La ritenuta di acconto applicata sui bonifici “parlanti” salirebbe dall’8% all’11% a decorrere dal 1° marzo 2024.
Aumenterebbe poi da 5 a 10 anni il periodo durante il quale la vendita di immobili, diversi dall’abitazione principale, deve scontare l’imposta sulla plusvalenza, penalizzando così le compravendite immobiliari.
È quanto emerge dal Ddl. di bilancio per l’anno 2024 che inizia l’iter in Senato: deferito in sede referente alla Commissione Bilancio, con il parere di tutte le altre Commissioni permanenti, è atteso in Aula da lunedì 27 novembre.
Quanto alla prima misura citata, quindi, verrebbe anticipato di un mese (dal 1° aprile al 1° marzo) il momento a decorrere dal quale la ritenuta, di cui all’art. 25 del DL 78/2010, che viene operata dagli istituti di crediti e da Poste italiane all’atto di accredito dei pagamenti eseguiti dai contribuenti con bonifici “parlanti” e relativi agli interventi “edilizi”, salirà di ulteriori tre punti percentuali.
Cambia inoltre, rispetto a una precedente versione in bozza, la norma contenuta nel Ddl. di bilancio 2024, che prevede un ampliamento delle ipotesi per cui si genera una plusvalenza tassata in caso di cessioni di immobili sui quali sono stati effettuati interventi che hanno consentito di fruire del superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020.
Aggiungendo la lett. b-bis) all’art. 67 comma 1 del TUIR verrebbe previsto che rientrino tra i redditi diversi “le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili, in relazione ai quali il cedente o gli altri aventi diritto abbiano eseguito gli interventi agevolati” con il superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020, “che si siano conclusi da non più di dieci anni all’atto della cessione”.
Rimarrebbero esclusi “gli immobili acquisiti per successione e quelli che siano stati adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione o, qualora tra la data di acquisto o di costruzione e la cessione sia decorso un periodo inferiore a dieci anni, per la maggior parte di tale periodo”.
La disposizione riguarderebbe le cessioni poste in essere dal 1° gennaio 2024.
Nel caso di immobili diversi dall’abitazione principale non acquisiti per successione sui quali siano stati effettuati interventi godendo del superbonus, quindi, verrebbe tassata la plusvalenza derivante dalla loro cessione nei dieci anni successivi (in luogo dei cinque anni previsti in una precedente bozza del Ddl. di bilancio 2024).
Ai fini della determinazione dei costi inerenti al bene sul quale sono stati effettuati interventi con il superbonus, inoltre, modificando l’art. 68 comma 1 del TUIR, verrebbe stabilito che:
– se gli interventi sono conclusi da non più di 5 anni dall’atto di cessione, non si tiene conto delle spese relative a tali interventi, qualora si sia fruito dell’incentivo nella misura del 110% e siano state esercitate le opzioni di cui all’art. 121 del DL 34/2020;
– se gli interventi sono conclusi da più di 5 anni ma entro i 10 dall’atto di cessione, si tiene conto del 50% delle spese se si è fruito dell’agevolazione nella misura del 110% e se sono state esercitate le suddette opzioni.
Esemplificando, si ipotizzi pari a 100.000 euro il costo di acquisto di un’immobile (non abitazione principale) sul quale, nel corso del 2021, sono stati effettuati interventi con il superbonus del 110% per un importo di 160.000 euro per i quali si è optato per lo sconto sul corrispettivo: se entro 5 anni dal termine dei lavori l’immobile viene ceduto per 300.000 euro, la plusvalenza sarà pari a 200.000 euro (determinata dalla differenza tra 300.000 euro e 100.000 euro).
Se il medesimo immobile viene ceduto dopo 5 anni dall’ultimazione dei lavori, ma entro i 10 anni, la plusvalenza tassata sarà pari a 120.000 euro [300.000 euro – (100.000 euro + 80.000)].
Rimane fermo che per gli stessi immobili acquisiti o costruiti, alla data della cessione, da oltre cinque anni, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione, come suddetto determinato, è rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Alle suddette plusvalenze risulta possibile applicare l’imposta sostitutiva dell’IRPEF del 26%, di cui all’art. 1 comma 496 della L. 266/2005.