FORFETTARI – COMPLIANCE PER MANCATA COMPILAZIONE DEL QUADRO RS

In attuazione delle forme di collaborazione tra Fisco e contribuente (cd. “compliance”), l’Agenzia delle Entrate ha individuato una situazione di anomalia inedita, riguardante:
✓ la dichiarazione dei redditi 2021 presentato dei contribuenti in regime forfettario
✓ da cui risulta la mancata compilazione e dei dati informativi richiesti nell’ambito del quadro RS.

LA COMUNICAZIONE DI ANOMALIA PER I CONTRIBUENTI FORFETTARI

Con il Provv. 19/09/2023 l’Agenzia delle Entrate ha approvato le modalità con cui sono messi a disposizione del contribuente (e della Guardia di finanza) le informazioni relative
▪️ alla mancata indicazione degli elementi informativi obbligatori richiesti ai sensi dell’art. 1, co. 73, L. n. 190/2014 nel quadro RS del mod. Redditi PF 2022
▪️ da parte dei soggetti che hanno applicato il regime forfetario per il periodo d’imposta 2021.

Si tratta della mancata compilazione dei dati richiesti nei righi da 375 a 381 del quadro RS della dichiarazione dei redditi presentata dai contribuenti forfettari nell’anno 2022.

Come noto si tratta di informazioni
– ordinariamente richieste ai contribuenti nell’ambito dei modelli ISA
– che, alla luce dell’esonero soggettivo da presentazione del mod. ISA per i contribuenti forfettari, per quest’ultimi vengono richiesti nell’ambito del quadro RS.

Si dovrebbe, di fatto, trattare di informazioni richieste dall’Agenzia per valutare internamente una sorta di “affidabilità fiscale” del contribuente forfettario.

IL CONTENUTO DELLA LETTERA DI COMPLIANCE

La comunicazione che indica le anomalie riscontrate riporta le seguenti informazioni:
– codice fiscale, cognome e nome del contribuente;
– numero identificativo e data della comunicazione, codice atto e anno d’imposta;
– data e protocollo telematico del mod. REDDITI 2022 PF relativo al 2021.

Come di consueto, le comunicazioni sono inviate:
▪️ al domicilio digitale (PEC) del contribuente
▪️ o tramite posta ordinaria, in assenza del domicilio digitale
rimanendo consultabile nel Cassetto fiscale del contribuente.

POSSIBILI AZIONI DEL CONTRIBUENTE

Il contribuente (anche tramite intermediario abilitato) può:
1. chiedere informazioni o segnalare (anche tramite intermediario abilitato) eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti (es: l’effettivo invio del modello; la corretta mancata compilazione del quadro VE; ecc.)
2. o procedere spontaneamente all’adempimento, avvalendosi del ravvedimento operoso.

In quest’ultimo caso si tratterà di procedere:
➔ alla presentazione di un Mod. Redditi PF 2022 “integrativo”
➔ versando la sanzione di €. 31,25 (cioè la sanzione edittale €. 250 abbattuta a 1/8).

Flat tax incrementale anche per le altre attività agricole connesse

Nel corso della videoconferenza dello scorso 20 settembre, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sull’ambito soggettivo di applicazione della flat tax incrementale.

Come noto, si tratta di una imposta sostitutiva al 15%, introdotta dalla legge di bilancio 2023 (art. 1, co. 55-57, L. 197/2022).

Possono fruire dell’istituto i contribuenti persone fisiche che esercitano in via diretta una attività d’impresa, arti o professioni, che non si avvalgono del regime forfetario nel periodo d’imposta (al contrario il contribuente può aver applicato regime forfettario nel triennio precedente, utile per determinare il maggiore del triennio per il calcolo dell’agevolazione).

Tra le imprese sono ammesse anche:
– le imprese familiari e coniugali non gestite in forma societaria;
– gli imprenditori agricoli individuali che accedono al regime ex artt. 56, co. 5, e 56-bis del TUIR, limitatamente ai redditi d’impresa prodotti.

REDDITI ESCLUSI: non rientrano nel regime agevolato quei redditi che, pur avendo la natura di reddito d’impresa/professionale, non risultano dell’attività svolta direttamente dal contribuente, ma sono imputati per trasparenza. Dunque rimangono esclusi i redditi da quadro RH, imputati:
– dalle società di persone e degli studi associati
– dalle Srl in regime di trasparenza fiscale (art. 116, TUIR).

Regime forfettario: può accedervi anche il contribuente che decada dal regime forfetario nel corso del 2023, avendo è ceduto il limite di 100.000 euro di ricavi/compensi percepiti. In tale ipotesi, infatti, è tenuto a determinare il reddito “con le modalità ordinarie” per l’intero anno d’imposta 2023.

Nel corso della videoconferenza, l’Agenzia ha confermato che i redditi degli imprenditori agricoli di cui ai citati art. 56, co, 5, ed art.. 56- bis del TUIR, ancorché determinati forfetariamente, costituiscono redditi d’impresa e confluiscono nel quadro RD della dichiarazione.

Pertanto, anche gli imprenditori titolari di reddito d’impresa derivante dallo svolgimento delle altre attività agricole connesse, quali la produzione delle cd. “agro-energie”, nonchè l’agriturismo/oleoturismo/enoturismo, possono fruire della flat tax incrementale.

Rottamazione – quater: esito istanza entro il 30/09/2023, primo pagamento entro il 31/10/2023

I contribuenti che, entro il 30 giugno 2023, hanno presentato l’istanza di adesione attraverso uno dei due canali on line messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (area riservata o area pubblica), ricevono l’esito della stessa entro il 30/09/2023.

In caso di accoglimento totale o parziale, la comunicazione contiene:
• la scadenza dei pagamenti in base alla scelta che è stata indicata in fase di presentazione della domanda di adesione (unica soluzione o a rate).
• i moduli di pagamento precompilati;
• le informazioni per richiedere l’eventuale domiciliazione dei pagamenti sul conto corrente.

Si ricorda che il termine di adesione è posticipato al 30/09/2023 per i contribuenti che alla data del 1° maggio 2023 avevano la residenza ovvero la sede legale o la sede operativa nei territori interessati dai gravi eventi alluvionali, indicati nell’allegato 1 del decreto Alluvione (DL n. 61/2023).

Esito istanza -Nella comunicazione contenente l’esito dell’istanza, si potrà visualizzare la seguente nomenclatura alla quale corrispondono altrettanti esiti:
• AT – Accoglimento totale della richiesta: i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata sono interamente “definibili” e quindi nella comunicazione è indicato l’importo da pagare a titolo di definizione agevolata.
• AP – Accoglimento parziale della richiesta: i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata sono in parte “definibili” e in parte “non definibili” e quindi nella comunicazione è indicato l’importo da pagare a titolo di definizione agevolata;
• AD – i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata sono interamente “definibili” e nessun importo risulta dovuto. Pertanto, nella comunicazione non è indicato alcun importo da pagare;
• AX – i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata sono in parte “definibili” e nessun importo risulta dovuto. Pertanto, nella comunicazione non è indicato l’importo dovuto a titolo di definizione agevolata. Sono invece presenti debiti in parte “non definibili” per i quali è indicato l’importo da pagare;
RI – Rigetto: i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata non sono “definibili” e nella comunicazione è dunque indicato l’importo da pagare.

Modalità e termini di pagamento – In caso di accoglimento totale o parziale, la comunicazione contiene:
• la scadenza dei pagamenti in base alla scelta che è stata indicata in fase di presentazione della domanda di adesione (unica soluzione o a rate).
• i moduli di pagamento precompilati;
• le informazioni per richiedere l’eventuale domiciliazione dei pagamenti sul conto corrente.

Nell’istanza di adesione si poteva scegliere tra le seguenti modalità di versamento:
• unica soluzione, entro il 31/10/2023;
• numero massimo di 18 rate (quindi in 5 anni) consecutive, di cui:
– il pagamento della prima rata entro il 31/10/2023;
– la seconda con scadenza 30/11/2023 pari, ciascuna, al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di definizione agevolata
• le restanti 16 rate, di pari importo, ripartite nei successivi 4 anni, entro il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.

Il pagamento rateizzato prevede l’applicazione degli interessi al tasso del 2% annuo, a decorrere dal 1° agosto 2023.

Per pagare sono disponibili i seguenti canali:
• sito istituzionale dell’Agenzia delle EntrateRiscossione;
• app EquiClick;
• domiciliazione sul conto corrente;
• moduli di pagamento utilizzabili nei circuiti di pagamento di sportelli bancari, uffici postali, home banking, ricevitorie e tabaccai, sportelli bancomat (ATM) che hanno aderito ai servizi CBILL, Postamat;
• sportelli di Agenzia delle EntrateRiscossione prenotando un appuntamento nei giorni dal lunedì al venerdì.

In arrivo un nuovo pro rata di detrazione IVA

Nell’ambito della legge delega di riforma fiscale, uno degli interventi di maggiore portata consiste nella revisione della disciplina relativa alla detrazione dell’IVA (art. 7 comma 1 lett. d) della L. 111/2023).

La volontà del legislatore è quella di rendere il diritto alla detrazione “maggiormente aderente all’effettivo utilizzo dei beni e dei servizi impiegati ai fini delle operazioni soggette all’imposta”.

Con l’intento di allinearsi alla disciplina unionale, potrebbe recepirsi a livello normativo il principio giurisprudenziale per cui il diritto alla detrazione dell’IVA può essere riconosciuto al soggetto passivo “anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce” (tra le ultime, Cass. n. 14975/2023; Corte di Giustizia Ue causa C-42/19Sonaecom; causa C-405/19Vos Aannemingen; causa C-528/19Hartstein; causa C-153/17Volkswagen).

Il principio riguarda, ad esempio, la possibilità di riconoscere il diritto alla detrazione per le holding “miste” che hanno acquistato beni e servizi finalizzati a operazioni imponibili, così come il riconoscimento del diritto alla detrazione qualora il soggetto passivo abbia acquistato beni e servizi destinati all’effettuazione di operazioni attive che non si sono potute realizzare per cause indipendenti dalla volontà di tale soggetto.

Sulla base dei criteri di effettività sin qui descritti, il legislatore intende anche rinnovare le modalità di esercizio del diritto alla detrazione per i soggetti passivi che pongono in essere, in via non esclusiva, operazioni esenti.

Una delle modifiche principali in tema di detrazione, ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett. d) della L. 111/2023, consiste infatti nell’introdurre “la facoltà di applicare il pro rata di detraibilità ai soli beni e servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per le operazioni che danno diritto a detrazione sia per le operazioni che non danno luogo a tale diritto”.

Si tratta di un elemento innovativo rispetto all’attuale meccanismo del pro rata “generale” disciplinato dall’art. 19 comma 5 e dall’art. 19-bis del DPR 633/72, tale per cui – nel rapporto mediante il quale è determinata l’IVA detraibile – si tiene conto della totalità degli acquisti di beni e servizi effettuati, a prescindere dal loro impiego “a valle”.

La nuova metodologia di calcolo intende, invece, permettere ai soggetti passivi di limitare l’applicazione del pro rata ai soli beni e servizi a “uso promiscuo” (destinati, quindi, sia per porre in essere operazioni esenti sia operazioni che attribuiscono il diritto alla detrazione “a monte”).
Il criterio del pro rata c.d. “generale”, seppure non più obbligatorio, resterebbe comunque adottabile su base facoltativa da parte dei soggetti passivi che lo ritengano preferibile perché più favorevole (tale aspetto è specificato nella Relazione illustrativa al disegno di legge).

Di fatto, accanto all’attuale meccanismo di determinazione del “pro rata”, se ne affiancherebbe uno di tipo “analitico”, il cui approccio si articola in due fasi:
– dapprima, individuando gli acquisti di beni e servizi e le importazioni dedicati solo a operazioni esenti ovvero solo a operazioni che attribuiscono il diritto alla detrazione (es. operazioni imponibili) e, da ciò che al momento si comprende, esercitando di fatto il diritto alla detrazione secondo il criterio di diretta afferenza dei beni e dei servizi acquistati rispetto alle singole operazioni attive poste in essere (art. 19 comma 2 del DPR 633/72);
– in un secondo tempo, selezionando i beni e servizi e le importazioni che sono destinati a un utilizzo “promiscuo” ed applicando il criterio del pro rata al fine di esercitare il diritto alla detrazione.

Si osserva, peraltro, che, sul piano letterale, la legge delega – in merito al nuovo metodo di calcolo del “pro rata” – impiega il termine “operazioni” (“che danno diritto alla detrazione” versus ”che non danno tale diritto”), diversamente da quanto dispone attualmente l’art. 19 comma 5 del DPR 633/72, riferito alle “attività” (“che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione” versus “attività che danno luogo ad operazioni esenti”). Ragionevolmente la nuova formulazione dipende dal fatto che, a livello sistematico, il legislatore intende promuovere l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA in modo sempre più puntuale. Sarà il legislatore delegato a definire i criteri di frequenza di tali “operazioni”.

Rivista anche la disciplina dei rimborsi

Nell’ottica di rendere più efficace il diritto alla detrazione e agevolarne il relativo esercizio, nell’ambito della delega fiscale si evidenzia anche la revisione della disciplina dei rimborsi IVA (art. 18 comma 1 lett. i) della L. 111/2023). Il legislatore richiede, infatti, al Governo – mediante i decreti delegati – di “rivedere la disciplina dei rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto con finalità di razionalizzazione e semplificazione”.
A livello più generale, l’art. 18 della L. 111/2023, in materia di riscossione, contempla la necessità di “semplificare e accelerare le procedure relative ai rimborsi”.

Ravvedimento per l’omessa dichiarazione IMU entro il 28 settembre

Lo scorso 30 giugno è scaduto il termine per presentare, ove previsto, le dichiarazioni IMU “ordinarie” di cui all’art. 1 comma 769 della L. 160/2019 relative agli anni 2021 e 2022. Nel medesimo termine, inoltre, gli enti non commerciali possessori di almeno un immobile esente ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019 dovevano presentare le dichiarazioni IMU ENC sia per il 2021 che per il 2022, indipendentemente dal verificarsi di variazioni che abbiano influito sulla determinazione dell’imposta dovuta per tali anni.

Il contribuente che, pur essendovi tenuto, ha omesso di trasmettere entro il citato termine la dichiarazione IMU o IMU ENC per gli anni 2021 o 2022, può assolvere l’adempimento presentando la dichiarazione entro il 28 settembre 2023 avvalendosi del ravvedimento operoso (applicabile anche per l’IMU ex art. 16 del DLgs. 473/97), in forza del quale la dichiarazione omessa può essere presentata entro 90 giorni dal termine ordinario previsto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97 (fermo restando, per i tributi locali, l’impossibilità di ravvedersi in caso di avvio di un controllo fiscale).

Una volta decorsi 90 giorni da detto termine, non pare più possibile avvalersi del ravvedimento, salvo previsioni specifiche nel regolamento comunale (cfr. circ. Min. Economia e finanze 29 aprile 2013 n. 1). 
Peraltro, secondo la posizione accolta dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 17 giugno 2021 n. 17298), configura un’ipotesi di omessa dichiarazione anche la mancata indicazione di un singolo immobile nella dichiarazione IMU comunque presentata: pure in tale ipotesi vale dunque il termine per ravvedersi del 28 settembre

Per perfezionare il ravvedimento operoso è necessario, entro il predetto termine, non solo presentare la dichiarazione IMU non trasmessa, ma versare altresì la sanzione minima prevista per l’omessa dichiarazione ridotta a un decimo del minimo, unitamente all’eventuale imposta dovuta e ai correlati interessi.

In caso di omessa presentazione della dichiarazione IMU, l’art. 1 comma 775 della L. 160/2019 prevede l’irrogazione di una sanzione che va dal 100% al 200% dell’imposta non versata, con un minimo di 50 euro. Inoltre, anche per l’IMU si applica l’art. 7 comma 4-bis del DLgs. 472/97: dunque, se la dichiarazione è presentata entro 30 giorni dal termine, la sanzione è ridotta della metà, ossia va dal 50% al 100% dell’imposta non versata, con un minimo di 25 euro.

In concreto, se il soggetto passivo, pur avendo omesso la dichiarazione, ha provveduto al versamento dell’IMU, la sanzione ex art. 1 comma 775 della L. 160/2019 è applicata nel minimo (50 euro). Ai fini del ravvedimento deve pertanto essere versata una sanzione pari a 5 euro (1/10 di 50 euro), ridotta a 3 euro (arrotondamento di 2,50 euro ex art. 1 comma 166 della L. 296/2006) se la dichiarazione è trasmessa entro 30 giorni dal termine ordinario. 

Se, invece, oltre alla mancata presentazione della dichiarazione IMU, non è stata versata l’imposta dovuta, la sanzione per il ravvedimento è pari al 10% (1/10 del 100%) dell’IMU non versata; se la dichiarazione è presentata entro 30 giorni dal termine, la sanzione è pari al 5% dell’IMU non versata. Per perfezionare il ravvedimento è necessario, in questo caso, versare anche l’IMU dovuta e i relativi interessi (calcolati al tasso legale), operando l’arrotondamento all’unità di euro ex art. 1 comma 166 della L. 296/2006). 

Sanzione parametrata all’IMU non versata

Non paiono invece pertinenti, in materia di IMU, le precisazioni rese per il ravvedimento dell’omessa dichiarazione dall’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 42/2016: tali indicazioni sono difformi dal dato normativo dell’art. 1 comma 775 della L. 160/2019 (che parametra la sanzione sull’importo dell’IMU “non versata”, fatto salvo l’ammontare minimo di 50 euro). 

Si precisa da ultimo che, se non sono state presentate sia la dichiarazione IMU ENC per il 2021, sia quella per il 2022, occorre ravvedere entrambe le dichiarazioni: l’obbligo di presentare la dichiarazione IMU ENC vige infatti per ogni anno
Per la dichiarazione IMU “ordinaria”, pare invece debba ravvedersi solo l’omessa dichiarazione per il 2021, e non quella (anch’essa omessa) per il 2022, se in quest’ultimo anno non si sono verificate circostanze tali da comportare una variazione dell’IMU dovuta (e dunque il sorgere di un autonomo obbligo dichiarativo). Infatti, anche se trasmessa oltre i termini ordinari, la dichiarazione IMU per il 2021 si ritiene validamente presentata avvalendosi del ravvedimento: detta dichiarazione pare pertanto possa considerarsi idonea a produrre effetti anche per gli anni successivi, ai sensi dell’art. 1 comma 769 della L. 160/2019. In ogni caso, è opportuno verificare le indicazioni sul punto dell’ente impositore.

Entro il 2 ottobre i dati delle liquidazioni periodiche del secondo trimestre

I dati delle liquidazioni periodiche riferite al secondo trimestre 2023 devono essere trasmessi all’Agenzia delle Entrate, con l’apposito modello, entro il prossimo 2 ottobre.

Per il secondo trimestre, l’art. 21-bis del DL 78/2010 fissa il termine del 30 settembre, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 3 del DL 73/2022 (in precedenza, infatti, la scadenza era quella del 16 settembre).
Essendo il 30 settembre 2023 un sabato, l’adempimento è differito al 2 ottobre 2023, ossia al primo giorno feriale successivo, come prevede l’art. 7 comma 2 lett. l) del DL 70/2011.

Sono chiamati alla comunicazione tutti i soggetti passivi IVA, con la sola esclusione di coloro che non sono tenuti a presentare la dichiarazione IVA annuale o a effettuare le liquidazioni periodiche.

Nel caso in cui i dati siano stati omessi ovvero siano incompleti o inesatti, la sanzione è compresa tra 500 e 2.000 euro, dimezzabile purché i dati siano trasmessi regolarmente entro 15 giorni dalla scadenza (17 ottobre 2023). La sanzione può essere ridotta beneficiando del ravvedimento operoso se, oltre al pagamento della sanzione, è presentata una comunicazione sostitutiva (ris. Agenzia delle Entrate n. 104/2017).

È bene sottolineare che, ad alcuni soggetti passivi, è data la possibilità di effettuare la comunicazione avvalendosi del programma di assistenza on line offerto dall’Agenzia delle Entrate, mediante il quale sono messe a disposizione la bozza di comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA e il servizio di pagamento delle somme eventualmente dovute.
La bozza precompilata e il modello F24 per l’eventuale pagamento sono resi disponibili anche ai soggetti che non hanno convalidato o integrato i registri IVA precompilati (provv. Agenzia delle Entrate n. 9652/2023, punto 4).

La facoltà di fruire del programma di assistenza dell’Agenzia riguarda i soggetti passivi che adottano la liquidazione trimestrale per opzione o per natura (questi ultimi solo a partire dalle LIPE dell’ultimo trimestre 2022). Sono, inoltre, stati ammessi ad avvalersi del programma anche gli operatori per i quali nell’anno di riferimento è stato dichiarato il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa, nonché coloro che si avvalgono di specifici metodi di determinazione dell’IVA ammessa in detrazione, quali i produttori agricoli o coloro che svolgono le attività agricole connesse, le aziende di agriturismo, le aziende enoturistiche od oleoturistiche (provv. n. 9652/2023, punto 2).

Oltre ai soggetti passivi che adottano la liquidazione periodica mensile, non possono, invece, avvalersi dei documenti IVA precompilati gli altri operatori già esclusi dal provv. n. 183994/2021, cioè a dire: i soggetti che esercitano attività per cui sono previsti regimi speciali, i soggetti che applicano l’IVA separatamente, coloro che aderiscono all’IVA di gruppo o che partecipano a Gruppi IVA, le Pubbliche Amministrazioni e gli enti soggetti alla disciplina dello split payment, i commercianti al minuto che adottano il metodo della ventilazione dei corrispettivi, i soggetti che trasmettono i dati dei corrispettivi relativi alle cessioni di benzina e gasolio da utilizzare come carburanti per motori, i soggetti che trasmettono i dati dei corrispettivi relativi alle operazioni tramite distributori automatici e coloro che erogano prestazioni sanitarie.

Qualora ci si accorga, dopo l’invio della comunicazione convalidata o integrata, che i dati in essa contenuti sono incompleti o inesatti, è possibile inviare una comunicazione sostitutiva, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale IVA (30 aprile 2024 per l’anno 2023), ferme restando le sanzioni applicabili.

Acquisti in reverse charge nel campo VP3

In merito alla compilazione del modello delle liquidazioni periodiche, un aspetto degno di interesse concerne gli acquisti relativi a operazioni con il meccanismo del reverse charge.

Nel caso di reverse charge “interno” (ad es., servizi nel settore edile), l’imponibile è riportato nel rigo VP3 (operazioni passive), mentre la relativa imposta nei righi VP4 e VP5 (in quest’ultimo rigo solo se detraibile). Se l’inversione contabile avviene in via elettronica (trasmettendo i dati al SdI), nel rigo VP3 sarà indicato l’imponibile contenuto nella fattura e non l’ammontare del documento integrato con codice “TD16”.
Tanto vale anche per il reverse charge “esterno” (ad es. prestazioni ricevute da soggetti non stabiliti in Italia), per il quale è necessario indicare l’imponibile nel rigo VP3 del modello e la relativa imposta nei campi VP4 e VP5, a prescindere dall’integrazione elettronica via SdI.

In tema di reverse charge, è da rammentare che un singolo acquisto con lo speciale meccanismo comporta l’obbligo di presentare la comunicazione con i dati del periodo, anche per coloro che altrimenti ne sarebbero esonerati, come i soggetti passivi che effettuano solo operazioni esenti, mentre qualche dubbio vi è per i forfetari.

Imposta sostitutiva sulle mance – chiarimenti Agenzia

Con la CM 26/E del 29/08/2023 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti interpretativi sull’imposta sostitutiva del 5% applicabile alle mance percepite dai lavoratori – del settore privato – delle strutture ricettive e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di cui all’articolo 5 della L. 287/91, introdotta dall’art. 1 commi da 58 a 62 della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023).

Nel dettaglio, il comma 58 stabilisce che:
• le somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità, anche attraverso mezzi di pagamento elettronici, riversate ai lavoratori, costituiscono redditi di lavoro dipendente e sono soggette a un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali pari al 5% (regime naturale, salvo rinuncia da parte del lavoratore), entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro. I suddetti lavoratori (del settore privato), ai fini dell’accesso all’agevolazione in esame, devono essere in possesso di un reddito di lavoro dipendente non superiore a € 50.000
• le mance in trattazione, assoggettate a imposta sostitutiva, sono escluse dalla retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale e dei premi INAIL; non sono computate ai fini del calcolo del TFR.

Requisito reddituale: in merito al limite di € 50.000, considerato che il comma 62 fa riferimento ai titolari di «reddito di lavoro dipendente», l’Agenzia chiarisce che ai fini del calcolo del limite devono essere inclusi tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti dal lavoratore, compresi quelli derivanti da attività lavorativa diversa da quella svolta nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione.

Si precisa che il predetto limite reddituale di euro 50.000 è riferito al periodo d’imposta precedente a quello di percezione delle mance da assoggettare a imposta sostitutiva, così come specificato nella relazione tecnica alla legge di bilancio 2023.

Al riguardo, è opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 51, co. 1, TUIR, si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme/i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello a cui si riferiscono (c.d. “principio di cassa allargato”).

Limite del 25% del reddito: le mance elargite dai clienti ai lavoratori a mero titolo di liberalità (anche attraverso l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici) sono soggette, a opera del sostituto d’imposta, alla tassazione sostitutiva entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro.

La base di calcolo cui applicare il 25% è costituita dalla somma di tutti i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno per le prestazioni di lavoro rese nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione, ivi comprese le mance, anche se derivanti da rapporti di lavoro intercorsi con datori di lavoro diversi.
Il limite annuale del 25% del reddito percepito nell’anno per il lavoro nel settore turistico, alberghiero e della ristorazione è un’esenzione: ove fosse superato, solo l’eccesso andrà tassato in via ordinaria.

Adempimenti: l’Agenzia affronta, infine, gli obblighi del datore di lavoro e del lavoratore.
Prima di tutto, viene ricordato che la tassa sostitutiva è applicata dal sostituto di imposta, cioè il datore di lavoro, il quale la versa utilizzando i codici fiscali specificati con la RM n. 16/2023.

Sotto il profilo operativo, il sostituto d’imposta, se è stato l’unico datore di lavoro ad aver rilasciato la CU dei redditi per l’anno precedente, applica direttamente l’imposta sostitutiva. In caso contrario, l’applicazione dell’imposta sostitutiva avverrà a condizione che il lavoratore attesti per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno precedente.

Il lavoratore è obbligato a comunicare al sostituto di imposta:
• se non ha diritto a beneficiare del regime sostitutivo (se ha conseguito redditi da lavoro dipendente superiori a € 50.000 da diversi datori di lavoro);
• l’ammontare del reddito percepito per il lavoro svolto nel settore turistico, alberghiero e della ristorazione da altri datori di lavoro e delle mance tassate come tassa sostitutiva da questi, per rispettare il limite annuale delle mance ridotte
• la rinuncia al regime sostitutivo, se applicabile.

Codici tributo: per il versamento sono utilizzati i seguenti codici tributo (esposti nella sezione “Erario”, riportando, quale “Mese di riferimento”, quello in cui il sostituto d’imposta effettua la trattenuta):
• “1067” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità – art. 1, commi da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”
• “1605” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità maturate in Sicilia e versata fuori regione – art. 1, co. da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”
• “1917” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità maturate in Sardegna e versata fuori regione – art. 1, co. da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”
• “1918” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità maturate in Valle d’Aosta e versata fuori regione – art. 1, co. da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”
• “1306” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità versata in Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta e maturate fuori dalla regione in cui è effettuato il versamento – art. 1, co. da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

Infine, la Circolare fornisce chiarimenti sul “trattamento integrativo speciale” per il periodo dal 1° giugno 2023 al 21 settembre 2023 previsto a favore dei lavoratori nel settore turistico, dell’accoglienza e delle terme dall’art. 39-bis del DL 48/2023.

Tra un anno il termine per la riforma delle aliquote IVA

Entro un anno da oggi, lo Stato italiano dovrà definire i dettagli di attuazione della nuova disciplina comunitaria in tema di aliquote IVA.
Nell’ambito del disegno di legge di delegazione europea 2022-2023, approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 giugno scorso, vi è infatti l’impegno del Governo ad adottare entro il 31 agosto 2024 il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2022/542/Ue.

La menzionata direttiva innova in maniera significativa i criteri mediante i quali ciascuno Stato dell’Unione europea potrà determinare le proprie aliquote IVA ridotte.
La maggior parte delle disposizioni (in tema di aliquote) ivi contenute dovranno essere recepite da tutti gli Stati membri – con specifici atti legislativi e regolamentari – entro il 31 dicembre 2024, così che possano essere applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2025.

Proprio in ragione di questi ultimi termini, il Governo è tenuto a emanare il necessario decreto legislativo entro il 31 agosto 2024, vale a dire entro il quarto mese antecedente a quello di recepimento della direttiva (come richiede l’art. 31 della L. 234/2012).

La riforma delle aliquote risulta necessaria per adeguare l’ordinamento comunitario al regime IVA definitivo (attualmente però in “stand by”), nel quale le cessioni e prestazioni saranno soggette ad imposta nello Stato membro di destinazione.
Come evidenziato nel secondo considerando alla direttiva 2022/542/Ue, “nell’ambito di un tale sistema una maggiore diversità delle aliquote IVA non perturberebbe il funzionamento del mercato interno né causerebbe distorsioni della concorrenza”.

Da qui discende il riconoscimento agli Stati membri di una maggiore flessibilità nell’adozione delle aliquote ridotte. Resta confermato il principio-cardine tale per cui la previsione di un’aliquota ridotta rappresenta comunque un’eccezione rispetto all’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria.

La nuova disciplina, contenuta nel riformulato art. 98 della direttiva 2006/112/Ce, consentirà a ciascuno Stato membro di adottare:
– un massimo di due aliquote ridotte pari almeno al 5%;
– una sola aliquota ridotta inferiore al minimo del 5%;
– una sola esenzione con diritto a detrazione dell’IVA a monte (c.d. “aliquota zero”).

In merito alle ultime due condizioni, sarà possibile prevedere l’aliquota inferiore al 5% o la c.d. “aliquota zero” solamente per le cessioni o prestazioni di servizi individuate da un massimo di sette punti nell’Allegato III della direttiva 2006/112/Ce, scelte dagli Stati Ue tra le cessioni o prestazioni destinate “a coprire esigenze di base”.
L’Italia non è tenuta a considerare questo limite sino al 2031, poiché (come anche alcuni altri Stati) alla data del 1° gennaio 2021 già si avvaleva di un’aliquota inferiore al 5% e di una c.d. “aliquota zero” per operazioni contemplate in più di sette punti del citato Allegato III.

Inoltre, sarà consentito a tutti gli Stati membri di adottare aliquote ridotte non inferiori al 12% per gli stessi beni e servizi cui si applicano aliquote ridotte non inferiori al 12% in altri Stati membri e alle stesse condizioni, secondo il principio della reciprocità di trattamento.

Sul piano contenutistico, le novità in tema di aliquote contemplate dalla direttiva 2022/542/Ue (nel nuovo Allegato III alla direttiva 2006/112/Ce) riguardano essenzialmente tre aspetti, vale a dire:
– il rafforzamento dei sistemi sanitari degli Stati membri (si estende l’agevolazione a tutti gli “apparecchi, strumenti, dispositivi, articoli, materiale ausiliario e dispositivi di protezione medici”);
– la transizione verso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (ad esempio, saranno inclusi i pannelli solari e la relativa installazione su abitazioni private o edifici pubblici);
– la digitalizzazione dell’economia unionale (si agevolano, ad esempio, i servizi di accesso alle dirette streaming e i servizi per la connettività a internet).

Del descritto quadro regolamentare dovrà tenere conto il legislatore nazionale anche nella stesura del decreto attuativo della legge delega per la riforma fiscale che, ragionevolmente, potrebbe venire a coincidere con il decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria.

L’art. 7 della menzionata legge delega (L. 111/2023) richiede, d’altronde, di “razionalizzare il numero e la misura delle aliquote dell’IVA secondo i criteri posti dalla normativa dell’Unione europea, al fine di prevedere una tendenziale omogeneizzazione del trattamento per beni e servizi similari, anche individuati mediante il richiamo alla nomenclatura combinata o alla classificazione statistica, meritevoli di agevolazione in quanto destinati a soddisfare le esigenze di maggiore rilevanza sociale”.

Ravvedimento gratuito ma per pochi nella delega fiscale

Nell’art. 20 della L. 111/2023, la legge delega per la riforma fiscale, figura un criterio direttivo abbastanza di dettaglio che, in sintesi, prevede una sorta di ravvedimento operoso gratuito quando su di una determinata fattispecie vi è un mutamento di prassi.

Il criterio direttivo sancisce che i decreti delegati dovranno “escludere, in virtù dei principi di cui all’articolo 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’applicazione delle sanzioni per i contribuenti che presentino una dichiarazione integrativa al fine di adeguarsi alle indicazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria con successivi documenti di prassi pubblicati ai sensi dell’articolo 11, comma 6, della medesima legge 27 luglio 2000, n. 212, sempreché la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria e il contribuente provveda al pagamento dell’imposta dovuta”.

Il legislatore delegante vuole rafforzare il legittimo affidamento, evitando di irrogare sanzioni nei confronti del contribuente che si adegua “alle indicazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria con successivi documenti di prassi” ai sensi dell’art. 11 comma 6 della L. 212/2000.

Dovrà trattarsi di chiarimenti diramati con circolare o risoluzione, in modo ufficiale e non ufficioso (potrebbero quindi non essere sufficienti i chiarimenti diramati in occasione ad esempio di Telefisco, non recepiti in una circolare).
Il chiarimento, per come è scritta la norma, dovrà certamente essere successivo alla condotta del contribuente (alla presentazione della dichiarazione dunque) e non anche ad un precedente chiarimento di prassi che è risultato superato.

A ben vedere, già attualmente, ai sensi dell’art. 10 della L. 212/2000, se il contribuente si uniforma a chiarimenti di prassi poi modificati, non è passibile di nessuna sanzione, nonostante la Cassazione diverse volte abbia affermato un principio diverso.
Questo orientamento andrà radicalmente rivisto alla luce della legge delega e dei prossimi decreti delegati.

Tornando al criterio direttivo in esame, c’è un punto dolente che restringe non di poco il suo potenziale ambito applicativo e che, francamente, poteva forse essere evitato. L’esimente opera se “la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”.

In primo luogo, è arduo stabilire quando sussiste l’obiettiva incertezza, in secondo luogo l’obiettiva incertezza già consente agli uffici di disapplicare le sanzioni ex art. 6 del DLgs. 472/97.
Non è poi chiaro se dovrà essere il contribuente, in autonomia, a individuare se è presente l’incertezza o se saranno gli uffici finanziari a specificarlo nei documenti di prassi.
Ove fossero gli uffici a doverlo specificare, si eviterebbero potenziali contenziosi tra uffici e contribuenti sulla presenza dell’incertezza.

Per il resto, si tratta come anticipato di una sorta di ravvedimento operoso gratuito, considerato che sarà necessario presentare la dichiarazione integrativa e pagare le imposte.

Necessaria la dichiarazione integrativa

I decreti delegati potranno prevedere dei limiti temporali entro cui tale ravvedimento operoso gratuito potrà avvenire.
Questa forma di ravvedimento, sempre ad un primo esame, non pare circoscritta alle imposte sui redditi e all’IVA ma può riguardare anche altri tributi, sempre che si tratti di violazioni commesse in dichiarazione. In altre parole, si consente, alle condizioni descritte, di sanare la dichiarazione infedele per qualsiasi tributo.

Definizione agevolata delle Liti pendenti – adesione entro il 02/10/2023

Entro il 2/10/2023 (il 30/09/2023 cade di sabato) scade il termine per presentare, attraverso l’apposita procedura online, le domande di adesione alla definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023 in ogni stato e grado del giudizio (art. 1, co. da 186 a 202, L. n. 197/2022).

Nel corso dell’iter di conversione del DL 34/2023 (conv. in L. n. 56/2023) sono state introdotte novità in tema di definizione delle controversie ex art. 1 commi 186 e ss. della L. 197/2022.

Si premette che per poter definire la lite è necessario che:
• entro il 1° gennaio 2023, il contribuente abbia notificato il ricorso introduttivo di primo grado all’Agenzia fiscale (si fa riferimento alla data di accettazione della PEC, e non al momento della costituzione in giudizio);
• nel momento di presentazione della domanda, non si sia ancora formato il giudicato (non deve essere stata depositata la sentenza di Cassazione senza rinvio, nè spirati i termini per l’impugnazione della sentenza/riassunzione del processo).

Il ricorso all’istituto consente di ottenere lo stralcio delle sanzioni e degli interessi.
In particolare il contribuente accederà ai seguenti benefici:
• se l’Agenzia fiscale è rimasta soccombente in primo grado, si paga il 40% delle imposte;
• se l’Agenzia fiscale è rimasta soccombente in secondo grado (non rileva che in primo grado abbia vinto o perso), si paga il 15% delle imposte;
• se il processo pende in Cassazione al 1° gennaio 2023 e l’Agenzia fiscale è rimasta per intero soccombente in tutti i pregressi gradi di giudizio, si paga il 5% delle imposte;
• se il contribuente, in primo o in secondo grado, oppure in tutti e due i gradi, è risultato soccombente, occorre pagare per intero le imposte, fruendo dello stralcio di soli sanzioni e interessi.

Con riferimento alla definizione delle liti pendenti, che consente di definire le liti pendenti al 1° gennaio 2023 in qualsiasi stato e grado del giudizio, il DL “Bollette” ha posticipato, innanzitutto
• sia il termine per pagare le somme (o la prima rata);
• sia il termine per presentare la domanda di definizione;
dal 30 giugno 2023 al 30 settembre 2023.

Se il contribuente dichiara di volersi avvalere della definizione, il processo resta sospeso sino al 10/10/2023 (prima al 10 luglio 2023) e, ai fini dell’estinzione, entro tale data occorre depositare la domanda di definizione e il mod. F24 che attesta il pagamento delle somme.

Durante l’iter di conversione è stata apportata una ulteriore modifica al calendario delle rate.

Nell’iter di conversione del DL 34/2023, tale calendario è stato parzialmente riscritto; in particolare:
a) le prime 3 rate rimangono alle previgenti scadenze:
• 30 settembre 2023
• 31 ottobre 2023
• 20 dicembre 2023.

b) Le rate successive alle prime tre possono, ora, essere versate in un massimo di 51 rate mensili di pari importo, con scadenza entro l’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, a partire da gennaio 2024 (ad eccezione per il mese di dicembre di ciascun anno, per il quale la scadenza rimane fissata al giorno 20 del mese).

Le novità alle istruzioni al modello – Al fine di recepire le novità introdotte dal DL 34/2023 post conversione, sono state modificate le istruzioni relative alla sezione “determinazione dell’importo dovuto”.

Procedure operative – La domanda va compilata utilizzando il software reso disponibile dall’Agenzia Entrate.
Dal menu “Impostazioni/profilo utente” è necessario indicare che si sta trasmettendo la domanda in qualità di intermediari.
Non è necessaria alcuna autorizzazione telematica del cliente per trasmettere la domanda.
I codici degli uffici legali nonché delle Corti di giustizia tributaria presso cui pende il processo vengono scelti dall’apposito menu a tendina.

Bisogna poi indicare i dati della controversia (giorno di notifica del ricorso introduttivo, numero di RGR o di RGA) e il codice che contraddistingue la tipologia di definizione.
Indicato il valore della lite, le somme lorde vengono calcolate dal software; quelle nette si determinano scomputando quanto già pagato ad esempio in ragione della riscossione frazionata.