FORFETTARI – COMPLIANCE PER MANCATA COMPILAZIONE DEL QUADRO RS

In attuazione delle forme di collaborazione tra Fisco e contribuente (cd. “compliance”), l’Agenzia delle Entrate ha individuato una situazione di anomalia inedita, riguardante:
✓ la dichiarazione dei redditi 2021 presentato dei contribuenti in regime forfettario
✓ da cui risulta la mancata compilazione e dei dati informativi richiesti nell’ambito del quadro RS.

LA COMUNICAZIONE DI ANOMALIA PER I CONTRIBUENTI FORFETTARI

Con il Provv. 19/09/2023 l’Agenzia delle Entrate ha approvato le modalità con cui sono messi a disposizione del contribuente (e della Guardia di finanza) le informazioni relative
▪️ alla mancata indicazione degli elementi informativi obbligatori richiesti ai sensi dell’art. 1, co. 73, L. n. 190/2014 nel quadro RS del mod. Redditi PF 2022
▪️ da parte dei soggetti che hanno applicato il regime forfetario per il periodo d’imposta 2021.

Si tratta della mancata compilazione dei dati richiesti nei righi da 375 a 381 del quadro RS della dichiarazione dei redditi presentata dai contribuenti forfettari nell’anno 2022.

Come noto si tratta di informazioni
– ordinariamente richieste ai contribuenti nell’ambito dei modelli ISA
– che, alla luce dell’esonero soggettivo da presentazione del mod. ISA per i contribuenti forfettari, per quest’ultimi vengono richiesti nell’ambito del quadro RS.

Si dovrebbe, di fatto, trattare di informazioni richieste dall’Agenzia per valutare internamente una sorta di “affidabilità fiscale” del contribuente forfettario.

IL CONTENUTO DELLA LETTERA DI COMPLIANCE

La comunicazione che indica le anomalie riscontrate riporta le seguenti informazioni:
– codice fiscale, cognome e nome del contribuente;
– numero identificativo e data della comunicazione, codice atto e anno d’imposta;
– data e protocollo telematico del mod. REDDITI 2022 PF relativo al 2021.

Come di consueto, le comunicazioni sono inviate:
▪️ al domicilio digitale (PEC) del contribuente
▪️ o tramite posta ordinaria, in assenza del domicilio digitale
rimanendo consultabile nel Cassetto fiscale del contribuente.

POSSIBILI AZIONI DEL CONTRIBUENTE

Il contribuente (anche tramite intermediario abilitato) può:
1. chiedere informazioni o segnalare (anche tramite intermediario abilitato) eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti (es: l’effettivo invio del modello; la corretta mancata compilazione del quadro VE; ecc.)
2. o procedere spontaneamente all’adempimento, avvalendosi del ravvedimento operoso.

In quest’ultimo caso si tratterà di procedere:
➔ alla presentazione di un Mod. Redditi PF 2022 “integrativo”
➔ versando la sanzione di €. 31,25 (cioè la sanzione edittale €. 250 abbattuta a 1/8).

Flat tax incrementale anche per le altre attività agricole connesse

Nel corso della videoconferenza dello scorso 20 settembre, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sull’ambito soggettivo di applicazione della flat tax incrementale.

Come noto, si tratta di una imposta sostitutiva al 15%, introdotta dalla legge di bilancio 2023 (art. 1, co. 55-57, L. 197/2022).

Possono fruire dell’istituto i contribuenti persone fisiche che esercitano in via diretta una attività d’impresa, arti o professioni, che non si avvalgono del regime forfetario nel periodo d’imposta (al contrario il contribuente può aver applicato regime forfettario nel triennio precedente, utile per determinare il maggiore del triennio per il calcolo dell’agevolazione).

Tra le imprese sono ammesse anche:
– le imprese familiari e coniugali non gestite in forma societaria;
– gli imprenditori agricoli individuali che accedono al regime ex artt. 56, co. 5, e 56-bis del TUIR, limitatamente ai redditi d’impresa prodotti.

REDDITI ESCLUSI: non rientrano nel regime agevolato quei redditi che, pur avendo la natura di reddito d’impresa/professionale, non risultano dell’attività svolta direttamente dal contribuente, ma sono imputati per trasparenza. Dunque rimangono esclusi i redditi da quadro RH, imputati:
– dalle società di persone e degli studi associati
– dalle Srl in regime di trasparenza fiscale (art. 116, TUIR).

Regime forfettario: può accedervi anche il contribuente che decada dal regime forfetario nel corso del 2023, avendo è ceduto il limite di 100.000 euro di ricavi/compensi percepiti. In tale ipotesi, infatti, è tenuto a determinare il reddito “con le modalità ordinarie” per l’intero anno d’imposta 2023.

Nel corso della videoconferenza, l’Agenzia ha confermato che i redditi degli imprenditori agricoli di cui ai citati art. 56, co, 5, ed art.. 56- bis del TUIR, ancorché determinati forfetariamente, costituiscono redditi d’impresa e confluiscono nel quadro RD della dichiarazione.

Pertanto, anche gli imprenditori titolari di reddito d’impresa derivante dallo svolgimento delle altre attività agricole connesse, quali la produzione delle cd. “agro-energie”, nonchè l’agriturismo/oleoturismo/enoturismo, possono fruire della flat tax incrementale.

Passaggio del superbonus al 2024 con effetti diversi per sconto e cessione

L’Agenzia delle Entrate, in occasione della videoconferenza del 20 settembre, a fronte di un quesito che indagava la possibilità di pagare nel 2023 spese agevolate con il superbonus, fruendo del 110% anche in relazione a lavori ultimati all’inizio del 2024, per esercitare poi, entro il 16 marzo 2024, l’opzione di cessione del credito, di cui alla lett. b) dell’art. 121 comma 1 del DL 34/2020, ha risposto negativamente, affermando che “nel caso in esame, sarà possibile usufruire del Superbonus, nella misura del 110 per cento, per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, che trovino corrispondenza in un Sal riferito al 31 dicembre 2023”.

In verità, la questione è molto più articolata del ragionamento, esplicitato nella risposta dell’Agenzia, che ha portato alle predette perfettibili conclusioni.
Sul fatto che entrambe le opzioni di cui al comma 1 dell’art. 121 possano essere esercitate solo in relazione a spese che si riferiscono a lavori già realizzati alla data di esercizio dell’opzione, non ci sono dubbi.
Il fatto stesso che il comma 1-bis del medesimo art. 121 statuisca che le predette opzioni possano essere esercitate in relazione a stati di avanzamento dei lavori postula la necessità che le spese cui le opzioni si riferiscono debbano essere relative a lavori già realizzati, ancorché non necessariamente ultimati, fermo restando che in tal caso devono constare da uno stato di avanzamento dei lavori formalmente liquidato e accettato.

Detto ciò, diviene però necessario distinguere le conseguenze applicative di questo precetto a seconda del tipo di opzione.

Per l’opzione di sconto sul corrispettivo, che viene esercitata con la sua applicazione da parte del fornitore, diviene pacifico che non è possibile applicare in fattura lo sconto su spese che si riferiscono a lavori non ancora ultimati e nemmeno ancora confluiti in un SAL.
Quindi l’ipotesi di una fattura con sconto integrale del 110%, per superbonus 110%, emessa entro il 31 dicembre 2023 per lavori che saranno ultimati nel 2024 o che confluiranno in SAL con data successiva al 31 dicembre 2023, è semplicemente impossibile.

Per l’opzione di cessione del credito, invece, la questione è diversa e meriterebbe un supplemento di riflessione da parte dell’Agenzia delle Entrate, rispetto alla soprariportata sintetica risposta.
Se il contribuente (che va per cassa) paga nel 2023, senza sconto in fattura, spese agevolate superbonus relative a lavori che saranno ultimati nel 2024 o che confluiranno in SAL con data successiva al 31 dicembre 2023, matura pacificamente la detrazione superbonus nella misura prevista per l’anno di sostenimento della spesa (2023).

A quel punto, può certamente portarla in detrazione in dichiarazione dei redditi, ma, se i lavori cui la spesa finanziariamente sostenuta nel 2023 venissero ultimati (o confluissero in un SAL), ad esempio, in data 20 febbraio 2024, non c’è nel pur complesso tessuto normativo alcuna previsione che ostacoli la possibilità di stipulare con un cessionario un accordo di cessione del credito in data successiva al 20 febbraio 2024 (cioè a lavori ultimati o SAL liquidato, con il rilascio di tutte le asseverazioni del caso) e di comunicarlo all’Agenzia delle Entrate entro il termine del 16 marzo 2024, ossia entro il termine per la comunicazione delle opzioni che si riferiscono a spese sostenute nel 2023.

Quindi, auspicando sul punto un’integrazione interpretativa di dettaglio, che spesso le fugaci risposte a videoconferenze non consentono, da parte della prassi ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, in vista della tumultuosa fine del 2023 in ottica superbonus, appare:
– assolutamente condivisibile l’impossibilità di procedere a sconti in fattura del 100% per spese relative a lavori che alla data del 31 dicembre non risultassero ultimati o almeno inclusi in un SAL con le caratteristiche di cui al comma 1-bis dell’art. 121 del DL 34/2020;

– pacifica la possibilità di beneficiare del superbonus al 110%, come detrazione in dichiarazione dei redditi, sulle spese pagate senza sconti nel 2023, anche se relative a lavori che venissero ultimati solo nel 2024 o comunque che venissero inclusi in SAL riferiti a date successive al 31 dicembre 2023;

– meritevole di più attente considerazioni da parte della prassi ufficiale la possibilità di cedere a terzi il credito di imposta al 110% relativo a spese superbonus pagate senza sconti nel 2023, anche se relative a lavori che venissero ultimati solo nel 2024 o comunque che venissero inclusi in SAL riferiti a date successive al 31 dicembre 2023, fermo restando che l’accordo di cessione del credito (cioè l’esercizio dell’opzione) deve essere successivo all’ultimazione dei lavori o alla liquidazione del SAL (con rilascio di tutte le asseverazioni del caso) e in tempo utile rispetto alla scadenza del 16 marzo 2024 (se si vuole poter cedere tutte le rate, compresa la prima, e non solo quelle “residue”).

Trasformazione in società semplice con ritenuta sulle riserve di utili pregresse

Tra le risposte fornite ieri nel corso di una videoconferenza, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta sul tema della tassazione delle riserve di utili delle società di capitali che si trasformano in società semplice avvalendosi delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022.
La questione riguarda il trattamento fiscale delle riserve pregresse, costituite antecedentemente all’operazione: il dubbio, in particolare, è se per i soci persone fisiche non imprenditori la tassazione debba avvenire tramite assoggettamento a ritenuta a titolo d’imposta del 26% ovvero tramite imputazione per trasparenza ai soci del reddito con indicazione in sede di dichiarazione.

Ricostruendo brevemente, la trasformazione agevolata in società semplice determina la tassazione delle riserve non ricostituite in bilancio.
Diversamente dalle riserve in sospensione d’imposta – per le quali l’assolvimento dell’imposta sostitutiva del 13% sulle stesse comporta l’irrilevanza fiscale del successivo utilizzo – la normativa prevede che le riserve di utili debbano essere assoggettate a tassazione in capo ai soci.
Ai sensi dell’art. 170 comma 4 lett. b) del TUIR, infatti, la tassazione in capo ai soci avviene nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione (“post trasformazione”).
Ai sensi del successivo comma 5 dell’art. 170 del TUIR, dette riserve (costituite prima della trasformazione) sono tassate secondo il regime fiscale proprio degli utili da partecipazione in società di capitali.

Mancavano, sino a oggi, indicazioni precise sulla modalità di tassazione di dette somme.
In mancanza di tali indicazioni, gli operatori ipotizzavano, per i soci persone fisiche, l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 26% sulle riserve di utili a prescindere dal possesso di partecipazioni qualificate o non qualificate.
L’Agenzia delle Entrate aveva, tuttavia, precisato in una videoconferenza del 18 maggio 2006 che le società di persone, non rivestendo la qualifica di sostituti d’imposta per i dividendi, non possono operare tale ritenuta: pertanto, il socio sarebbe stato tenuto a dichiarare il provento secondo le soglie previste dalla legge (allora 40%, oggi 40%, 49,72% o 58,14%).
In senso contrario, invece, si è espresso il recente studio del Consiglio nazionale del notariato n. 44-2023/T (§ D.2.1), che sembra confermare l’esercizio della ritenuta del 26% sul dividendo distribuito al socio persona fisica con “non pochi dubbi applicativi” per la società semplice.

Con la risposta a Telefisco, l’Agenzia delle Entrate, nel richiamare la citata disciplina in materia di trasformazione, chiarisce proprio il trattamento riservato alle somme in questione, affermando che le medesime devono essere assoggettate a ritenuta a titolo d’imposta del 26% ai sensi dell’art. 27 comma 1 del DPR 600/73.
Secondo l’Agenzia, infatti, nonostante le società semplici (risultati dalla trasformazione) non rientrino (in base alla disposizione) tra i soggetti tenuti ad applicare la ritenuta, “non si ravvisano motivi di ordine logico-sistematico per negare l’applicazione della predetta ritenuta, qualora le società semplici risultanti dalla trasformazione di una società di capitali imputino ai propri soci i redditi conseguiti dalla società di capitali trasformanda”.
In applicazione del citato art. 170 comma 5 del TUIR, infatti, per tali riserve formate “in costanza” della società di capitali, la società semplice, quale medesimo soggetto giuridico, dovrebbe subentrare nell’assolvimento dei relativi obblighi, tra i quali, quelli dei sostituti d’imposta.

Secondo gli artt. 8 comma 1 n. 5 del DPR 602/73 e 18 del DLgs. 241/97, le ritenute alla fonte sui dividendi ex art. 27 del DPR 600/73 devono essere versate entro il giorno 16 del mese successivo a ciascun trimestre solare in cui sono state operate.
Con riferimento al caso di specie, però, l’Agenzia delle Entrate afferma che la ritenuta deve essere versata entro il 16 aprile del periodo d’imposta successivo, nonostante la trasformazione avvenga nel 2023.
Questa impostazione, quindi, stabilendo il termine al 16 del mese successivo al I° trimestre del 2024 (per le trasformazioni effettuate nel 2023) – sembrerebbe far intendere che il periodo d’imposta “post trasformazione” di tassazione in capo ai soci sia il 2024 e non la frazione del 2023 successivo all’operazione agevolata che va dalla data di efficacia della trasformazione al 31 dicembre.

Possibile proroga in arrivo per le operazioni agevolate

“Presso gli Uffici dell’Amministrazione Finanziaria, sono in corso gli opportuni approfondimenti volti a valutare l’eventuale predisposizione di una proposta normativa finalizzata a prorogare i termini per il perfezionamento delle operazioni di assegnazione e cessione agevolata di beni ai soci e di trasformazione agevolata in società semplice delle società commerciali”. Con queste parole, pronunciate ieri in Commissione Finanze della Camera in risposta a un’interrogazione parlamentare, la Sottosegretaria al MEF, Lucia Albano, ha sostanzialmente aperto alla possibilità di spostare l’attuale scadenza del 30 settembre per le operazioni agevolate.

Potrebbe, dunque, essere accolta la richiesta avanzata nei giorni scorsi dal Consiglio nazionale dei commercialisti, che in una lettera inviata al Viceministro Leo, chiedeva di prendere in considerazione l’idea di prorogare la scadenza al 30 novembre. A motivare tale richiesta i tanti adempimenti che hanno caratterizzato i mesi scorsi, sottraendo spazio a operazioni che necessitano di un tempo congruo per la pianificazione, il coordinamento con altri professionisti interessati (geometri, notai, ecc.), la valutazione dell’impatto delle operazioni stesse sulla consistenza patrimoniale delle società, l’eventuale reperimento di fondi a carico dei soci per il pagamento degli oneri fiscali o per finanziare la società e così via.

Il calendario degli adempimenti, peraltro, era già in origine più ristretto rispetto alle precedenti “tornate” dell’agevolazione per quanto riguarda l’imposizione sostitutiva, all’epoca ripartita in due rate delle quali solo la prima da pagare nella stessa annualità in cui dovevano essere redatti gli atti di assegnazione, cessione o trasformazione: la formulazione della L. 197/2022 prevede, infatti, che a fronte degli atti da redigere entro il 30 settembre 2023, la prima rata delle imposte sostitutive, pari al 60% del totale, vada versata entro il medesimo termine, e la seconda, pari al rimanente 40%, entro il 30 novembre 2023.

Con la proroga, almeno stando alla proposta del CNDCEC, verrebbe ridefinito tale calendario, accorpando tutti gli adempimenti, quindi non solo la redazione degli atti ma anche il versamento (a questo punto integrale) delle imposte sostitutive, alla data del 30 novembre.

Secondo il Presidente dei commercialisti, Elbano de Nuccio, le parole della Sottosegretaria Albano rappresentano “un’importante apertura alla quale ci auguriamo possa far seguito una rapida approvazione del provvedimento di proroga dei termini attualmente fissati al 30 settembre”. Avere più tempo a disposizione servirebbe anche per “dipanare alcuni dubbi interpretativi che ancora interessano la materia”, senza peraltro “incidere sui saldi di finanza pubblica, favorendo anzi la riscossione di maggiori imposte sostitutive”.

Dubbi interpretativi di cui ha parlato, in un comunicato stampa diffuso ieri, anche l’Unione giovani, anch’essa schierata a favore della proroga. “Le perplessità – ha sottolineato il Presidente Matteo De Lise – riguardano la possibilità di utilizzare il valore rivalutato o la tassazione sui soci. E, ancora, la riduzione di capitale richiede 90 giorni di attesa, il che significa che si sarebbe dovuto procedere a giugno per rispettare la scadenza del 30 settembre”.

Per questo, secondo l’associazione sindacale, va sollecitato anche un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle Entrate. Lo spostamento della scadenza dal 30 settembre al 30 novembre potrebbe tornare utile anche in questo senso, in modo da evitare che ci si ritrovi tra due mesi nella medesima situazione di incertezza, alla quale conseguirebbe, probabilmente, la rinuncia a molte operazioni agevolate.

Transizione green – istanze dal 10/10/2023

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy, con l’obiettivo di sostenere i programmi di investimento delle imprese nella tutela ambientale, ha stanziato 300 milioni di euro a valere sul “Fondo per il sostegno alla transizione industriale“.

Le imprese di qualsiasi dimensione del territorio nazionale, in particolare quelle che operano nei settori estrattivo e manifatturiero, potranno chiedere agevolazioni nella forma del contributo a fondo perduto, per programmi di investimento che perseguono:
• l’efficientamento energetico,
• il cambiamento fondamentale del processo produttivo,
• l’installazione di impianti da autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, idrogeno e impianti di cogenerazione ad alto rendimento,
• la riduzione dell’utilizzo delle risorse tramite il riuso, il riciclo o il recupero di materie prime e/o l’uso di materie prime riciclate.

I programmi dovranno prevedere spese complessive ammissibili di importo compreso tra 3 e 20 milioni di euro.

La domanda per le agevolazioni dovrà essere inviata dal 10 ottobre al 12 dicembre 2023 allo sportello online Invitalia.

Il Fondo per il sostegno alla transizione industriale ha l’obiettivo di favorire l’adeguamento del sistema produttivo italiano alle politiche UE sulla lotta ai cambiamenti climatici.

L’operatività del Fondo è disciplinata dal decreto ministeriale 21 ottobre 2022 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro della transizione ecologica.

Il Decreto del Direttore per gli Incentivi alle Imprese del 30 agosto 2023 definisce termini e modalità di presentazione delle domande attraverso l’apertura di uno sportello finalizzato al sostegno di programmi di investimento per la tutela ambientale con una dotazione iniziale di 300 milioni di euro operante attraverso una procedura valutativa a graduatoria atta a determinare l’ordine di ammissione alle valutazioni istruttorie delle domande presentate.

È prevista l’applicazione delle diposizioni di favore recate dalla sezione 2.6 del “Quadro temporaneo” (comunicazione della Commissione europea 2023/C 101/03 concernente il Quadro temporaneo di crisi e transizione per misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia a seguito dell’aggressione della Russia contro l’Ucraina, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea C 101/03 del 17 marzo 2023 e successive modifiche e integrazioni) e dagli articoli 14, 17, 38 e 47 del Regolamento generale di esenzione per categoria n. 651/2014 (GBER).

Il Fondo è stato istituito dall’articolo 1, commi 478 e 479, della legge 30 dicembre 2021, n. 234.

Le agevolazioni sono concesse a imprese, di qualsiasi dimensione e operanti sull’intero territorio nazionale, che, alla data di presentazione della domanda devono:
• essere regolarmente costituite, iscritte e «attive» nel registro delle imprese;
• operare in via prevalente nei settori estrattivo e manifatturiero di cui alle sezioni B e C della classificazione delle attività economiche ATECO 2007;
• essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali;
• non essere già in difficoltà al 31 dicembre 2019;
• non rientrare tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
• aver restituito somme dovute a seguito di provvedimenti di revoca di agevolazioni concesse dal Ministero;
• essere in regola con le disposizioni vigenti in materia obblighi contributivi.
• non trovarsi in una delle situazioni di esclusione previste dall’art. 5, comma 2, del DM 21 ottobre 2022.

Il 50% delle risorse annualmente destinate al Fondo è riservata alle imprese energivore (ovvero quelle inserite nell’elenco tenuto dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali – CSEA, relativo alle imprese a forte consumo di energia ai sensi dell’articolo 19, comma 2, della legge 20 novembre 2017, n. 167).

I programmi di investimento devono perseguire almeno una delle seguenti finalità:
1. una maggiore efficienza energetica nell’esecuzione dell’attività d’impresa nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dall’articolo 38 del GBER o un cambiamento fondamentale del processo produttivo oggetto di intervento, nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dagli articoli 14 e 17 del Regolamento GBER. È prevista anche l’ammissibilità di spese accessorie, nel limite del 40%, connesse all’installazione di impianti da autoproduzione di energia da Fonti Rinnovabili, idrogeno e impianti di cogenerazione ad alto rendimento, ai sensi dell’articolo 41 del Regolamento GBER.
2. un uso efficiente delle risorse, attraverso una riduzione dell’utilizzo delle stesse anche tramite il riuso, il riciclo o il recupero di materie prime e/o l’uso di materie prime riciclate nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dall’articolo 47 del GBER o un cambiamento fondamentale del processo produttivo oggetto di intervento, nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste dagli articoli 14 e 17 del Regolamento GBER.

I programmi di investimento devono essere volti al perseguimento, in via esclusiva, di un miglioramento in termini di tutela ambientale dei processi aziendali. Non sono ammessi interventi che determinano un aumento della capacità produttiva, fatti salvi gli aumenti derivanti da esigenze tecniche, qualora non superiori al 2% rispetto alla situazione precedente all’intervento.

I suddetti programmi devono essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di accesso al Fondo, prevedere spese complessive ammissibili di importo compreso tra 3 milioni di euro e 20 milioni di euro ed essere realizzati entro 36 mesi dalla data di concessione del contributo (con una eventuale proroga del termine di ultimazione del programma non superiore a 12 mesi). Entro tale termine dovrà intervenire anche l’entrata in funzione e la piena operatività degli investimenti oggetto dei programmi di sviluppo agevolato.

Sono ammissibili alle agevolazioni le spese strettamente funzionali alla realizzazione dei programmi di investimento di cui all’articolo 7 del Decreto del 21 ottobre 2022 relative all’acquisto e alla costruzione di immobilizzazioni, come definite agli articoli 2423 e seguenti del codice civile, che riguardino:
• Suolo aziendale e relative sistemazioni (entro il 10% dell’investimento totale ammissibile)
• Opere murarie e assimilate (nel limite del 40% dell’investimento totale ammissibile e solo se funzionali agli obiettivi ambientali)
• Impianti e attrezzature varie di nuova fabbricazione
• Programmi informatici, brevetti, licenze, know-how e conoscenze tecniche non brevettate

La misura ammette, inoltre, le spese per la formazione del personale. Nello specifico, sono ammesse:
• spese di esercizio relativi a formatori e partecipanti alla formazione connessi al progetto e costi servizi di consulenza
• Spese di personale

Le agevolazioni sono concesse, nella forma del contributo a fondo perduto, alle condizioni ed entro i limiti delle intensità massime di aiuto previste dal Regolamento GBER e dalla sezione 2.6: “Aiuti a favore della decarbonizzazione» del “Quadro temporaneo” (sopra specificato).

In particolare con riferimento agli investimenti relativi all’introduzione di misure tese al miglioramento dell’efficienza energetica, sono concesse agevolazioni, pari al 30% delle spese ammissibili, se tali spese sono state individuate confrontando i costi dell’investimento con quelli di uno scenario controfattuale in assenza dell’aiuto.

Sono previste maggiorazioni del 20% per le piccole imprese, del 10% per le medie imprese, del 15% per investimenti effettuati nelle zone a e del 5% per investimenti effettuati nelle zone c.
– Qualora le spese ammissibili siano state determinate considerando il 100 % dei costi totali di investimento, l’intensità e le relative maggiorazioni vengono ridotte del 50%.

– Qualora venga richiesta l’applicazione dalla sezione 2.6 del Temporary Framework, le agevolazioni sono concesse nella forma del contributo a fondo perduto e pari al 40% dei costi agevolabili se determinati come differenza tra i costi del progetto e i risparmi sui costi o le entrate supplementari, rispetto alla situazione in assenza degli aiuti, con meccanismo di Claw-back. Sono previste maggiorazioni del 20% per le piccole imprese, del 10% per le medie imprese e del 15% per investimenti in grado di ridurre il consumo energetico di almeno il 25%.

Qualora le spese ammissibili siano state determinate considerando il 100 % dei costi totali di investimento, l’intensità scende al 30%
Con riferimento agli investimenti relativi all’installazione di impianti da autoproduzione, sono concesse agevolazioni, pari:
– al 45% per gli investimenti nell’autoproduzione di energia da fonti energetiche rinnovabili. Sono previste maggiorazioni del 20% per le piccole imprese e del 10% per le medie imprese;
– al 30% per qualsiasi altro investimento. Sono previste maggiorazioni del 20% per le piccole imprese e del 10% per le medie imprese;

Con riferimento agli investimenti relativi all’introduzione di misure tese ad un uso efficiente delle risorse, sono concesse agevolazioni, pari:
– al 40% delle spese ammissibili. Sono previste maggiorazioni del 20% per le piccole imprese, del 10% per le medie imprese, del 15% per investimenti effettuati nelle zone a e del 5% per investimenti effettuati nelle zone c.
– Per quanto concerne gli investimenti relativi al cambiamento fondamentale del processo produttivo le agevolazioni sono concesse nella forma del contributo a fondo perduto ed il valore dell’intensità è disciplinata dalla carta degli aiuti a finalità regionale in funzione della dimensione aziendale delle imprese richiedenti ed della zona oggetto di investimento.

Le imprese possono presentare una singola domanda per unità produttiva, indipendentemente dalla pluralità di obiettivi ambientali perseguiti dal programma di investimento, in via telematica accedendo alla piattaforma predisposta da Invitalia.

Si prevede una procedura valutativa a graduatoria atta a determinare l’ordine di ammissione alle valutazioni istruttorie sulla base dei punteggi attribuiti ai singoli programmi di investimento.

Il punteggio attribuibile a ciascun programma di investimento è determinabile sulla base dei risultati ottenuti a seguito della realizzazione del programma di investimenti in diversi ambiti ambientali.

I risultati ottenuti a seguito della realizzazione degli investimenti, come individuati nella relazione tecnica economica, sono valorizzati mediante l’utilizzo di indicatori specifici in relazione a ciascuno dei diversi ambiti ambientali.

Laddove si presentino situazioni di parità di punteggio, sarà data preferenza alla domanda di agevolazione il cui contributo agevolativo risulti più contenuto. La graduatoria finale sarà resa disponibile nella sezione dedicata sul sito internet del Soggetto Gestore, pubblicata entro 30 giorni dal termine finale per la presentazione delle domande di agevolazione.

Modalità e termini per la presentazione delle domande di agevolazione – I termini e le modalità per la presentazione delle domande sono stati stabiliti con il decreto direttoriale del 30 agosto 2023.

Le imprese possono presentare la domanda esclusivamente on line attraverso la procedura informatica accessibile nell’apposita sezione “Fondo per il sostegno alla transizione industriale-” del sito web dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia (www.invitalia.it), a partire dalle ore 12:00 del 10 ottobre 2023 e fino alle ore 12.00 del giorno 12 dicembre 2023.

Le domande sono avviate alla fase di valutazione istruttoria secondo l’ordine conseguito in graduatoria. Le domande valutate positivamente saranno ammesse alle agevolazioni fino a concorrenza delle risorse disponibili.

Rottamazione – quater: esito istanza entro il 30/09/2023, primo pagamento entro il 31/10/2023

I contribuenti che, entro il 30 giugno 2023, hanno presentato l’istanza di adesione attraverso uno dei due canali on line messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (area riservata o area pubblica), ricevono l’esito della stessa entro il 30/09/2023.

In caso di accoglimento totale o parziale, la comunicazione contiene:
• la scadenza dei pagamenti in base alla scelta che è stata indicata in fase di presentazione della domanda di adesione (unica soluzione o a rate).
• i moduli di pagamento precompilati;
• le informazioni per richiedere l’eventuale domiciliazione dei pagamenti sul conto corrente.

Si ricorda che il termine di adesione è posticipato al 30/09/2023 per i contribuenti che alla data del 1° maggio 2023 avevano la residenza ovvero la sede legale o la sede operativa nei territori interessati dai gravi eventi alluvionali, indicati nell’allegato 1 del decreto Alluvione (DL n. 61/2023).

Esito istanza -Nella comunicazione contenente l’esito dell’istanza, si potrà visualizzare la seguente nomenclatura alla quale corrispondono altrettanti esiti:
• AT – Accoglimento totale della richiesta: i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata sono interamente “definibili” e quindi nella comunicazione è indicato l’importo da pagare a titolo di definizione agevolata.
• AP – Accoglimento parziale della richiesta: i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata sono in parte “definibili” e in parte “non definibili” e quindi nella comunicazione è indicato l’importo da pagare a titolo di definizione agevolata;
• AD – i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata sono interamente “definibili” e nessun importo risulta dovuto. Pertanto, nella comunicazione non è indicato alcun importo da pagare;
• AX – i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata sono in parte “definibili” e nessun importo risulta dovuto. Pertanto, nella comunicazione non è indicato l’importo dovuto a titolo di definizione agevolata. Sono invece presenti debiti in parte “non definibili” per i quali è indicato l’importo da pagare;
RI – Rigetto: i debiti contenuti nella domanda di adesione presentata non sono “definibili” e nella comunicazione è dunque indicato l’importo da pagare.

Modalità e termini di pagamento – In caso di accoglimento totale o parziale, la comunicazione contiene:
• la scadenza dei pagamenti in base alla scelta che è stata indicata in fase di presentazione della domanda di adesione (unica soluzione o a rate).
• i moduli di pagamento precompilati;
• le informazioni per richiedere l’eventuale domiciliazione dei pagamenti sul conto corrente.

Nell’istanza di adesione si poteva scegliere tra le seguenti modalità di versamento:
• unica soluzione, entro il 31/10/2023;
• numero massimo di 18 rate (quindi in 5 anni) consecutive, di cui:
– il pagamento della prima rata entro il 31/10/2023;
– la seconda con scadenza 30/11/2023 pari, ciascuna, al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di definizione agevolata
• le restanti 16 rate, di pari importo, ripartite nei successivi 4 anni, entro il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024.

Il pagamento rateizzato prevede l’applicazione degli interessi al tasso del 2% annuo, a decorrere dal 1° agosto 2023.

Per pagare sono disponibili i seguenti canali:
• sito istituzionale dell’Agenzia delle EntrateRiscossione;
• app EquiClick;
• domiciliazione sul conto corrente;
• moduli di pagamento utilizzabili nei circuiti di pagamento di sportelli bancari, uffici postali, home banking, ricevitorie e tabaccai, sportelli bancomat (ATM) che hanno aderito ai servizi CBILL, Postamat;
• sportelli di Agenzia delle EntrateRiscossione prenotando un appuntamento nei giorni dal lunedì al venerdì.

Superbonus al 110% «all’ultimo giro»

Per la quasi totalità dei contribuenti mancano poco più di tre mesi allo spirare del superbonus con aliquota del 110%.
Più precisamente, salvo future proroghe che potrebbero rientrare nella prossima legge di bilancio per il 2024 e che potrebbero riguardare i condomìni che devono ancora ultimare i lavori (il governo sta valutando al riguardo l’impatto di una eventuale proroga sul bilancio dello Stato e sul deficit 2024), mancano soltanto 111 giorni per sostenere le spese relative agli interventi agevolati.

Rimangono invece ferme sino alla fine del 2024 la quasi totalità delle altre detrazioni edilizie: la detrazione IRPEF prevista dall’art. 16-bis del TUIR per gli interventi volti al recupero edilizio con aliquota del 50% entro l’importo massimo di spesa pari a 96.000 euro per unità immobiliare (c.d. “bonus casa”), la detrazione IRPEF/IRES per gli interventi volti al risparmio energetico degli edifici (c.d. “ecobonus”) dal 50% al 75%, di cui all’art. 14 del DL 63/2013, la detrazione IRPEF/IRES c.d. “sismabonus” dal 50% sino all’85%, di cui all’art. 16 comma 1-bis ss. del DL 63/2013.
Rimarrà fino alla fine del 2025, inoltre, la detrazione IRPEF/IRES c.d. “bonus barriere 75%”, di cui all’art. 119-ter del DL 34/2020.

Tornando al superbonus, che dal 2024 nella stragrande maggioranza dei casi non sarà più super (in quanto nel 2024 e nel 2025 scenderà rispettivamente al 70% e al 65%) e che potrà essere meno conveniente rispetto alle altre agevolazioni fiscali che potrebbero spettare per l’esecuzione di determinati interventi edilizi, per quanto concerne le spese sostenute nel 2023, seppur l’aliquota della detrazione sia stata ridotta dal 110% al 90%, permangono ancora numerosi casi per i quali sino al 31 dicembre 2023 la detrazione rimane al 110% ove siano rispettate le condizioni stabilite dalla norma inerenti la data delle delibere condominiali e del deposito della CILAS (art. 119 comma 8-bis del DL 34/2020, art. 1 comma 894 della L. 197/2022 e art. 9 del DL 176/2022).

In seguito alle modifiche introdotte dall’art. 9 del DL 176/2022 (c.d. decreto “Aiuti-quater”) all’art. 119 del DL 34/2020, e delle disposizioni previste dall’art. 1 comma 894 della L. 197/2022, infatti, l’aliquota al 110% si può continuare ad applicare sulle spese sostenute fino al 31 dicembre 2023:
– per gli interventi effettuati dai condomini e dalle persone fisiche su parti comuni di edifici interamente posseduti fino a 4 unità, ma anche dalle persone fisiche per gli interventi sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso condominio o dello stesso edificio, oltre che dalle ONLUS, ODV e APS iscritte nei registri;
– per gli interventi effettuati dai soggetti di cui alle lett. c) e d) dell’art. 119 comma 9 del DL 34/2020 (IACP e cooperative edilizie), nonché dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso edificio, fermo restando che il superbonus si estende alle spese sostenute sino alla fine del 2023 soltanto se alla data del 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60% dell’intervento complessivo;
– con riguardo agli interventi effettuati da persone fisiche su edifici unifamiliari (“villette”) o anche su unità immobiliari “indipendenti e autonome” site in edifici plurifamiliari, che alla data del 30 settembre 2022 risultassero effettuati per almeno il 30% dell’intervento complessivo.

I sopraelencati soggetti, quindi, per poter fruire dell’aliquota del 110% dovranno sostenere le spese entro il 31 dicembre 2023. Nei casi in cui si intenda beneficiare della detrazione fiscale direttamente in dichiarazione dei redditi, infatti, non è obbligatorio realizzare i lavori corrispondenti a dette spese entro la medesima data, rimando fermo che affinché l’agevolazione competa è necessario che i lavori vengano (anche in un successivo momento) realizzati (cfr. risposta interpello Agenzia delle Entrate 31 gennaio 2022 n. 56).

Limitatamente al superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020, l’esercizio delle opzioni di cessione/sconto di cui all’art. 121 del DL 34/2020 è subordinato al duplice presupposto del sostenimento delle spese e dell’avvenuta esecuzione dei lavori corrispondenti a quelle spese (art. 121 comma 1-bis del DL 34/2020). In questi casi, quindi, entro il 31 dicembre 2023 non soltanto devono essere sostenute le spese, ma gli interventi corrispondenti devono anche essere realizzati.

Per un esiguo numero di soggetti, l’aliquota al 110% spetterà poi fino al 31 dicembre 2025:
– per gli interventi effettuati dai soggetti di cui alla lett. d-bis) dell’art. 119 comma 9 del DL 34/2020 (ONLUS, ODV e APS) che svolgono attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, i cui membri del CdA non percepiscano alcun compenso o indennità di carica, purché oggetto degli interventi siano immobili rientranti nelle categorie catastali B/1, B/2 o D/4 posseduti da tali soggetti in piena o nuda proprietà, oppure in usufrutto, oppure detenuti in comodato d’uso gratuito (comma 8-ter dell’art. 119 del DL 34/2020);
– per gli interventi nei Comuni colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza (primo periodo del comma 8-ter dell’art. 119 del DL 34/2020).

In arrivo un nuovo pro rata di detrazione IVA

Nell’ambito della legge delega di riforma fiscale, uno degli interventi di maggiore portata consiste nella revisione della disciplina relativa alla detrazione dell’IVA (art. 7 comma 1 lett. d) della L. 111/2023).

La volontà del legislatore è quella di rendere il diritto alla detrazione “maggiormente aderente all’effettivo utilizzo dei beni e dei servizi impiegati ai fini delle operazioni soggette all’imposta”.

Con l’intento di allinearsi alla disciplina unionale, potrebbe recepirsi a livello normativo il principio giurisprudenziale per cui il diritto alla detrazione dell’IVA può essere riconosciuto al soggetto passivo “anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce” (tra le ultime, Cass. n. 14975/2023; Corte di Giustizia Ue causa C-42/19Sonaecom; causa C-405/19Vos Aannemingen; causa C-528/19Hartstein; causa C-153/17Volkswagen).

Il principio riguarda, ad esempio, la possibilità di riconoscere il diritto alla detrazione per le holding “miste” che hanno acquistato beni e servizi finalizzati a operazioni imponibili, così come il riconoscimento del diritto alla detrazione qualora il soggetto passivo abbia acquistato beni e servizi destinati all’effettuazione di operazioni attive che non si sono potute realizzare per cause indipendenti dalla volontà di tale soggetto.

Sulla base dei criteri di effettività sin qui descritti, il legislatore intende anche rinnovare le modalità di esercizio del diritto alla detrazione per i soggetti passivi che pongono in essere, in via non esclusiva, operazioni esenti.

Una delle modifiche principali in tema di detrazione, ai sensi dell’art. 7 comma 1 lett. d) della L. 111/2023, consiste infatti nell’introdurre “la facoltà di applicare il pro rata di detraibilità ai soli beni e servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per le operazioni che danno diritto a detrazione sia per le operazioni che non danno luogo a tale diritto”.

Si tratta di un elemento innovativo rispetto all’attuale meccanismo del pro rata “generale” disciplinato dall’art. 19 comma 5 e dall’art. 19-bis del DPR 633/72, tale per cui – nel rapporto mediante il quale è determinata l’IVA detraibile – si tiene conto della totalità degli acquisti di beni e servizi effettuati, a prescindere dal loro impiego “a valle”.

La nuova metodologia di calcolo intende, invece, permettere ai soggetti passivi di limitare l’applicazione del pro rata ai soli beni e servizi a “uso promiscuo” (destinati, quindi, sia per porre in essere operazioni esenti sia operazioni che attribuiscono il diritto alla detrazione “a monte”).
Il criterio del pro rata c.d. “generale”, seppure non più obbligatorio, resterebbe comunque adottabile su base facoltativa da parte dei soggetti passivi che lo ritengano preferibile perché più favorevole (tale aspetto è specificato nella Relazione illustrativa al disegno di legge).

Di fatto, accanto all’attuale meccanismo di determinazione del “pro rata”, se ne affiancherebbe uno di tipo “analitico”, il cui approccio si articola in due fasi:
– dapprima, individuando gli acquisti di beni e servizi e le importazioni dedicati solo a operazioni esenti ovvero solo a operazioni che attribuiscono il diritto alla detrazione (es. operazioni imponibili) e, da ciò che al momento si comprende, esercitando di fatto il diritto alla detrazione secondo il criterio di diretta afferenza dei beni e dei servizi acquistati rispetto alle singole operazioni attive poste in essere (art. 19 comma 2 del DPR 633/72);
– in un secondo tempo, selezionando i beni e servizi e le importazioni che sono destinati a un utilizzo “promiscuo” ed applicando il criterio del pro rata al fine di esercitare il diritto alla detrazione.

Si osserva, peraltro, che, sul piano letterale, la legge delega – in merito al nuovo metodo di calcolo del “pro rata” – impiega il termine “operazioni” (“che danno diritto alla detrazione” versus ”che non danno tale diritto”), diversamente da quanto dispone attualmente l’art. 19 comma 5 del DPR 633/72, riferito alle “attività” (“che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione” versus “attività che danno luogo ad operazioni esenti”). Ragionevolmente la nuova formulazione dipende dal fatto che, a livello sistematico, il legislatore intende promuovere l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA in modo sempre più puntuale. Sarà il legislatore delegato a definire i criteri di frequenza di tali “operazioni”.

Rivista anche la disciplina dei rimborsi

Nell’ottica di rendere più efficace il diritto alla detrazione e agevolarne il relativo esercizio, nell’ambito della delega fiscale si evidenzia anche la revisione della disciplina dei rimborsi IVA (art. 18 comma 1 lett. i) della L. 111/2023). Il legislatore richiede, infatti, al Governo – mediante i decreti delegati – di “rivedere la disciplina dei rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto con finalità di razionalizzazione e semplificazione”.
A livello più generale, l’art. 18 della L. 111/2023, in materia di riscossione, contempla la necessità di “semplificare e accelerare le procedure relative ai rimborsi”.

Ravvedimento per l’omessa dichiarazione IMU entro il 28 settembre

Lo scorso 30 giugno è scaduto il termine per presentare, ove previsto, le dichiarazioni IMU “ordinarie” di cui all’art. 1 comma 769 della L. 160/2019 relative agli anni 2021 e 2022. Nel medesimo termine, inoltre, gli enti non commerciali possessori di almeno un immobile esente ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019 dovevano presentare le dichiarazioni IMU ENC sia per il 2021 che per il 2022, indipendentemente dal verificarsi di variazioni che abbiano influito sulla determinazione dell’imposta dovuta per tali anni.

Il contribuente che, pur essendovi tenuto, ha omesso di trasmettere entro il citato termine la dichiarazione IMU o IMU ENC per gli anni 2021 o 2022, può assolvere l’adempimento presentando la dichiarazione entro il 28 settembre 2023 avvalendosi del ravvedimento operoso (applicabile anche per l’IMU ex art. 16 del DLgs. 473/97), in forza del quale la dichiarazione omessa può essere presentata entro 90 giorni dal termine ordinario previsto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97 (fermo restando, per i tributi locali, l’impossibilità di ravvedersi in caso di avvio di un controllo fiscale).

Una volta decorsi 90 giorni da detto termine, non pare più possibile avvalersi del ravvedimento, salvo previsioni specifiche nel regolamento comunale (cfr. circ. Min. Economia e finanze 29 aprile 2013 n. 1). 
Peraltro, secondo la posizione accolta dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 17 giugno 2021 n. 17298), configura un’ipotesi di omessa dichiarazione anche la mancata indicazione di un singolo immobile nella dichiarazione IMU comunque presentata: pure in tale ipotesi vale dunque il termine per ravvedersi del 28 settembre

Per perfezionare il ravvedimento operoso è necessario, entro il predetto termine, non solo presentare la dichiarazione IMU non trasmessa, ma versare altresì la sanzione minima prevista per l’omessa dichiarazione ridotta a un decimo del minimo, unitamente all’eventuale imposta dovuta e ai correlati interessi.

In caso di omessa presentazione della dichiarazione IMU, l’art. 1 comma 775 della L. 160/2019 prevede l’irrogazione di una sanzione che va dal 100% al 200% dell’imposta non versata, con un minimo di 50 euro. Inoltre, anche per l’IMU si applica l’art. 7 comma 4-bis del DLgs. 472/97: dunque, se la dichiarazione è presentata entro 30 giorni dal termine, la sanzione è ridotta della metà, ossia va dal 50% al 100% dell’imposta non versata, con un minimo di 25 euro.

In concreto, se il soggetto passivo, pur avendo omesso la dichiarazione, ha provveduto al versamento dell’IMU, la sanzione ex art. 1 comma 775 della L. 160/2019 è applicata nel minimo (50 euro). Ai fini del ravvedimento deve pertanto essere versata una sanzione pari a 5 euro (1/10 di 50 euro), ridotta a 3 euro (arrotondamento di 2,50 euro ex art. 1 comma 166 della L. 296/2006) se la dichiarazione è trasmessa entro 30 giorni dal termine ordinario. 

Se, invece, oltre alla mancata presentazione della dichiarazione IMU, non è stata versata l’imposta dovuta, la sanzione per il ravvedimento è pari al 10% (1/10 del 100%) dell’IMU non versata; se la dichiarazione è presentata entro 30 giorni dal termine, la sanzione è pari al 5% dell’IMU non versata. Per perfezionare il ravvedimento è necessario, in questo caso, versare anche l’IMU dovuta e i relativi interessi (calcolati al tasso legale), operando l’arrotondamento all’unità di euro ex art. 1 comma 166 della L. 296/2006). 

Sanzione parametrata all’IMU non versata

Non paiono invece pertinenti, in materia di IMU, le precisazioni rese per il ravvedimento dell’omessa dichiarazione dall’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 42/2016: tali indicazioni sono difformi dal dato normativo dell’art. 1 comma 775 della L. 160/2019 (che parametra la sanzione sull’importo dell’IMU “non versata”, fatto salvo l’ammontare minimo di 50 euro). 

Si precisa da ultimo che, se non sono state presentate sia la dichiarazione IMU ENC per il 2021, sia quella per il 2022, occorre ravvedere entrambe le dichiarazioni: l’obbligo di presentare la dichiarazione IMU ENC vige infatti per ogni anno
Per la dichiarazione IMU “ordinaria”, pare invece debba ravvedersi solo l’omessa dichiarazione per il 2021, e non quella (anch’essa omessa) per il 2022, se in quest’ultimo anno non si sono verificate circostanze tali da comportare una variazione dell’IMU dovuta (e dunque il sorgere di un autonomo obbligo dichiarativo). Infatti, anche se trasmessa oltre i termini ordinari, la dichiarazione IMU per il 2021 si ritiene validamente presentata avvalendosi del ravvedimento: detta dichiarazione pare pertanto possa considerarsi idonea a produrre effetti anche per gli anni successivi, ai sensi dell’art. 1 comma 769 della L. 160/2019. In ogni caso, è opportuno verificare le indicazioni sul punto dell’ente impositore.