Scende a 48 euro la misura della deduzione forfetaria per gli autotrasportatori. Con comunicato di ieri, 16 giugno, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha reso note le misure dell’agevolazione per il periodo d’imposta 2022, da indicare nel modello REDDITI 2023.
Si tratta, nello specifico, della deduzione forfetaria di cui all’art. 66 comma 5 primo periodo del TUIR, con riferimento alla quale, nonostante gli importi deducibili siano previsti direttamente dalla citata norma, la misura effettiva della deduzione forfetaria viene fissata annualmente, tenendo conto dello stanziamento annuale previsto e dell’adeguamento alle variazioni dell’indice ISTAT. Con il comunicato di ieri, il Ministero dell’Economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base delle risorse disponibili, ha quindi definito le misure agevolative relative alle deduzioni forfetarie per spese non documentate (art. 66 comma 5 primo periodo del TUIR) a favore degli autotrasportatori nel 2023.
In particolare, per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore oltre il Comune in cui ha sede l’impresa (autotrasporto merci per conto di terzi) è prevista una deduzione forfetaria di spese non documentate, per il periodo d’imposta 2022, nella misura di 48 euro. La misura viene quindi ridotta rispetto a quella dello scorso anno (periodo d’imposta 2021), che era stata fissata in misura pari a 55 euro; l’anno ancora precedente (periodo d’imposta 2020) era invece pari a 48 euro. La deduzione, ricorda il comunicato, spetta una sola volta per ogni giorno di effettuazione di trasporti, indipendentemente dal numero dei viaggi.
Il comunicato precisa inoltre che la deduzione spetta anche per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al 35% di quello riconosciuto per i medesimi trasporti oltre il territorio comunale. Pertanto, tale deduzione spetta in misura pari a 16,8 euro (35% di 48).
Quanto agli obblighi documentali, si ricorda che il contribuente deve predisporre e conservare (fino alla scadenza del termine per l’accertamento, unitamente ai documenti di trasporto, alle fatture ed alle lettere di vettura) un prospetto recante l’indicazione: dei viaggi effettuati e della loro durata; delle località di destinazione; degli estremi dei documenti di trasporto delle merci (o delle fatture o delle lettere di vettura).
INDICAZIONE NEL RIGO RF55 O RG22
In merito all’indicazione in dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate, con comunicato stampa pubblicato sempre ieri, ha fornito le relative indicazioni per la compilazione.
Si ricorda che la deduzione forfetaria per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore ai sensi dell’art. 66 comma 5 primo periodo del TUIR va riportata nei quadri RF e RG dei modelli REDDITI PF e SP 2023, utilizzando (come indicato nelle istruzioni del modello REDDITI): – nel rigo RF55 i codici 43 e 44; – nel rigo RG22 i codici 16 e 17. Tali codici si riferiscono, rispettivamente, alla deduzione per i trasporti all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa e alla deduzione per i trasporti oltre tale ambito.
Con il comunicato stampa n. 98 pubblicato ieri in serata, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha reso noto che con “una prossima disposizione normativa” verrà prorogato dal 30 giugno al 20 luglio 2023 il termine per i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA dei contribuenti interessati dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), compresi quelli aderenti al regime forfetario o dei c.d. “minimi”.
Il comunicato stabilisce che rimane invece ferma la scadenza del 31 luglio 2023 (in quanto il 30 luglio cade di domenica), per il versamento con la maggiorazione dello 0,4% a titolo di interesse corrispettivo. Si tratta quindi di una proroga “dimezzata” rispetto a quella che è stata disposta in vari anni scorsi, ove alla proroga del termine per il versamento senza la maggiorazione dello 0,4% corrispondeva un analogo differimento del termine per il pagamento con la maggiorazione.
Lo stesso Consiglio nazionale dei commercialisti auspicava che anche quest’anno si potesse procedere allo stesso modo ma, nelle interlocuzioni avute con il MEF, ha dovuto prendere atto dei “cogenti vincoli di finanza pubblica” che non hanno consentito un differimento oltre il termine del 31 luglio. “È stato fatto il massimo – ha commentato a caldo il Presidente Elbano de Nuccio – per contemperare le legittime richieste dei colleghi e dei contribuenti con le esigenze di equilibrio dei conti dello Stato”.
Nel prossimo futuro, però, ha aggiunto il Tesoriere del CNDCEC, Salvatore Regalbuto, le proroghe dovranno diventare “l’eccezione e non la regola” e ciò potrà avvenire solo “con un compiuto riconoscimento dei principi dello Statuto dei Diritti del Contribuente”. In tal senso, la riforma fiscale rappresenta “un’occasione da non perdere”, anche per “ridefinire il calendario delle scadenze” e “superare l’ormai insostenibile ingorgo estivo”.
Per quanto riguarda i contribuenti interessati dalla proroga, il comunicato stabilisce che la proroga si applica ai professionisti e alle imprese che esercitano attività per le quali sono approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA); analogamente agli scorsi anni, deve quindi ritenersi che la proroga si applichi ai soggetti che rispettano entrambe le seguenti condizioni: – esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli ISA, di cui all’art. 9-bis del DL 50/2017; – dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun indice, dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’Economia e delle finanze (pari a 5.164.569 euro).
Come gli scorsi anni, nel comunicato viene precisato che possono beneficiare della proroga anche i contribuenti che: – applicano il regime forfetario di cui all’art. 1 commi 54-89 della L. 190/2014; – applicano il regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’art. 27 comma 1 del DL 98/2011 (c.d. “contribuenti minimi”); – presentano altre cause di esclusione dagli ISA.
Devono invece ritenersi esclusi dalla proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che sono titolari solo di redditi agrari ai sensi degli artt. 32 ss. del TUIR (cfr. risposta a interpello Agenzia delle Entrate 2 agosto 2019 n. 330). Analogamente agli scorsi anni, il comunicato precisa che la proroga si estende ai soggetti che: – partecipano a società, associazioni e imprese soggette agli ISA; – devono dichiarare redditi “per trasparenza”, ai sensi degli artt. 5, 115 e 116 del TUIR.
La proroga riguarda i versamenti delle somme risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e IRAP, quindi in particolare: – il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP; – il saldo 2022 dell’addizionale regionale IRPEF; – il saldo 2022 e l’eventuale acconto 2023 dell’addizionale comunale IRPEF; – il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 della “cedolare secca sulle locazioni”, dell’imposta sostitutiva (15% o 5%) dovuta dai contribuenti forfettari e dell’imposta sostitutiva del 5% dovuta dai c.d. “contribuenti minimi”; – le altre imposte sostitutive o addizionali (es. la c.d. “tassa etica”) che seguono gli stessi termini previsti per le imposte sui redditi; – il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IVIE e/o dell’IVAFE; – l’IVA dovuta sui maggiori ricavi o compensi dichiarati per migliorare il proprio profilo di affidabilità in base agli ISA.
Poiché il comunicato fa espresso riferimento anche alla dichiarazione IVA, la proroga al 20 luglio 2023 si estende al versamento del saldo IVA 2022, qualora non sia stato effettuato entro l’ordinaria scadenza del 16 marzo scorso, con le previste maggiorazioni dello 0,4% per ogni mese o frazione di mese successivo al termine ordinario e fino al 30 giugno, fermo restando il versamento entro il 31 luglio con l’ulteriore maggiorazione dello 0,4% calcolata anche sulle precedenti.
Il Bilancio di Sostenibilità (cd. “ESG”) è un documento che: ▪️ a differenzia dal bilancio d’esercizio, che fornisce una rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società ed è rivolto a chiunque vi abbia interesse ▪️ contiene delle valutazioni in merito all’impatto economico, ambientale e sociale dell’azienda (informazioni “non finanziarie”) ed è principalmente rivolto agli “stakeholder”
Libro verde della Commissione UE: il Bilancio di Sostenibilità costituisce “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
Redazione del documento con le informazioni ESG prende oggi diversi nomi che creano confusione, ma che nella sostanza identificano lo stesso oggetto. Inizialmente, le informazioni sulla sostenibilità sono state riportate nel c.d. “bilancio di sostenibilità”. La normativa comunitaria per identificare il documento che le imprese devono produrre con indicazione dei temi ESG ha introdotto dapprima: ▪️ la Dichiarazione Non Finanziaria (DNF) ▪️ e successivamente, con l’emanazione della CSRD, il Rendiconto aziendale di sostenibilità.
In ogni caso, a prescindere dalla terminologia utilizzata, l’obiettivo del bilancio di sostenibilità (o ESG o Sustainability Report) è di riportare le informazioni sugli aspetti extra-finanziari connessi con le politiche di sostenibilità. Così come per il bilancio d’esercizio, anche per la Reportistica di sostenibilità vi sono standard di riferimento da applicare al fine di utilizzare un linguaggio comune e rendere comparabili i documenti. Nella redazione del bilancio ESG è necessario operare delle scelte con riferimento almeno ai seguenti aspetti: 1) la definizione degli stakeholders di riferimento; 2) l’identificazione dei temi materiali; 3) la determinazione del perimetro della rendicontazione.
Sulla base delle scelte inerenti agli aspetti individuati si definiscono: ▪️ l’ampiezza ▪️ e la profondità del Sustainability Report e se ne determina la capacità a rappresentare un utile strumento di valutazione del management improntato alla sostenibilità.
Anche se non obbligatorio, il Bilancio di Sostenibilità è, spesso, un criterio di selezione da parte di investitori, banche e soggetti della filiera.
DEFINIZIONE DEGLI STAKEHOLDERS
L’identificazione degli stakeholders rappresenta nel sistema del Report di sostenibilità un passaggio preliminare rivolto a definire verso chi si intende rivolgere la comunicazione.
Negli standard del GRI si fa riferimento al fatto che il documento deve essere utile a “tutti” gli stakeholders (i cd. “portatori di interessi”), tra cui, principalmente: ▪️ azionisti ▪️ finanziatori ▪️ fornitori e clienti (inclusi i consumatori finali) ▪️ PP.AA (comunità locali, istituzioni, centri di ricerca, ecc.) al fine di comprendere le condizioni di sostenibilità ✓ economica ✓ ambientale ✓ e sociale.
Con detta formulazione si stabilisce che il report di sostenibilità è orientato a fornire informazioni utili a molti soggetti, pur nella consapevolezza che ciascuno di essi, se da un lato, direttamente o indirettamente, influenza positivamente o negativamente l’operato dell’azienda, dall’altro, depone determinate e specifiche aspettative in relazione al suo operato.
Definendo: ✓ quali sono questi soggetti ✓ e quali sono le reciproche aspettative l’azienda è in grado di identificare quali aspetti sono maggiormente da monitorare (e dunque, a monte, da inserire nei processi manageriali di pianificazione e azione coerente).
L’analisi degli stakeholders può avvenire considerando la cd. “matrice legittimità-potere-urgenza”, che permette di delineare alcuni gruppi di soggetti il cui rapporto con l’azienda è da intendersi in chiave prioritaria rispetto ad altri.
IDENTIFICAZIONE DEI TEMI MATERIALI
La “materialità” (o “significatività”) è un tema di grande importanza nell’ambito dell’informativa (sia finanziaria ed extra-finanziaria).
Le informazioni materiali sono quelle fornite in misura necessaria alla comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività.
La “materialità” delle informazioni può essere analizzata sotto due prospettive: a) l’impact materiality (impatto ambientale o sociale), che assume come primario l’interesse per gli influssi che l’attività di impresa ha sulle persone, sull’ambiente e sulla società; questa prospettiva la materialità è rivolta a soddisfare le istanze di conoscenza di diversi stakeholder; b) lafinancial materiality, che pone l’attenzione sui rischi e sulle opportunità che gli aspetti ambientali, sociali e di governance possono avere sulla performance finanziaria delle imprese al fine di apprezzare come tali aspetti incidano in definitiva sul valore d’impresa. Si parla dunque di “doppia materialità”, intendendo un approccio da tenere nella valutazione che combini le due visuali, includendo quelle questioni di sostenibilità che sono rilevanti ▪️ sia dal punto della financial materiality, ▪️ sia della dell’impact materiality.
Quindi nella rendicontazione di sostenibilità è necessario focalizzarsi sulle informazioni che davvero possono essere utili per l’interlocutore e che sono necessarie per far comprendere ai terzi le strategie, i rischi e le azioni poste in essere ESG.
La materialità però non è da intendersi solo nella fase rendicontativa in termini di numero di informazioni fornite, ma deve essere effettuata in termini di: – modello aziendale, strategia e rischi principali; – settore; – stakeholders; – impatto dell’attività; – politiche pubbliche e stimoli normativi.
PROCESSO DI DETERMINAZIONE DEI TEMI MATERIALI
Al fine di una corretta e trasparente informativa è necessario che venga descritto il processo seguito per la determinazione dei temi materiali. Tale processo si articola in alcune fasi: 1) desk analysis che considera le migliori prassi, le norme di riferimento e una benchmark analysis basata sui competitors. Tale fase permette di identificare un insieme molto ampio e dettagliato dei possibili temi; 2) internal review finalizzata a effettuare una prima valutazione dei temi per quanto riguarda la coerenza con gli obiettivi strategici; 3) external review che utilizza focus group e altre modalità di coinvolgimento degli stakeholders; 4) definizione della matrice di materialità e conseguente identificazione dei temi materiali sulla base del posizionamento relativo su di essa.
Per ogni tema materiale l’impresa deve descrivere gli impatti positivi e negativi, effettivi e potenziali, sull’economia, sull’ambiente e sulle persone, inclusi quelli sui diritti umani di quest’ultime. In dettaglio essa deve: a) rendicontare se l’organizzazione è coinvolta negli impatti negativi attraverso le sue attività o come conseguenza dei suoi rapporti di business, e descrivere le attività o i rapporti di business; b) descrivere le policy e gli impegni presi rispetto al tema materiale; c) descrivere le azioni intraprese per gestire il tema e gli impatti correlati, includendo: – le azioni volte a prevenire o mitigare i potenziali impatti negativi; – le azioni volte ad affrontare gli impatti negativi effettivi, comprese le azioni volte a fornire o a contribuire a fornire una soluzione; – le azioni volte a gestire impatti positivi effettivi e potenziali; d) rendicontare le seguenti informazioni sul monitoraggio dell’efficacia delle azioni intraprese: – processi utilizzati per tenere traccia dell’efficacia delle azioni; – obiettivi e indicatori utilizzati per valutare i progressi; – l’efficacia delle azioni, compresi i progressi raggiunti rispetto agli obiettivi e ai target; – lezioni apprese e come queste siano state incorporate nelle policy e nelle procedure operative dell’organizzazione; e) descrivere come il confronto con gli stakeholder abbia condizionato le azioni intraprese e la loro efficacia.
MATERIALITÀ E SUSTAINABLE DEVELOPMENT GOALS (SDGS)
La definizione della materialità dei temi di rendicontazione è sempre più influenzata dai temi impellenti legati agli obiettivi 2030 delle Nazioni Unite (gli Sustainable Development Goals – SDGs).
In altri termini, la definizione dei temi materiali, oltre a considerare le due visuali ✓ interna ✓ ed esterna, considera anche i macro-obiettivi generali individuati dall’ONU attraverso i 17 goals per lo sviluppo
Con la sentenza n. 16595 di ieri, la Cassazione ha affermato che la rinuncia, operata da un socio nei confronti della società, a un credito relativo a un reddito tassato per cassa (quali gli interessi maturati su finanziamenti erogati a una società partecipata), non comporta l’obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con conseguente esclusione anche della ritenuta prevista dall’art. 26 comma 5 del DPR 600/73.
Il principio appare innovativo, dal momento che, sino ad oggi, con riferimento a fattispecie analoghe (quale la rinuncia al TFM da parte di soci amministratori), i giudici di legittimità e l’Amministrazione finanziaria hanno sostenuto la tesi opposta.
Ad esempio, l’ordinanza n. 12222/2022 aveva affermato che la rinuncia, da parte del socio-amministratore, al TFM costituisce dal punto di vista giuridico un incasso, come tale suscettibile di essere tassato, in quanto: – per un verso, presuppone la possibilità di disporre di una somma di denaro, costituisce espressione della volontà di patrimonializzare la società e, pertanto, presuppone il conseguimento del credito il cui importo, anche se non materialmente incassato, viene, comunque, “utilizzato”; – per un altro verso, arricchisce un soggetto giuridico – la società – che appartiene al rinunciante in quanto socio della stessa, il quale altrimenti si gioverebbe, attraverso lo schermo della personalità giuridica e in violazione del principio della capacità contributiva, dell’incremento della partecipazione sociale.
Analogo orientamento è stato seguito dall’Amministrazione finanziaria (C.M. n. 73/94 e ris. Agenzia delle Entrate n. 124/2017), secondo la quale “la rinuncia ai crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa (quali, ad esempio, i compensi spettanti agli amministratori e gli interessi relativi a finanziamenti dei soci) presuppone l’avvenuto incasso giuridico del credito e quindi l’obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare, anche mediante applicazione della ritenuta di imposta”.
Con un’impostazione che appare condivisibile, la sentenza n. 16595/2023 afferma che occorre distinguere tra la previgente disciplina e quella attuale.
Infatti, in base alla disciplina in vigore sino al periodo d’imposta in corso al 7 ottobre 2015 (2015, per i soggetti “solari”), la rinuncia, da parte del socio, al credito nei confronti della società partecipata non determinava, in capo a quest’ultima, l’insorgere di una sopravvenienza attiva rilevante ai fini della formazione del reddito imponibile (art. 88 comma 4 del TUIR). Tale norma andava esaminata in correlazione con i previgenti artt. 94 comma 6 e 101 comma 7 del TUIR, per effetto dei quali l’ammontare relativo al credito oggetto della rinuncia non era ammesso in deduzione in capo al socio e si aggiungeva (totalmente) al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione detenuta nella società debitrice (cfr. anche le ris. Agenzia delle Entrate nn. 152/2002 e 41/2001).
A partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 7 ottobre 2015 (2016, per i soggetti “solari”), invece, la norma di riferimento è l’art. 88 comma 4-bis del TUIR, in base al quale “la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale”. Il nuovo regime qualifica, quindi, come “apporto” la sola parte di rinuncia che corrisponde al valore fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio.
Specularmente, in capo al socio imprenditore che detiene le partecipazioni in regime di impresa, ai sensi degli artt. 94 comma 6 e 101 comma 7 del TUIR l’ammontare della rinuncia si aggiunge al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione “nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia”.
Alla luce del mutato quadro normativo, quindi, il valore fiscale del credito oggetto di rinuncia è stato posto in correlazione con la detassazione. In altri termini, a seguito della rinuncia, il socio aumenta il costo della partecipazione solo nei limiti del valore fiscale del credito e la società beneficia di una sopravvenienza non tassabile solo nei limiti di detto valore.
Pertanto, la rinuncia di un credito avente valore fiscale pari a zero, come per i crediti legati ad un reddito tassato per cassa, non incrementa il valore fiscale della partecipazione, diversamente da quanto prospettato nel precedente regime, sia dalla Cassazione, sia dall’Agenzia. Di contro, detta rinuncia comporta la tassazione integrale della sopravvenienza attiva in capo alla società partecipata.
Le asimmetrie cui la regola dell’incasso giuridico intendeva porre rimedio sono state, pertanto, risolte dal legislatore mutando la formulazione dell’art. 88 del TUIR, lato società partecipata, e degli artt. 94 e 101 dello stesso TUIR, lato socio creditore.
La Suprema Corte si allinea così all’orientamento dottrinale pressoché unanime (cfr., per tutti, la norma di comportamento AIDC n. 201/2018).
Ai sensi degli artt. 16 e 17 del DM 31 maggio 1999 n. 164, come modificati dall’art. 16-bis del DL 124/2019, i CAF, i professionisti abilitati e i sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale sono tenuti a trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate i modelli 730/2023 entro il 15 giugno 2023, con riferimento alle dichiarazioni presentate dai contribuenti entro lo scorso 31 maggio. Prima della trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate, i medesimi soggetti devono consegnare al contribuente la copia della dichiarazione elaborata e del relativo prospetto di liquidazione (modello 730-3). I sostituti d’imposta, ai fini della trasmissione telematica dei modelli 730/2023, possono avvalersi di un intermediario abilitato.
Nell’ambito della trasmissione telematica dei modelli, i CAF, i professionisti abilitati e i sostituti d’imposta comunicano all’Agenzia delle Entrate i risultati contabili derivanti dalla liquidazione dei modelli 730/2023 (modelli 730-4) ai fini dell’effettuazione dei conguagli.
L’Agenzia delle Entrate provvede poi a trasmettere in via telematica ai sostituti d’imposta i modelli 730-4 ricevuti, presso la sede telematica indicata da questi ultimi, affinché possano effettuare i relativi conguagli in capo ai contribuenti sulle retribuzioni e compensi erogati. Pertanto, come precisato dalla circolare Agenzia delle Entrate 12 marzo 2018 n. 4, i sostituti d’imposta, per procedere alle operazioni di conguaglio, devono attendere che l’Agenzia metta a disposizione il modello 730-4, mediante la suddetta “sede telematica”, analogamente ai modelli 730 elaborati dai CAF e dai professionisti.
La comunicazione all’Agenzia delle Entrate della “sede telematica” presso cui ricevere i modelli 730-4 avviene, di regola, con il “quadro CT” della Certificazione Unica, da parte dei sostituti d’imposta che trasmettono almeno una certificazione dei redditi di lavoro dipendente o assimilati con compilazione dei dati fiscali, oppure mediante il modello “CSO”, nel periodo in cui non è più consentita la trasmissione telematica delle Certificazioni Uniche con il quadro CT.
Entro il medesimo termine del 15 giugno per le dichiarazioni presentate entro il 31 maggio 2023, i CAF, i professionisti e i sostituti d’imposta sono altresì tenuti a trasmettere all’Agenzia delle Entrate le schede relative alle scelte di destinazione dell’otto, cinque e due per mille dell’IRPEF (modelli 730-1). A questo proposito, si ricorda che: – i CAF e i professionisti trasmettono telematicamente i modelli 730-1 all’Agenzia delle Entrate, con le modalità di cui al provv. Agenzia delle Entrate 24 febbraio 2023 n. 52627; – i sostituti d’imposta consegnano le schede per la destinazione dell’otto, cinque e due per mille dell’IRPEF a un intermediario abilitato alla trasmissione telematica o ad un ufficio postale. A decorrere dalle dichiarazioni da tramettere nel 2024, relative al periodo d’imposta 2023, anche i sostituti d’imposta saranno tenuti a trasmettere i dati contenuti nelle schede in via telematica all’Agenzia delle Entrate (si veda “Dematerializzazione delle schede di otto, cinque e due per mille dell’IRPEF rinviata” del 12 maggio).
Relativamente ai conguagli a debito e a credito si specifica che, in base all’art. 19 commi 1 e 2 del DM 164/99, le somme risultanti a debito o a credito del contribuente dal prospetto di liquidazione del modello 730 (modello 730-3) e comunicate al sostituto d’imposta con il modello 730-4, devono essere trattenute o rimborsate sulla prima retribuzione utile e comunque sulla retribuzione di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto d’imposta ha ricevuto il modello 730-4.
Pertanto, in caso di conguagli a debito diventa conveniente rinviare la presentazione del modello 730/2023, che deve avvenire entro il 2 ottobre 2023 (poiché la scadenza ordinaria del 30 settembre cade di sabato), in quanto ciò determina automaticamente il differimento della trattenuta delle somme ricevute. Viceversa, in caso di conguagli a credito, risulta conveniente anticipare la presentazione del modello 730/2023, al fine di anticipare il rimborso spettante. Ad esempio, supponendo che il modello 730/2023 sia stato presentato il 30 maggio 2023 e il relativo modello 730-4 sia ricevuto dal sostituto d’imposta il 10 giugno 2023, le somme saranno trattenute o rimborsate al contribuente sulla retribuzione di giugno (prima retribuzione utile) o comunque con la retribuzione di luglio 2023.
730/2023 ANNULLABILE FINO AL 20 GIUGNO
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate è presente una sezione dedicata al calendario delle date importanti ai fini della dichiarazione precompilata, dove si specifica che il 20 giugno 2023 è l’ultimo giorno per annullare il modello 730 già inviato o il modello 730 inviato e l’eventuale relativo modello REDDITI PF correttivo.
Con il provvedimento n. 203543 pubblicato ieri, 9 giugno, l’Agenzia delle Entrate ha approvato i criteri per individuare gli elementi di incoerenza da utilizzare per effettuare i controlli preventivi dei modelli 730/2023 che determinano un rimborso in capo al contribuente. In pratica, vengono confermati i criteri che erano già stati previsti in relazione ai modelli:
730/2017 (cfr. provvedimento 9 giugno 2017 n. 108815);
730/2018 (cfr. provvedimento 25 giugno 2018 n. 127084);
730/2019 (cfr. provvedimento 19 giugno 2019 n. 207079);
730/2020 (cfr. provvedimento 5 giugno 2020 n. 225347);
730/2021 (cfr. provvedimento 24 maggio 2021 n. 125708);
730/2022 (cfr. provvedimento 30 maggio 2022 n. 184653).
L’art. 5 comma 3-bis del DLgs. 175/2014 prevede infatti una specifica disciplina in merito ai controlli preventivi sui modelli 730, in presenza di situazioni considerate “a rischio”. In particolare, l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli preventivi nel caso di presentazione del modello 730 direttamente da parte del contribuente, ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta assistenza fiscale, con modifiche rispetto alla dichiarazione precompilata che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta e che:
presentano elementi di incoerenza rispetto a particolari criteri, determinati con provvedimento della stessa Agenzia;
ovvero determinano un rimborso di importo superiore a 4.000 euro.
Il provvedimento n. 203543 di ieri ha quindi individuato i criteri a cui fare riferimento per identificare i suddetti elementi di incoerenza in relazione ai modelli 730/2023, confermando quelli individuati nei sei anni scorsi. Costituiscono, dunque, elementi di incoerenza relativi ai modelli 730/2023 con esito a rimborso:
lo scostamento per importi significativi dei dati risultanti nei modelli di versamento, nelle Certificazioni Uniche e nelle dichiarazioni dell’anno precedente;
oppure la presenza di altri elementi di significativa incoerenza rispetto ai dati inviati da enti esterni o a quelli esposti nelle Certificazioni Uniche;
oppure la presenza di situazioni di rischio individuate in base alle irregolarità verificatesi negli anni precedenti.
Il suddetto comma 3-bis dell’art. 5 del DLgs. 175/2014 prevede, inoltre, che l’attività di controllo preventiva sopra illustrata possa avvenire in via automatizzata o mediante verifica della documentazione giustificativa, entro quattro mesi dal termine previsto per la trasmissione del modello 730, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a tale termine.
A conclusione delle operazioni di controllo preventivo, l’Agenzia delle Entrate eroga il rimborso che risulta spettante non oltre il sesto mese successivo al termine previsto per la trasmissione del modello 730, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine. Restano comunque fermi i controlli previsti in materia di imposte sui redditi.
La suddetta disciplina in materia di controlli preventivi trova applicazione, secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 4 del DLgs. 175/2014, anche in relazione ai modelli 730 presentati:
tramite i CAF e i professionisti abilitati che prestano assistenza fiscale;
a prescindere che si tratti di una dichiarazione precompilata (modificata o meno) o di una dichiarazione presentata secondo le modalità ordinarie.
Se la dichiarazione è stata inclusa nei controlli preventivi:
l’Agenzia delle Entrate non rende disponibile il risultato contabile per l’effettuazione dei conguagli (modello 730-4) e ne informa il soggetto che ha prestato assistenza fiscale (professionista, CAF o sostituto d’imposta) o il contribuente in caso di presentazione diretta;
il contribuente deve provvedere autonomamente al versamento del secondo o unico acconto relativo all’IRPEF e/o alla cedolare secca sulle locazioni, entro il 30 novembre, mediante il modello F24 (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 12 marzo 2018 n. 4, § 7).
PROCEDURE APPLICABILI ANCHE ALL’INPS Ai fini dei controlli preventivi, le suddette procedure si applicano anche ai modelli 730/2023 presentati a un CAF o professionista con l’INPS quale sostituto d’imposta. A partire dai modelli 730/2020, infatti, è stata disposta l’estensione all’INPS delle ordinarie procedure di ricezione dei modelli 730-4 per il tramite dell’Agenzia delle Entrate, come avviene nei confronti degli altri sostituti d’imposta (in precedenza, invece, l’INPS riceveva i modelli 730-4 dai CAF o professionisti mediante l’utilizzo dei propri canali telematici).
Con il DL 51/2023 è stata disposta la proroga dei diversi termini caratterizzanti la Rottamazione-quater, già annunciata in via ufficiosa dal MEF.
Si ricorda che con un Comunicato Stampa n.68 del 21/04/2023, il MEF aveva reso noto che il Governo si era impegnato ad adottare un apposito provvedimento normativo contenete la proroga dal 30/04/2023 al 30/06/2023 del termine di presentazione della domanda di rottamazione dei ruoli (c.d. rottamazione – quater).
Tale provvedimento è stato adottato dal CDM del 04/05/2023 ed è stato pubblicato nella GU del 10/05/2023 (DL 51/2023).
Per effetto di tale proroga, slittano anche i seguenti termini: • comunicazione liquidazione delle somme al contribuente (adempimento a cura dell’Agente della riscossione) dal 30/06/2023 al 30/09/2023; • pagamento di tutte le somme o della prima rata slitta dal 31/07/2023 al 31/10/2023.
Procedure per l’adesione – le novità – L’adesione alla rottamazione può essere effettuata solo con modalità telematiche. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione è disponibile l’apposito servizio che prevede la possibilità di presentare la domanda di adesione, on line, ma in due modalità differenti: • in area riservata • in area pubblica.
Nel primo caso, accedendo alla propria area riservata con le credenziali SPID, CIE e Carta Nazionale dei Servizi si può compilare un form nel quale vanno indicate le cartelle e/o avvisi da inserire nella domanda di adesione.
Da evidenziare che, accedendo in area riservata, è prevista la possibilità di selezionare quali cartelle si decide di far rientrare nella rottamazione, potendone escludere alcune.
Nel secondo caso, invece, si accede alla compilazione di un form cui va allegata apposita documentazione (variabile a seconda della natura giuridica del richiedente).
Dopo aver inviato la richiesta, il contribuente: • se ha presentato la domanda in area riservata, riceverà una email di presa in carico con allegata la ricevuta di presentazione della domanda di adesione (R-DA-2023). • se ha presentato la domanda in area pubblica, la procedura è più articolata; infatti: – riceverà una prima e-mail all’indirizzo che hai indicato, con un link da convalidare entro le successive 72 ore. Decorso tale termine, il link non sarà più valido e la richiesta sarà automaticamente annullata – dopo la convalida della richiesta, una seconda e-mail indicherà la presa in carico, con il numero identificativo della pratica e il riepilogo dei dati inseriti – se la documentazione allegata è corretta, verrà inviata una terza e-mail con allegata la ricevuta di presentazione della domanda di adesione (R-DA-2023).
L’Agente della riscossione, a sua volta, deve comunicare – secondo la normativa vigente – all’interessato, entro il 30/06/2023, l’ammontare complessivo delle somme dovute per la definizione e di quello delle singole rate, con le relative scadenze.
NEW – Con il Dl 51/2023 si dispone che per la comunicazione dell’Agenzia ci sarà tempo fino al 30/09/2023.
Entro la stessa data va comunicato l’eventuale diniego, con l’evidenza delle motivazioni per le quali non è stata accolta la richiesta di definizione agevolata.
L’importo dovuto per la definizione dei ruoli può essere versato scegliendo tra: • unica soluzione, che slitta dal 31/07/2023 al 31/10/2023; • numero massimo di 18 rate (quindi in 5 anni) consecutive, di cui: – il pagamento della prima rata slitta dal 31/07/2023 al 31/10/2023; – la seconda con scadenza 30/11/2023 (conferma); pari, ciascuna, al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di definizione agevolata • (conferma) le restanti 16 rate, di pari importo, ripartite nei successivi 4 anni, andranno saldate il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.
Il pagamento rateizzato prevede l’applicazione degli interessi al tasso del 2% annuo, a decorrere dal 1° agosto 2023.
Per pagare sono disponibili i seguenti canali: • sito istituzionale dell’Agenzia delle EntrateRiscossione; • app EquiClick; • domiciliazione sul conto corrente; • moduli di pagamento utilizzabili nei circuiti di pagamento di sportelli bancari, uffici postali, home banking, ricevitorie e tabaccai, sportelli bancomat (ATM) che hanno aderito ai servizi CBILL, Postamat; • sportelli di Agenzia delle EntrateRiscossione prenotando un appuntamento nei giorni dal lunedì al venerdì.
In caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, la definizione agevolata risulta inefficace e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.
Anche quest’anno, l’accesso alle dichiarazioni precompilate (modelli 730/2023 o REDDITI 2023 PF) è consentito, in alternativa: – direttamente ai contribuenti, attraverso le funzionalità rese disponibili nell’area riservata dell’Agenzia delle Entrate; – oppure ai sostituti d’imposta, ai CAF o ai professionisti abilitati, quali i dottori commercialisti e gli esperti contabili.
Questi ultimi, per poter accedere, devono in primo luogo acquisire l’apposita delega del contribuente, di cui al punto 5 del provvedimento Agenzia delle Entrate 18 aprile 2023 n. 131884, unitamente a una copia di un documento d’identità del delegante, in formato cartaceo o elettronico.
Le deleghe acquisite devono essere numerate e annotate, giornalmente, in un apposito registro cronologico, con indicazione di numero progressivo e data della delega, codice fiscale e dati anagrafici del contribuente delegante ed estremi del documento di identità dello stesso.
L’accesso è consentito fino al 10 novembre 2023, effettuando una specifica richiesta tramite file o web (si veda anche la Procedura pratica n. 47/2023). Ove si decida per tali modalità di accesso, è bene tuttavia muoversi per tempo, tenuto conto dell’imminente scadenza dei termini di versamento del saldo 2022 e del primo acconto 2023 (fissato, per le persone fisiche, al 30 giugno 2023, oppure al 31 luglio 2023 con la maggiorazione dello 0,4%, salvo proroghe dell’ultimo minuto).
Dopo aver selezionato l’apposito link, il software viene scaricato sul proprio pc e, lanciando il programma, è possibile predisporre le richieste.
Preliminarmente, occorre impostare il Profilo Utente. Ad esempio, l’intermediario Entratel (dottore commercialista) che trasmette la richiesta della precompilata dei propri clienti, deve impostare il profilo “Soggetto che presenta la richiesta per proprio conto”. Invece, l’intermediario Entratel che trasmette la richiesta per conto dei sostituti d’imposta deve impostare il profilo “Incaricato (intermediari e società del gruppo)”.
Predisposta la richiesta, il software rende disponibile – all’interno della cartellina del proprio pc C:…\UnicoOnLine\CRP23\File_da_inviare – il file controllato denominato “codice fiscale professionista_CRP23.dcm”, che occorre autenticare e inviare all’Agenzia delle Entrate secondo le consuete modalità, tramite l’applicazione Entratel presente all’interno del Desktop telematico.
Entro 3 giorni dall’invio della richiesta, il sistema fornisce, nella sezione Ricevute dell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate, un file, identificato dallo stesso protocollo telematico della richiesta, rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, contenente l’elenco degli eventuali errori riscontrati nelle richieste trasmesse, con la relativa diagnostica. In caso di errori riscontrati nelle richieste trasmesse, la dichiarazione precompilata e le informazioni ad essa attinenti non sono consegnati limitatamente ai soggetti segnalati. In tal caso, è necessario inviare un nuovo file, predisposto con le suddette modalità.
Sempre entro lo stesso termine di 3 giorni, se la richiesta è pervenuta regolarmente, i documenti richiesti sono resi disponibili al soggetto che ha inviato il file.
Nell’ipotesi di richiesta via web, non occorre installare alcun software, ma il professionista deve accedere all’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate (tramite le proprie credenziali Entratel, SPID, CIE o CNS), seguendo il percorso “Home – Servizi – Dichiarazioni – Accesso al 730 precompilato (Riservato agli intermediari) – Richiesta 730 precompilato puntuale” (https://portale.agenziaentrate.gov.it/PortaleWeb/servizi/prelievo730).
Nella videata che si apre, bisogna: – specificare il formato (cartaceo o digitale) della delega conferita dal contribuente al professionista; – inserire i dati relativi al contribuente (compresi quelli reddituali) richiesti; – selezionare la modalità con la quale si vuole che i dati siano resi disponibili (sintetico dichiarazione o file .xml); – accettare l’informativa sulla privacy.
I campi “Modalità sottoscrizione delega” e “Hash delega” possono non essere valorizzati.
A questo punto, dopo aver digitato il codice di sicurezza visualizzato sulla pagina internet, occorre cliccare sul tasto “Scarica” e la documentazione richiesta, sempre che sia stata predisposta dall’Agenzia, è resa disponibile in tempo reale.
Il buon esito dell’operazione è confermato dalla pagina internet successiva, ove viene dato conto che il file è stato scaricato.
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate è disponibile in consultazione fino al prossimo 15 giugno una bozza di circolare che fornisce i primi chiarimenti in merito alla nuova flat tax incrementale al 15%, introdotta dall’art. 1 commi 55-57 della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023).
La circolare si propone di definire la platea dei soggetti ammessi. Si tratterebbe delle persone fisiche che esercitano un’attività d’impresa, incluse le imprese familiari e coniugali non gestite in forma societaria, oppure un’arte o una professione in forma individuale. Viene precisato che non sarebbe sufficiente la mera titolarità del reddito d’impresa (art. 55 del TUIR) o di lavoro autonomo professionale (art. 53 comma 1 del TUIR), atteso il riferimento della norma all’esercizio effettivo dell’attività. Verrebbero infatti esclusi dal regime agevolato i redditi delle società di persone e di capitali imputati ai soci per trasparenza e i redditi derivanti dall’esercizio di arti e professioni in forma associata.
Sono escluse dal regime le persone fisiche che applicano, nel 2023, il regime forfetario, fatta salva l’ipotesi in cui si verifichi la fuoriuscita immediata dal regime per superamento del limite di 100.000 euro in corso d’anno. In questo caso, infatti, il reddito dovrebbe essere determinato con le modalità ordinarie per l’intero anno d’imposta 2023. La tassa piatta si applica sulla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo determinati nel 2023 e il reddito d’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022. La base imponibile così calcolata non può essere di importo superiore a 40.000 euro. In sostanza, si dovrebbe procedere nel modo seguente: – effettuare la differenza tra il reddito del 2023 e quello più alto del triennio precedente; – applicare alla predetta differenza la franchigia del 5%, calcolata sul reddito più alto del triennio 2020-2022. Sul reddito così determinato, nel limite massimo di 40.000 euro, si applica l’aliquota del 15%.
L’ulteriore quota di reddito, non soggetta a imposta sostitutiva, confluisce nel reddito complessivo e si rende applicabile la tassazione progressiva ai fini IRPEF (e relative addizionali), secondo gli ordinari scaglioni di reddito. Trovando applicazione l’art. 3 comma 3 lett. a) del TUIR, l’IRPEF va calcolata applicando le aliquote previste dall’art. 11 del Testo unico, senza considerare, ai fini della progressività, la parte di reddito assoggettata alla flat tax incrementale.
I redditi da considerare per l’applicazione della disposizione agevolativa sono quelli riportati in dichiarazione, al netto delle perdite pregresse, nei quadri RE, RF e RG. La bozza di circolare indica che nessun ostacolo all’applicazione della tassa piatta determina l’aver utilizzato il regime forfetario, di cui alla L. 190/2014, in uno degli anni del triennio 2020-2021-2022, per cui anche il reddito assoggettato a tale regime, dichiarato nel quadro LM, è utilizzabile per determinare l’incremento del 2023, qualora rappresenti il maggiore del triennio.
Stando alla bozza di circolare, il regime agevolato può essere applicato dai soggetti che abbiano svolto la propria attività per almeno un’intera annualità tra quelle del triennio di riferimento; è quindi sufficiente verificare l’esistenza dell’incremento reddituale rispetto ad almeno un periodo d’imposta relativo alle annualità 2020, 2021 e 2022, non essendo richiesto – viene precisato – che il contribuente abbia conseguito redditi per l’intero triennio di osservazione.
Ferma la condizione per cui l’attività deve essere svolta per almeno un’intera annualità, viene indicato che il raffronto per l’individuazione del maggior reddito del triennio di riferimento dovrebbe essere fatto: – ragguagliando all’intera annualità il reddito eventualmente derivante dallo svolgimento dell’attività per una frazione dell’anno; – confrontando tale dato con il reddito dei restanti altri anni del triennio considerato.
Ad esempio, qualora il contribuente abbia iniziato la propria attività il 1° giugno 2021, il calcolo per l’individuazione del maggior reddito nel triennio deve avvenire nel seguente modo: – anno 2021 – reddito pari a 30.000 euro (prodotto nel periodo dal 1° giugno 2021 al 31 dicembre 2021) ragguagliato ad anno: (euro 30.000/214) x 365 = 51.168 euro; – anno 2022 – reddito pari a 40.000 euro (reddito dell’intero anno). Nell’esempio, il maggior reddito del triennio di riferimento, da raffrontare con quello del 2023, per la verifica dell’eventuale incremento di reddito, è rappresentato da quello relativo all’anno 2021.
Con la risposta a interpello 341 del 05/06/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sul trattamento IVA dei buoni “spesa”.
Nel caso di specie, si tratta di buoni spesa emessi da una società di grande distribuzione nell’ambito della propria attività promozionale a favore dei propri soci e clienti. Detti buoni danno il diritto del portatore a una riduzione del prezzo complessivo della spesa, pari all’importo indicato sul buono, da cui consegue la riduzione della base imponibile di pari valore al netto dell’IVA.
Sulla questione, l’Agenzia richiama: • la sentenza dalla Corte di giustizia (Causa C128.88, Boots Company) secondo cui “i ribassi e le riduzioni, che secondo l’art. 11, A, n. 3 lett. b) della sesta direttiva non vanno inclusi nella base imponibile, costituiscono una riduzione del prezzo al quale una merce è legittimamente offerta dal cliente, poiché il venditore accetta di fare a meno d’incassare la somma che il ribasso rappresenta al fine, per l’appunto, di incitare il cliente ad acquistare la merce”; • la CM 204/E/2008 – posizione condivisa dal MEF con le risoluzioni n. 110/1995 e n. 82/1998 – in base alla quale lo sconto praticato agli acquirenti dei beni e servizi dall’operatore commerciale non costituiva base imponibile ai fini Iva, non potendosi considerare corrispettivo.
L’Agenzia evidenzia la differenza dei buoni in questione, rispetto ai “voucher”, che, diversamente, hanno i seguenti elementi essenziali: • l’obbligo di essere accettato dal potenziale fornitore come corrispettivo o parziale corrispettivo di una cessione di beni o di una prestazione di servizi; • l’indicazione dei beni/servizi che consente di acquistare o, in alternativa, l’identità dei potenziali fornitori.
Nella fattispecie in esame, i buoni emessi dall’impresa della grande distribuzione hanno la caratteristica dei “buoni sconto”, il cui esito è la riduzione del prezzo di acquisto.
Detti strumenti, difatti, consentono essenzialmente di ottenere uno “sconto” (in misura percentuale o per un importo nominale prefissato) oppure, conferiscono al possessore il diritto di ottenere una riduzione del prezzo di vendita di specifici prodotti o di una generalità di beni individuati solo al momento del successivo acquisto.
Trattandosi di “buoni sconto”: • i beneficiari – al momento dell’utilizzo dei buoni e dell’acquisto dei beni commercializzati dall’impresa – otterranno una riduzione del corrispettivo dovuto relativamente all’ammontare dello sconto; • anche la base imponibile IVA dovrà essere ridotta in ragione dell’importo dello sconto previsto nel buono, così che detto sconto sia applicato direttamente in fattura al beneficiario (RM n. 204/2008).
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