Tax credit del 30% per commissioni su pagamenti elettronici 2023

Per le commissioni sui pagamenti elettronici 2023 è possibile fruire del credito d’imposta del 30% disciplinato dall’art. 22 del DL 124/2019.

Il citato art. 22 prevede il riconoscimento – a regime, non essendo previsto alcun termine ultimo – di un credito d’imposta agli esercenti per le commissioni addebitate in relazione ai pagamenti elettronici ricevuti da privati.
In particolare, possono beneficiare di tale agevolazione gli esercenti attività di impresa, arte o professioni che nell’anno d’imposta precedente (vale a dire nel 2022, ai fini in esame) abbiano avuto ricavi e compensi non superiori a 400.000 euro.
Il credito d’imposta è pari a 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante:
– carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7 sesto comma del DPR n. 605/73;
– altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.

L’agevolazione è prevista per le commissioni dovute in relazione a cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nei confronti di consumatori finali dal 1° luglio 2020 ed è riconosciuta nel rispetto della disciplina europea relativa agli aiuti “de minimis”.

Quanto alla modalità di fruizione, il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite F24, ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97, a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa (art. 22 comma 4 del DL 124/2019).
A tal fine, il modello F24 deve essere presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate, pena lo scarto dell’operazione di versamento, utilizzando il codice tributo “6916” (cfr. ris. Agenzia delle Entrate n. 48/2020).
Il beneficio dovrà essere inoltre indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione del credito (quadro RU, codice credito “H3”) e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo. 

Il credito d’imposta, per espressa disposizione normativa, non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e non rileva ai fini del rapporto di cui agli artt. 61 e 109 comma 5 del TUIR.

Il comma 5 dell’art. 22 del DL 124/2019 prevede l’obbligo per gli operatori che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento di cui ai commi 1 e 1-bis di trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate le informazioni necessarie a controllare la spettanza del credito d’imposta (cfr. anche provv. Agenzia delle Entrate 29 aprile 2020 n. 181301).
Pertanto, come evidenziato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella pagina dedicata all’agevolazione in esame sul proprio sito, i soggetti destinatari dell’obbligo di comunicazione sono i prestatori di servizi di pagamento che mettono a disposizione degli esercenti i sistemi di pagamento elettronici atti a consentire l’accettazione delle transazioni.
Tali operatori devono inoltre trasmettere mensilmente e telematicamente agli esercenti, tramite PEC o mediante pubblicazione nell’on line banking dell’esercente, l’elenco delle transazioni effettuate e le informazioni relative alle commissioni corrisposte (provv. Banca d’Italia 21 aprile 2020).

INAPPLICABILITÀ DEL CREDITO NELLA MISURA DEL 100%

Si ricorda che, a norma del comma 1-ter dell’art. 22 del DL 124/2019, soltanto per le commissioni maturate nel periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022 il credito d’imposta è stato incrementato al 100% delle commissioni, in caso di adozione, da parte degli esercenti, di strumenti di pagamento elettronico, nel rispetto delle caratteristiche tecniche stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, collegati agli strumenti di cui all’art. 2 comma 3 del DLgs. 127/2015, ovvero strumenti di pagamento evoluto di cui al comma 5-bis del medesimo articolo.
Tale disposizione non è stata tuttavia oggetto di alcuna proroga, non risultando quindi più applicabile per le commissioni maturate a partire dal 1° luglio 2022.
Di conseguenza, il credito d’imposta nella misura del 100% non riguarda in alcun modo le commissioni 2023.

Sulla tematica, si segnala inoltre che, con il DM 3 marzo 2023, in attuazione dell’art. 1 comma 386 della L. 197/2022, è stato istituito presso il MEF un tavolo tecnico con l’obiettivo di mitigare le spese fino a 30 euro a carico degli esercenti di attività di impresa, arti o professioni con ricavi e compensi relativi all’anno precedente non superiori a 400.000 euro (comunicato stampa MEF 4 marzo 2023).

Obbligo di superbonus per interventi antisismici al posto del sismabonus «ordinario»

Fra i molteplici chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con riguardo alle detrazioni spettanti in relazione all’esecuzione di interventi volti alla riduzione del rischio sismico, ce n’è uno particolarmente importante secondo cui non sarebbe possibile per il beneficiario, in presenza di tutti i requisiti richiesti dalle singole discipline, scegliere di fruire del c.d. “sismabonus”, di cui all’art. 16 del DL 63/2013, in luogo del superbonus, di cui all’art. 119 del DL 34/2020.

Nella circ. Agenzia delle Entrate 25 luglio 2022 n. 28 (p. 54), infatti, viene affermato che “per spese sostenute dal 1° luglio 2020 per gli interventi di riduzione del rischio sismico effettuati dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, su edifici residenziali, o su edifici non residenziali che al termine dei lavori diventino a destinazione residenziale, sia applica la disciplina del Superbonus non sussistendo la possibilità per il contribuente di scegliere quale agevolazione applicare”. E ancora l’Amministrazione finanziaria precisa che “In sostanza, per i soggetti destinatari del Superbonus che effettuano interventi antisismici su immobili ammessi a tale agevolazione l’aliquota di detrazione è elevata al 110 per cento senza la possibilità di applicare le aliquote di detrazione indicate nel citato art. 16 del d.l n. 63 del 2013”.

Rimane fermo che il sismabonus “ordinario” possa essere applicato in tutti gli altri casi esclusi dal superbonus (nello stesso senso la circ. Agenzia delle Entrate 23 giugno 2022 n. 23, § 3.3 e la risposta a interpello Agenzia delle Entrate 16 giugno 2021 n. 410).

In sostanza, secondo l’interpretazione data dall’Amministrazione finanziaria, se le spese per gli interventi antisismici sono sostenute nel lasso temporale di vigenza del superbonus dai soggetti elencati nel comma 9 dell’art. 119 del DL 34/2020 e riguardano interventi realizzati su immobili ammessi a tale agevolazione, è obbligatorio fruire del superbonus (con aliquote del 110%, 90%, 70% o 65%), ferma restando ovviamente l’osservanza di tutti gli adempimenti richiesti relativamente a esso, senza possibilità di poter scegliere di applicare le aliquote di detrazione del sismabonus previste dai commi da 1-bis a 1-septies dell’art. 16 del DL 63/2023.

Così, ad esempio, per un intervento di riduzione del rischio sismico effettuato sulle parti comuni di un edificio condominiale a prevalente destinazione residenziale, sarebbe obbligatorio beneficiare del superbonus (con aliquote del 110% o 90% con riguardo alle spese sostenute nel 2023), anziché del sismabonus “ordinario” (con aliquote che possono variare dal 50%, 75% e fino all’85% a seconda della riduzione delle classi di rischio sismico).

Viene da chiedersi se detto chiarimento debba valere anche con riguardo alle spese sostenute nel 2024 e nel 2025, visto e considerato che potrebbe essere più conveniente, per il beneficiario della detrazione fiscale, beneficiare del sismabonus “ordinario”, anziché del superbonus.
In assenza di un chiarimento espresso in tal senso da parte dell’Amministrazione finanziaria, infatti, verrebbero “paradossalmente” agevolati quei soggetti che sono esclusi dall’elenco dei potenziali beneficiari del superbonus che effettuano gli interventi su immobili diversi da quelli a destinazione residenziale, ma a destinazione produttiva.

Assegno di inclusione con avvio di attività d’impresa o di lavoro autonomo

L’assegno di inclusione e il supporto per la formazione e il lavoro saranno compatibili, entro il limite massimo annuo di 3.000 euro lordi, con l’avvio, da parte di uno o più componenti della famiglia, di un’attività di lavoro dipendente, dell’attività di impresa o di lavoro autonomo, nonché con la partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro indennizzati.
Lo prevedono gli artt. 3 commi da 5 a 7 e l’art. 12 comma 10 del DL 48/2023 che, in vista dell’abrogazione del reddito di cittadinanza a partire dal prossimo anno, introducono nuovi strumenti di sostegno alla povertà e di politica attiva.

Per le famiglie aventi diritto (con almeno un componente disabile, minorenne o con almeno 60 anni, al ricorrere di specifici requisiti), l’assegno di inclusione integrerà il reddito familiare fino alla soglia di 6.000 euro annui (elevata a 7.560 per alcuni nuclei familiari) da moltiplicare per il corrispondente parametro della scala di equivalenza; fermo restando che le istruzioni relative al calcolo verranno fornite dall’INPS con un’apposita circolare, l’assegno spettante, ad esempio, a un nucleo composto da un adulto e un minore, con un reddito familiare pari a zero e un parametro della scala di equivalenza pari a 1,15, dovrebbe ammontare a 575 euro.

Il supporto per la formazione e il lavoro previsto per i soggetti occupabili comporta invece l’erogazione da parte dell’INPS di un importo pari a 350 euro a titolo di indennità di partecipazione ai programmi formativi e ai progetti utili alla collettività, per tutta la loro durata e, comunque, per un periodo massimo di 12 mesi.

Gli importi delle prestazioni in esame non saranno però intaccati, entro il limite di 3.000 euro annui lordi, dall’avvio di attività di lavoro dipendente, di impresa o di lavoro autonomo, nonché dalla partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro indennizzati.
Infatti, a fronte dell’avvio di un’attività di lavoro dipendente, il maggior reddito di lavoro percepito non concorrerà alla determinazione del beneficio entro il limite massimo di 3.000 euro e all’INPS si dovranno comunicare solo i redditi oltre tale limite, con riferimento alla soglia eccedente. L’avvio dell’attività verrà desunta dalle comunicazioni obbligatorie, fermo restando che il reddito derivante dovrà essere comunque comunicato dal lavoratore all’INPS entro 30 giorni dall’avvio della medesima, pena la sospensione del beneficio o la decadenza dallo stesso dopo 3 mesi di inadempienza.

L’avvio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo, svolta sia in forma individuale che di partecipazione, da parte di uno o più componenti il nucleo familiare deve essere comunicato all’INPS entro il giorno prima dell’inizio della stessa, pena la decadenza dal beneficio. Il reddito, individuato secondo il principio di cassa, dovrà essere comunicato entro il 15° giorno successivo al termine di ciascun trimestre dell’anno e sarà possibile continuare a percepire il beneficio senza variazioni per le 2 mensilità successive a quella della variazione della condizione occupazionale. Anche in questo caso, il reddito concorrerà per la parte eccedente 3.000 euro lordi annui.

Inoltre, ai beneficiari dell’assegno di inclusione che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi 12 mesi di fruizione del beneficio, l’art. 10 comma 6 del DL 48/2023 riconosce, in un’unica soluzione, un beneficio addizionale pari a 6 mensilità dell’assegno, nei limiti di 500 euro mensili (le cui modalità di richiesta e di erogazione saranno stabilite con apposito decreto del Ministro del Lavoro, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze e il Ministro delle Imprese e del made in Italy). Tale beneficio dovrebbe spettare anche in favore dei beneficiari del supporto per la formazione e il lavoro (in base alla previsione contenuta nel comma 10 dell’art. 12).

In assenza di un’espressa previsione contraria, il beneficio addizionale di 6 mensilità sembrerebbe poi compatibile anche con la possibilità data al beneficiario di fruire, senza variazioni, dell’assegno di inclusione per le due mensilità successive a quella di variazione della condizione occupazionale.
Tale possibilità non era invece prevista per i beneficiari del reddito di cittadinanza che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale. L’art. 3 comma 9 del DL 4/2019 prevede espressamente la non compatibilità tra l’incentivo ex art. 8 comma 4 del DL 4/2019 (6 mensilità del Rdc in caso di avvio attività entro i primi 12 mesi di fruizione del beneficio) e la possibilità di fruire, senza variazioni, del Rdc per le due mensilità successive a quella di variazione della condizione occupazionale.

La medesima compatibilità è infine prevista in caso di partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro che prevedano indennità o benefici di partecipazione comunque denominati o l’accettazione di offerte di lavoro anche di durata inferiore a un mese.

PARCHI AGRISOLARI – CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO FINO ALL’80%

ll “Parco Agrisolare” è un investimento rientrante nel PNRR rivolto al settore agricolo e agroindustriale, nel progetto “Agricoltura Sostenibile ed Economia Circolare”, finanziato con 1.500 milioni di euro per interventi da realizzare tra il 2022 e il 2026, a valere sui fondi del PNRR.

In tale ambito, il Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf), ha recentemente introdotto un’agevolazione, nella forma di contributo a fondo perduto, per sostenere la realizzazione di impianti fotovoltaici.

L’investimento può essere realizzato anche in modo congiunto (tra più imprese agricole e/o agroindustriali).

BENEFICIARI

Sono ammessi al contributo:
▪ gli “imprenditori agricoli”, in forma individuale o societaria
▪ le imprese agroindustriali, in possesso di codice ATECO che sarà reso noto in un Avviso di prossima pubblicazione da parte del Masaf
▪ le cooperative agricole (in via indipendentemente dai propri associati) che svolgono attività di cui all’art. 2135 c.c. o loro consorzi di cui all’art. 1, co. 2, DLgs. n. 228/2001;
▪ soggetti di cui ai punti precedenti costituiti in forma aggregata quali, a titolo esemplificativo: associazioni temporanee di imprese (A.T.I.), raggruppamenti temporanei di impresa (R.T.I), reti d’impresa, comunità energetiche rinnovabili (CER).

Soggetti esclusi: non sono ammessi gli imprenditori agricoli “esonerati” (soggetti con volume di affari nell’anno precedente alla richiesta inferiore ad €. 7.000).

Ulteriori esclusioni: i soggetti richiedenti, alla data di presentazione della domanda, devono:
– essere regolarmente costituiti ed iscritti come attivi nel Registro delle imprese
– essere in condizioni di regolarità contributiva, attestata dal DURC
– non essere sottoposti a procedura concorsuale (ad eccezione del concordato preventivo con continuità aziendale)
– non essere soggetti a misure che vietano di contrarre con la pubblica amministrazione;
– non avere amministratori/rappresentanti condannati per false attestazioni

INVESTIMENTI AGEVOLATI

Sono ammissibili al contributo le spese:
– per l’acquisto e la relativa posa in opera di pannelli fotovoltaici
– sulle coperture di fabbricati strumentali all’attività dei soggetti beneficiari.
N.B.: non è ammessa l’installazione sulla copertura dell’abitazione dell’imprenditore o dei propri
dipendenti.

In particolare, gli impianti dovranno essere:
▪ di nuova costruzione
▪ installati unicamente sulle coperture di fabbricati e serre esistenti
Nota: sono comprese anche le superfici coperte, destinate alla ricezione (es: ospitalità nell’ambito
dell’attività agrituristica).
▪ destinati principalmente all’autoconsumo dell’azienda agricola.
Autoconsumo: obiettivo dell’agevolazione è soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda; pertanto:
– la capacità produttiva annua dell’impianto non deve superare il “consumo medio annuo combinato
di energia termica ed elettrica dell’azienda agricola (incluso quello familiare)
– se è rispettato il limite del citato autoconsumo, è ammessa la cessione di energia elettrica alla rete.

Ulteriori costi ammessi: le imprese possono eseguire interventi di riqualificazione per migliorare l’efficienza energetica delle strutture, tra cui:
✓ la rimozione dell’amianto dai tetti
✓ l’isolamento del tetto o la realizzazione di un sistema di aerazione connesso alla sua sostituzione (cd. “tetto ventilato”).

Requisito: gli interventi
– non potranno comportare un peggioramento delle condizioni ambientali e delle risorse naturali
– dovranno essere conformi alle norme nazionali ed UE in materia di tutela ambientale (ivi incluso il principio “non arrecare un danno significativo”, di cui all’art. 17, Reg. (UE) 2020/852).
Non sono in ogni caso ammissibili gli interventi che prevedano attività su strutture e manufatti connessi:
– ai combustibili fossili, compreso l’uso a valle;
– alle attività nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) che generano emissioni di gas a effetto serra previste non inferiori ai pertinenti parametri di riferimento;
– alle attività connesse alle discariche di rifiuti, ad inceneritori e ad impianti di trattamento meccanico biologico
– alle attività nel cui ambito lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno all’ambiente.

Termine degli investimenti: in relazione alla realizzazione degli interventi, questi:
– devono essere realizzati entro il termine di 18 mesi
– il collaudo e la rendicontazione della spesa va effettuata entro il 30/06/2026.

LE SPESE AMMISSIBILI

Le spese sostenute sono ammesse nei seguenti limiti percentuali ed assoluti:
fino a un massimo di 1.500 euro/kWp per l’installazione dei pannelli fotovoltaici
▪ fino a ulteriori 1.000 euro/kWh ove siano installati anche sistemi di accumulo: acquisto e posa di moduli fotovoltaici, inverter, software di gestione, ulteriori componenti di impianto, sistemi di accumulo, fornitura e messa in opera dei materiali necessari agli interventi, costi di connessione alla rete.

Limite assoluto di spesa: la spesa massima ammissibile per i soli sistemi di accumulo:
✓ è pari a €. 100.000
✓ incrementato di ulteriori €. 30.000 in caso di installazione di dispositivi di ricarica elettrica per:
– la mobilità sostenibile
– e le macchine agricole,
Nota: sono ammesse le spese di progettazione, asseverazioni ed altre spese professionali richieste dal tipo di lavori, comprese quelle relative all’elaborazione/presentazione dell’istanza, direzione lavori e collaudi, se prestate da soggetti esterni all’impresa.

LE PERCENTUALI DI CONTRIBUZIONE

L’agevolazione per gli investimenti in beni materiali/immateriali:
▪ connessi alla produzione agricola primaria nelle aziende agricole
▪ nel settore della trasformazione di prodotti agricoli (in altri prodotti agricoli)
opera secondo le seguenti percentuali:

In relazione agli investimenti nei settori:
– della produzione agricola primaria eccedenti il limite di autoconsumo
– e della trasformazione di prodotti agricoli in non agricoli (in esenzione ex Reg. UE n. 651/2014) l’aliquota è ridotta al 30%; è, tuttavia, prevista la possibilità di incremento se sono rispettati determinati criteri (essere Pmi, aver effettuato investimenti nelle zone assistite, ecc.).

CUMULABILITA’ DELLE AGEVOLAZIONI

Gli aiuti possono essere cumulati, in relazione agli stessi costi ammissibili:
✓ con altri aiuti di Stato e aiuti de minimis
✓ purché detto cumulo non porti al superamento dell’intensità di aiuto stabilita per ciascuna tipologia di investimento.

LE PROCEDURE

I contribuenti sono tenuti a presentare la domande di accesso all’agevolazione, nella quale è contenuto un “progetto” di investimento, che sarà vagliato dal GSE (soggetto attuatore), sulla scorta di determinati parametri da individuare.

Attuazione: la concreta attuazione dell’agevolazione sarà disciplinata da Provvedimenti successivi, che dovranno individuare, oltra a quanto disposto dal citato Decreto 19/04/2023:
– le spese ammissibili e la forma/intensità delle agevolazioni
– le modalità concrete per assicurare il rispetto del principio “non arrecare danno significativo”
– i termini e le modalità per la presentazione delle domande, nonché i criteri di valutazione.

Esclusi dagli ISA i soggetti che hanno aperto la partita IVA dal 2021

Come rilevato nel resoconto della Commissione degli esperti per gli ISA del 6 aprile 2023, l’applicazione degli indici per il periodo d’imposta 2022 risulta influenzata dagli effetti di natura straordinaria della crisi economica e dei mercati conseguente al perdurare dell’emergenza sanitaria, alle tensioni geopolitiche, all’aumento del prezzo dell’energia, degli alimentari e delle materie prime e all’andamento dei tassi di interesse.

Per farvi fronte, in attuazione dell’art. 148 comma 1 del DL 34/2020, è stato emanato il decreto del Ministero dell’Economia del 28 aprile 2023 che approva per il periodo d’imposta 2022 ulteriori cause di esclusione dagli ISA e i correttivi congiunturali.

Il decreto è in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma anticipato sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Per quanto concerne le cause di esclusione, per il 2022 è prevista l’esclusione dagli ISA per i soggetti che hanno aperto la partita IVA a partire dal 1° gennaio 2021. L’anno scorso invece le cause di esclusione “di tipo emergenziale” erano tre.
I contribuenti esclusi dall’applicazione degli ISA sulla base di tale nuova causa di esclusione sono comunque tenuti alla comunicazione dei dati economici, contabili e strutturali previsti all’interno dei relativi modelli ISA. Nei confronti di tali contribuenti, inoltre, coerentemente con quanto già precisato per coloro per i quali sussiste una causa di esclusione dall’applicazione degli ISA, è preclusa la possibilità di accedere ai benefici previsti dal regime premiale.

Le istruzioni ai modelli ISA risultano già integrate con la nuova causa di esclusione, mentre i modelli REDDITI 2023 devono ancora essere aggiornati sul punto.
In presenza di una causa di esclusione dagli ISA, non è possibile dichiarare ulteriori componenti positivi in dichiarazione per migliorare il giudizio di affidabilità in quanto si presume che il contribuente operi in un contesto economico o in condizioni significativamente diverse da quelle prese a riferimento per la costruzione degli indici.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate (circ. n. 6/2021, § 3.2, e n. 18/2022, § 3.2), i contribuenti esclusi dagli ISA, ma tenuti alla presentazione del relativo modello, possono omettere l’acquisizione dei dati resi disponibili nel Cassetto fiscale limitandosi alla sola compilazione del modello. In particolare tali contribuenti devono:
– dichiarare nel quadro RE/RF/RG del modello REDDITI la specifica causa di esclusione;
– compilare il modello ISA prescindendo dall’importazione delle variabili “precalcolate”, senza effettuare il calcolo del punteggio di affidabilità;
– allegare il modello ISA al modello REDDITI.

Per quanto concerne i correttivi congiunturali, la loro operatività nell’ambito del software ISA incide sul punteggio di affidabilità complessivo andando gli stessi a intervenire tanto sugli indicatori elementari di affidabilità tanto su quelli di anomalia. Al riguardo, sul sito dell’Agenzia si avvisa che il programma “Il tuo ISA 2023” (versione 1.0.0) del 28 aprile scorso tiene conto degli interventi correttivi introdotti dal DM in commento.

correttivi sono operativi sui 175 ISA approvati e sono riconducibili a due tipologie:
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità, quali ricavi e compensi per addetto, valore aggiunto per addetto e reddito per addetto, definiti tramite stime di specifici elementi (input della produzione, ciclo economico, modelli organizzativi, economie di scala);
– modifica degli indicatori elementari di affidabilità (durata e decumulo delle scorte) e di anomalia definiti da soglie economiche di riferimento.

In relazione al giudizio di affidabilità fiscale ottenuto a seguito dell’applicazione degli ISA, anche per effetto della dichiarazione di ulteriori componenti positivi di reddito, sono state definite le condizioni per l’accesso ai benefici del regime premiale ai fini ISA. Il provv. Agenzia delle Entrate n. 140005/2023 ha al riguardo confermato il meccanismo basato non solo sul risultato di affidabilità relativo al 2022, ma anche sulla media del risultato di tale anno e quello dell’anno precedente. Risultano confermati anche i punteggi che danno accesso ai benefici.

Bando gestione delle risorse idriche: presentazione istanze nuovi partner industriali

Nella GU del 02/05/2023 è stato pubblicato il comunicato del Ministero delle imprese e del made in Italy riguardante la presentazione delle domande di agevolazione per la realizzazione di attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale di cui al bando transnazionale congiunto 2022 «Gestione delle risorse idriche: resilienza, adattamento e mitigazione agli eventi idroclimatici estremi e strumenti di gestione», nell’ambito del partenariato europeo Water4All – PNRR.
Con provvedimento del direttore generale per le tecnologie delle comunicazioni e la sicurezza informatica e del direttore generale per gli incentivi alle imprese n. 82051 del 24 aprile 2023 è stata modificata la modalità di ampliamento dei consorzi proponenti – widening di cui all’art. 2, comma 1, del decreto direttoriale n. 60724 del 24 marzo 2023, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – n. 78 del 1° aprile 2023.

Conseguentemente la partecipazione dei nuovi partner industriali italiani al consorzio di progetto è completata mediante apposita comunicazione di adesione al consorzio già costituito, da trasmettersi contestualmente alla presentazione del progetto definitivo (full proposal) e della relativa documentazione richiesta, entro e non oltre il 27 aprile 2023, ore 15,00.

Foreste: al via domande per agevolazioni a sostegno dei Contratti di filiera

È stato pubblicato sul sito del Masaf il bando che disciplina i criteri, le modalità e le procedure per la presentazione delle domande di accesso e le agevolazioni per la creazione dei Contratti di Filiera nel settore forestale nell’ambito del PNRR- Fondo complementare. Il fondo è da dieci milioni di euro, l’obiettivo è quello di favorire i processi di riorganizzazione dei rapporti tra i differenti soggetti della filiera, potenziare le relazioni lungo le catene di produzione, trasformazione e commercializzazione, attraverso l’aggregazione dei produttori, e garantire ricadute positive sulla produzione forestale.

“Con i Contratti di filiera per il settore forestale apportiamo nuova linfa all’economia e alle aree interne della nostra Nazione, nel rispetto della tutela e della conservazione della biodiversità e del paesaggio. Le foreste rappresentano un valore inestimabile del nostro territorio ed elemento strategico delle politiche di sviluppo dell’Italia”, cosi il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.

Il bando si rivolge ai silvicoltori privati, i Comuni e i Consorzi collegati, le piccole e medie imprese associate per l’utilizzo in filiera di tutte le produzioni dei boschi italiani, nel segno della sostenibilità e dell’interregionalità.
Una misura innovativa e sperimentale per il comparto. Uno strumento che potrà agevolare la creazione di reti di impresa interregionali, riconosciute dall’ordinamento solo dal 2021, e sostenerne l’aggiornamento, la modernizzazione e la valorizzazione del settore forestale in coerenza con la Strategia Forestale Nazionale.
Le domande di sostegno per accedere alle agevolazioni potranno essere presentate dalle ore 10.00 del 1 giugno 2023 fino alle ore 10.00 del 15 giugno 2023, secondo la modulistica allegata al bando.

Illegittimo l’accertamento sui compensi del professionista: la tassazione segue il principio di cassa

La tassazione del compenso del professionista segue il principio di cassa: di conseguenza per la determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini Irpef, conta l’anno di effettiva riscossione e non a quello di emissione della fattura. Lo stesso vale per l’Iva sulle prestazioni di servizi.

Lo ha ricordato la Cassazione con la sentenza 11339 del 2 maggio 2023 con cui ha accolto il ricorso di un geometra.
La vicenda riguardava l’impugnazione di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate recuperava maggiore Irpef, Irap e Iva in relazione alla fatturazione delle prestazioni professioni effettuate dal geometra. In particolare per l’ufficio, il contribuente non aveva emesso le fatture per tutte le prestazioni effettuate nell’anno d’imposta accertato, o comunque queste erano state sottofatturate rispetto ai valori medi di tariffa professionale.

Tuttavia, ai fini Irpef e Irap, ed anche Iva, i compensi contestati erano stati regolarmente fatturati all’atto del pagamento. Dunque, l’incasso dei compensi inerenti ai contestati incarichi – quand’anche solo in parte – era effettivamente avvenuto in un anno diverso da quello accertato.

In materia d’imposte sui redditi, i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza.
Di conseguenza, l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini Irpef con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione. Quanto all’Iva, poi, le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo (cfr. Cass. 24996/2022 e 20190/2022).

Del resto le regole sull’imputazione temporale dei componenti positivi o negativi, dettate dal d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono inderogabili, non essendo consentito al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza (cfr. Cass. 23521/2020 e 16349/2014).

Credito di imposta ZES. Requisito della ”novità” per i beni immobili

Con la risposta a interpello n. 310 del 03/05/2023, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il credito d’imposta ZES, disciplinato dal combinato disposto dell’art. 1 commi 98-108 della L. 208/2015 e dell’art. 5 del DL 91/2017, si applica agli immobili “nuovi”.
Il comma 98 dell’art. 1 della L. 208/2015 prevede espressamente che il credito di imposta riguardi gli investimenti in beni strumentali “nuovi”. Conseguentemente, l’agevolazione non spetta per gli investimenti in beni a qualunque titolo già utilizzati (CM 34/2016).

Di conseguenza, secondo l’Agenzia, il requisito della novità in parola, in quanto compatibile con le previsioni del credito d’imposta ZES e dei suoi ulteriori requisiti, deve caratterizzare anche gli immobili strumentali acquisiti o realizzati per beneficiare del predetto credito d’imposta ZES.

In riferimento al caso di specie, l’acquisto del compendio immobiliare non è quindi agevolabile in quanto riferito a un compendio carente del requisito della novità.

L’Agenzia delle Entrate rileva inoltre che:
• in caso di ampliamento di beni immobili non dotati del requisito della novità, il beneficio fiscale spetta limitatamente alle spese sostenute per detto ampliamento;
• in caso invece di interventi di ampliamento su beni immobili (di per sé) dotati del requisito della novità, il beneficio in questione spetta, oltre che in relazione alle spese di acquisizione dell’immobile nuovo, anche su quelle sostenute per il suo ampliamento.

No al regime forfettario con pensione di vecchiaia eccedente i 30.000 euro, ancorché questa sia esente da imposte in Italia

Con la risposta a interpello 311 del 03/05/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito nuovi chiarimenti l’applicazione del regime forfetario di cui alla L. 190/2014.

Si premette che l’art. 1 c.57 lett. d-ter) della L. 190/2014 dispone che l’applicazione del regime forfetario è condizionata al fatto che, nell’anno precedente, siano percepiti redditi di lavoro dipendente e a questi assimilati, di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR, non eccedenti l’importo di 30.000 euro.
Sul rispetto del suddetto requisito, con la 10/2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:
• considerata che la verifica della soglia di 30.000 euro non debba essere effettuata se il rapporto di lavoro è cessato:
– rilevano esclusivamente le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario; pertanto, se la cessazione del rapporto avviene, ad esempio, a maggio 2023, la stessa non sarebbe idonea a evitare di considerare la soglia dei 30.000 euro sul 2022, ai fini dell’applicabilità del regime per una nuova attività avviata a giugno dello stesso anno 2023.
– il limite non si considera sempre che non siano percepiti redditi di pensione i quali, in quanto assimilati al reddito di lavoro dipendente, assumono rilievo anche autonomo ai fini del raggiungimento della citata soglia, oppure non sia intrapreso un nuovo rapporto di lavoro, ancora in essere al 31 dicembre dell’anno precedente.

Ciò detto, nel caso di specie:
• un soggetto residente all’estero, in un Paese Ue;
• intende aprire partita IVA per lo svolgimento di una nuova attività, previo trasferimento della residenza fiscale in Italia;
• essendo titolare, al momento dell’apertura della partita IVA; di una pensione di importo superiore a 30.000 euro, riconosciuta per raggiunti limiti di età quale ex dipendente della Commissione europea. Si tratta, in particolare, di somme esenti da tassazione nazionale negli Stati membri dell’Unione europea in base a quanto disposto dall’art. 12 del Protocollo n. 7 “Sui privilegi e sulle immunità dell’Unione Europea” allegato al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

In riferimento a tale fattispecie, l’Agenzia chiarisce che:
• la titolarità di una pensione di importo superiore a 30.000 euro, anche se integralmente esente da imposizione in Italia;
• preclude l’applicazione del regime forfettario.

Viene rilevato che, in base alla L. 190/2014, sono esclusi dal regime i titolari di redditi astrattamente riconducibili alla categoria dei redditi di lavoro dipendente e assimilati di cui agli artt. 49 e 50 del TUIR, a prescindere dalla loro tassazione in Italia o dall’ammontare delle imposte corrisposte sui medesimi. Ciò che rileva ai fini dell’applicazione della causa di esclusione è, dunque, l’esistenza di tali redditi e il loro ammontare.
Deve di conseguenza ritenersi escluso dal regime forfetario il soggetto che percepisce una pensione di vecchiaia eccedente i 30.000 euro, ancorché questa sia esente da imposte in Italia per effetto delle disposizioni del Protocollo n. 7 allegato al TFUE.