Entro il 2 ottobre i dati delle liquidazioni periodiche del secondo trimestre

I dati delle liquidazioni periodiche riferite al secondo trimestre 2023 devono essere trasmessi all’Agenzia delle Entrate, con l’apposito modello, entro il prossimo 2 ottobre.

Per il secondo trimestre, l’art. 21-bis del DL 78/2010 fissa il termine del 30 settembre, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 3 del DL 73/2022 (in precedenza, infatti, la scadenza era quella del 16 settembre).
Essendo il 30 settembre 2023 un sabato, l’adempimento è differito al 2 ottobre 2023, ossia al primo giorno feriale successivo, come prevede l’art. 7 comma 2 lett. l) del DL 70/2011.

Sono chiamati alla comunicazione tutti i soggetti passivi IVA, con la sola esclusione di coloro che non sono tenuti a presentare la dichiarazione IVA annuale o a effettuare le liquidazioni periodiche.

Nel caso in cui i dati siano stati omessi ovvero siano incompleti o inesatti, la sanzione è compresa tra 500 e 2.000 euro, dimezzabile purché i dati siano trasmessi regolarmente entro 15 giorni dalla scadenza (17 ottobre 2023). La sanzione può essere ridotta beneficiando del ravvedimento operoso se, oltre al pagamento della sanzione, è presentata una comunicazione sostitutiva (ris. Agenzia delle Entrate n. 104/2017).

È bene sottolineare che, ad alcuni soggetti passivi, è data la possibilità di effettuare la comunicazione avvalendosi del programma di assistenza on line offerto dall’Agenzia delle Entrate, mediante il quale sono messe a disposizione la bozza di comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA e il servizio di pagamento delle somme eventualmente dovute.
La bozza precompilata e il modello F24 per l’eventuale pagamento sono resi disponibili anche ai soggetti che non hanno convalidato o integrato i registri IVA precompilati (provv. Agenzia delle Entrate n. 9652/2023, punto 4).

La facoltà di fruire del programma di assistenza dell’Agenzia riguarda i soggetti passivi che adottano la liquidazione trimestrale per opzione o per natura (questi ultimi solo a partire dalle LIPE dell’ultimo trimestre 2022). Sono, inoltre, stati ammessi ad avvalersi del programma anche gli operatori per i quali nell’anno di riferimento è stato dichiarato il fallimento o la liquidazione coatta amministrativa, nonché coloro che si avvalgono di specifici metodi di determinazione dell’IVA ammessa in detrazione, quali i produttori agricoli o coloro che svolgono le attività agricole connesse, le aziende di agriturismo, le aziende enoturistiche od oleoturistiche (provv. n. 9652/2023, punto 2).

Oltre ai soggetti passivi che adottano la liquidazione periodica mensile, non possono, invece, avvalersi dei documenti IVA precompilati gli altri operatori già esclusi dal provv. n. 183994/2021, cioè a dire: i soggetti che esercitano attività per cui sono previsti regimi speciali, i soggetti che applicano l’IVA separatamente, coloro che aderiscono all’IVA di gruppo o che partecipano a Gruppi IVA, le Pubbliche Amministrazioni e gli enti soggetti alla disciplina dello split payment, i commercianti al minuto che adottano il metodo della ventilazione dei corrispettivi, i soggetti che trasmettono i dati dei corrispettivi relativi alle cessioni di benzina e gasolio da utilizzare come carburanti per motori, i soggetti che trasmettono i dati dei corrispettivi relativi alle operazioni tramite distributori automatici e coloro che erogano prestazioni sanitarie.

Qualora ci si accorga, dopo l’invio della comunicazione convalidata o integrata, che i dati in essa contenuti sono incompleti o inesatti, è possibile inviare una comunicazione sostitutiva, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale IVA (30 aprile 2024 per l’anno 2023), ferme restando le sanzioni applicabili.

Acquisti in reverse charge nel campo VP3

In merito alla compilazione del modello delle liquidazioni periodiche, un aspetto degno di interesse concerne gli acquisti relativi a operazioni con il meccanismo del reverse charge.

Nel caso di reverse charge “interno” (ad es., servizi nel settore edile), l’imponibile è riportato nel rigo VP3 (operazioni passive), mentre la relativa imposta nei righi VP4 e VP5 (in quest’ultimo rigo solo se detraibile). Se l’inversione contabile avviene in via elettronica (trasmettendo i dati al SdI), nel rigo VP3 sarà indicato l’imponibile contenuto nella fattura e non l’ammontare del documento integrato con codice “TD16”.
Tanto vale anche per il reverse charge “esterno” (ad es. prestazioni ricevute da soggetti non stabiliti in Italia), per il quale è necessario indicare l’imponibile nel rigo VP3 del modello e la relativa imposta nei campi VP4 e VP5, a prescindere dall’integrazione elettronica via SdI.

In tema di reverse charge, è da rammentare che un singolo acquisto con lo speciale meccanismo comporta l’obbligo di presentare la comunicazione con i dati del periodo, anche per coloro che altrimenti ne sarebbero esonerati, come i soggetti passivi che effettuano solo operazioni esenti, mentre qualche dubbio vi è per i forfetari.

Imposta sostitutiva sulle mance – chiarimenti Agenzia

Con la CM 26/E del 29/08/2023 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti interpretativi sull’imposta sostitutiva del 5% applicabile alle mance percepite dai lavoratori – del settore privato – delle strutture ricettive e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, di cui all’articolo 5 della L. 287/91, introdotta dall’art. 1 commi da 58 a 62 della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023).

Nel dettaglio, il comma 58 stabilisce che:
• le somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità, anche attraverso mezzi di pagamento elettronici, riversate ai lavoratori, costituiscono redditi di lavoro dipendente e sono soggette a un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali pari al 5% (regime naturale, salvo rinuncia da parte del lavoratore), entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro. I suddetti lavoratori (del settore privato), ai fini dell’accesso all’agevolazione in esame, devono essere in possesso di un reddito di lavoro dipendente non superiore a € 50.000
• le mance in trattazione, assoggettate a imposta sostitutiva, sono escluse dalla retribuzione imponibile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale e dei premi INAIL; non sono computate ai fini del calcolo del TFR.

Requisito reddituale: in merito al limite di € 50.000, considerato che il comma 62 fa riferimento ai titolari di «reddito di lavoro dipendente», l’Agenzia chiarisce che ai fini del calcolo del limite devono essere inclusi tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti dal lavoratore, compresi quelli derivanti da attività lavorativa diversa da quella svolta nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione.

Si precisa che il predetto limite reddituale di euro 50.000 è riferito al periodo d’imposta precedente a quello di percezione delle mance da assoggettare a imposta sostitutiva, così come specificato nella relazione tecnica alla legge di bilancio 2023.

Al riguardo, è opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 51, co. 1, TUIR, si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme/i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello a cui si riferiscono (c.d. “principio di cassa allargato”).

Limite del 25% del reddito: le mance elargite dai clienti ai lavoratori a mero titolo di liberalità (anche attraverso l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici) sono soggette, a opera del sostituto d’imposta, alla tassazione sostitutiva entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro.

La base di calcolo cui applicare il 25% è costituita dalla somma di tutti i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno per le prestazioni di lavoro rese nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione, ivi comprese le mance, anche se derivanti da rapporti di lavoro intercorsi con datori di lavoro diversi.
Il limite annuale del 25% del reddito percepito nell’anno per il lavoro nel settore turistico, alberghiero e della ristorazione è un’esenzione: ove fosse superato, solo l’eccesso andrà tassato in via ordinaria.

Adempimenti: l’Agenzia affronta, infine, gli obblighi del datore di lavoro e del lavoratore.
Prima di tutto, viene ricordato che la tassa sostitutiva è applicata dal sostituto di imposta, cioè il datore di lavoro, il quale la versa utilizzando i codici fiscali specificati con la RM n. 16/2023.

Sotto il profilo operativo, il sostituto d’imposta, se è stato l’unico datore di lavoro ad aver rilasciato la CU dei redditi per l’anno precedente, applica direttamente l’imposta sostitutiva. In caso contrario, l’applicazione dell’imposta sostitutiva avverrà a condizione che il lavoratore attesti per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno precedente.

Il lavoratore è obbligato a comunicare al sostituto di imposta:
• se non ha diritto a beneficiare del regime sostitutivo (se ha conseguito redditi da lavoro dipendente superiori a € 50.000 da diversi datori di lavoro);
• l’ammontare del reddito percepito per il lavoro svolto nel settore turistico, alberghiero e della ristorazione da altri datori di lavoro e delle mance tassate come tassa sostitutiva da questi, per rispettare il limite annuale delle mance ridotte
• la rinuncia al regime sostitutivo, se applicabile.

Codici tributo: per il versamento sono utilizzati i seguenti codici tributo (esposti nella sezione “Erario”, riportando, quale “Mese di riferimento”, quello in cui il sostituto d’imposta effettua la trattenuta):
• “1067” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità – art. 1, commi da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”
• “1605” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità maturate in Sicilia e versata fuori regione – art. 1, co. da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”
• “1917” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità maturate in Sardegna e versata fuori regione – art. 1, co. da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”
• “1918” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità maturate in Valle d’Aosta e versata fuori regione – art. 1, co. da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”
• “1306” denominato “Imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali sulle somme destinate dai clienti ai lavoratori a titolo di liberalità versata in Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta e maturate fuori dalla regione in cui è effettuato il versamento – art. 1, co. da 58 a 62, legge 29 dicembre 2022, n. 197”.

Infine, la Circolare fornisce chiarimenti sul “trattamento integrativo speciale” per il periodo dal 1° giugno 2023 al 21 settembre 2023 previsto a favore dei lavoratori nel settore turistico, dell’accoglienza e delle terme dall’art. 39-bis del DL 48/2023.

Tra un anno il termine per la riforma delle aliquote IVA

Entro un anno da oggi, lo Stato italiano dovrà definire i dettagli di attuazione della nuova disciplina comunitaria in tema di aliquote IVA.
Nell’ambito del disegno di legge di delegazione europea 2022-2023, approvato dal Consiglio dei Ministri il 15 giugno scorso, vi è infatti l’impegno del Governo ad adottare entro il 31 agosto 2024 il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2022/542/Ue.

La menzionata direttiva innova in maniera significativa i criteri mediante i quali ciascuno Stato dell’Unione europea potrà determinare le proprie aliquote IVA ridotte.
La maggior parte delle disposizioni (in tema di aliquote) ivi contenute dovranno essere recepite da tutti gli Stati membri – con specifici atti legislativi e regolamentari – entro il 31 dicembre 2024, così che possano essere applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2025.

Proprio in ragione di questi ultimi termini, il Governo è tenuto a emanare il necessario decreto legislativo entro il 31 agosto 2024, vale a dire entro il quarto mese antecedente a quello di recepimento della direttiva (come richiede l’art. 31 della L. 234/2012).

La riforma delle aliquote risulta necessaria per adeguare l’ordinamento comunitario al regime IVA definitivo (attualmente però in “stand by”), nel quale le cessioni e prestazioni saranno soggette ad imposta nello Stato membro di destinazione.
Come evidenziato nel secondo considerando alla direttiva 2022/542/Ue, “nell’ambito di un tale sistema una maggiore diversità delle aliquote IVA non perturberebbe il funzionamento del mercato interno né causerebbe distorsioni della concorrenza”.

Da qui discende il riconoscimento agli Stati membri di una maggiore flessibilità nell’adozione delle aliquote ridotte. Resta confermato il principio-cardine tale per cui la previsione di un’aliquota ridotta rappresenta comunque un’eccezione rispetto all’applicazione dell’aliquota IVA ordinaria.

La nuova disciplina, contenuta nel riformulato art. 98 della direttiva 2006/112/Ce, consentirà a ciascuno Stato membro di adottare:
– un massimo di due aliquote ridotte pari almeno al 5%;
– una sola aliquota ridotta inferiore al minimo del 5%;
– una sola esenzione con diritto a detrazione dell’IVA a monte (c.d. “aliquota zero”).

In merito alle ultime due condizioni, sarà possibile prevedere l’aliquota inferiore al 5% o la c.d. “aliquota zero” solamente per le cessioni o prestazioni di servizi individuate da un massimo di sette punti nell’Allegato III della direttiva 2006/112/Ce, scelte dagli Stati Ue tra le cessioni o prestazioni destinate “a coprire esigenze di base”.
L’Italia non è tenuta a considerare questo limite sino al 2031, poiché (come anche alcuni altri Stati) alla data del 1° gennaio 2021 già si avvaleva di un’aliquota inferiore al 5% e di una c.d. “aliquota zero” per operazioni contemplate in più di sette punti del citato Allegato III.

Inoltre, sarà consentito a tutti gli Stati membri di adottare aliquote ridotte non inferiori al 12% per gli stessi beni e servizi cui si applicano aliquote ridotte non inferiori al 12% in altri Stati membri e alle stesse condizioni, secondo il principio della reciprocità di trattamento.

Sul piano contenutistico, le novità in tema di aliquote contemplate dalla direttiva 2022/542/Ue (nel nuovo Allegato III alla direttiva 2006/112/Ce) riguardano essenzialmente tre aspetti, vale a dire:
– il rafforzamento dei sistemi sanitari degli Stati membri (si estende l’agevolazione a tutti gli “apparecchi, strumenti, dispositivi, articoli, materiale ausiliario e dispositivi di protezione medici”);
– la transizione verso l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili (ad esempio, saranno inclusi i pannelli solari e la relativa installazione su abitazioni private o edifici pubblici);
– la digitalizzazione dell’economia unionale (si agevolano, ad esempio, i servizi di accesso alle dirette streaming e i servizi per la connettività a internet).

Del descritto quadro regolamentare dovrà tenere conto il legislatore nazionale anche nella stesura del decreto attuativo della legge delega per la riforma fiscale che, ragionevolmente, potrebbe venire a coincidere con il decreto legislativo di recepimento della direttiva comunitaria.

L’art. 7 della menzionata legge delega (L. 111/2023) richiede, d’altronde, di “razionalizzare il numero e la misura delle aliquote dell’IVA secondo i criteri posti dalla normativa dell’Unione europea, al fine di prevedere una tendenziale omogeneizzazione del trattamento per beni e servizi similari, anche individuati mediante il richiamo alla nomenclatura combinata o alla classificazione statistica, meritevoli di agevolazione in quanto destinati a soddisfare le esigenze di maggiore rilevanza sociale”.

Ravvedimento gratuito ma per pochi nella delega fiscale

Nell’art. 20 della L. 111/2023, la legge delega per la riforma fiscale, figura un criterio direttivo abbastanza di dettaglio che, in sintesi, prevede una sorta di ravvedimento operoso gratuito quando su di una determinata fattispecie vi è un mutamento di prassi.

Il criterio direttivo sancisce che i decreti delegati dovranno “escludere, in virtù dei principi di cui all’articolo 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’applicazione delle sanzioni per i contribuenti che presentino una dichiarazione integrativa al fine di adeguarsi alle indicazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria con successivi documenti di prassi pubblicati ai sensi dell’articolo 11, comma 6, della medesima legge 27 luglio 2000, n. 212, sempreché la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria e il contribuente provveda al pagamento dell’imposta dovuta”.

Il legislatore delegante vuole rafforzare il legittimo affidamento, evitando di irrogare sanzioni nei confronti del contribuente che si adegua “alle indicazioni elaborate dall’Amministrazione finanziaria con successivi documenti di prassi” ai sensi dell’art. 11 comma 6 della L. 212/2000.

Dovrà trattarsi di chiarimenti diramati con circolare o risoluzione, in modo ufficiale e non ufficioso (potrebbero quindi non essere sufficienti i chiarimenti diramati in occasione ad esempio di Telefisco, non recepiti in una circolare).
Il chiarimento, per come è scritta la norma, dovrà certamente essere successivo alla condotta del contribuente (alla presentazione della dichiarazione dunque) e non anche ad un precedente chiarimento di prassi che è risultato superato.

A ben vedere, già attualmente, ai sensi dell’art. 10 della L. 212/2000, se il contribuente si uniforma a chiarimenti di prassi poi modificati, non è passibile di nessuna sanzione, nonostante la Cassazione diverse volte abbia affermato un principio diverso.
Questo orientamento andrà radicalmente rivisto alla luce della legge delega e dei prossimi decreti delegati.

Tornando al criterio direttivo in esame, c’è un punto dolente che restringe non di poco il suo potenziale ambito applicativo e che, francamente, poteva forse essere evitato. L’esimente opera se “la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”.

In primo luogo, è arduo stabilire quando sussiste l’obiettiva incertezza, in secondo luogo l’obiettiva incertezza già consente agli uffici di disapplicare le sanzioni ex art. 6 del DLgs. 472/97.
Non è poi chiaro se dovrà essere il contribuente, in autonomia, a individuare se è presente l’incertezza o se saranno gli uffici finanziari a specificarlo nei documenti di prassi.
Ove fossero gli uffici a doverlo specificare, si eviterebbero potenziali contenziosi tra uffici e contribuenti sulla presenza dell’incertezza.

Per il resto, si tratta come anticipato di una sorta di ravvedimento operoso gratuito, considerato che sarà necessario presentare la dichiarazione integrativa e pagare le imposte.

Necessaria la dichiarazione integrativa

I decreti delegati potranno prevedere dei limiti temporali entro cui tale ravvedimento operoso gratuito potrà avvenire.
Questa forma di ravvedimento, sempre ad un primo esame, non pare circoscritta alle imposte sui redditi e all’IVA ma può riguardare anche altri tributi, sempre che si tratti di violazioni commesse in dichiarazione. In altre parole, si consente, alle condizioni descritte, di sanare la dichiarazione infedele per qualsiasi tributo.

Bonus edilizi – nuovo obbligo comunicativo in caso di inutilizzabilità dei crediti

L’art. 25 del DL 104/2023 ha introdotto un nuovo obbligo comunicativo in capo ai cessionari dei bonus edilizi.

La disposizione stabilisce che “nell’ipotesi in cui i crediti non ancora utilizzati, derivanti dall’esercizio delle opzioni di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, risultino non utilizzabili per cause diverse dal decorso dei termini di utilizzo dei medesimi crediti di cui all’articolo 121, comma 3, l’ultimo cessionario è tenuto a comunicare tale circostanza all’Agenzia delle entrate entro trenta giorni dall’avvenuta conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano a partire dal 1° dicembre 2023. Nel caso in cui la conoscenza dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito sia avvenuta prima del 1° dicembre 2023, la comunicazione è effettuata entro il 2 gennaio 2024”.

In sostanza, la disposizione introduce, a partire dal prossimo 1/12/2023, l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entratela non utilizzabilità dei crediti entro 30 giorni dall’avvenuta conoscenza dell’evento che ha determinato l’inutilizzabilità per cause diverse dal superamento della loro scadenza.

Categorie dei crediti: dal punto di vista oggettivo, i crediti interessati dalla comunicazione saranno individuati con apposito Provvedimento. Posto il generico riferimento all’art. 121 del DL n. 34/2020, si deve ritenere che la disposizione riguardi:
• sia il superbonus, che attribuisce il diritto a fruire della detrazione del 110%
• che tutti gli altri bonus edilizi: eco-bonus, sisma-bonus, “bonus casa” ex art. 16-bis Tuir, bonus facciate, interventi finalizzati alla rimozione delle barriere architettoniche, installazione delle colonnine di ricarica elettrica.

Al Provvedimento attuativo dell’Agenzia si rimanda anche per la definizione dell’avvenuta conoscenza dell’evento che rende il credito non utilizzabile, situazione a partire dalla quale decorre il temine di 30 giorni per effettuare la comunicazione. Lo stesso provvedimento indicherà le modalità di comunicazione della non utilizzabilità dei crediti. La causa della inutilizzabilità deve essere diversa dal superamento della scadenza per la fruizione degli stessi.

Decorrenza: l’obbligo decorrerà:
• dal 1/12/2023: per i casi di conoscenza della causa ostativa intervenuti successivamente a tale data
• dal 2/01/2023: in caso contrario.

Sanzioni: la mancata comunicazione entro i termini previsti comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa tributaria pari a € 100.
Peraltro, sorgono dubbi circa la capacità dell’Amministrazione finanziaria di individuare con precisione i soggetti e le correlate casistiche a cui irrogare tale pena pecuniaria. L’Agenzia dovrà, inoltre, individuare le casistiche che inibiscono al cessionario l’utilizzo del credito, alla cui avvenuta conoscenza è collegato il termine di 30gg per adempiere con l’invio della comunicazione.

BONUS EDILIZI – LE NOVITÀ DEL “DECRETO OMNIBUS”

Il DL n. 104/2023 (in G.U. del 10/08/2023) recante “Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di attività economiche e finanziarie e investimenti strategici” (cd. “Decreto Omnibus”), ha introdotto le seguenti novità in materia di bonus edilizi:
▪️ proroga del Superbonus in relazione alle unità immobiliari unifamiliari
▪️ nuovo obbligo comunicativo per gli ultimi cessionari dei bonus edilizi in presenza di sopravvenuta inutilizzabilità del credito.

PROROGA AL 31/12/2023 PER “VILLETTE”

L’art. 24 del DL n. 104/2023, modificando il co. 8-bis dell’art. 119 del DL 34/2020, ha proceduto a prorogare nuovamente il termine il entro cui potranno essere sostenute le spese per gli interventi sugli edifici unifamiliari (cd. “villette”) per poter beneficiare del superbonus con aliquota del 110%.

Ora, con la citata modifica normativa, viene disposto che per gli interventi:
▪️ “trainanti” (ex co. 1 e co.4 dell’art. 119) effettuati dalle persone fisiche “private”:
✓ su edifici unifamiliari (cd. “villini”)
✓ su unità abitative in edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo dall’esterno
▪️ “trainati” effettuati sulle medesime unità immobiliari (nuovo co. 8-quater)

la detrazione del 110%
➔ risulta prorogata alle spese sostenute fino al 31/12/2023 (in luogo del 30/09/2023)
➔ sempre a condizione che al 30.9.2022 i lavori risultino effettuati per almeno il 30% dell’intervento complessivo.

VERIFICA DEL 30% DEI LAVORI AL 30/09/2022

Il comma 8 bis (non modificato) dell’art. 119, DL 34/2020 dispone che:
▪️ nel computo del SAL al 30% (necessario per fruire del maggior termine previsto per il superbonus)
▪️ possono essere compresi anche i lavori non agevolati con la detrazione 110%.

L’Agenzia, nella recente CM n. 17/2023, ha chiarito che la condizione si considerata rispettata:
▪️ anche se l’ammontare corrispondente all’intervento complessivo aumenti a seguito:
✓ di ulteriori lavori, necessari al completamento dello stesso
✓ o di un aumento dei costi riferiti all’intervento complessivo iniziale;
▪️ e tali circostanze determinino la riduzione della percentuale dei lavori eseguiti rispetto all’intervento complessivo.

COMUNICAZIONE CREDITI INUTILIZZABILI

L’art. 25, co. 1, del DL n. 104/2023 introduce un nuovo adempimento in relazione alle opzioni per la
cessione dei crediti o per il cd. “sconto sul corrispettivo”, di cui all’art. 121 del D.L. 34/2020:

Pertanto:
▪️ l’ultimo cessionario di un credito derivante dall’esercizio delle opzioni per lo sconto in fattura/cessione del credito di cui all’art. 121, co. 1, lett. a) e b), DL n. 34/2020
▪️ che risulti non utilizzabile per cause diverse dal decorso dei termini di utilizzo (si tratta del medesimo termine entro cui il beneficiario della detrazione avrebbe utilizzato la singola quota annuale del di beneficio)
è tenuto a comunicare tale circostanza all’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni dall’avvenuta
conoscenza
dell’evento che ha determinato la non utilizzabilità del credito.

Attuazione: le modalità di comunicazione saranno definite da apposito Provvedimento dell’Agenzia, entro il 2 gennaio 2024.

DUBBI: in attesa del citato Provvedimento dell’Agenzia, il generico riferimento all’art. 121 del DL n.
34/2020 porta a ritenere che la disposizione possa trovare applicazione:
✓ sia il superbonus, che attribuisce il diritto a fruire della detrazione del 110%
✓ che tutti gli altri bonus edilizi (eco-bonus, sisma-bonus, “bonus casa” ex art. 16-bis Tuir, bonus facciate, bonus barriere architettoniche, installazione delle colonnine di ricarica elettrica, ecc.).

È auspicabile che l’Agenzia fornisca una casistica degli eventi che rendono il credito inutilizzabile.

DECORRENZA

Il nuovo adempimento si applica con la seguente cadenza temporale:
– se l’evento che ha comportato l’inutilizzabilità del credito si è evidenziato dal 1/01/2023: l’obbligo decorre da tale data (es: un evento manifestatosi l’8/12/2023 va comunicato entro il 7/01/2024)
– in caso contrario: la comunicazione va effettuata entro il 2/01/2024 (es: un evento manifestatosi il 31/10/2023 va comunicato entro il 2/01/2024).

SANZIONE

La mancata comunicazione entro i termini comporta la sanzione amministrativa pari a € 100.

Definizione agevolata delle Liti pendenti – adesione entro il 02/10/2023

Entro il 2/10/2023 (il 30/09/2023 cade di sabato) scade il termine per presentare, attraverso l’apposita procedura online, le domande di adesione alla definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023 in ogni stato e grado del giudizio (art. 1, co. da 186 a 202, L. n. 197/2022).

Nel corso dell’iter di conversione del DL 34/2023 (conv. in L. n. 56/2023) sono state introdotte novità in tema di definizione delle controversie ex art. 1 commi 186 e ss. della L. 197/2022.

Si premette che per poter definire la lite è necessario che:
• entro il 1° gennaio 2023, il contribuente abbia notificato il ricorso introduttivo di primo grado all’Agenzia fiscale (si fa riferimento alla data di accettazione della PEC, e non al momento della costituzione in giudizio);
• nel momento di presentazione della domanda, non si sia ancora formato il giudicato (non deve essere stata depositata la sentenza di Cassazione senza rinvio, nè spirati i termini per l’impugnazione della sentenza/riassunzione del processo).

Il ricorso all’istituto consente di ottenere lo stralcio delle sanzioni e degli interessi.
In particolare il contribuente accederà ai seguenti benefici:
• se l’Agenzia fiscale è rimasta soccombente in primo grado, si paga il 40% delle imposte;
• se l’Agenzia fiscale è rimasta soccombente in secondo grado (non rileva che in primo grado abbia vinto o perso), si paga il 15% delle imposte;
• se il processo pende in Cassazione al 1° gennaio 2023 e l’Agenzia fiscale è rimasta per intero soccombente in tutti i pregressi gradi di giudizio, si paga il 5% delle imposte;
• se il contribuente, in primo o in secondo grado, oppure in tutti e due i gradi, è risultato soccombente, occorre pagare per intero le imposte, fruendo dello stralcio di soli sanzioni e interessi.

Con riferimento alla definizione delle liti pendenti, che consente di definire le liti pendenti al 1° gennaio 2023 in qualsiasi stato e grado del giudizio, il DL “Bollette” ha posticipato, innanzitutto
• sia il termine per pagare le somme (o la prima rata);
• sia il termine per presentare la domanda di definizione;
dal 30 giugno 2023 al 30 settembre 2023.

Se il contribuente dichiara di volersi avvalere della definizione, il processo resta sospeso sino al 10/10/2023 (prima al 10 luglio 2023) e, ai fini dell’estinzione, entro tale data occorre depositare la domanda di definizione e il mod. F24 che attesta il pagamento delle somme.

Durante l’iter di conversione è stata apportata una ulteriore modifica al calendario delle rate.

Nell’iter di conversione del DL 34/2023, tale calendario è stato parzialmente riscritto; in particolare:
a) le prime 3 rate rimangono alle previgenti scadenze:
• 30 settembre 2023
• 31 ottobre 2023
• 20 dicembre 2023.

b) Le rate successive alle prime tre possono, ora, essere versate in un massimo di 51 rate mensili di pari importo, con scadenza entro l’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, a partire da gennaio 2024 (ad eccezione per il mese di dicembre di ciascun anno, per il quale la scadenza rimane fissata al giorno 20 del mese).

Le novità alle istruzioni al modello – Al fine di recepire le novità introdotte dal DL 34/2023 post conversione, sono state modificate le istruzioni relative alla sezione “determinazione dell’importo dovuto”.

Procedure operative – La domanda va compilata utilizzando il software reso disponibile dall’Agenzia Entrate.
Dal menu “Impostazioni/profilo utente” è necessario indicare che si sta trasmettendo la domanda in qualità di intermediari.
Non è necessaria alcuna autorizzazione telematica del cliente per trasmettere la domanda.
I codici degli uffici legali nonché delle Corti di giustizia tributaria presso cui pende il processo vengono scelti dall’apposito menu a tendina.

Bisogna poi indicare i dati della controversia (giorno di notifica del ricorso introduttivo, numero di RGR o di RGA) e il codice che contraddistingue la tipologia di definizione.
Indicato il valore della lite, le somme lorde vengono calcolate dal software; quelle nette si determinano scomputando quanto già pagato ad esempio in ragione della riscossione frazionata.

Legge delega fiscale: in vigore dal 29 agosto 2023

La legge delega per la riforma fiscale entra in vigore il 29 agosto 2023 ma gli Uffici sono da tempo al lavoro e le tredici Commissioni di esperti hanno tempo sino al 20 settembre per la presentazione degli schemi dei decreti legislativi di attuazione.

Un primo esame delle norme approvate, specie per confronto con la “grande riforma” del 1971, che conteneva già aliquote, scaglioni e detrazioni, ne denota la genericità in molti punti, che potrebbe configurare la violazione dell’art. 76 Cost., con il conseguente rischio di una dichiarazione di illegittimità. Ad esempio, nell’IRPEF, cosa significa che questa imposta deve tener conto dei “costi sostenuti per la crescita dei figli”? È un principio e criterio direttivo “determinato”?

Forse l’unico criterio determinato riguarderà l’IVA, in quanto abbiamo una norma sovraordinata, costituita dalla direttiva europea.

L’intera riforma è comunque e ovviamente sotto la spada di Damocle della copertura finanziaria: l’art. 22 Legge 111/2023 prevede che le risorse per attuare i “risparmi” d’imposta devono essere reperiti o nella legislazione esterna, come potrebbe essere la legge finanziaria annuale, con un possibile  stanziamento generico da utilizzare al momento dell’adozione dei decreti delegati, oppure all’interno della stessa delega: i decreti legislativi che determinano un nuovo gettito devono essere presentati prima di quelli che comportano nuovi o maggiori oneri. 

Quali sono le principali novità

Cominciamo con i punti di maggior rilievo per l’IRPEF: la prevista riduzione da quattro a tre aliquote – da quanto si ipotizza al momento – consentirà di attribuire poche centinaia di euro ai contribuenti con basso reddito. Non si parla di toccare l’aliquota del 43%, cui vanno aggiunte le addizionali, e che dovrebbe per lo meno spostare l’asticella verso livelli più elevati, anche solo per tener conto dell’inflazione. L’annunciato obiettivo della flat tax sembra una vera e propria utopia.

In questo ambito si prevede una razionalizzazione delle cd. tax expenditures, cioè degli oneri deducibili e detraibili. Certo si possono sfrondare le detrazioni che valgono poche decine di euro, come quella per l’iscrizione dei figli alle strutture sportive, ma non si può certo ledere il principio di correlazione, cioè la deducibilità di ciò che darà luogo a redditi tassati, come quelli di previdenza principale o complementare. Per i bonus edilizi, si può razionalizzare il futuro, escludendo ad esempio le detrazioni per le ville di lusso, che sono state le prime utilizzatrici del 110%, ma ci sono molti anni di detrazioni già maturate, ancora da compensare.

Di notevole rilievo la prevista estensione della cedolare secca alle locazioni non abitative, e l’unificazione dei redditi di capitale e diversi nell’unica categoria dei redditi finanziari. Qui il costo è elevato per l’erario, anche se è un’entrata ingiusta (perché pagare sui dividendi quando si sta perdendo in conto capitale?). Già nel 2003 si percorse questa strada senza riuscire ad avere un esito.

IRES e IRAP andranno in simbiosi, in quanto il tributo regionale è destinato a diventare un’addizionale del primo. La possibile riduzione di aliquota del primo tributo sarà motivata da investimenti o partecipazione dei dipendenti agli utili. Fermo restando che non potrà scendere sotto il 15% effettivo, in base alle regole del pillar One dell’OCSE, recepite con la Dir. UE 2022/2523 del 15 dicembre 2022.

Una sostanziale razionalizzazione e adeguamento alla Dir. CE 2006/112 per l’IVA, con la prevista anticipazione della Dir. UE 2022/542 sulle aliquote. Qui il lavoro sarà impegnativo, perché la nostra legge attuale utilizza ancora le voci doganali del 1973, sostituite dalla Nomenclatura Combinata ormai da alcune decine di anni. Il pro-rata generale sarà opzionale e non più la regola base.

Molti articoli della delega sono dedicati ai tributi indiretti, diversi dall’IVA, ai tributi locali e a quelli sui giochi.

Viene data grande e doverosa importanza al procedimento tributario, dalla fase prodromica degli interpelli, all’accertamento, alla riscossione e al contenzioso. Anche a livello internazionale si enfatizza il dovere reciproco di buona fede tra fisco e contribuente.

Le novità in tabella

Si riportano, in tabella, le principali novità previste dalla delega fiscale.

OggettoDescrizione degli obiettivi
IRPEF– revisione e graduale riduzione dell’IRPEF

– riordino delle deduzioni e delle detrazioni

– tassazione agevolata di straordinari, tredicesima e premi di produttività dei lavoratori dipendenti
IRES– aliquota ordinaria (24%)

– aliquota ridotta per le imprese che impiegano risorse in investimenti, nuove assunzioni o partecipazione dei dipendenti agli utili

– semplificazione e razionalizzazione del reddito d’impresa
IVA– revisione della disciplina delle operazioni esenti

– razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote

– revisione della disciplina della detrazione
IRAPgraduale superamento, dando priorità alle società di persone e alle associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni
Accertamento– riconoscimento di maggiori diritti di difesa per il contribuente

– implementazione della compliance

– nuove metodologie di ricerca dell’evasione e dell’elusione fiscale

– potenziamento e semplificazione del regime dell’adempimento collaborativo

– concordato preventivo biennale per i contribuenti di minori dimensioni, con la possibilità di far riferimento, oltre che ai dati in possesso dell’AF, anche agli indicatori sintetici di affidabilità (ISA)
Contenziosointroduzione di norme più tutelanti per i diritti dei contribuenti sia in ordine alla possibilità di richiesta di udienza da remoto
Adempimentirazionalizzare, semplificare e armonizzare gli adempimenti dichiarativi
Sanzionimaggiore integrazione tra sanzioni amministrative e penali
Tributi localirevisione della fiscalità regionale e locale, al fine di realizzare la piena attuazione del federalismo fiscale regionale

Definite le disposizioni di attuazione del “bonus sul superbonus”

Con decreto del 31 luglio 2023, pubblicato nella G.U. n. 198 di ieri, 25 agosto 2023, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha definito i criteri e le modalità di erogazione del contributo previsto dall’art. 9 comma 3 del DL 176/2022.
Detto contributo a fondo perduto, privo di effetti fiscali per il beneficiario, riguarda i soggetti che si trovano nelle condizioni reddituali di cui all’art. 119 commi 8-bis e 8-bis.1 del DL 34/2020 e che sostengono spese per interventi agevolati con il superbonus di cui ai periodi primo e terzo del comma 8-bis dell’art. 119 del DL 34/2020.

L’agevolazione interessa dunque le persone fisiche che, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, sostengono interventi agevolati con il superbonus:
– su edifici interamente posseduti (anche in comproprietà) composti da due a quattro unità immobiliari, o su parti comuni di edifici condominiali, o sulle singole unità immobiliari (oggetto di interventi “trainati”) site all’interno dei predetti edifici o condomini; 
– ovvero su edifici unifamiliari o su singole unità immobiliari “indipendenti e autonome” site in edifici plurifamiliari.

Il contributo spetta per le spese relative agli interventi per i quali il superbonus compete con aliquota al 90%
Per beneficiare dell’agevolazione è necessario che il richiedente:
– presenti un “reddito di riferimento”, relativo all’anno precedente quello di sostenimento delle spese agevolate, non superiore a 15.000 euro, determinato ai sensi dell’art. 119 comma 8-bis.1 del DL 34/2020;
– sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare oggetto dell’intervento, o, per gli interventi effettuati dai condomini, sull’unità immobiliare facente parte del condominio;
– abbia adibito ad abitazione principale la predetta unità immobiliare.

Il contributo compete per le spese sostenute per i predetti interventi agevolati dal richiedente (o, per gli interventi condominiali, imputate al medesimo), anche qualora sia stata esercitata opzione di cessione del credito o sconto sul corrispettivo ex art. 121 del DL 34/2020.
Ai fini del riconoscimento dell’agevolazione rilevano solo le spese sostenute per le quali i relativi bonifici “parlanti”, di cui agli artt. 1 comma 3 del DM 41/98 e 6 comma 1 lett. e) del DM 6 agosto 2020 “Requisiti”, risultano effettuati nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 ottobre 2023.

Il contributo spetta entro un limite massimo di spesa pari a 96.000 euro (riferito all’ammontare complessivo della spesa sostenuta per gli interventi agevolati). Se la spesa è stata sostenuta da più soggetti titolari di quote di proprietà o di diritti reali di godimento sulla stessa unità immobiliare, tale limite è determinato, per ciascun richiedente, in proporzione al rapporto tra la spesa sostenuta dal richiedente e la spesa complessiva sostenuta da tutti i comproprietari o contitolari di diritti reali di godimento. In ogni caso, il contributo compete solo per le spese sostenute in relazione all’abitazione principale del richiedente. 

Richieste entro il 31 ottobre 2023

Per richiedere il contributo sarà necessario presentare all’Agenzia delle Entrate un’istanza, in via telematica, entro il 31 ottobre 2023.

Può essere presentata una sola istanza per ciascun richiedente, anche avvalendosi di un intermediario ex art. 3 comma 3 del DPR 322/98.
In detta istanza il richiedente deve attestare il possesso dei requisiti sopra richiamati. Le modalità di compilazione ed il contenuto dell’istanza saranno definite con apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
Nell’istanza va inoltre indicato l’importo del contributo richiesto, che non può eccedere il 10% delle spese ammesse al contributo.

L’importo del contributo effettivamente spettante a ciascun richiedente verrà poi determinato dall’Agenzia delle Entrate in ragione del rapporto tra l’ammontare delle risorse stanziate per l’agevolazione (pari a 20 milioni di euro) e l’ammontare complessivo dei contributi richiesti.
Determinata detta percentuale, il contributo verrà corrisposto dall’Agenzia delle Entrate mediante accreditamento diretto sul conto corrente bancario o postale indicato nell’istanza (che risulti intestato o cointestato al richiedente).

Tassati i rimborsi per la ricarica di auto elettriche in uso promiscuo ai dipendenti

rimborsi erogati dal datore di lavoro al proprio dipendente per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione, non rientrando quindi nel fringe benefit di cui all’art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR. È quanto emerge dalla risposta a interpello n. 421 di ieri, 25 agosto, pubblicata dall’Agenzia delle Entrate.

Nella fattispecie in esame, la società ha una flotta aziendale di autovetture assegnate in uso promiscuo ai dipendenti, con addebito del “fringe benefit” in busta paga. La società sta rinnovando il parco auto con automezzi elettrici o ibridi e intende riconoscere ai dipendenti il rimborso delle spese per l’energia elettrica sostenute per la ricarica effettuata presso le relative abitazioni (spese collegate agli spostamenti lavorativi, tranne che per i dirigenti per i quali è previsto il rimborso totale). Viene, inoltre, precisato che l’azienda si farà carico delle spese di installazione e di manutenzione ordinaria delle infrastrutture necessarie (wallbox, colonnine di ricarica, contatore a defalco).
Il dubbio posto è se tali rimborsi possano essere considerati esclusi da imposizione ex art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR.

Tanto premesso,  la lettera a) del citato comma 4, lettera a), dell’art. 51 del TUIR, nel definire il regime fiscale degli autoveicoli, motocicli e ciclomotori concessi in uso promiscuo ai dipendenti, prevede per gli stessi, in deroga al generale criterio di tassazione dei fringe benefit basato sul loro ’’valore normale’’, un criterio di determinazione forfetaria del quantum da assoggettare a tassazione (cfr. C.M. n. 326/1997, §§ 2.3.2 e 2.3.2.1).

In relazione ai veicoli concessi in uso promiscuo con contratti stipulati dal 1° luglio 2020, per i veicoli di nuova immatricolazione con valori di emissione di anidride carbonica non superiore a 60 g/km si assume il 25% (importo poi elevato a seconda dell’emissione di CO2) dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente.
Il legislatore, con la legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), ha previsto, ai fini dell’imponibilità, un valore forfetario del benefit più basso per i veicoli meno inquinanti, aumentando, invece, gradatamente la base imponibile del valore dei veicoli con emissioni di anidride carbonica superiori ai 160 g/km.

In relazione ai veicoli ad uso promiscuo, nella C.M. n. 326/1997 è stato chiarito che la determinazione del valore imponibile sulla base del totale del costo di percorrenza esposto nelle tabelle ACI costituisce una determinazione dell’importo da assoggettare a tassazione del tutto forfetaria, che prescinde da qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del mezzo e anche dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente. È del tutto irrilevante, quindi, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI.

Nel medesimo documento di prassi è stato altresì chiarito che il datore di lavoro, oltre a concedere la possibilità di utilizzare il veicolo in modo promiscuo, può fornire, gratuitamente o meno, altri beni o servizi (es. l’immobile per custodire il veicolo), che andranno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente.
L’Agenzia delle Entrate ha quindi affermato che nella fattispecie in esame l’installazione delle infrastrutture (wallbox, colonnine di ricarica e contatore a defalco) effettuata presso l’abitazione del dipendente rientri tra i beni che vanno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente.

Il consumo di energia non è fringe benefit

Per quanto riguarda il consumo di energia, l’Agenzia delle Entrate ha però rilevato che lo stesso non rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro (c.d. “fringe benefit”), ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore.

Al riguardo, l’Agenzia ricorda che le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, anticipate dal dipendente per snellezza operativa, quali ad esempio l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore (es. carta della fotocopia o della stampante, pile della calcolatrice, ecc.), e fatte salve specifiche deroghe previste dal medesimo art. 51 comma 5 del TUIR per il rimborso analitico delle spese per trasferte.

Pertanto, nella fattispecie, i rimborsi per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono, ad avviso dell’Agenzia, reddito di lavoro dipendente soggetto a tassazione.