RIMBORSI CHILOMETRICI PER GLI STUDI ASSOCIATI – LA GIURISPRUDENZA

Con riferimento alle professioni intellettuali, la disciplina civilistica distingue tra:
✓ i “compensi”
✓ ed i “rimborsi spese”.

Al contrario, la disciplina fiscale del reddito professionale è carente di una regolamentazione sistematica dei rimborsi spese, limitandosi a disciplinare (art. 54, co. 5, Tuir) le seguenti due fattispecie:
1) il sostenimento delle spese di qualsiasi natura direttamente da parte del committente
2) il rimborso (analitico o meno) delle spese di vitto alloggio sostenute in trasferta.
La disciplina di tali fattispecie viene riepilogata nel grafico che segue:

REGIME DEI RIMBORSI SPESA NELL’AMBITO DELLE SOCIETA’ DI PERSONE
Il regime applicabile ai riaddebiti delle spese per l’autovettura per gli studi associati potrebbe mutuare la disciplina da quella prevista per le società di persone; infatti, l’art. 5, co. 3, lett. c), tuir, dispone che “ai fini delle imposte sul reddito” le associazioni professionali “sono equiparate” alle società di persone.
Secondo tale orientamento, andrebbero estesi alle associazioni professionali i chiarimenti della CM 6/2009, riferiti alle società di persone in merito ai rimborsi spese in favore dei soci.

IL RIMBORSO DELLE SPESE DELL’AUTOVETTURA

Prima di affrontare la questione del rimborso per le spese sostenute riferite alle autovetture, è opportuno richiamare il regime di deducibilità di dette spese.

DEDUCIBILITA’ DELLE SPESE PER AUTOVETTURE

L’art. 164 del tuir (che si applica sia al reddito d’impresa che al reddito di lavoro autonomo) stabilisce che le spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto su strada, a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni, sono deducibili
✓ integralmente, se destinati esclusivamente come beni strumentali “nell’attività propria” dell’impresa (art. 164, co. 1, lett. a), tuir)
✓ solo parzialmente, nella misura del 20%, in caso contrario (art. 164, co. 1, lett. b), tuir).

In relazione alla prima fattispecie, secondo costante orientamento dell’Agenzia (avallato dalla giurisprudenza: Cass., n. 31031/2018), questa si verifica solo se il mezzo risulti:
– non meramente “strumentale” (nel senso che l’attività potrebbe realizzarsi anche esternalizzando il servizio di trasporto delle persone a terzi)
– ma “indispensabile” per lo svolgimento dell’attività, evento che si verifica solo nei seguenti casi:

Per quanto attiene la generalità dei casi, poi:
✓ la deducibilità nel limite del 20% opera le spese di impiego in generale (carburante, manutenzioni, pedaggi, assicurazioni, tassa di proprietà, ecc.)
✓ a cui si affianca un limite massimo di spesa per quanto attiene la deducibilità
– degli ammortamenti e canoni di leasing relativi a detti beni
– delle spese per il noleggio

UTILIZZO DELL’AUTOVETTURA NEGLI INCARICHI PROFESSIONALI

In alcuni casi l’incarico professionale richiede l’utilizzo dell’autovettura del libero professionista.
SPESE INTESTATE DIRETTAMENTE AL COMMITTENTE
Va preliminarmente osservato che, posta la particolare tipologia di spesa, non risulta concretamente esperibile la prima delle soluzioni inizialmente prospettate, cioè il fatto che possa essere il committente a pagare direttamente il fornitore della spesa.

Nota: la soluzione:
– risulta fattibile per le spese di trasporto (si pensi all’acquisto del biglietto aereo o ferroviario direttamente da parte del committente); in tal caso la spesa risulta estranea al reddito di lavoro autonomo (del professionista singolo o associato che si reca in trasferta)
– è più difficilmente realizzabile per le spese di viaggio. Si pensi al pagamento delle spese di carburante sostenute dal professionista in occasione della trasferta, alle spese per i pedaggi, ecc., per le quali, in generale, si avrà un documento di spesa intestato al professionista che procede a successivo riaddebito.

I RIMBORSO SPESE PER AUTOVETTURE NEGLI STUDI ASSOCIATI

SOGGETTIVITA’ PASSIVA
Nell’ambito delle associazioni professionali un aspetto particolare assume la soggettività passiva.
Più in particolare
▪️ se questa è riconosciuta, senza particolari problemi, per quanto attiene la stipula di contratti in generale, nonché alla legittimità passive in giudizio
▪️ per quanto attiene l’intestazione dei beni “registrati” si pone ancora la seguente situazione:
✓ è ammessa l’intestazione degli automezzi
non è ancora ammessa l’intestazione degli immobili
Beni mobili registrati: dal 2020 la (imperfetta) soggettività delle associazioni professionali permette l’immatricolazione del mezzo a nome di quest’ultima e, dunque:
– la fatturazione in capo a quest’ultima (con detrazione dell’Iva, anche se limitata al 40% per le autovetture)
– la deduzione del costo per ammortamento e delle spese di gestione.

RIMBORSI SPESA PER L’UTILIZZO DEI MEZZI DEI SINGOLI ASSOCIATI

Come anticipato, una prima alternativa riferita all’utilizzo degli automezzi riguarda la possibilità, per lo studio associato, di acquistare direttamente il mezzo.

In tal caso la situazione risulta del tutto analoga a quella prevista per il professionista singolo.
N.B: unica particolarità rispetto al regime delle imprese attiene al limite numerico degli automezzi (senza differenza tra autovetture e motocicli/ciclomotori), che:
– per il professionista singolo corrisponde ad 1 solo automezzo e corrisponde al numero dei soci per quanto attiene lo studio associato
– mentre nulla è disposto nell’ambito di impresa (ditta individuale o società)

AUTO PRIVATA CONCESSA IN USO ALLO STUDIO ASSOCIATO
Una seconda alternativa attiene la possibilità, per lo studio associato, di avvalersi dell’auto privata del professionista associato.

Professionista singolo: nel caso di singolo lavoratore autonomo, l’utilizzo nell’ambito dell’attività dell’automezzo “privato” (non iscritto a libro cespiti) è sempre ammesso, nel senso che risultano deducibili le spese di gestione (nei limiti del 20%), mentre non è ammessa la deduzione dell’ammortamento.
Si noti che anche tale limitazione potrebbe implicare la totale indeducibilità di un automezzo noleggiato pur in presenza della totale imponibilità dell’eventuale riaddebito al committente.

Aspetti civilistici: secondo la giurisprudenza, il contratto che viene stipulato tra l’associato e l’associazione professionale rientra tra i contratti di comodato (CTP di Treviso, n. 10/8/15, del 12/1/2015).

A tal fine si ricorda che, ai sensi dell’art. 1803 c.c., il comodato è essenzialmente gratuito, ma permette di porre a carico dell’utilizzatore il pagamento delle spese occorrenti per le il suo utilizzo (è il cd. “comodato modale” – Cass., nn. 1693/1981 e 9718/1990).

Aspetti fiscali
In merito alla deducibilità delle spese sostenute dall’associato e rimborsate dall’associazione professionale (nel presupposto che le spese risultino analiticamente documentate dall’associato, che possa dimostrarne il sostenimento in occasione di “trasferte”, cioè di spostamenti inerenti all’attività professionale), in passato si sono formati due orientamenti divergenti:
1) le spese sostenute (e rimborsate al professionista associato) rimangono deducibili nella misura del 20%, trovando applicazione il disposto normativo contenuto nell’art. 164 c. 1, lett. b), Tuir
2) le spese sono deducibili al 100%, posto che l’art. 164 non rileva nel caso di autovetture “di terzi”, come nel caso di specie, ma rileva nel caso di auto di proprietà del contribuente stesso (imprenditore o libero professionista)

L’assenza di una specifica disciplina dei rimborsi spese chilometrici nell’ambito delle norme che regolano il reddito di lavoro autonomo ha generato i citati orientamenti divergenti.

LA GIURISPRUDENZA PIÙ RECENTE
In due recenti sentenze la Cassazione si è espressa in materia.

Con la ord. n. 776/2022, la corte si è adeguata al primo orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 24154 del 2021; Cass. n. 16245 del 2021; Cass. n. 31031 del 2018; Cass. n. 14858 del 2018), sostenendo che:

Con una seconda pronuncia (ord. n. 2831/2022), tuttavia, la Corte si è adeguata al secondo orientamento (minoritario in giurisprudenza), sostenendo che:
– la presunzione di uso promiscuo delle autovetture contenuta nell’art. 164 del tuir si estende fino a ricomprendere il caso in cui l’associazione professionale si avvalga dei mezzi degli associati
– sul contribuente gravano l’onere di dimostrare la “indispensabilità del mezzo” per l’esercizio dell’attività (che l’Agenzia delimita, come visto, a situazioni che esulano tutte da una attività di lavoro autonomo).

CONCLUSIONI
Alla luce del profondo dissidio giurisprudenziale non resta che attendere un possibile rinvio della questione alle Sezioni Unite della cassazione o, ancora meglio, l’introduzione, da parte del legislatore, di una specifica disciplina nell’ambito del Tuir.

Indennità una tantum 150 euro – istanza di riesame entro il 13/07/2023

Con il messaggio n. 1389 del 14/04/2023, l’INPS ha indicato termini e procedure operative ai fini della presentazione dell’istanza di riesame nel caso risulti “respinta” l’istanza per l’erogazione dell’indennità una tantum di €. 150 x art. 19 commi 11-14 del DL 144/2022.

L’istanza di riesame potrà essere presentata entro il 13/07/2023

L’esito della domanda e le relative motivazioni sono consultabili accedendo al “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche” raggiungibile dalla home page del sito dell’Istituto (www.inps.it), attraverso il motore di ricerca oppure seguendo il percorso “Sostegni, Sussidi ed Indennità” > “Esplora Sostegni, Sussidi e Indennità” > “Strumenti” > “Vedi tutti” > “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche” > “Utilizza lo strumento”; una volta autenticati, sarà necessario selezionare la prestazione d’interesse e accedere alla sezione “Ricevute e provvedimenti”.

Per le domande nello stato “Respinta” è disponibile la lista dei motivi di reiezione e il tasto “Chiedi riesame”, che consente di inserire la motivazione della richiesta e, attraverso la funzione “Allega documentazione”, di produrre i documenti previsti per il riesame.

Nel caso di domanda “respinta”, il soggetto interessato può proporre istanza di riesame mediante lo stesso servizio telematico di presentazione della domanda, che permetta all’Istituto di verificare le risultanze dei controlli automatici e il rispetto dei requisiti di appartenenza a ciascuna categoria, così come delineati nella circolare n. 127 del 16/11/2022.

L’istanza di riesame potrà essere presentata entro 90 gg dal 14/04/2023, giorno di pubblicazione del messaggio n. 1389 del 14/04/2023, ossia entro il 13/07/2023.

Vengono poi forniti alcuni chiarimenti in merito ai requisiti di accesso all’indennità in base alla tipologia di soggetti.

Fermo restando che per i lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti l’indennità viene erogata dall’INPS solo in forma residuale, e cioè qualora non l’abbiano già ricevuta, ove spettante, dal datore di lavoro, l’Istituto di previdenza ricorda che per tali soggetti il requisito delle “50 giornate di lavoro svolte nel corso dell’anno 2021” si ritiene soddisfatto anche nel caso in cui il medesimo venga raggiunto cumulando le giornate di lavoro effettivo come lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti, riferite al settore sia agricolo che non agricolo.

Inoltre, l’INPS precisa che, in caso di cancellazione retroattiva delle giornate di lavoro agricolo dell’anno 2021 utili al raggiungimento del requisito, l’indennità risulta indebita e deve essere restituita.

Con un provvedimento di prossima pubblicazione verranno fornite istruzioni con specifico riferimento alla categoria dei dottorandi e assegnisti di ricerca, per risolvere la criticità circa l’assenza dell’informazione relativa alla presenza di un contratto di dottorando/assegnista alla data prevista dal DL 144/2022, che ha comportato la reiezione delle relative domande.

No alla sanzione per omessa regolarizzazione della fattura se c’è da riqualificare l’operazione fatturata

Illegittima l’irrogazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle entrate nei confronti delle società che non hanno regolarizzato la fattura, attraverso la riqualificazione fiscale dell’operazione. L’obbligo di regolarizzare l’operazione imponibile posta in essere dal cedente o dal prestatore riguarda solo la verifica della regolarità formale non esige anche il controllo sostanziale della corretta qualificazione fiscale dell’operazione, salva l’ipotesi di reverse charge.

Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 14650 del 25 maggio 2023, con cui ha accolto il ricorso delle società contribuenti.

L’Agenzia delle entrate riteneva assoggettabili ad Iva le prestazioni di consulenza fornite dalla srl in favore delle due società ricorrenti, qualificate come attività di intermediazione dall’emittente le fatture, sanzionando così il comportamento di omessa regolarizzazione di fatture imponibili tenuto dalle società contribuenti. Tuttavia, sbaglia la Ctr a ritenere che le società ricorrenti avrebbero dovuto procedere alla regolarizzazione delle fatture emesse dalla srl per attività di intermediazione e non già di consulenza, senza limitarsi ad un controllo meramente formale delle fatture.

L’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 471/97 – secondo cui il cessionario di un bene o il committente di un servizio è tenuto a «regolarizzare» l’operazione imponibile posta in essere dal cedente o dal prestatore senza emissione di fattura o con fattura irregolare – implica il solo obbligo di verificarne la regolarità formale e non esige invece il controllo sostanziale della corretta qualificazione fiscale dell’operazione (cfr. Cass. 26183/2014 e 14275/2020). L’unica deroga riguarda l’ipotesi di inversione contabile (cfr. Cass. 12138/2022).

Nel caso in esame, dunque, in cui non trova applicazione il regime del reverse charge, le contribuenti, indipendentemente dalla specifica conoscenza che abbiano avuto della natura del rapporto intercorso con la srl, non avevano l’obbligo di procedere alla regolarizzazione delle fatture emesse da quest’ultima, riqualificando giuridicamente il rapporto come attività di consulenza al posto di attività di intermediazione (qualifica indicata dalla società emittente), sicché le ricorrenti non sarebbero potute essere sanzionate.

La Suprema corte ha così cassato la sentenza impugnata e deciso nel merito con accoglimento dei ricorsi originari delle società ricorrenti.

SISMABONUS – ASSEVERAZIONE TARDIVA – REMISSIONE IN BONIS

Come noto, la detrazione denominata “sismabonus”, di cui all’art. 16 del DL 63/2013:
▪ in relazione a qualsiasi fattispecie di intervento (ivi incluso il cd. “Sismabonus acquisti” spettante all’acquirente delle unità in edifici riqualificati dal punto di vista sismico), anche ove attratto al super sismabonus
▪ richiede la presentazione della cd. “Asseverazione preventiva”, disciplinata dal DM del MIT n. 58/2017.

Nota: in particolare, quest’ultimo decreto:
✓ al co. 2: disciplina la presentazione dell’asseverazione preventiva
✓ al co. 3: ne prevede i termini di trasmissione al Comune, oggetto di modifica da parte del DM 24/2020.

ASSEVERAZIONE PREVENTIVA

In linea generale l’asseverazione preventiva assolve la funzione:
– di certificare, ad opera del tecnico “strutturalista”, il miglioramento di classe sismica stimato riferito all’edificio (la classe sismica ante operam va confrontata con quella attribuibile post operam)
– al fine di valutare la “bontà” dei lavori ai fini antisismici (a cui, in generale, risulta collegata l’intensità del beneficio fiscale in termini di detrazione).

N.B.: la Commissione consultiva per il monitoraggio dell’applicazione del DM 58/2017 ha, peraltro, ritenuto (Parere n. 3 del 7/04/2021) che l’asseverazione preventiva:
– in generale è dovuta anche in presenza di interventi non associati di miglioramento di classe sismica (si tratta degli interventi detraibili al 50%)
– eventualmente ricorrendo all’attribuzione “in forma semplificata” (ammessa nel caso di edifici di muratura classificabili in una delle tipologie previste dall’allegato A, D.M n. 58/2017)
La Commissione ha inoltre dettagliato i casi in cui l’attribuzione della classe di rischio può essere omessa (riferiti, in generale, alle particolarità costruttive dell’edificio).

TEMPISTICA: l’art. 3 del DM n. 58/2017 prevede la produzione della seguente documentazione:

TARDIVA PRESENTAZIONE DELL’ASSEVERAZIONE PREVENTIVA
L’Agenzia delle entrate ha più volte sostenuto che (CM 28/2022 e Interpelli n. 127/2021 e n. 244/2020):
➔ la tardiva/omessa presentazione della asseverazione rispetto ai citati termini
➔ non consente l’accesso alla detrazione
contravvenendo a quanto espressamente richiesto dal DM attuativo n. 58/2017 (pur in assenza di una specifica disposizione “decadenziale” che faccia riferimento alla fattispecie).

I RECENTI CHIARIMENTI DELL’AGENZIA

L’Agenzia delle entrate è recentemente tornata sulla questione con l’Interpello n. 333 del 29/05/2023, facendo una panoramica aggiornata della situazione.

In primo luogo l’Agenzia chiarisce che la violazione non può essere considerata formale; più in particolare, non si verte nell’ambito:
▪ né di violazione “meramente formale” (dunque non sanzionabile), trattandosi di violazione suscettibile di ostacolare l’attività di controllo degli Uffici
▪ né di violazione formale tout court (cui va associata una sanzione fissa).

REMISSIONE IN BONIS

In relazione a quanto recentemente previsto dall’art. 2-ter, co. 1 lett. c), DL 11/2023 (cd. “Decreto cessioni”) l’Agenzia chiarisce che il contribuente
▪ può sanare il tardivo deposito dell’asseverazione
▪ nei termini ordinari mediante la remissione in bonis ex art. 2, co. 1, DL 16/2012

Nota: si ricorda che il citato DM 11/2023, con disposizione di interpretazione autentica, ha disposto l’applicabilità della remissione in bonis al caso di specie (v. RF 040/2023).

Si tratta di una particolare forma di remissione in bonis in quanto il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi “utile” entro cui esperire l’adempimento tardivo (il deposito dell’asseverazione “preventiva”) va riferita:
➔ non al periodo d’imposta nel quale il tecnico strutturalista avrebbe dovuto depositare il documento
➔ ma a quella nella quale va esercitata la detrazione della 1° rata dell’agevolazione.

Così, in presenza di una autorizzazione trasmessa al SUAP a dicembre 2022 priva della asseverazione preventiva, con pagamenti effettuati solo nel 2023, il termine per effettuare la remissione in bonis coincide:
– non col 30/11/2023 (termine di invio del mod. Redditi 2023 riferito al periodo 2022, anno in cui è intervenuta la violazione)
– ma col 30/11/2024 (termine per l’invio del mod. Redditi 2024 nell’ambito del quale il contribuente detrae la 1° rata del sismabonus)

Nel caso in cui il committente i lavori sia un soggetto imprenditore, il momento in cui sorge il diritto alla detrazione (e, dunque, il termine di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi) va valutato in relazione alla “competenza” del costo sostenuto, e cioè nel momento:
– di accettazione dei SAL: ove l’intervento preveda la ripartizione in Stati avanzamento
– di ultimazione dell’intervento: in caso contrario.

Si ricorda che la remissione in bonis viene esperita tramite:
– il pagamento della sanzione di €. 250 (cod. trib. 8114)
– l’effettuazione dell’adempimento (trasmissione al SUAP dell’asseverazione preventiva, nel caso di specie)
entro il termine di presentazione della “prima dichiarazione utile”.

CESSIONE DEL CREDITO/SCONTO IN FATTURA

Nel caso in cui il contribuente abbia esercitato l’opzione per lo sconto in fattura/cessione del credito derivante dagli interventi di sismabonus, è possibile cumulare due autonome “remissioni in bonis” riferite:
1) non solo alla tardiva trasmissione dell’asseverazione preventiva: che deve intervenire prima della presentazione della comunicazione dell’opzione sulla Piattaforma cessione crediti
2) ma anche della stessa comunicazione dell’opzione per la cessione/sconto in fattura, da trasmettere entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile successiva (come già chiarito nella CM 33/2002).

Accordo di cessione “tardivo”: infine, l’art. 2-quinquies del DL 11/2023 prevede la possibilità:
– per il contribuente che non abbia formalizzato l’accordo di cessione del credito (non lo sconto in fattura) entro il 31/03/2023 (la disposizione natura meramente transitoria, a differenza di quanto visto in precedenza)
– di procedervi “con le modalità ed entro i termini” della remissione in bonis
– purché la cessione sia eseguita a favore degli “intermediari qualificati” (dunque tale possibilità non permette, pur in presenza di una 1° cessione, di effettuarla in modo libero).

N.B.: anche in questo caso non si vedono ostacoli a cumulare tale remissione in bonis con quella prevista per la tardiva presentazione dell’asseverazione preventiva

Acconti d’imposta 2023 alle prese con il ricalcolo

Anche quest’anno, alcune disposizioni di legge prevedono determinati obblighi di rideterminazione delle imposte relative al 2022 sulle quali commisurare gli acconti dovuti per il periodo d’imposta 2023.

Innanzitutto, come in passato, sono tenuti al ricalcolo i distributori di carburante che, nel 2022, hanno fruito della deduzione forfetaria dal reddito d’impresa prevista dall’art. 34 della L. 183/2011.
Nel dettaglio, se l’acconto IRPEF/IRES 2022 è calcolato con il metodo storico, l’IRPEF/IRES 2022, base di commisurazione dell’acconto medesimo, va assunta senza considerare tale deduzione. Nessun obbligo di rideterminazione è, invece, previsto ai fini IRAP.

Ugualmente interessati al ricalcolo sono i soggetti che effettuano il noleggio occasionale di navi e imbarcazioni da diporto e assoggettano i proventi derivanti da tale attività all’imposta sostitutiva IRPEF/IRES del 20% prevista dall’art. 49-bis del DLgs. 171/2005. Tali soggetti devono determinare l’acconto IRPEF/IRES 2023 senza tenere conto del regime agevolato.

Pertanto, se si utilizza il metodo storico e se il regime è stato applicato nel 2022, ai soli fini del calcolo dell’acconto 2023, l’IRPEF/IRES dovuta per il 2022 deve essere rideterminata tenendo conto dei proventi assoggettati a imposta sostitutiva.
Invece, se si intende adoperare il metodo previsionale e il regime agevolativo è applicato nel 2023, l’IRPEF/IRES presunta relativa al 2023 (base di computo dell’acconto) va calcolata facendo concorrere al reddito complessivo anche i proventi che saranno poi assoggettati, nel modello REDDITI 2024, a imposta sostitutiva.

Infine, tenute al ricalcolo sono banche e assicurazioni, in seguito alle modifiche al regime transitorio di deducibilità delle perdite su crediti introdotte dall’art. 42 commi da 1 a 1-ter del DL 17/2022.

Per tali soggetti, dal 2015, sono interamente deducibili ai fini IRES nell’esercizio di imputazione a Conto economico (art. 106 comma 3 del TUIR):
– le svalutazioni e le perdite sui crediti (al netto delle rivalutazioni) vantati dagli intermediari finanziari verso la propria clientela (iscritti in bilancio a tale titolo), nonché dalle assicurazioni verso gli assicurati;
– le perdite sugli stessi crediti derivanti da cessione a titolo oneroso.

Analoga disciplina si applica ai fini IRAP, atteso che, dal 2015 (soggetti “solari”), sono interamente deducibili, nell’esercizio di imputazione a Conto economico (artt. 6 e 7 del DLgs. 446/97):
– in capo agli intermediari finanziari, le rettifiche e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo;
– in capo alle imprese di assicurazione, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti degli assicurati iscritti in bilancio a tale titolo.

Sia ai fini IRES che IRAP, per il primo periodo di applicazione della “nuova” disciplina (2015, per i soggetti “solari”), i suddetti componenti reddituali sono risultati deducibili nel limite del 75% del loro ammontare.

L’eccedenza rispetto a tale limite, nonché le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette relative ai suddetti crediti iscritte in bilancio fino al 2014, e non ancora dedotte in base alla precedente disciplina, sono deducibili per:
– il 5% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016;
– l’8% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017;
– il 12% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024;
– il 5% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025;
– il 10% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026.

L’art. 42 comma 1 del DL 17/2022 ha rimandato la deduzione della quota del 12%, spettante per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022 (2022, per i soggetti “solari”), in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 e ai tre successivi (2023, 2024, 2025 e 2026, per i soggetti “solari”). Inoltre, si prevede l’anticipazione al 2022 della deducibilità della quota del 10% prevista per il 2026 per una parte pari al 53% del relativo ammontare.

Alla luce di tali modifiche, ai soli fini del calcolo degli acconti IRES e IRAP, con riferimento al periodo d’imposta 2023 viene previsto che:
– in caso di adozione del metodo storico, si assume, quale imposta del periodo d’imposta precedente, quella che si sarebbe determinata senza tenere conto dell’anticipazione al 2022 della deducibilità della parte del 53% della quota del 10% prevista per il 2026;
– in caso di adozione del metodo previsionale, l’IRES presunta relativa al 2023 è calcolata senza considerare la deducibilità della prima delle 4 quote della quota del 12% originariamente spettante per il 2022.

Registro sul valore catastale nell’assegnazione agevolata di immobili

Nella determinazione della base imponibile dell’imposta di registro, il valore catastale è ormai confinato a un ruolo circoscritto. Infatti, è possibile assumere il valore catastale rivalutato dell’immobile ceduto, come base per l’applicazione delle aliquote dell’imposta di registro, solo in presenza delle condizioni richieste dall’art. 1 comma 497 della L. 266/2005, che disciplina il c.d. “prezzo valore”, ovvero se:
– la cessione sia posta in essere nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali;
– la cessione abbia a oggetto un immobile a uso abitativo e relative pertinenze
– la parte acquirente renda al notaio, all’atto della cessione, apposita richiesta;
– le parti indichino in atto il corrispettivo pattuito (ma ciò non è necessario in caso di assegnazione, cfr. circ. Agenzia delle Entrate 4 maggio 2007 n. 25, § 11.2).

L’applicazione del prezzo valore ha un’ulteriore conseguenza favorevole, posto che fa operare la valutazione automatica, che limita il potere dell’Agenzia di rettificare il valore indicato in atto dalle parti, se dichiarato in misura non inferiore al valore catastale rivalutato.
Tale regola, a suo tempo di applicazione generalizzata (art. 52 comma 4 e 5 del DPR 131/86), è ormai confinata alle sole cessioni che rientrano nel campo di applicazione del prezzo valore ex art. 52 comma 5-bis.

In realtà, esaminando la normativa in tema di cessione e assegnazione agevolata di immobili, reintrodotta dall’art. 1 comma 102 della L. 197/2022, si può notare che, in questo ambito, vi è un ulteriore spazio di applicazione del valore catastale.

Si ricorda che, come illustrato diffusamente nello Speciale Eutekne.Info n. 50, l’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022 ha riproposto le agevolazioni per l’assegnazione o la cessione ai soci di beni immobili che consentono, tra il resto, di:
– assoggettare a tassazione le plusvalenze, in capo alla società, con imposta sostitutiva dell’8%;
– utilizzare, come base imponibile per calcolare la tassazione sostitutiva, il valore catastale degli immobili (determinato ai fini dell’imposta di registro) invece del valore normale;
– ridurre al 50% le aliquote dell’imposta di registro proporzionale (che resta, però, dovuta nella misura minima di 1.000 euro), nonché applicare le imposte ipocatastali fisse.
Anche in relazione alle cessioni e assegnazioni agevolate è possibile, naturalmente, applicare il “prezzo valore”, limitatamente alle operazioni che soddisfino anche le condizioni richieste dall’art. 1 comma 497 della L. 266/2005 (immobili abitativi, cessionario persona fisica non imprenditore, etc.).

Un’attenta lettura dell’art. 1 comma 102 della L. 197/2022 induce però a ritenere che il valore catastale possa costituire la base imponibile dell’imposta di registro per le cessioni e assegnazioni agevolate.
Il primo a notare questa possibilità è stato, con riferimento alla “vecchia” disciplina agevolativa prevista dall’art. 1 commi 115-120 della L. 208/2015, il Consiglio nazionale del notariato, nello Studio n. 20-2016/T (§ 6), rilevando come la norma agevolativa richiamasse l’art. 52 comma 4 del DPR 131/86, che prevedeva la valutazione automatica in modo “esteso”, e non, invece, l’art. 52 comma 5-bis che ne circoscrive l’applicazione al prezzo valore.

Tale impostazione, inizialmente respinta dall’Agenzia delle Entrate (circ. Agenzia delle Entrate 4 maggio 2007 n. 25, § 11.2.1), è stata, poi, avallata anche dall’Amministrazione finanziaria, con riferimento alla disciplina agevolativa di cui alla L. 208/2015. Nella circ. 1° giugno 2016 n. 26 (§ 8.1), infatti, si ammette la possibilità di determinare il valore degli immobili nel valore catastale, anche nell’ambito dell’imposta di registro, per le assegnazioni che rientrano nell’ambito applicativo delle norme agevolative, dietro apposita opzione resa in atto dalla società.

Successivamente, nella circ. n. 37/2016 (§ 13), l’Agenzia ha inoltre specificato che l’applicazione del valore catastale nell’imposta di registro è subordinata all’analoga opzione ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze, con la conseguenza che non è possibile optare per la determinazione catastale del valore degli immobili ai soli fini dell’imposta di registro (fatto salvo il “prezzo valore”, ove applicabile).

Nell’attuale disciplina agevolativa, l’identico rinvio, contenuto nell’art. 1 comma 102 della L. 197/2022, all’art. 52 comma 4 del DPR 131/86 consente di giungere alle stesse conclusioni, sicché la valutazione automatica è applicabile alle cessioni e assegnazioni agevolate:
– di immobili abitativi ceduti/assegnati a persone fisiche, mediante richiesta in atto ex art. 1 comma 497 della L. 266/2005;
– di fabbricati strumentali e di fabbricati (sia abitativi che strumentali) ceduti/assegnati a società, in presenza di apposita opzione espressa per le imposte dirette;
con la conseguenza di poter calcolare anche l’imposta di registro sul valore catastale rivalutato, senza rischio di accertamento da parte delle Entrate.

Tax credit del 30% per commissioni su pagamenti elettronici 2023

Per le commissioni sui pagamenti elettronici 2023 è possibile fruire del credito d’imposta del 30% disciplinato dall’art. 22 del DL 124/2019.

Il citato art. 22 prevede il riconoscimento – a regime, non essendo previsto alcun termine ultimo – di un credito d’imposta agli esercenti per le commissioni addebitate in relazione ai pagamenti elettronici ricevuti da privati.
In particolare, possono beneficiare di tale agevolazione gli esercenti attività di impresa, arte o professioni che nell’anno d’imposta precedente (vale a dire nel 2022, ai fini in esame) abbiano avuto ricavi e compensi non superiori a 400.000 euro.
Il credito d’imposta è pari a 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante:
– carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7 sesto comma del DPR n. 605/73;
– altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.

L’agevolazione è prevista per le commissioni dovute in relazione a cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nei confronti di consumatori finali dal 1° luglio 2020 ed è riconosciuta nel rispetto della disciplina europea relativa agli aiuti “de minimis”.

Quanto alla modalità di fruizione, il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite F24, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa (art. 22 comma 4 del DL 124/2019).
A tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento, utilizzando il codice tributo “6916” (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 48/2020).
Il beneficio dovrà essere inoltre indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione del credito (quadro RU, codice credito “H3”) e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo. 

Il credito d’imposta, per espressa disposizione normativa, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109 comma 5 del TUIR.

Il comma 5 dell’art. 22 del DL 124/2019 prevede l’obbligo per gli operatori che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento di cui ai commi 1 e 1-bis di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate le informazioni necessarie a controllare la spettanza del credito d’imposta (cfr. anche provv. Agenzia delle Entrate 29 aprile 2020 n. 181301).
Pertanto, come evidenziato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella pagina dedicata all’agevolazione in esame sul proprio sito, i soggetti destinatari dell’obbligo di comunicazione sono i prestatori di servizi di pagamento che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento elettronici atti a consentire l’accettazione delle transazioni.
Tali operatori devono inoltre trasmettere mensilmente e telematicamente agli esercenti, tramite PEC o mediante pubblicazione nell’on line banking dell’esercente, l’elenco delle transazioni effettuate e le informazioni relative alle commissioni corrisposte (provv. Banca d’Italia 21 aprile 2020).

INAPPLICABILITÀ DEL CREDITO NELLA MISURA DEL 100%

Si ricorda che, a norma del comma 1-ter dell’art. 22 del DL 124/2019, soltanto per le commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022 il credito d’imposta è stato incrementato al 100% delle commissioni, in caso di adozione, da parte degli esercenti, di strumenti di pagamento elettronico, nel rispetto delle caratteristiche tecniche stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, collegati agli strumenti di cui all’art. 2 comma 3 del DLgs. 127/2015, ovvero strumenti di pagamento evoluto di cui al comma 5-bis del medesimo articolo.
Tale disposizione non è stata tuttavia oggetto di alcuna proroga, non risultando quindi più applicabile per le commissioni maturate a partire dal 1° luglio 2022.
Di conseguenza, il credito d’imposta nella misura del 100% non riguarda in alcun modo le commissioni 2023.

Sulla tematica, si segnala inoltre che, con il DM 3 marzo 2023, in attuazione dell’art. 1 comma 386 della L. 197/2022, è stato istituito presso il MEF un tavolo tecnico con l’obiettivo di mitigare le spese fino a 30 euro a carico degli esercenti di attività di impresa, arti o professioni con ricavi e compensi relativi all’anno precedente non superiori a 400.000 euro (comunicato stampa MEF 4 marzo 2023).

Esclusi dagli ISA i soggetti che hanno aperto la partita IVA dal 2021

Come rilevato nel resoconto della Commissione degli esperti per gli ISA del 6 aprile 2023, l’applicazione degli indici per il periodo d’imposta 2022 risulta influenzata dagli effetti di natura straordinaria della crisi economica e dei mercati conseguente al perdurare dell’emergenza sanitaria, alle tensioni geopolitiche, all’aumento del prezzo dell’energia, degli alimentari e delle materie prime e all’andamento dei tassi di interesse.

Per farvi fronte, in attuazione dell’art. 148 comma 1 del DL 34/2020, è stato emanato il decreto del Ministero dell’Economia del 28 aprile 2023 che approva per il periodo d’imposta 2022 ulteriori cause di esclusione dagli ISA e i correttivi congiunturali.

Il decreto è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma anticipato sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Per quanto concerne le cause di esclusione, per il 2022 è prevista l’esclusione dagli ISA per i soggetti che hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2021. L’anno scorso invece le cause di esclusione “di tipo emergenziale” erano tre.
I contribuenti esclusi dall’applicazione degli ISA sulla base di tale nuova causa di esclusione sono comunque tenuti alla comunicazione dei dati economici, contabili e strutturali previsti all’interno dei relativi modelli ISA. Nei confronti di tali contribuenti, inoltre, coerentemente con quanto già precisato per coloro per i quali sussiste una causa di esclusione dall’applicazione degli ISA, è preclusa la possibilità di accedere ai benefici previsti dal regime premiale.

Le istruzioni ai modelli ISA risultano già integrate con la nuova causa di esclusione, mentre i modelli REDDITI 2023 devono ancora essere aggiornati sul punto.
In presenza di una causa di esclusione dagli ISA, non è possibile dichiarare ulteriori componenti positivi in dichiarazione per migliorare il giudizio di affidabilità in quanto si presume che il contribuente operi in un contesto economico o in condizioni significativamente diverse da quelle prese a riferimento per la costruzione degli indici.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (circ. n. 6/2021, § 3.2, e n. 18/2022, § 3.2), i contribuenti esclusi dagli ISA, ma tenuti alla presentazione del relativo modello, possono omettere l’acquisizione dei dati resi disponibili nel Cassetto fiscale limitandosi alla sola compilazione del modello. In particolare tali contribuenti devono:
– dichiarare nel quadro RE/RF/RG del modello REDDITI la specifica causa di esclusione;
– compilare il modello ISA prescindendo dall’importazione delle variabili “precalcolate”, senza effettuare il calcolo del punteggio di affidabilità;
– allegare il modello ISA al modello REDDITI.

Per quanto concerne i correttivi congiunturali, la loro operatività nell’ambito del software ISA incide sul punteggio di affidabilità complessivo andando gli stessi a intervenire tanto sugli indicatori elementari di affidabilità tanto su quelli di anomalia. Al riguardo, sul sito dell’Agenzia si avvisa che il programma “Il tuo ISA 2023” (versione 1.0.0) del 28 aprile scorso tiene conto degli interventi correttivi introdotti dal DM in commento.

correttivi sono operativi sui 175 ISA approvati e sono riconducibili a due tipologie:
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità, quali ricavi e compensi per addetto, valore aggiunto per addetto e reddito per addetto, definiti tramite stime di specifici elementi (input della produzione, ciclo economico, modelli organizzativi, economie di scala);
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità (durata e decumulo delle scorte) e di anomalia definiti da soglie economiche di riferimento.

In relazione al giudizio di affidabilità fiscale ottenuto a seguito dell’applicazione degli ISA, anche per effetto della dichiarazione di ulteriori componenti positivi di reddito, sono state definite le condizioni per l’accesso ai benefici del regime premiale ai fini ISA. Il provv. Agenzia delle Entrate n. 140005/2023 ha al riguardo confermato il meccanismo basato non solo sul risultato di affidabilità relativo al 2022, ma anche sulla media del risultato di tale anno e quello dell’anno precedente. Risultano confermati anche i punteggi che danno accesso ai benefici.

Bando gestione delle risorse idriche: presentazione istanze nuovi partner industriali

Nella GU del 02/05/2023 è stato pubblicato il comunicato del Ministero delle imprese e del made in Italy riguardante la presentazione delle domande di agevolazione per la realizzazione di attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale di cui al bando transnazionale congiunto 2022 «Gestione delle risorse idriche: resilienza, adattamento e mitigazione agli eventi idroclimatici estremi e strumenti di gestione», nell’ambito del partenariato europeo Water4All – PNRR.
Con provvedimento del direttore generale per le tecnologie delle comunicazioni e la sicurezza informatica e del direttore generale per gli incentivi alle imprese n. 82051 del 24 aprile 2023 è stata modificata la modalità di ampliamento dei consorzi proponenti – widening di cui all’art. 2, comma 1, del decreto direttoriale n. 60724 del 24 marzo 2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – n. 78 del 1° aprile 2023.

Conseguentemente la partecipazione dei nuovi partner industriali italiani al consorzio di progetto è completata mediante apposita comunicazione di adesione al consorzio già costituito, da trasmettersi contestualmente alla presentazione del progetto definitivo (full proposal) e della relativa documentazione richiesta, entro e non oltre il 27 aprile 2023, ore 15,00.

Foreste: al via domande per agevolazioni a sostegno dei Contratti di filiera

È stato pubblicato sul sito del Masaf il bando che disciplina i criteri, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso e le agevolazioni per la creazione dei Contratti di Filiera nel settore forestale nell’ambito del PNRR- Fondo complementare. Il fondo è da dieci milioni di euro, l’obiettivo è quello di favorire i processi di riorganizzazione dei rapporti tra i differenti soggetti della filiera, potenziare le relazioni lungo le catene di produzione, trasformazione e commercializzazione, attraverso l’aggregazione dei produttori, e garantire ricadute positive sulla produzione forestale.

“Con i Contratti di filiera per il settore forestale apportiamo nuova linfa all’economia e alle aree interne della nostra Nazione, nel rispetto della tutela e della conservazione della biodiversità e del paesaggio. Le foreste rappresentano un valore inestimabile del nostro territorio ed elemento strategico delle politiche di sviluppo dell’Italia”, cosi il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.

Il bando si rivolge ai silvicoltori privati, i Comuni e i Consorzi collegati, le piccole e medie imprese associate per l’utilizzo in filiera di tutte le produzioni dei boschi italiani, nel segno della sostenibilità e dell’interregionalità.
Una misura innovativa e sperimentale per il comparto. Uno strumento che potrà agevolare la creazione di reti di impresa interregionali, riconosciute dall’ordinamento solo dal 2021, e sostenerne l’aggiornamento, la modernizzazione e la valorizzazione del settore forestale in coerenza con la Strategia Forestale Nazionale.
Le domande di sostegno per accedere alle agevolazioni potranno essere presentate dalle ore 10.00 del 1 giugno 2023 fino alle ore 10.00 del 15 giugno 2023, secondo la modulistica allegata al bando.