Per la dichiarazione IVA tardiva c’è tempo sino al 31 luglio 2023

Il 2 maggio 2023 era l’ultimo giorno entro il quale presentare il modello IVA 2023 riferito all’anno 2022.
Per i soggetti passivi che non sono riusciti a rispettare il termine, tuttavia, è ancora possibile inviare validamente la dichiarazione entro 90 giorni dal termine (c.d. dichiarazione IVA “tardiva”), fatta salva la debenza delle sanzioni amministrative previste per il ritardo e ferma restando la possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 8 comma 6 e art. 2 comma 7 del DPR 322/98).

Il termine per presentare la dichiarazione IVA “tardiva” riferita al 2022 è da ritenersi il 31 luglio 2023.
Il decorso dei 90 giorni, infatti, è computato dalla scadenza del termine ordinario che, come detto, nel caso di specie era il 2 maggio 2023, ossia il primo giorno lavorativo successivo al 30 aprile 2023, in virtù di quanto previsto dall’art. 7 comma 1 lett. h) del DL 70/2011.

Qualora venisse invece assunto come decorso dei 90 giorni il 30 aprile 2023 (e non il differimento al 2 maggio), il termine per la presentazione della dichiarazione IVA “tardiva” scadrebbe il 29 luglio 2023. Si potrebbe assumere tale data in via prudenziale come scadenza per la dichiarazione “tardiva”, ma non si può non osservare che è un sabato e, quindi, applicando il rinvio al primo giorno lavorativo successivo, il termine andrebbe a scadere comunque il 31 luglio 2023.

Sulla base di quanto indicato dalla prassi amministrativa (C.M. n. 23/99 e circ. Agenzia delle Entrate n. 42/2016), in caso di presentazione tardiva della dichiarazione, è dovuta:
– la sanzione per l’omessa dichiarazione in assenza di debito d’imposta, pari a 250 euro, ridotta a 25 euro (1/10 del minimo) per effetto del ravvedimento operoso, ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97;
– la sanzione per l’eventuale tardivo o carente pagamento del tributo, pari al 30% dell’imposta non versata (15% dell’imposta, per i versamenti operati entro 90 giorni dalla scadenza), ai sensi dell’art. 13 comma 1 del DLgs. 471/97, ferma la riduzione derivante dal ravvedimento operoso.

Se la dichiarazione IVA per il 2022 è presentata successivamente al 31 luglio 2023, tale dichiarazione si considera omessa ed è applicabile la sanzione di cui all’art. 5 comma 1 del DLgs. 471/97, in misura:
– dal 120% al 240% (con un minimo di 250 euro) dell’ammontare dell’IVA dovuta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione;
– dal 60% al 120% dell’imposta dovuta (con un minimo di 200 euro), nel caso in cui la dichiarazione omessa sia presentata entro il termine per la dichiarazione relativa all’anno successivo (30 aprile 2024) e comunque prima dell’avvio di qualsiasi attività di accertamento di cui il soggetto passivo abbia avuto formale conoscenza.

Qualora il soggetto effettui esclusivamente operazioni per le quali l’IVA non è dovuta, la sanzione è di importo da 250 a 2.000 euro (oppure, da 150 a 1.000 euro se la dichiarazione omessa è presentata entro il termine per la dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo), a norma dell’art. 5 comma 3 del DLgs. 471/97.
Nell’ipotesi di dichiarazione omessa, le sanzioni non possono essere regolarizzate spontaneamente mediante l’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97 e circ. Agenzia delle Entrate n. 42/2016).

Resta possibile la presentazione di una dichiarazione integrativa, da parte del soggetto passivo, allo scopo di emendare omissioni o errori relativi alla compilazione del modello IVA.
Nel caso della dichiarazione riferita all’anno 2022, trasmessa entro il 2 maggio 2023 o nei 90 giorni successivi, è possibile presentare la c.d. “integrativa” entro il 31 dicembre 2028, vale a dire entro i termini per la decadenza del potere di accertamento fissati dall’art. 57 del DPR 633/72.

La dichiarazione IVA integrativa può assolvere anche altre finalità, quali:
– l’apposizione del visto di conformità e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, in precedenza assenti (risposta a interpello n. 289/2021);
– la modifica della scelta sull’utilizzo del credito IVA (risposta a interpello n. 231/2020).

Un ulteriore ruolo della dichiarazione integrativa consiste nella possibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta su una fattura d’acquisto ricevuta nel 2022, ma non registrata tempestivamente.
Difatti, come precisato nella circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018, il diritto alla detrazione è subordinato all’esistenza di un duplice requisito, ossia l’avvenuta esigibilità dell’imposta e il possesso di una valida fattura d’acquisto.

Il diritto può essere esercitato entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i presupposti e con riferimento allo stesso periodo d’imposta.
Tuttavia, il soggetto passivo che non abbia esercitato per tempo il diritto alla detrazione dell’IVA riferita a una fattura ricevuta nel 2022 può recuperare l’imposta assolta presentando una dichiarazione integrativa “a favore” non oltre il citato termine del 31 dicembre 2028.

SOS – I NUOVI INDICATORI DI ANOMALIA ANTIRICICLAGGIO DAL 2024

In attuazione del potere attribuito dall’art. 6, co. 4, lett. e), d.lgs. 231/2007, l’UIF:
➔ con il Provvedimento del 12/05/2023
➔ ha emanato i “nuovi” indicatori di anomalia elaborati per agevolare l’intera platea dei soggetti obbligati nell’individuazione delle operazioni sospette e della eventuale necessità di procedere alla relativa segnalazione (cd. “SOS”).

Si tratta di un compendio in un testo unitario degli indicatori (in larga parte già presenti in passato) relativi a tutti i destinatari degli obblighi di segnalazione, aggiornando le operatività rilevanti per incentivare la qualità della collaborazione attiva.

Decorrenza: i “nuovi” indicatori dovranno essere utilizzati nell’adempimento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette a decorrere dal 1° gennaio 2024 (data dalla quale non saranno più applicabili gli indicatori precedenti contenuti in una serie di Provvedimenti e comunicazioni di Banca d’Italia ed UIF).

I NUOVI INDICATORI

Gli indicatori di anomalia sono 34, ciascuno dei quali articolato in sub-indici, che costituiscono esemplificazioni dell’indicatore di riferimento.

Nella fase di applicazione i soggetti obbligati devono selezionare gli indicatori rilevanti alla luce della
concreta attività svolta
. In particolare:
gli indicatori della Sez. A e gli indicatori da 9 a 14 della Sez. B: dovrebbero essere considerati rilevanti da tutti i destinatari (ad eccezione di ipotesi specifiche di inapplicabilità da valutare caso per caso)
altri indicatori, dovrebbero essere considerati rilevanti da parte di alcune categorie di destinatari.

Infine, alcuni indicatori possono poi rilevare nell’ambito di plurimi comparti di attività svolte dai destinatari, anche indipendentemente dalla categoria di appartenenza.

Ai fini della selezione, gli organismi di autoregolamentazione, nell’ambito delle attività di promozione e controllo dell’osservanza degli obblighi antiriciclaggio, possono fornire supporto ai professionisti iscritti nei propri albi/elenchi. Le associazioni rappresentative di altre categorie di destinatari del D.lgs. 231/2007 potranno comunque orientare questi ultimi nella predetta attività di selezione. I soggetti obbligati terranno conto delle eventuali indicazioni ricevute rapportandole alla concreta attività svolta.

INDICATORI E SUBINDICATORI PER L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE

Una volta individuato l’indicatore di anomalia da considerare, è necessario verificare anche i sub-indici a essi applicabili.
Per l’attività svolta dai professionisti si evidenziano i seguenti indici e sub – indici.

Per l’elenco completo degli indici e sub indici si veda l’Allegato al citato Provv. UIF.

Controlli non solo sulle nuove partite IVA, ma anche su quelle già esistenti

È stato pubblicato ieri il provv. 16 maggio 2023 n. 156803 dell’Agenzia delle Entrate, con il quale è data attuazione alle nuove norme relative ai controlli connessi all’attribuzione di un numero di partita IVA ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione.

Contestualmente, è stato approvato il fac-simile riportante il contenuto minimo della polizza fideiussoria o fideiussione bancaria necessaria per la richiesta di una nuova attribuzione della partita IVA, successiva all’eventuale provvedimento di cessazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Le disposizioni cui si riferisce il provvedimento n. 156803/2023 sono previste ai sensi dell’art. 35 comma 15-bis.1 del DPR 633/72 e sono state introdotte dalla legge di bilancio 2023 (art. 1 comma 148 ss. della L. 197/2022). L’intervento normativo consiste nel rafforzamento dei controlli conseguenti al rilascio del numero di partita IVA, nell’ottica di contrastare tempestivamente e prevenire fenomeni evasivi. I controlli sono, quindi, rivolti principalmente alle partite IVA di nuova attribuzione, le quali potrebbero caratterizzarsi per un breve periodo di operatività, associato ad un mancato adempimento degli obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte.

A dispetto del tenore dell’art. 35 comma 15-bis.1, letteralmente riferito al rilascio di “nuove partite IVA”, nel provvedimento viene specificato che sono comprese nell’ambito dei controlli anche le partite IVA già esistenti e, nello specifico, quelle che, “dopo un periodo di inattività o a seguito di modifiche dell’oggetto o della struttura, riprendano ad operare con le caratteristiche innanzi dette” (ossia senza una piena operatività con l’inadempimento degli obblighi fiscali).

Ai fini in esame, le nuove disposizioni attribuiscono, dunque, all’Agenzia delle Entrate il compito di effettuare specifiche analisi di rischio sui soggetti passivi IVA, a esito dei quali questi ultimi possono essere invitati a comparire presso gli Uffici per esibire le proprie scritture contabili laddove obbligatorie.

Presentando all’Ufficio “documentazione idonea”, il soggetto invitato a comparire può attestare l’assenza dei profili di rischio che gli erano stati contestati.
Nel caso di mancata comparizione “di persona” del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’Ufficio emana un provvedimento di cessazione della partita IVA e contestualmente irroga una sanzione pari a 3.000 euro, ai sensi del nuovo comma 7-quater dell’art. 11 del DLgs. 471/97, senza possibilità di applicare il beneficio del c.d. “cumulo giuridico”.

Il provvedimento attuativo, pubblicato ieri, precisa che la cessazione della partita IVA del soggetto passivo:
– ha effetto dalla data di registrazione in Anagrafe Tributaria della notifica;
– determina l’esclusione dalla banca dati VIES;
– è riscontrabile (da parte di clienti e fornitore) sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione dedicata al servizio di verifica delle partite IVA.

Sono, inoltre, fornite alcune indicazioni utili in relazione a come saranno condotti i controlli.

In particolare, sono forniti i criteri con i quali l’Agenzia delle Entrate valuterà il “rischio fiscale” dei soggetti richiedenti la partita IVA.
La valutazione sarà condotta, principalmente, su elementi di rischio:
– riconducibili al titolare della ditta individuale, al lavoratore autonomo o al rappresentante legale;
– relativi alla tipologia e alle modalità di svolgimento dell’attività, rispetto ad anomalie economico-contabili nell’esercizio della stessa, strumentali a gravi o sistematiche condotte evasive;
– relativi alla posizione fiscale del soggetto titolare della partita IVA, per il quale emergano gravi o sistematiche violazioni delle norme tributarie.

Le modalità di analisi rispecchiano quelle previste dal precedente provvedimento n. 110418/2017 (§ 2), riferito però ai controlli derivanti da un diverso provvedimento di cessazione (vale a dire quello per effetto del comma 15-bis dell’art. 35 del DPR 633/72). In tale sede, diversamente dal provvedimento più recente, era attribuita la possibilità di effettuare accessi nel luogo di esercizio dell’attività.

Il provvedimento pubblicato ieri specifica anche che i suddetti elementi di rischio sono determinati confrontando sia le informazioni derivanti dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate sia quelle eventualmente acquisite da altre banche dati (pubbliche e private) o, ancora, attraverso segnalazioni provenienti da altri enti, nonché “da ogni altra fonte informativa”.

È possibile richiedere una nuova attribuzione della partita IVA, da parte del medesimo soggetto, in seguito al provvedimento di cessazione. La riapertura è però condizionata dal previo rilascio di una polizza fideiussoria o di una fideiussione bancaria triennale e di importo non inferiore a 50.000 euro (salvo il caso di violazioni fiscali il cui importo supera 50.000 euro). La garanzia deve, quindi, riportare il contenuto minimo previsto nel fac-simile allegato al provvedimento.

UTILIZZO DEI BONUS ENERGETICI DEL 2° TRIMESTRE 2023 – I CODICI TRIBUTO

Nell’ambito del cd. “Decreto Bollette” (art. 3, DL 34/2023), ancora in attesa di conversione in legge, sono stati riproposti anche per il 2° trimestre 2023 le agevolazioni, sotto forma di credito d’imposta, a favore:
▪ delle imprese energivore e non energivore (quest’ultime ove dotate di un contatore con potenza disponibile pari o superiore a 4.5 kW):
✓ nella misura, rispettivamente, del 20% e del 10% della spesa sostenuta nel 2° trimestre 2023 per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata
✓ a condizione che il costo medio per kWh di detta componente riferita al 1° trimestre 2023 (al netto di imposte e sussidi) abbia subito un incremento superiore al 30% rispetto al 1° trimestre 2019 (anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall’impresa)
✓ il beneficio spetta anche le imprese che hanno prodotto e autoconsumato l’energia nel 2° trimestre 2023 (in luogo del costo per kWh si assume il costo medio dei combustibili utilizzati per produrre l’energia e il credito d’imposta è determinato adottando il PUN medio del 2° trimestre)
▪ delle imprese gasivore e non gasivore:
✓ nella misura del 20% della spesa sostenuta per l’acquisto di gas naturale consumato nel 2° trimestre 2023 per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici
✓ purché la media dei prezzi di riferimento del MI-GAS del 1° trimestre 2023 subisca un incremento superiore al 30% del corrispondente prezzo medio del 1° trimestre 2019 (condizione ormai verificata, considerati i pochi giorni dalla conclusione del 1° trimestre 2022).

UTILIZZO IN COMPENSAZIONE NEL MOD. F24 DEL CREDITO D’IMPOSTA

I crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione mediante il mod. F24, tramite i servizi telematici messi a disposizione dell’Agenzia (Entratel / Fisconline) entro il 31/12/2023.

A tal fine, nel mod. F24 vanno riportati i seguenti codici tributo, istituiti dall’Agenzia con la recente RM n. 20 del 15/05/2023:

Nel campo “anno di riferimento” va indicato l’anno a cui si riferisce il credito, il 2023.
Si rammenta che i crediti d’imposta :
✓ non sono tassati ai fini IRPEF / IRES / IRAP;
✓ non rilevano ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi / componenti negativi

Conversione DL Bollette – novità per Rottamazione – quater e stralcio dei debiti fino a € 1.000

Nell’iter di conversione del c.d. DL Bollette – DL 34/2023 – la Commissione Finanze della Camera ha approvato degli emendamenti che contengono delle novità relative agli istituti della rottamazione quater, dello stralcio dei debiti fino a € 1.000 e della definizione agevolata delle controversie tributarie.

Iter di approvazione – La Legge di conversione del DL 34/2023 sarà esaminata dalla Camera dei Deputati il prossimo 17/05/2023 e poi dovrà ottenere il via libera definitivo dal Senato entro il 30/05/2023.

Rottamazione–quater e Saldo e stralcio – La normativa vigente relativa agli istituiti della Rottamazione quater (ex art. 1, c. 231, legge di Bilancio 2023) e dello stralcio, parziale o totale, dei debiti fino a €. 1.000 (ex art. 1, c. 227 e 229-bis, legge di Bilancio 2023), circoscrive il perimetro applicativo ai casi di carichi “tramite ruolo” affidato all’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Con l’emendamento approvato, invece, i due istituti di pace fiscale vengono estesi agli enti territoriali che provvedono direttamente o affidano il recupero a soggetti iscritti ad apposito Albo ex art. 53, D.Lgs. n. 446/97 (società che riscuotono tramite “ingiunzione di pagamento”).

Se vogliono aderire, gli enti territoriali potranno farlo emanando, entro 60gg dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, un provvedimento in cui disciplinano:
numero di rate e relativa scadenza;
modalità con cui il debitore manifesta la sua volontà di avvalersi della definizione agevolata;
termini per la presentazione dell’istanza in cui il debitore indica il numero di rate con cui intende effettuare il pagamento, nonché la pendenza di giudizi aventi a oggetto i debiti cui si riferisce l’istanza stessa, assumendo l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi;
termine entro cui l’ente territoriale o il concessionario della riscossione trasmette ai debitori la comunicazione nella quale sono indicati l’ammontare complessivo delle somme dovute per la definizione agevolata, quello delle singole rate e la scadenza delle stesse.

Definizione liti pendenti – Relativamente all’istituto della definizione agevolata delle controversie tributarie (ex art. 1, c. da 186 a 202, legge di Bilancio 2023), la disciplina vigente prevede che nel caso in cui gli importi dovuti superino €. 1.000 è ammesso il pagamento rateale per un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, di cui le prime 3 da versare entro 30/09/2023, 31/10/2023 e 20/12/2023.
Le rate successive devono essere versate entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno. Sulle rate successive alla prima si applicano gli interessi legali a decorrere dalla data del versamento della prima rata. È esclusa la compensazione.

L’emendamento approvato prevede la possibilità di versare le rate successive alle prime tre in un massimo di 51 rate mensili di pari importo (si abbrevia leggermente l’intervallo di dilazione), con scadenza entro l’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, a partire da gennaio 2024 (per il mese di dicembre di ciascun anno la scadenza del versamento resta ferma al giorno 20 del mese).

Credito d’imposta a favore delle start up innovative – Sempre nell’iter di conversione del DL 34/2023, è stato approvato un emendamento che introduce un credito d’imposta a favore delle start up innovative.

Il nuovo beneficio è riservato alle start up innovative costituite a partire dal 1° gennaio 2020 ed operanti nei settori dell’ambiente, delle energie rinnovabili e della sanità ed è riconosciuto, fino al 20% della spesa sostenuta e, comunque, per un importo massimo di 200.000 euro, per attività di ricerca e sviluppo volta alla creazione di soluzioni innovative per la realizzazione di strumentazioni e servizi tecnologici avanzati al fine di garantire la sostenibilità ambientale e la riduzione dei consumi energetici.

Le risorse stanziate per la misura ammontano a 2 milioni di euro per l’anno 2023.
Sarà un decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro ministero dell’economia e delle finanze, a definire le disposizioni applicative necessarie, anche al fine del rispetto del limite di spesa autorizzato, nonché le modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio e le modalità di restituzione del credito d’imposta fruito indebitamente.

Tax credit del 30% per commissioni su pagamenti elettronici 2023

Per le commissioni sui pagamenti elettronici 2023 è possibile fruire del credito d’imposta del 30% disciplinato dall’art. 22 del DL 124/2019.

Il citato art. 22 prevede il riconoscimento – a regime, non essendo previsto alcun termine ultimo – di un credito d’imposta agli esercenti per le commissioni addebitate in relazione ai pagamenti elettronici ricevuti da privati.
In particolare, possono beneficiare di tale agevolazione gli esercenti attività di impresa, arte o professioni che nell’anno d’imposta precedente (vale a dire nel 2022, ai fini in esame) abbiano avuto ricavi e compensi non superiori a 400.000 euro.
Il credito d’imposta è pari a 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante:
– carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7 sesto comma del DPR n. 605/73;
– altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.

L’agevolazione è prevista per le commissioni dovute in relazione a cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nei confronti di consumatori finali dal 1° luglio 2020 ed è riconosciuta nel rispetto della disciplina europea relativa agli aiuti “de minimis”.

Quanto alla modalità di fruizione, il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite F24, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa (art. 22 comma 4 del DL 124/2019).
A tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento, utilizzando il codice tributo “6916” (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 48/2020).
Il beneficio dovrà essere inoltre indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione del credito (quadro RU, codice credito “H3”) e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo. 

Il credito d’imposta, per espressa disposizione normativa, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109 comma 5 del TUIR.

Il comma 5 dell’art. 22 del DL 124/2019 prevede l’obbligo per gli operatori che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento di cui ai commi 1 e 1-bis di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate le informazioni necessarie a controllare la spettanza del credito d’imposta (cfr. anche provv. Agenzia delle Entrate 29 aprile 2020 n. 181301).
Pertanto, come evidenziato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella pagina dedicata all’agevolazione in esame sul proprio sito, i soggetti destinatari dell’obbligo di comunicazione sono i prestatori di servizi di pagamento che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento elettronici atti a consentire l’accettazione delle transazioni.
Tali operatori devono inoltre trasmettere mensilmente e telematicamente agli esercenti, tramite PEC o mediante pubblicazione nell’on line banking dell’esercente, l’elenco delle transazioni effettuate e le informazioni relative alle commissioni corrisposte (provv. Banca d’Italia 21 aprile 2020).

INAPPLICABILITÀ DEL CREDITO NELLA MISURA DEL 100%

Si ricorda che, a norma del comma 1-ter dell’art. 22 del DL 124/2019, soltanto per le commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022 il credito d’imposta è stato incrementato al 100% delle commissioni, in caso di adozione, da parte degli esercenti, di strumenti di pagamento elettronico, nel rispetto delle caratteristiche tecniche stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, collegati agli strumenti di cui all’art. 2 comma 3 del DLgs. 127/2015, ovvero strumenti di pagamento evoluto di cui al comma 5-bis del medesimo articolo.
Tale disposizione non è stata tuttavia oggetto di alcuna proroga, non risultando quindi più applicabile per le commissioni maturate a partire dal 1° luglio 2022.
Di conseguenza, il credito d’imposta nella misura del 100% non riguarda in alcun modo le commissioni 2023.

Sulla tematica, si segnala inoltre che, con il DM 3 marzo 2023, in attuazione dell’art. 1 comma 386 della L. 197/2022, è stato istituito presso il MEF un tavolo tecnico con l’obiettivo di mitigare le spese fino a 30 euro a carico degli esercenti di attività di impresa, arti o professioni con ricavi e compensi relativi all’anno precedente non superiori a 400.000 euro (comunicato stampa MEF 4 marzo 2023).

PARCHI AGRISOLARI – CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO FINO ALL’80%

ll “Parco Agrisolare” è un investimento rientrante nel PNRR rivolto al settore agricolo e agroindustriale, nel progetto “Agricoltura Sostenibile ed Economia Circolare”, finanziato con 1.500 milioni di euro per interventi da realizzare tra il 2022 e il 2026, a valere sui fondi del PNRR.

In tale ambito, il Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf), ha recentemente introdotto un’agevolazione, nella forma di contributo a fondo perduto, per sostenere la realizzazione di impianti fotovoltaici.

L’investimento può essere realizzato anche in modo congiunto (tra più imprese agricole e/o agroindustriali).

BENEFICIARI

Sono ammessi al contributo:
▪ gli “imprenditori agricoli”, in forma individuale o societaria
▪ le imprese agroindustriali, in possesso di codice ATECO che sarà reso noto in un Avviso di prossima pubblicazione da parte del Masaf
▪ le cooperative agricole (in via indipendentemente dai propri associati) che svolgono attività di cui all’art. 2135 c.c. o loro consorzi di cui all’art. 1, co. 2, DLgs. n. 228/2001;
▪ soggetti di cui ai punti precedenti costituiti in forma aggregata quali, a titolo esemplificativo: associazioni temporanee di imprese (A.T.I.), raggruppamenti temporanei di impresa (R.T.I), reti d’impresa, comunità energetiche rinnovabili (CER).

Soggetti esclusi: non sono ammessi gli imprenditori agricoli “esonerati” (soggetti con volume di affari nell’anno precedente alla richiesta inferiore ad €. 7.000).

Ulteriori esclusioni: i soggetti richiedenti, alla data di presentazione della domanda, devono:
– essere regolarmente costituiti ed iscritti come attivi nel Registro delle imprese
– essere in condizioni di regolarità contributiva, attestata dal DURC
– non essere sottoposti a procedura concorsuale (ad eccezione del concordato preventivo con continuità aziendale)
– non essere soggetti a misure che vietano di contrarre con la pubblica amministrazione;
– non avere amministratori/rappresentanti condannati per false attestazioni

INVESTIMENTI AGEVOLATI

Sono ammissibili al contributo le spese:
– per l’acquisto e la relativa posa in opera di pannelli fotovoltaici
– sulle coperture di fabbricati strumentali all’attività dei soggetti beneficiari.
N.B.: non è ammessa l’installazione sulla copertura dell’abitazione dell’imprenditore o dei propri
dipendenti.

In particolare, gli impianti dovranno essere:
▪ di nuova costruzione
▪ installati unicamente sulle coperture di fabbricati e serre esistenti
Nota: sono comprese anche le superfici coperte, destinate alla ricezione (es: ospitalità nell’ambito
dell’attività agrituristica).
▪ destinati principalmente all’autoconsumo dell’azienda agricola.
Autoconsumo: obiettivo dell’agevolazione è soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda; pertanto:
– la capacità produttiva annua dell’impianto non deve superare il “consumo medio annuo combinato
di energia termica ed elettrica dell’azienda agricola (incluso quello familiare)
– se è rispettato il limite del citato autoconsumo, è ammessa la cessione di energia elettrica alla rete.

Ulteriori costi ammessi: le imprese possono eseguire interventi di riqualificazione per migliorare l’efficienza energetica delle strutture, tra cui:
✓ la rimozione dell’amianto dai tetti
✓ l’isolamento del tetto o la realizzazione di un sistema di aerazione connesso alla sua sostituzione (cd. “tetto ventilato”).

Requisito: gli interventi
– non potranno comportare un peggioramento delle condizioni ambientali e delle risorse naturali
– dovranno essere conformi alle norme nazionali ed UE in materia di tutela ambientale (ivi incluso il principio “non arrecare un danno significativo”, di cui all’art. 17, Reg. (UE) 2020/852).
Non sono in ogni caso ammissibili gli interventi che prevedano attività su strutture e manufatti connessi:
– ai combustibili fossili, compreso l’uso a valle;
– alle attività nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) che generano emissioni di gas a effetto serra previste non inferiori ai pertinenti parametri di riferimento;
– alle attività connesse alle discariche di rifiuti, ad inceneritori e ad impianti di trattamento meccanico biologico
– alle attività nel cui ambito lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno all’ambiente.

Termine degli investimenti: in relazione alla realizzazione degli interventi, questi:
– devono essere realizzati entro il termine di 18 mesi
– il collaudo e la rendicontazione della spesa va effettuata entro il 30/06/2026.

LE SPESE AMMISSIBILI

Le spese sostenute sono ammesse nei seguenti limiti percentuali ed assoluti:
fino a un massimo di 1.500 euro/kWp per l’installazione dei pannelli fotovoltaici
▪ fino a ulteriori 1.000 euro/kWh ove siano installati anche sistemi di accumulo: acquisto e posa di moduli fotovoltaici, inverter, software di gestione, ulteriori componenti di impianto, sistemi di accumulo, fornitura e messa in opera dei materiali necessari agli interventi, costi di connessione alla rete.

Limite assoluto di spesa: la spesa massima ammissibile per i soli sistemi di accumulo:
✓ è pari a €. 100.000
✓ incrementato di ulteriori €. 30.000 in caso di installazione di dispositivi di ricarica elettrica per:
– la mobilità sostenibile
– e le macchine agricole,
Nota: sono ammesse le spese di progettazione, asseverazioni ed altre spese professionali richieste dal tipo di lavori, comprese quelle relative all’elaborazione/presentazione dell’istanza, direzione lavori e collaudi, se prestate da soggetti esterni all’impresa.

LE PERCENTUALI DI CONTRIBUZIONE

L’agevolazione per gli investimenti in beni materiali/immateriali:
▪ connessi alla produzione agricola primaria nelle aziende agricole
▪ nel settore della trasformazione di prodotti agricoli (in altri prodotti agricoli)
opera secondo le seguenti percentuali:

In relazione agli investimenti nei settori:
– della produzione agricola primaria eccedenti il limite di autoconsumo
– e della trasformazione di prodotti agricoli in non agricoli (in esenzione ex Reg. UE n. 651/2014) l’aliquota è ridotta al 30%; è, tuttavia, prevista la possibilità di incremento se sono rispettati determinati criteri (essere Pmi, aver effettuato investimenti nelle zone assistite, ecc.).

CUMULABILITA’ DELLE AGEVOLAZIONI

Gli aiuti possono essere cumulati, in relazione agli stessi costi ammissibili:
✓ con altri aiuti di Stato e aiuti de minimis
✓ purché detto cumulo non porti al superamento dell’intensità di aiuto stabilita per ciascuna tipologia di investimento.

LE PROCEDURE

I contribuenti sono tenuti a presentare la domande di accesso all’agevolazione, nella quale è contenuto un “progetto” di investimento, che sarà vagliato dal GSE (soggetto attuatore), sulla scorta di determinati parametri da individuare.

Attuazione: la concreta attuazione dell’agevolazione sarà disciplinata da Provvedimenti successivi, che dovranno individuare, oltra a quanto disposto dal citato Decreto 19/04/2023:
– le spese ammissibili e la forma/intensità delle agevolazioni
– le modalità concrete per assicurare il rispetto del principio “non arrecare danno significativo”
– i termini e le modalità per la presentazione delle domande, nonché i criteri di valutazione.

Esclusi dagli ISA i soggetti che hanno aperto la partita IVA dal 2021

Come rilevato nel resoconto della Commissione degli esperti per gli ISA del 6 aprile 2023, l’applicazione degli indici per il periodo d’imposta 2022 risulta influenzata dagli effetti di natura straordinaria della crisi economica e dei mercati conseguente al perdurare dell’emergenza sanitaria, alle tensioni geopolitiche, all’aumento del prezzo dell’energia, degli alimentari e delle materie prime e all’andamento dei tassi di interesse.

Per farvi fronte, in attuazione dell’art. 148 comma 1 del DL 34/2020, è stato emanato il decreto del Ministero dell’Economia del 28 aprile 2023 che approva per il periodo d’imposta 2022 ulteriori cause di esclusione dagli ISA e i correttivi congiunturali.

Il decreto è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma anticipato sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Per quanto concerne le cause di esclusione, per il 2022 è prevista l’esclusione dagli ISA per i soggetti che hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2021. L’anno scorso invece le cause di esclusione “di tipo emergenziale” erano tre.
I contribuenti esclusi dall’applicazione degli ISA sulla base di tale nuova causa di esclusione sono comunque tenuti alla comunicazione dei dati economici, contabili e strutturali previsti all’interno dei relativi modelli ISA. Nei confronti di tali contribuenti, inoltre, coerentemente con quanto già precisato per coloro per i quali sussiste una causa di esclusione dall’applicazione degli ISA, è preclusa la possibilità di accedere ai benefici previsti dal regime premiale.

Le istruzioni ai modelli ISA risultano già integrate con la nuova causa di esclusione, mentre i modelli REDDITI 2023 devono ancora essere aggiornati sul punto.
In presenza di una causa di esclusione dagli ISA, non è possibile dichiarare ulteriori componenti positivi in dichiarazione per migliorare il giudizio di affidabilità in quanto si presume che il contribuente operi in un contesto economico o in condizioni significativamente diverse da quelle prese a riferimento per la costruzione degli indici.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (circ. n. 6/2021, § 3.2, e n. 18/2022, § 3.2), i contribuenti esclusi dagli ISA, ma tenuti alla presentazione del relativo modello, possono omettere l’acquisizione dei dati resi disponibili nel Cassetto fiscale limitandosi alla sola compilazione del modello. In particolare tali contribuenti devono:
– dichiarare nel quadro RE/RF/RG del modello REDDITI la specifica causa di esclusione;
– compilare il modello ISA prescindendo dall’importazione delle variabili “precalcolate”, senza effettuare il calcolo del punteggio di affidabilità;
– allegare il modello ISA al modello REDDITI.

Per quanto concerne i correttivi congiunturali, la loro operatività nell’ambito del software ISA incide sul punteggio di affidabilità complessivo andando gli stessi a intervenire tanto sugli indicatori elementari di affidabilità tanto su quelli di anomalia. Al riguardo, sul sito dell’Agenzia si avvisa che il programma “Il tuo ISA 2023” (versione 1.0.0) del 28 aprile scorso tiene conto degli interventi correttivi introdotti dal DM in commento.

correttivi sono operativi sui 175 ISA approvati e sono riconducibili a due tipologie:
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità, quali ricavi e compensi per addetto, valore aggiunto per addetto e reddito per addetto, definiti tramite stime di specifici elementi (input della produzione, ciclo economico, modelli organizzativi, economie di scala);
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità (durata e decumulo delle scorte) e di anomalia definiti da soglie economiche di riferimento.

In relazione al giudizio di affidabilità fiscale ottenuto a seguito dell’applicazione degli ISA, anche per effetto della dichiarazione di ulteriori componenti positivi di reddito, sono state definite le condizioni per l’accesso ai benefici del regime premiale ai fini ISA. Il provv. Agenzia delle Entrate n. 140005/2023 ha al riguardo confermato il meccanismo basato non solo sul risultato di affidabilità relativo al 2022, ma anche sulla media del risultato di tale anno e quello dell’anno precedente. Risultano confermati anche i punteggi che danno accesso ai benefici.

Doppio binario per le locazioni brevi in REDDITI PF

Nel modello REDDITI PF, le locazioni brevi possono essere indicate sia nel quadro RB (nel modello 730/2023, quadro B) che nel quadro RL (nel modello 730/2023, quadro D), perché possono produrre sia redditi fondiari che redditi diversi. Si ricorda, infatti, che l’art. 4 del DL 50/2017, dopo aver definito locazioni brevi i “contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare”, al comma 3 assimila alle locazioni brevi anche i contratti di sublocazione e i contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi a oggetto il godimento dell’immobile da parte di terzi, stipulati alle condizioni che configurano una locazione breve (durata massima 30 giorni, eventuali servizi accessori etc.).

In particolare, nella circ. Agenzia delle Entrate 12 ottobre 2017 n. 24, § 3.1, l’Amministrazione ha precisato che i redditi derivanti dal contratto di locazione breve stipulato dal comodatario vanno eccezionalmente imputati al comodatario e qualificati come redditi diversi, assimilandoli ai redditi derivanti dalla sublocazione (in deroga a quanto opera, in generale, per i redditi degli immobili dati in comodato che, secondo quanto affermato nelle ris. 14 ottobre 2008 n. 381 e 22 ottobre 2008 n. 394, vanno comunque imputati al proprietario/comodante quali redditi fondiari).

Quindi, limitatamente ai contratti di locazione “breve” ex art. 4 del DL 50/2017 stipulati dal comodatario:
– il comodante resta titolare del reddito fondiario derivante dal possesso dell’immobile oggetto di comodato;
– il comodatario/locatore diventa titolare del reddito derivante dal contratto di concessione in godimento qualificabile come reddito diverso assimilabile alla sublocazione (circ. n. 24/2017, § 3.1) e su tali redditi è possibile l’opzione per la cedolare secca.

Pertanto, come rilevato dall’Agenzia delle Entrate nella circ. n. 24/2017, l’ambito di applicazione delle locazioni brevi non può essere definito sulla base del tipo di reddito prodotto, atteso che la normativa si applica sia a contratti produttivi di reddito fondiario che a contratti produttivi di redditi diversi nel caso di contratti stipulati dal locatore o dal comodatario.
Per questo, i redditi derivanti da locazioni brevi, devono essere dichiarati:
– nel quadro RB del modello REDDITI PF 2023 (quadro B, nel modello 730/2023), se si tratta di redditi fondiari, secondo le regole ordinarie per essi operanti (con le particolarità derivanti dall’eventuale esistenza della ritenuta);
– nel quadro RL del modello REDDITI PF 2023 (quadro D, nel modello 730/2023), se si tratta di redditi diversi derivanti dalla sublocazione breve o dalla locazione breve stipulata dal comodatario.

Ma redditi diversi e redditi fondiari applicano principi di imputazione dei redditi diversi, posto che:
– per i redditi diversi opera il principio di cassa, sicché dovranno essere imputati integralmente al 2022 i redditi percepiti nel 2022, a prescindere da quando il contratto di sublocazione o locazione del comodatario abbia avuto esecuzione;
– per i redditi fondiari opera il principio di competenza, sicché il reddito fondiario derivante dalla locazione effettuata nel 2022 va indicato nel 730/2023 anche se il corrispettivo non è stato ancora percepito.
Inoltre, in presenza di un intermediario i redditi da locazione breve sono soggetti a obbligo di ritenuta e di certificazione.

Nella compilazione dei modelli REDDITI 2023, bisogna tenere conto dei dati inseriti nella Certificazione Unica, quadro “Certificazione Redditi – Locazioni brevi”, tenendo conto del fatto che la Certificazione Unica segue il criterio di cassa, mentre il medesimo non vale per tutti i redditi prodotti dalle locazioni brevi.

Come illustrato nelle istruzioni alla compilazione del quadro LC (posto che sulle locazioni brevi è possibile optare per la cedolare secca), atteso che nel modello REDDITI PF 2023 confluiscono i redditi 2022, nella colonna 4 del rigo LC1 “Ritenute CU locazioni brevi” devono confluire le ritenute certificate nel quadro “Certificazione Redditi – Locazioni brevi” della Certificazione Unica 2023 relative all’anno 2022, per le quali, quindi, la casella “Anno” di colonna 4 del quadro “Certificazione Redditi – Locazioni brevi” della Certificazione Unica 2023 sia valorizzata con l’anno 2022.

Questa ultima casella deve essere valorizzata sempre con l’anno 2022 ove la casella di colonna 21 “Locatore non proprietario” sia barrata, perché si tratta di sublocazioni o di locazioni brevi del comodatario, che, configurando redditi diversi, adottano il principio di cassa, sicché, anche se riferiti a contratti svolti nel 2021 o 2023, i redditi percepiti nel 2022 (confluiti nella CU 2023) con riferimento a tali contratti vanno indicati nel modello REDDITI PF 2023.

Va rammentato, infine, che si esce dalla disciplina delle locazioni brevi, per espressa previsione normativa (art. 1 comma 595 della L. 178/2020), in caso di destinazione alla locazione di più di 4 appartamenti nel periodo di imposta, perché l’attività di presume svolta nell’esercizio dell’impresa.

Soglia di 3.000 euro dei fringe benefit con figli fiscalmente a carico

L’art. 40 del DL 48/2023 (c.d. DL “Lavoro”), pubblicato sulla G.U. n. 103 del 4 maggio 2023, ha previsto l’incremento, per il 2023, della soglia di non imponibilità dei fringe benefit a 3.000 euro per i soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, restando invece ferma a 258,23 euro per tutti gli altri dipendenti.

Rispetto alla prima versione della bozza circolata (si veda “Per il 2023 soglia dei fringe benefit a 3.000 euro ma solo con figli a carico” del 3 maggio 2023), la disposizione è stata integrata, individuando tra l’altro più nel dettaglio quelli che inizialmente erano stati definiti genericamente come “figli a carico”.

Il comma 1 dell’art. 40 del DL dispone che “Limitatamente al periodo d’imposta 2023, in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo” del TUIR “non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di euro 3.000, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 12, comma 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. I datori di lavoro provvedono all’attuazione del presente comma previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti”.

Ai fini della disposizione in esame rilevano quindi i dipendenti con figli – compresi i figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati – fiscalmente a carico ai sensi dell’art. 12 comma 2 del TUIR.
In base a tale disposizione, i figli sono considerati fiscalmente a carico se non superano i 24 anni di età e se hanno percepito nell’anno un reddito pari o inferiore a 4.000 euro; se superano i 24 anni sono considerati a carico se hanno percepito un reddito complessivo annuo non superiore a 2.840,51 euro.

In relazione all’applicazione del limite reddituale di 4.000 euro previsto per i figli a carico di età non superiore a 24 anni, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che “il requisito anagrafico deve ritenersi sussistere per l’intero anno in cui il figlio raggiunge il limite di età, a prescindere dal giorno e dal mese in cui ciò accade” (risposta a Telefisco 2018). Pertanto, se nel 2023 i figli compiono i 24 anni, la soglia di reddito a cui fare riferimento per verificare lo status di figlio fiscalmente a carico è di 4.000 euro, a prescindere dal giorno e dal mese del compleanno.
Il suddetto limite di 2.840,51 o 4.000 euro è riferito all’intero periodo d’imposta (anno solare), indipendentemente dal periodo in cui viene prodotto. Pertanto, se al termine del periodo d’imposta (2023, ai fini in esame) si è superato il limite, non si è fiscalmente a carico, neppure per la parte dell’anno in cui il familiare era privo di redditi.

In linea generale, non rileva comunque la circostanza che i figli convivano con i genitori (il figlio a carico può anche risiedere all’estero), né che siano dediti o meno agli studi o a tirocinio gratuito.

Quanto all’ambito oggettivo di applicazione della norma, rientrano nella soglia di 3.000 euro il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Il comma 2 dell’art. 40 del DL dispone inoltre che resta ferma l’applicazione dell’art. 51 comma 3 del TUIR, in relazione ai beni ceduti e ai servizi prestati a favore dei lavoratori dipendenti per i quali non ricorrono le condizioni indicate nel comma 1.
Pertanto, per i lavoratori dipendenti senza figli a carico resta ferma l’ordinaria soglia di 258,23 euro.

DICHIARAZIONE CON IL CODICE FISCALE DEI FIGLI

L’applicazione della soglia di 3.000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico non è automatica.
A norma del comma 3 dell’art. 40 del DL 48/2023, infatti, “Il limite di cui al comma 1 si applica se il lavoratore dipendente dichiara al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli”.
Di conseguenza, il lavoratore dipendente dovrà fornire al datore di lavoro un’autodichiarazione in cui attesti di avere diritto a fruire della soglia di 3.000 euro per il 2023, indicando il codice fiscale dei figli fiscalmente a carico.

Un aspetto che andrebbe chiarito riguarda il caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Stando alla citata disposizione, che non prevede particolari limitazioni e fa riferimento in generale al lavoratore dipendente, la soglia di 3.000 euro sembrerebbe applicabile, per intero, distintamente per ciascun genitore. La soluzione però appare di dubbia coerenza sistematica perché creerebbe una doppia agevolazione per il solo fatto che entrambi i genitori sono lavoratori dipendenti.