.
Nel caso di specie, in primo grado, il giudice aveva condannato il datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive e del TFR maturati dalla data nella quale la lavoratrice, assente per maternità, aveva rassegnato le dimissioni – le quali non erano state convalidate – alla data in cui terminava il periodo protetto, mentre la Corte di Appello, con una statuizione poi confermata dalla Cassazione, ha dichiarato l’inefficacia delle dimissioni rassegnate per non essere mai intervenuto il prescritto provvedimento di convalida da parte dei servizi ispettivi, con diritto della dipendente al pagamento degli importi corrispondenti alle retribuzioni mensili percepite fino alla data di deposito del ricorso di primo grado, detratto l’aliunde perceptum.