Acconto IMU per l’anno 2023 entro il 16 giugno

Anche quest’anno la prima rata dell’IMU per l’anno 2023 deve essere versata entro il 16 giugno e, relativamente alle modalità di computo dell’imposta, occorre riferirsi alle disposizioni contenute nell’art. 1 commi 739 e ss. della L. 160/2019.

Si ricorda anzitutto che l’imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso.
A tal fine:
– il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto è computato per intero;
– il giorno di trasferimento del possesso si computa in capo all’acquirente e l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del cedente.
Ad esempio, se un immobile viene ceduto il 16 aprile 2023, l’intero mese di aprile (composto da 30 giorni) è a carico dell’acquirente.
Entro il 16 giugno 2023, pertanto, il venditore (ove l’immobile non sia esente da IMU, ad esempio perché destinato ad abitazione principale) dovrà versare l’acconto dell’IMU per i primi tre mesi dell’anno 2023, mentre l’acquirente (sempre che a sua volta non gli competa l’esenzione) dovrà farsi carico dell’IMU per i rimanenti nove mesi dell’anno 2023.

L’IMU per l’anno 2023, infatti, dovuta in generale per i fabbricati, le aree edificabili e i terreni agricoli (le modalità di determinazione della base imponibile dell’IMU variano in funzione della tipologia di bene immobile interessata), deve essere versata in due rate:
– la prima entro il 16 giugno 2023, pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione deliberata per il 2022;
– la seconda entro il 18 dicembre 2023 (in quanto il 16 cade di sabato), a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno 2023 e a conguaglio sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto delle aliquote per il 2023, secondo quanto precisato dalla ris. Min. Economia e finanze 18 febbraio 2020 n. 1/DF e dalla circ. Min. Economia e finanze 18 marzo 2020 n. 1/DF.
Il contribuente, tuttavia, può decidere di effettuare il versamento dell’imposta dovuta in un’unica soluzione annuale, entro la data del 16 giugno 2023.

FACOLTÀ DEI COMUNI DI DIFFERIRE I TERMINI DI VERSAMENTO DELL’IMU

Con riguardo ai termini di versamento dell’IMU si ricorda che nella ris. 8 giugno 2020 n. 5/DF il Min. Economia e finanze ha precisato che i Comuni possono differire autonomamente i termini di versamento dei tributi locali di propria competenza ai sensi degli artt. 52 del DLgs. 446/97 e 6 comma 3 della L. 212/2000.
Tale facoltà può essere esercitata, tuttavia, con riferimento alle entrate di esclusiva competenza dell’ente locale. Quest’ultimo, pertanto, non può prevedere interventi (nemmeno il semplice differimento dei versamenti) che riguardano la quota IMU di competenza statale che deve essere versata per gli immobili a destinazione produttiva del gruppo “D” (art. 1 comma 753 della L. 160/2019).
Per gli immobili a uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, quindi, la quota pari allo 0,76% riservata allo Stato deve in ogni caso essere versata entro il 16 giugno 2023 (per l’acconto) ed entro il 18 dicembre 2023 (per il saldo).

DOMANDA DI INDENNITÀ ISCRO 2023

I commi da 386 a 401 dell’art. 1 della L. n. 178/2020 (“Legge di bilancio 2021”):
– hanno istituto in via sperimentale, per il triennio 2021-2023
– l’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO)
– a favore dei lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata INPS in possesso di determinati requisiti.
Dopo aver erogato le indennità per il 2021 e 2022, l’Inps con il Mess. 5/05/2023, n. 1636 ha comunicato l’apertura del canale per la presentazione della domanda per l’indennità riferita all’anno 2023.

AMBITO SOGGETTIVO

L’indennità è riconosciuta in favore dei soggetti iscritti alla Gestione separata INPS esercenti attività di lavoro autonomo di cui all’art. 53, comma 1, TUIR che presentano i seguenti requisiti:

ESCLUSI SOGGETTI CHE HANNO PRESENTATO DOMANDA IN ANNI PRECEDENTI

L’indennità:
spetta una sola volta (anche se percepita parzialmente) nel triennio 2021-2023
➔ pertanto il beneficio per il 2023 è escluso per il soggetto che ne ha già fruito per il 2021/2022.

Decadenza: secondo l’Inps, il contribuente che sia decaduto dal diritto all’indennità riconosciuta per il biennio scorso
– pur non avendo beneficiato della prestazione per tutte le 6 mensilità previste
– non può comunque accedere una seconda volta alla prestazione nel triennio di riferimento.

La domanda per il 2023 può, quindi, essere presentata dai soggetti che
✓ non hanno presentato la stessa per il 2021/2022;
✓ pur avendola presentata nelle precedenti annualità, non hanno avuto accesso alla prestazione in quanto la domanda è stata respinta e o la prestazione revocata dall’origine.

AMMONTARE DELL’INDENNITA’

L’entità dell’indennità è fatta pari:
al 25% (su base semestrale) dell’ultimo reddito certificato
▪ entro un limite massimo di €. 881,23 ed un limite minimo di €.275,38 mensile (importi derivanti dalla rivalutazione ISTAT degli importi base 2021, rispettivamente, di €. 800 ed €. 250)

Nota: l’idennità
non concorre alla formazione del reddito
non da diritto alla contribuzione figurativa

PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA

L’indennità è erogata dall’INPS previa presentazione telematica di apposita domanda da presentare:
entro il 31/10 di ciascun anno (2021, 2022 e 2023)
▪ unitamente all’autocertificazione dei redditi prodotti per gli anni di interesse.

Nel merito dell’istanza per il 2023 il Mess. n. 1636/2023 dell’Inps ha reso noto che:
dallo scorso 8/05/2023 è nuovamente disponibile la procedura on line sul portale dell’INPS
✓ l’accesso rimarrà disponibile fino al 31 ottobre 2023, termine ultimo di presentazione.

Le credenziali di accesso al servizio web sono:
– SPID di livello 2 o superiore;
– carta di identità elettronica 3.0 (CIE);
– carta nazionale dei servizi (CNS).

Domanda tramite Contact Center: In alternativa al portale web, la prestazione può essere richiesta per quest’anno tramite il servizio di Contact Center integrato, telefonando al numero verde gratuito 803 164 da rete fissa oppure al numero 06 164164 da rete mobile a pagamento.

L’Inps comunica all’Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che hanno presentato domanda per la verifica dei requisiti, mentre l’Agenzia delle entrate comunica all’Inps l’esito dei riscontri effettuati sulla verifica dei requisiti reddituali con modalità e termini definiti con accordi di cooperazione tra le parti.

Decorrenza: l’indennità spetta a decorrere dal primo giorno successivo alla presentazione della domanda.

RAVVEDIMENTO – NUOVI CODICI TRIBUTO PER IMPOSTE SOSTITUTIVE E SOSTITUTI

Come noto, al fine di procedere al ravvedimento operoso degli omessi/carenti o tardivi versamenti è previsto l’obbligo di versamento
– dell’imposta originaria
– degli interessi di mora calcolati al tasso legale
– della relativa sanzione minima edittale (ex art. 13, Dlgs 471/97), abbattuta in ragione della tardività con cui interviene il ravvedimento operoso (ex art. 13, Dlgs 472/97).

Nota: si ricorda che la sanzione non si applica ove l’omesso/carente versamento derivi da una violazione dichiarativa “a monte” a cui si applichi una sanzione proporzionale (dichiarazione infedele/omessa), in quanto di natura “sostanziale” (la sanzione riferita al versamento rimane “assorbita” da quella riferita alla
dichiarazione – CM 42/2016).

Compilazione mod. F24: in generale il versamento dei tre importi di cui sopra va effettuato utilizzando uno specifico codice tributo; unica deroga attiene ai sostituti d’imposta, i quali non espongono separatamente gli interessi di mora calcolati (che vengono “incorporati” nel tributo).

Per quanto attiene versamento della sanzione:
codice tributo: si utilizza lo specifico codice relativo al tributo interessato (es: 8904 per l’Iva; ecc.)
anno di riferimento: va indicato il periodo d’imposta sui si riferisce il versamento.

I NUOVI CODICI TRIBUTO PER DETERMINATI RAVVEDIMENTI

L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto di rendere più specifici i codici tributo riferiti:
– alle imposte sostitutive dovute dal contribuente: per i quali andava utilizzato l’unico codice 8913
– alle violazioni commesse dal sostituto d’imposta: che utilizzavano l’unico codice 8906

In tal modo l’Agenzia potrà comprendere più agevolmente a quali omissioni risulta riferito il versamento effettuato (ciò, in particolar modo nel caso in cui il versamento della sanzione non avvenga nel medesimo mod. F24 con il quale si procede a versare l’imposta).

A tal fine l’Agenzia ha emanato due recenti Risoluzioni, che introducono i nuovi codici tributo con una decorrenza differenziata.

CODICI TRIBUTO PER IL VERSAMENTO DELLE IMPOSTE SOSTITUTIVE

Con la RM n. 12 del 1/03/2023 l’Agenzia delle entrate ha provveduto ad individuare dei codici tributo più specifici riferiti al versamento
➔ della cedolare secca sulle locazioni
➔ delle imposte sostitutive dovute dai contribuenti forfettari e dai contribuenti “minimi”.

Decorrenza: i nuovi codici tributo devono essere utilizzati a partire dal 2 maggio 2023.

Per agevolare l’individuazione dell’esatta codifica, l’Agenzia ha fornito la seguente tabella con indicazione:
✓ del codice tributo da utilizzare per il ravvedimento (prima colonna), riferiti sia alla sanzione che agli interessi di mora
✓ ed il corrispondente il codice tributo per il versamento delle relative imposte (terza colonna).

CODICI SOPPRESSI
In conseguenza dell’introduzione dei nuovi codici tributi sono stati soppressi i previgenti codici:

CODICI TRIBUTO PER IL VERSAMENTO DELLE RITENUTE

Analogamente a quanto visto per le imposte sostitutive, la RM n. 18 del 28/04/2023 ha istituito dei nuovi codici tributo per il ravvedimento operoso riferito ai versamenti dovuti dai sostituti d’imposta (anche in occasione dell’assistenza fiscale).

Come di consueto in sede di versamento, gli interessi dovuti sono cumulati al tributo ravveduto.

CODICI SOPPRESSI
In conseguenza dell’introduzione dei nuovi codici tributi sono stati soppressi i previgenti codici:

Decorrenza: i nuovi codici tributo devono essere utilizzati a partire dal 2 luglio 2023.

RAVVEDIMENTO OPEROSO – SANZIONI PER OMESSO/TARDIVO VERSAMENTO

Contributi previdenziali dovuti anche se si definisce la lite

Negli anni passati e in occasione delle precedenti definizioni delle liti pendenti, si è assistito a un cospicuo contenzioso inerente, in sintesi, agli effetti della definizione sul versante contributivo.
Stante l’assenza di una norma che disciplini la problematica esposta, si erano formati diversi orientamenti giurisprudenziali anche contrastanti (alcuni ritenevano che i contributi andassero pagati applicando le stesse percentuali per la definizione della lite, altri che la vertenza contributiva proseguisse, altri che, addirittura, la pretesa contributiva si estinguesse a seguito della definizione).

Ora, il quadro giurisprudenziale specie di legittimità è abbastanza chiaro: sussiste un assoluto doppio binario tra lite fiscale e contributiva essendo a tal fine irrilevante la coincidenza tra base imponibile fiscale e contributiva.
Quanto esposto vale per la definizione delle liti pendenti di cui alla L. 197/2022.

Poco importa, quindi, che i contributi dovuti alla Gestione separata e alle Gestioni Artigiani e Commercianti INPS siano liquidati nel quadro RR del modello REDDITI.
Si è infatti sostenuto che la definizione della lite fiscale “ha natura deflattiva esclusivamente del contenzioso fiscale e che nel testo dell’art. 39 cit. [si allude all’art. 39 comma 12 del DL 98/2011, ma lo stesso vale per la L. 197/2022ndr] non si rinviene alcun elemento che permetta di ritenere che “la definizione concordata del giudizio tributario estenda gli effetti sulla rideterminazione totale o parziale del presupposto impositivo accertato dall’Agenzia ai fini extrafiscali, quali i contributi previdenziali calcolati a percentuale sul reddito”; pertanto, “la tesi della definitività dell’accertamento reddituale ai fini contributivi sulla base del condono fiscale, per come affermata dalla Corte fiorentina, si rivela in ogni caso non conforme ai principi su enunciati e non può che essere caducata” (Cass. 25 agosto 2020 n. 17652cfr. anche Cass. 18 settembre 2019 n. 23301).

Quanto detto, a maggior ragione, vale per i contributi dovuti alle Casse di previdenza professionale.
In sostanza, l’INPS, entro il termine di prescrizione dei cinque anni notificherà al contribuente l’avviso di addebito ai sensi dell’art. 30 del DL 78/2010, richiedendo i maggiori contributi, le sanzioni e gli interessi.

Naturalmente, potrà essere contestato sotto ogni profilo (incluso il merito) dinanzi al giudice ordinario.
Bisogna prestare attenzione al fatto che secondo un orientamento la prescrizione contributiva viene interrotta dalla notifica dell’accertamento fiscale, che contiene l’indicazione dei maggiori contributi (Cass. 8 settembre 2015 n. 17769).
Ciò è coerente con l’attuale assetto normativo: giusto o sbagliato che sia, le imposte e i contributi seguono strade differenti nonostante siano soggetti alla medesima base imponibile.

ATTENZIONE ALL’INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE

Solo nel caso della mediazione (art. 17-bis del DLgs. 546/92), dell’acquiescenza (art. 15 del DLgs. 218/97) e dell’accertamento con adesione (art. 2 del DLgs. 218/97) c’è un vero e proprio effetto contributivo della definizione fiscale, previsto dalla legge. Infatti, gli istituti menzionati si perfezionano solo se, oltre alle imposte, si pagano anche i contributi INPS indicando nel modello F24 le apposite causali contributo.
Sempre solo per queste tre forme di definizione, sui maggiori contributi non sono dovuti sanzioni e interessi.

Per la conciliazione giudiziale (all’evidenza “dimenticata” dal legislatore) l’INPS recepisce di norma l’accordo tra contribuente e Agenzia delle Entrate, ma rimangono sanzioni e interessi (circ. INPS 2 agosto 2016 n. 140).

Per la dichiarazione IVA tardiva c’è tempo sino al 31 luglio 2023

Il 2 maggio 2023 era l’ultimo giorno entro il quale presentare il modello IVA 2023 riferito all’anno 2022.
Per i soggetti passivi che non sono riusciti a rispettare il termine, tuttavia, è ancora possibile inviare validamente la dichiarazione entro 90 giorni dal termine (c.d. dichiarazione IVA “tardiva”), fatta salva la debenza delle sanzioni amministrative previste per il ritardo e ferma restando la possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 8 comma 6 e art. 2 comma 7 del DPR 322/98).

Il termine per presentare la dichiarazione IVA “tardiva” riferita al 2022 è da ritenersi il 31 luglio 2023.
Il decorso dei 90 giorni, infatti, è computato dalla scadenza del termine ordinario che, come detto, nel caso di specie era il 2 maggio 2023, ossia il primo giorno lavorativo successivo al 30 aprile 2023, in virtù di quanto previsto dall’art. 7 comma 1 lett. h) del DL 70/2011.

Qualora venisse invece assunto come decorso dei 90 giorni il 30 aprile 2023 (e non il differimento al 2 maggio), il termine per la presentazione della dichiarazione IVA “tardiva” scadrebbe il 29 luglio 2023. Si potrebbe assumere tale data in via prudenziale come scadenza per la dichiarazione “tardiva”, ma non si può non osservare che è un sabato e, quindi, applicando il rinvio al primo giorno lavorativo successivo, il termine andrebbe a scadere comunque il 31 luglio 2023.

Sulla base di quanto indicato dalla prassi amministrativa (C.M. n. 23/99 e circ. Agenzia delle Entrate n. 42/2016), in caso di presentazione tardiva della dichiarazione, è dovuta:
– la sanzione per l’omessa dichiarazione in assenza di debito d’imposta, pari a 250 euro, ridotta a 25 euro (1/10 del minimo) per effetto del ravvedimento operoso, ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97;
– la sanzione per l’eventuale tardivo o carente pagamento del tributo, pari al 30% dell’imposta non versata (15% dell’imposta, per i versamenti operati entro 90 giorni dalla scadenza), ai sensi dell’art. 13 comma 1 del DLgs. 471/97, ferma la riduzione derivante dal ravvedimento operoso.

Se la dichiarazione IVA per il 2022 è presentata successivamente al 31 luglio 2023, tale dichiarazione si considera omessa ed è applicabile la sanzione di cui all’art. 5 comma 1 del DLgs. 471/97, in misura:
– dal 120% al 240% (con un minimo di 250 euro) dell’ammontare dell’IVA dovuta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione;
– dal 60% al 120% dell’imposta dovuta (con un minimo di 200 euro), nel caso in cui la dichiarazione omessa sia presentata entro il termine per la dichiarazione relativa all’anno successivo (30 aprile 2024) e comunque prima dell’avvio di qualsiasi attività di accertamento di cui il soggetto passivo abbia avuto formale conoscenza.

Qualora il soggetto effettui esclusivamente operazioni per le quali l’IVA non è dovuta, la sanzione è di importo da 250 a 2.000 euro (oppure, da 150 a 1.000 euro se la dichiarazione omessa è presentata entro il termine per la dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo), a norma dell’art. 5 comma 3 del DLgs. 471/97.
Nell’ipotesi di dichiarazione omessa, le sanzioni non possono essere regolarizzate spontaneamente mediante l’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97 e circ. Agenzia delle Entrate n. 42/2016).

Resta possibile la presentazione di una dichiarazione integrativa, da parte del soggetto passivo, allo scopo di emendare omissioni o errori relativi alla compilazione del modello IVA.
Nel caso della dichiarazione riferita all’anno 2022, trasmessa entro il 2 maggio 2023 o nei 90 giorni successivi, è possibile presentare la c.d. “integrativa” entro il 31 dicembre 2028, vale a dire entro i termini per la decadenza del potere di accertamento fissati dall’art. 57 del DPR 633/72.

La dichiarazione IVA integrativa può assolvere anche altre finalità, quali:
– l’apposizione del visto di conformità e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, in precedenza assenti (risposta a interpello n. 289/2021);
– la modifica della scelta sull’utilizzo del credito IVA (risposta a interpello n. 231/2020).

Un ulteriore ruolo della dichiarazione integrativa consiste nella possibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta su una fattura d’acquisto ricevuta nel 2022, ma non registrata tempestivamente.
Difatti, come precisato nella circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018, il diritto alla detrazione è subordinato all’esistenza di un duplice requisito, ossia l’avvenuta esigibilità dell’imposta e il possesso di una valida fattura d’acquisto.

Il diritto può essere esercitato entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i presupposti e con riferimento allo stesso periodo d’imposta.
Tuttavia, il soggetto passivo che non abbia esercitato per tempo il diritto alla detrazione dell’IVA riferita a una fattura ricevuta nel 2022 può recuperare l’imposta assolta presentando una dichiarazione integrativa “a favore” non oltre il citato termine del 31 dicembre 2028.

SOS – I NUOVI INDICATORI DI ANOMALIA ANTIRICICLAGGIO DAL 2024

In attuazione del potere attribuito dall’art. 6, co. 4, lett. e), d.lgs. 231/2007, l’UIF:
➔ con il Provvedimento del 12/05/2023
➔ ha emanato i “nuovi” indicatori di anomalia elaborati per agevolare l’intera platea dei soggetti obbligati nell’individuazione delle operazioni sospette e della eventuale necessità di procedere alla relativa segnalazione (cd. “SOS”).

Si tratta di un compendio in un testo unitario degli indicatori (in larga parte già presenti in passato) relativi a tutti i destinatari degli obblighi di segnalazione, aggiornando le operatività rilevanti per incentivare la qualità della collaborazione attiva.

Decorrenza: i “nuovi” indicatori dovranno essere utilizzati nell’adempimento dell’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette a decorrere dal 1° gennaio 2024 (data dalla quale non saranno più applicabili gli indicatori precedenti contenuti in una serie di Provvedimenti e comunicazioni di Banca d’Italia ed UIF).

I NUOVI INDICATORI

Gli indicatori di anomalia sono 34, ciascuno dei quali articolato in sub-indici, che costituiscono esemplificazioni dell’indicatore di riferimento.

Nella fase di applicazione i soggetti obbligati devono selezionare gli indicatori rilevanti alla luce della
concreta attività svolta
. In particolare:
gli indicatori della Sez. A e gli indicatori da 9 a 14 della Sez. B: dovrebbero essere considerati rilevanti da tutti i destinatari (ad eccezione di ipotesi specifiche di inapplicabilità da valutare caso per caso)
altri indicatori, dovrebbero essere considerati rilevanti da parte di alcune categorie di destinatari.

Infine, alcuni indicatori possono poi rilevare nell’ambito di plurimi comparti di attività svolte dai destinatari, anche indipendentemente dalla categoria di appartenenza.

Ai fini della selezione, gli organismi di autoregolamentazione, nell’ambito delle attività di promozione e controllo dell’osservanza degli obblighi antiriciclaggio, possono fornire supporto ai professionisti iscritti nei propri albi/elenchi. Le associazioni rappresentative di altre categorie di destinatari del D.lgs. 231/2007 potranno comunque orientare questi ultimi nella predetta attività di selezione. I soggetti obbligati terranno conto delle eventuali indicazioni ricevute rapportandole alla concreta attività svolta.

INDICATORI E SUBINDICATORI PER L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE

Una volta individuato l’indicatore di anomalia da considerare, è necessario verificare anche i sub-indici a essi applicabili.
Per l’attività svolta dai professionisti si evidenziano i seguenti indici e sub – indici.

Per l’elenco completo degli indici e sub indici si veda l’Allegato al citato Provv. UIF.

Controlli non solo sulle nuove partite IVA, ma anche su quelle già esistenti

È stato pubblicato ieri il provv. 16 maggio 2023 n. 156803 dell’Agenzia delle Entrate, con il quale è data attuazione alle nuove norme relative ai controlli connessi all’attribuzione di un numero di partita IVA ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione.

Contestualmente, è stato approvato il fac-simile riportante il contenuto minimo della polizza fideiussoria o fideiussione bancaria necessaria per la richiesta di una nuova attribuzione della partita IVA, successiva all’eventuale provvedimento di cessazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Le disposizioni cui si riferisce il provvedimento n. 156803/2023 sono previste ai sensi dell’art. 35 comma 15-bis.1 del DPR 633/72 e sono state introdotte dalla legge di bilancio 2023 (art. 1 comma 148 ss. della L. 197/2022). L’intervento normativo consiste nel rafforzamento dei controlli conseguenti al rilascio del numero di partita IVA, nell’ottica di contrastare tempestivamente e prevenire fenomeni evasivi. I controlli sono, quindi, rivolti principalmente alle partite IVA di nuova attribuzione, le quali potrebbero caratterizzarsi per un breve periodo di operatività, associato ad un mancato adempimento degli obblighi dichiarativi e di versamento delle imposte.

A dispetto del tenore dell’art. 35 comma 15-bis.1, letteralmente riferito al rilascio di “nuove partite IVA”, nel provvedimento viene specificato che sono comprese nell’ambito dei controlli anche le partite IVA già esistenti e, nello specifico, quelle che, “dopo un periodo di inattività o a seguito di modifiche dell’oggetto o della struttura, riprendano ad operare con le caratteristiche innanzi dette” (ossia senza una piena operatività con l’inadempimento degli obblighi fiscali).

Ai fini in esame, le nuove disposizioni attribuiscono, dunque, all’Agenzia delle Entrate il compito di effettuare specifiche analisi di rischio sui soggetti passivi IVA, a esito dei quali questi ultimi possono essere invitati a comparire presso gli Uffici per esibire le proprie scritture contabili laddove obbligatorie.

Presentando all’Ufficio “documentazione idonea”, il soggetto invitato a comparire può attestare l’assenza dei profili di rischio che gli erano stati contestati.
Nel caso di mancata comparizione “di persona” del contribuente ovvero di esito negativo dei riscontri operati sui documenti eventualmente esibiti, l’Ufficio emana un provvedimento di cessazione della partita IVA e contestualmente irroga una sanzione pari a 3.000 euro, ai sensi del nuovo comma 7-quater dell’art. 11 del DLgs. 471/97, senza possibilità di applicare il beneficio del c.d. “cumulo giuridico”.

Il provvedimento attuativo, pubblicato ieri, precisa che la cessazione della partita IVA del soggetto passivo:
– ha effetto dalla data di registrazione in Anagrafe Tributaria della notifica;
– determina l’esclusione dalla banca dati VIES;
– è riscontrabile (da parte di clienti e fornitore) sul sito dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione dedicata al servizio di verifica delle partite IVA.

Sono, inoltre, fornite alcune indicazioni utili in relazione a come saranno condotti i controlli.

In particolare, sono forniti i criteri con i quali l’Agenzia delle Entrate valuterà il “rischio fiscale” dei soggetti richiedenti la partita IVA.
La valutazione sarà condotta, principalmente, su elementi di rischio:
– riconducibili al titolare della ditta individuale, al lavoratore autonomo o al rappresentante legale;
– relativi alla tipologia e alle modalità di svolgimento dell’attività, rispetto ad anomalie economico-contabili nell’esercizio della stessa, strumentali a gravi o sistematiche condotte evasive;
– relativi alla posizione fiscale del soggetto titolare della partita IVA, per il quale emergano gravi o sistematiche violazioni delle norme tributarie.

Le modalità di analisi rispecchiano quelle previste dal precedente provvedimento n. 110418/2017 (§ 2), riferito però ai controlli derivanti da un diverso provvedimento di cessazione (vale a dire quello per effetto del comma 15-bis dell’art. 35 del DPR 633/72). In tale sede, diversamente dal provvedimento più recente, era attribuita la possibilità di effettuare accessi nel luogo di esercizio dell’attività.

Il provvedimento pubblicato ieri specifica anche che i suddetti elementi di rischio sono determinati confrontando sia le informazioni derivanti dalle banche dati dell’Agenzia delle Entrate sia quelle eventualmente acquisite da altre banche dati (pubbliche e private) o, ancora, attraverso segnalazioni provenienti da altri enti, nonché “da ogni altra fonte informativa”.

È possibile richiedere una nuova attribuzione della partita IVA, da parte del medesimo soggetto, in seguito al provvedimento di cessazione. La riapertura è però condizionata dal previo rilascio di una polizza fideiussoria o di una fideiussione bancaria triennale e di importo non inferiore a 50.000 euro (salvo il caso di violazioni fiscali il cui importo supera 50.000 euro). La garanzia deve, quindi, riportare il contenuto minimo previsto nel fac-simile allegato al provvedimento.

UTILIZZO DEI BONUS ENERGETICI DEL 2° TRIMESTRE 2023 – I CODICI TRIBUTO

Nell’ambito del cd. “Decreto Bollette” (art. 3, DL 34/2023), ancora in attesa di conversione in legge, sono stati riproposti anche per il 2° trimestre 2023 le agevolazioni, sotto forma di credito d’imposta, a favore:
▪ delle imprese energivore e non energivore (quest’ultime ove dotate di un contatore con potenza disponibile pari o superiore a 4.5 kW):
✓ nella misura, rispettivamente, del 20% e del 10% della spesa sostenuta nel 2° trimestre 2023 per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata
✓ a condizione che il costo medio per kWh di detta componente riferita al 1° trimestre 2023 (al netto di imposte e sussidi) abbia subito un incremento superiore al 30% rispetto al 1° trimestre 2019 (anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall’impresa)
✓ il beneficio spetta anche le imprese che hanno prodotto e autoconsumato l’energia nel 2° trimestre 2023 (in luogo del costo per kWh si assume il costo medio dei combustibili utilizzati per produrre l’energia e il credito d’imposta è determinato adottando il PUN medio del 2° trimestre)
▪ delle imprese gasivore e non gasivore:
✓ nella misura del 20% della spesa sostenuta per l’acquisto di gas naturale consumato nel 2° trimestre 2023 per usi energetici diversi dagli usi termoelettrici
✓ purché la media dei prezzi di riferimento del MI-GAS del 1° trimestre 2023 subisca un incremento superiore al 30% del corrispondente prezzo medio del 1° trimestre 2019 (condizione ormai verificata, considerati i pochi giorni dalla conclusione del 1° trimestre 2022).

UTILIZZO IN COMPENSAZIONE NEL MOD. F24 DEL CREDITO D’IMPOSTA

I crediti d’imposta sono utilizzabili esclusivamente in compensazione mediante il mod. F24, tramite i servizi telematici messi a disposizione dell’Agenzia (Entratel / Fisconline) entro il 31/12/2023.

A tal fine, nel mod. F24 vanno riportati i seguenti codici tributo, istituiti dall’Agenzia con la recente RM n. 20 del 15/05/2023:

Nel campo “anno di riferimento” va indicato l’anno a cui si riferisce il credito, il 2023.
Si rammenta che i crediti d’imposta :
✓ non sono tassati ai fini IRPEF / IRES / IRAP;
✓ non rilevano ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi / componenti negativi

Conversione DL Bollette – novità per Rottamazione – quater e stralcio dei debiti fino a € 1.000

Nell’iter di conversione del c.d. DL Bollette – DL 34/2023 – la Commissione Finanze della Camera ha approvato degli emendamenti che contengono delle novità relative agli istituti della rottamazione quater, dello stralcio dei debiti fino a € 1.000 e della definizione agevolata delle controversie tributarie.

Iter di approvazione – La Legge di conversione del DL 34/2023 sarà esaminata dalla Camera dei Deputati il prossimo 17/05/2023 e poi dovrà ottenere il via libera definitivo dal Senato entro il 30/05/2023.

Rottamazione–quater e Saldo e stralcio – La normativa vigente relativa agli istituiti della Rottamazione quater (ex art. 1, c. 231, legge di Bilancio 2023) e dello stralcio, parziale o totale, dei debiti fino a €. 1.000 (ex art. 1, c. 227 e 229-bis, legge di Bilancio 2023), circoscrive il perimetro applicativo ai casi di carichi “tramite ruolo” affidato all’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Con l’emendamento approvato, invece, i due istituti di pace fiscale vengono estesi agli enti territoriali che provvedono direttamente o affidano il recupero a soggetti iscritti ad apposito Albo ex art. 53, D.Lgs. n. 446/97 (società che riscuotono tramite “ingiunzione di pagamento”).

Se vogliono aderire, gli enti territoriali potranno farlo emanando, entro 60gg dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, un provvedimento in cui disciplinano:
numero di rate e relativa scadenza;
modalità con cui il debitore manifesta la sua volontà di avvalersi della definizione agevolata;
termini per la presentazione dell’istanza in cui il debitore indica il numero di rate con cui intende effettuare il pagamento, nonché la pendenza di giudizi aventi a oggetto i debiti cui si riferisce l’istanza stessa, assumendo l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi;
termine entro cui l’ente territoriale o il concessionario della riscossione trasmette ai debitori la comunicazione nella quale sono indicati l’ammontare complessivo delle somme dovute per la definizione agevolata, quello delle singole rate e la scadenza delle stesse.

Definizione liti pendenti – Relativamente all’istituto della definizione agevolata delle controversie tributarie (ex art. 1, c. da 186 a 202, legge di Bilancio 2023), la disciplina vigente prevede che nel caso in cui gli importi dovuti superino €. 1.000 è ammesso il pagamento rateale per un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, di cui le prime 3 da versare entro 30/09/2023, 31/10/2023 e 20/12/2023.
Le rate successive devono essere versate entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di ciascun anno. Sulle rate successive alla prima si applicano gli interessi legali a decorrere dalla data del versamento della prima rata. È esclusa la compensazione.

L’emendamento approvato prevede la possibilità di versare le rate successive alle prime tre in un massimo di 51 rate mensili di pari importo (si abbrevia leggermente l’intervallo di dilazione), con scadenza entro l’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, a partire da gennaio 2024 (per il mese di dicembre di ciascun anno la scadenza del versamento resta ferma al giorno 20 del mese).

Credito d’imposta a favore delle start up innovative – Sempre nell’iter di conversione del DL 34/2023, è stato approvato un emendamento che introduce un credito d’imposta a favore delle start up innovative.

Il nuovo beneficio è riservato alle start up innovative costituite a partire dal 1° gennaio 2020 ed operanti nei settori dell’ambiente, delle energie rinnovabili e della sanità ed è riconosciuto, fino al 20% della spesa sostenuta e, comunque, per un importo massimo di 200.000 euro, per attività di ricerca e sviluppo volta alla creazione di soluzioni innovative per la realizzazione di strumentazioni e servizi tecnologici avanzati al fine di garantire la sostenibilità ambientale e la riduzione dei consumi energetici.

Le risorse stanziate per la misura ammontano a 2 milioni di euro per l’anno 2023.
Sarà un decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, di concerto con il Ministro ministero dell’economia e delle finanze, a definire le disposizioni applicative necessarie, anche al fine del rispetto del limite di spesa autorizzato, nonché le modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio e le modalità di restituzione del credito d’imposta fruito indebitamente.

Tax credit del 30% per commissioni su pagamenti elettronici 2023

Per le commissioni sui pagamenti elettronici 2023 è possibile fruire del credito d’imposta del 30% disciplinato dall’art. 22 del DL 124/2019.

Il citato art. 22 prevede il riconoscimento – a regime, non essendo previsto alcun termine ultimo – di un credito d’imposta agli esercenti per le commissioni addebitate in relazione ai pagamenti elettronici ricevuti da privati.
In particolare, possono beneficiare di tale agevolazione gli esercenti attività di impresa, arte o professioni che nell’anno d’imposta precedente (vale a dire nel 2022, ai fini in esame) abbiano avuto ricavi e compensi non superiori a 400.000 euro.
Il credito d’imposta è pari a 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante:
– carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7 sesto comma del DPR n. 605/73;
– altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.

L’agevolazione è prevista per le commissioni dovute in relazione a cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nei confronti di consumatori finali dal 1° luglio 2020 ed è riconosciuta nel rispetto della disciplina europea relativa agli aiuti “de minimis”.

Quanto alla modalità di fruizione, il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite F24, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa (art. 22 comma 4 del DL 124/2019).
A tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento, utilizzando il codice tributo “6916” (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 48/2020).
Il beneficio dovrà essere inoltre indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione del credito (quadro RU, codice credito “H3”) e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo. 

Il credito d’imposta, per espressa disposizione normativa, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109 comma 5 del TUIR.

Il comma 5 dell’art. 22 del DL 124/2019 prevede l’obbligo per gli operatori che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento di cui ai commi 1 e 1-bis di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate le informazioni necessarie a controllare la spettanza del credito d’imposta (cfr. anche provv. Agenzia delle Entrate 29 aprile 2020 n. 181301).
Pertanto, come evidenziato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella pagina dedicata all’agevolazione in esame sul proprio sito, i soggetti destinatari dell’obbligo di comunicazione sono i prestatori di servizi di pagamento che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento elettronici atti a consentire l’accettazione delle transazioni.
Tali operatori devono inoltre trasmettere mensilmente e telematicamente agli esercenti, tramite PEC o mediante pubblicazione nell’on line banking dell’esercente, l’elenco delle transazioni effettuate e le informazioni relative alle commissioni corrisposte (provv. Banca d’Italia 21 aprile 2020).

INAPPLICABILITÀ DEL CREDITO NELLA MISURA DEL 100%

Si ricorda che, a norma del comma 1-ter dell’art. 22 del DL 124/2019, soltanto per le commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022 il credito d’imposta è stato incrementato al 100% delle commissioni, in caso di adozione, da parte degli esercenti, di strumenti di pagamento elettronico, nel rispetto delle caratteristiche tecniche stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, collegati agli strumenti di cui all’art. 2 comma 3 del DLgs. 127/2015, ovvero strumenti di pagamento evoluto di cui al comma 5-bis del medesimo articolo.
Tale disposizione non è stata tuttavia oggetto di alcuna proroga, non risultando quindi più applicabile per le commissioni maturate a partire dal 1° luglio 2022.
Di conseguenza, il credito d’imposta nella misura del 100% non riguarda in alcun modo le commissioni 2023.

Sulla tematica, si segnala inoltre che, con il DM 3 marzo 2023, in attuazione dell’art. 1 comma 386 della L. 197/2022, è stato istituito presso il MEF un tavolo tecnico con l’obiettivo di mitigare le spese fino a 30 euro a carico degli esercenti di attività di impresa, arti o professioni con ricavi e compensi relativi all’anno precedente non superiori a 400.000 euro (comunicato stampa MEF 4 marzo 2023).