Trasformazione in società semplice con dubbi sulle riserve pregresse

Le agevolazioni fiscali per le operazioni di assegnazione e cessione di beni ai soci di cui all’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022 si applicano, con alcune differenze, anche alle operazioni di trasformazione in società semplice.
Il beneficio fiscale in capo alla società coinvolge, in estrema sintesi, la tassazione delle plusvalenze realizzate sui beni agevolati e la tassazione delle riserve in sospensione d’imposta.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, l’art. 1 comma 101 della L. 197/2022 prevede che le riserve in sospensione di imposta annullate per effetto della trasformazione siano assoggettate a imposta sostitutiva del 13% che grava, anche per le società di persone, sulla società.
A essere assoggettate a tale imposizione sono tutte le riserve in sospensione d’imposta, sia quelle tassabili in ogni caso che quelle tassate solo in caso di distribuzione: si tratta, nella maggior parte dei casi, delle riserve di rivalutazione monetaria.

Non sono, invece, in sospensione di imposta, e non sono quindi assoggettate a imposizione del 13%, le riserve costituite a fronte di una rivalutazione solo civilistica (prevista, da ultimo, dall’art. 110 del DL 104/2020) ovvero quelle già affrancate tramite pagamento (opzionale) di un’imposta sostitutiva (negli ultimi anni pari al 10%).
L’imposizione del 13% non è prevista, inoltre, per le società di persone in contabilità semplificata alle quali, come da prassi consolidata, non si applicano le norme riguardanti la tassazione del saldo attivo di rivalutazione.

La trasformazione agevolata in società semplice determina la tassazione delle riserve non ricostituite in bilancio.
Su questo profilo è opportuno fare un distinguo tra le tipologie di riserve annullate.
Per le riserve in sospensione di imposta, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’assolvimento dell’imposta sostitutiva sulle stesse comporta l’irrilevanza fiscale del successivo utilizzo. Più in particolare, nella circolare n. 37/2016 (§ 3.1) è stato chiarito, con riferimento all’assegnazione dei beni ai soci, che ciò è da intendersi nel senso per cui il pagamento dell’imposta del 13% è definitivo e liberatorio sia per la società che per i soci. Quanto chiarito dovrebbe valere anche in caso di trasformazione.

Diversamente, le riserve di utili delle società di capitali trasformate devono essere assoggettate a tassazione in capo ai soci. Nessun obbligo è, invece, previsto per i soci di società di persone, in quanto in tal caso gli utili sono già stati tassati per trasparenza.
Il fatto che non vi siano agevolazioni deriva, in sostanza, dalla considerazione per cui le riserve pregresse non sono formate da plusvalenze che emergono con la trasformazione, ma sono formate in massima parte da proventi gestionali pregressi (ad esempio, affitti attivi, o plusvalenze derivanti da precedenti cessioni).

La tassazione in capo ai soci di società di capitali avviene nel periodo d’imposta successivo alla trasformazione ai sensi dell’art. 170 comma 4 lett. b) del TUIR, che corrisponde alla frazione del 2023 “post trasformazione” della società: trattasi, per le trasformazioni effettuate nel 2023, del 2023 “solare” per il socio persona fisica.
L’art. 170 comma 5 del TUIR prevede, poi, che il regime fiscale sia quello proprio degli utili da partecipazione in società di capitali.

Sulla modalità di tassazione di dette somme non vi sono indicazioni sistematiche.
In linea generale, se i soci sono persone fisiche esse dovrebbero essere assoggettate a ritenuta a titolo d’imposta del 26% con riferimento sia a partecipazioni qualificate che non qualificate.
L’Agenzia delle Entrate aveva, tuttavia, precisato nella videoconferenza del 18 maggio 2006 che le società di persone, non rivestendo la qualifica di sostituto d’imposta per i dividendi, non possono operare tale ritenuta: il socio sarebbe tenuto, pertanto, a dichiarare il provento secondo le soglie previste dalla legge (allora 40%, oggi 40%, 49,72% o 58,14%).

La risposta fornita risulta, peraltro, coerente con la struttura dei modelli dichiarativi, i quali prevedono che la società, una volta trasformata in società di persone, indichi le riserve “ante trasformazione” che si intendono tassate in capo ai soci (qualificati e non) nel rigo RN10 del modello REDDITI SP. Tali utili sono imputati per trasparenza in capo ai soci e dagli stessi riportati nel quadro RH della propria dichiarazione.

In assenza di un orientamento ufficiale (di conferma o superamento di tale impostazione), la scelta tra indicazione dei proventi in dichiarazione o assoggettamento degli stessi a ritenuta resta quindi incerta.

Il Consiglio dei ministri approva il disegno di legge “Made in Italy”

Nel CDM del 31/05/2023 il Consiglio dei ministri ha approvato, nel corso della seduta odierna, il disegno di legge sul Made in Italy, che reca disposizioni organiche per valorizzare e promuovere le produzioni di eccellenza, le bellezze storico artistiche e le radici culturali nazionali come fattori da preservare e trasmettere per la crescita dell’economia del Paese.

Nel comunicato stampa diffuso dal Governo sono sintetizzate le principali novità contenute nel DDL.

Il provvedimento prevede una serie di misure e iniziative volte a incentivare il sistema imprenditoriale di eccellenza italiana con l’obiettivo di dotare il nostro Made in Italy di nuove risorse, nuove competenze e nuove tutele.
Sono previste, inoltre azioni per migliorare e allargare la rete tra i principali attori della promozione e tutela della eccellenza italiana e sono inserite norme per inasprire il sistema sanzionatorio per la lotta alla contraffazione.

Nasce il fondo sovrano italiano, denominato Fondo Strategico Nazionale del Made in Italy, con una dotazione iniziale di 1 miliardo e l’obiettivo di stimolare la crescita e il consolidamento delle filiere strategiche nazionali anche per la fase dell’approvvigionamento delle materie prime critiche.

Sono introdotte nuove misure settoriali a sostegno delle principali filiere di eccellenza attraverso la valorizzazione della filiera legnoarredo 100% nazionale, del tessile, della nautica, della ceramica e dei prodotti orafi. 10 milioni di euro sono destinati al potenziamento delle iniziative di autoimprenditorialità e imprenditorialità femminile.

Sono inoltre previste azioni per:
ISTRUZIONE E FORMAZIONE. È istituito il Liceo del Made in Italy per promuovere le conoscenze e le abilità connesse all’eccellenza dei prodotti e della tradizione italiana attraverso un percorso liceale in grado di dare competenze storico-giuridiche, artistiche, linguistiche, economiche e di mercato idonee alla promozione e alla valorizzazione dei singoli settori produttivi nazionali che tengano conto delle specifiche vocazioni dei territori. La disciplina del percorso di studio partirà entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’avvio del nuovo ciclo scolastico è prevista per l’anno 2024/2025.
Al fine di promuovere il raccordo tra il nuovo Liceo del Made in Italy e le imprese favorendo al contempo l’inserimento degli studenti nel mondo del lavoro è istituita una Fondazione denominata “Imprese e Competenze per il Made in Italy”.
Inoltre per favorire il passaggio di competenze e di abilità tra generazioni viene istituito un Programma di trasferimento delle competenze generazionali per le imprese private con non più di 15 unità da svolgere attraverso il tutoraggio di formazione di un lavoratore andato in pensione, da non oltre 2 anni, a un nuovo assunto a tempo indeterminato di età inferiore a 30 anni. Il programma avrà una durata massima di 12 mesi e la norma prevede che l’attività di tutoraggio è svolta senza vincolo di subordinazione e non
soggetta alle disposizioni sui licenziamenti. La remunerazione corrisposta al pensionato per l’attività di tutoraggio non concorre alla formazione di reddito ai fini Irpef e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, sino ad una soglia massima percepita di 15.000 euro l’anno. Per gli importi oltre tale soglia si applica la disciplina ordinaria.

PROMOZIONE. È istituita l’Esposizione nazionale permanente del made in Italy con l’obiettivo di promuovere e rappresentare l’eccellenza produttiva e culturale italiana attraverso l’esposizione dei prodotti della storia del Made in Italy e dell’ingegno italiano; attivata la registrazione dei luoghi della cultura e dei titoli di proprietà industriale e rafforzata della tutela dei Domini internet registrati e azioni più efficaci per la loro salvaguardia.

TUTELA DEL MADE IN ITALY. Creazione di un contrassegno ufficiale di origine italiana delle merci con la dizione Made in Italy per la promozione della proprietà intellettuale e commerciale dei beni; utilizzo della Blockchain per la certificazione delle filiere e la creazione di un catalogo nazionale per il censimento delle soluzioni conformi alla normativa in vigore per la tracciabilità delle filiere e per sostenere e promuovere la ricerca applicata, lo sviluppo e l’utilizzo della tecnologia basata sui registri distribuiti (DLT) utile ai fini informativi per i consumatori; accompagnamento delle imprese verso il futuro, attraverso il finanziamento di consulenze per l’avvio di attività nel metaverso; incentivazione al processo di associazione tra produttori e la redazione di un disciplinare per le produzioni artigianali e industriali che prepara al prossimo varo del regolamento europeo su IGP non agri.

LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE. Introduzione di modifiche del sistema del sistema sanzionatorio e del codice di procedura penale in materia; riorganizzazione degli Uffici per favorire la specializzazione in materia attraverso la concentrazione distrettuale della competenza degli uffici requirenti e l’avvio di iniziative di formazione specifica; misure per la formazione specialistica dei magistrati per il contrasto ai reati di contraffazione
Viene infine e istituita per il giorno 15 aprile la “Giornata nazionale del made in Italy” al fine di celebrare la creatività e l’eccellenza italiana, presso le Istituzioni, le scuole e i luoghi di produzione e di riconoscerne il ruolo sociale e il contributo allo sviluppo economico e culturale della Nazione e del suo patrimonio identitario.

No alla sanzione per omessa regolarizzazione della fattura se c’è da riqualificare l’operazione fatturata

Illegittima l’irrogazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle entrate nei confronti delle società che non hanno regolarizzato la fattura, attraverso la riqualificazione fiscale dell’operazione. L’obbligo di regolarizzare l’operazione imponibile posta in essere dal cedente o dal prestatore riguarda solo la verifica della regolarità formale non esige anche il controllo sostanziale della corretta qualificazione fiscale dell’operazione, salva l’ipotesi di reverse charge.

Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 14650 del 25 maggio 2023, con cui ha accolto il ricorso delle società contribuenti.

L’Agenzia delle entrate riteneva assoggettabili ad Iva le prestazioni di consulenza fornite dalla srl in favore delle due società ricorrenti, qualificate come attività di intermediazione dall’emittente le fatture, sanzionando così il comportamento di omessa regolarizzazione di fatture imponibili tenuto dalle società contribuenti. Tuttavia, sbaglia la Ctr a ritenere che le società ricorrenti avrebbero dovuto procedere alla regolarizzazione delle fatture emesse dalla srl per attività di intermediazione e non già di consulenza, senza limitarsi ad un controllo meramente formale delle fatture.

L’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 471/97 – secondo cui il cessionario di un bene o il committente di un servizio è tenuto a «regolarizzare» l’operazione imponibile posta in essere dal cedente o dal prestatore senza emissione di fattura o con fattura irregolare – implica il solo obbligo di verificarne la regolarità formale e non esige invece il controllo sostanziale della corretta qualificazione fiscale dell’operazione (cfr. Cass. 26183/2014 e 14275/2020). L’unica deroga riguarda l’ipotesi di inversione contabile (cfr. Cass. 12138/2022).

Nel caso in esame, dunque, in cui non trova applicazione il regime del reverse charge, le contribuenti, indipendentemente dalla specifica conoscenza che abbiano avuto della natura del rapporto intercorso con la srl, non avevano l’obbligo di procedere alla regolarizzazione delle fatture emesse da quest’ultima, riqualificando giuridicamente il rapporto come attività di consulenza al posto di attività di intermediazione (qualifica indicata dalla società emittente), sicché le ricorrenti non sarebbero potute essere sanzionate.

La Suprema corte ha così cassato la sentenza impugnata e deciso nel merito con accoglimento dei ricorsi originari delle società ricorrenti.

In Gazzetta Ufficiale il decreto per le aree alluvionate

Nel c.d. decreto “Alluvioni” (DL 61/2023), pubblicato ieri sera in Gazzetta Ufficiale, che introduce misure per far fronte ai danni derivati dall’alluvione in specifiche zone dell’Emilia Romagna, delle Marche e della Toscana, sono presenti anche disposizioni in materia di lavoro e previdenza.

Il provvedimento riconosce infatti un’indennità speciale per i lavoratori autonomi (art. 8), un trattamento di integrazione al reddito per i lavoratori dipendenti (art. 7), nonché la sospensione dei termini in materia di adempimenti e versamenti tributari e contributivi (art. 1).

Nel dettaglio, la prima misura consiste in un’indennità una tantum di 500 euro per ciascun periodo di sospensione non superiore a 15 giorni e comunque nella misura massima di 3.000 euro, riconosciuta a determinate categorie di lavoratori autonomi e parasubordinati.

Si tratta, nello specifico, dei co.co.co., dei titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale, dei lavoratori autonomi o professionisti, ivi compresi i titolari di attività di impresa, iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza, che, alla data del 1° maggio 2023, risiedevano o erano domiciliati ovvero operavano, esclusivamente o, nel caso degli agenti e rappresentanti, prevalentemente in uno dei Comuni colpiti dall’alluvione.
L’indennità in questione viene erogata dall’INPS, a domanda, nei limiti delle risorse previste dal decreto e nel rispetto della normativa europea e nazionale in materia di aiuti di Stato.

L’altra misura di sostegno, invece, è riconosciuta ai lavoratori subordinati – anche agricoli – che risiedono o sono domiciliati al 1° maggio 2023 nelle zone alluvionate (o lavorano presso un’impresa con sede legale o operativa nei predetti territori), nonché impossibilitati a svolgere la prestazione lavorativa a seguito degli eventi alluvionali.

Si tratta di un’indennità riconosciuta dall’INPS entro il 31 agosto 2023, con relativa contribuzione figurativa, di importo mensile massimo pari a quello previsto per la Cassa integrazione guadagni ai sensi dell’art. 3 del DLgs. 148/2015.
La medesima integrazione al reddito viene riconosciuta anche:
– ai lavoratori privati dipendenti, impossibilitati in tutto o in parte a recarsi al lavoro, ove residenti o domiciliati nei medesimi territori;
– ai lavoratori agricoli impossibilitati a prestare l’attività lavorativa per il medesimo evento straordinario.

La durata massima della prestazione è pari:
– a 90 giorni per i lavoratori impossibilitati a svolgere la prestazione lavorativa;
– a 15 giornate per coloro che sono impossibilitati a recarsi al lavoro.
Specifiche durate sono invece previste per i lavoratori agricoli.

In termini di semplificazione, poi, la norma in esame stabilisce che i datori di lavoro che presentano domanda per l’indennità in parola sono dispensati dall’osservanza degli obblighi di consultazione sindacale e dei termini temporali previsti dal DLgs. 148/2015.

Inoltre, i datori di lavoro interessati saranno completamente esentati dal pagamento della contribuzione addizionale normalmente collegata alla fruizione di periodi di integrazione salariale ai sensi dell’art. 5 del DLgs. 148/2015.
La terza misura è invece in favore dei soggetti che, alla data del 1° maggio 2023, avevano la residenza, la sede legale o la sede operativa nei territori interessati dall’alluvione, e consiste nella sospensione, dal 1° maggio al 31 agosto 2023, dei termini relativi:
– agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria;
– agli adempimenti e ai versamenti tributari;
– ai versamenti delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (di cui agli artt. 23 e 24 del DPR 600/73) e alle trattenute relative alle addizionali regionale e comunale all’IRPEF, operate dai soggetti ricadenti nelle aree alluvionate in qualità di sostituti d’imposta.

Nel caso in cui il soggetto interessato alla sospensione abbia già provveduto al versamento di detti importi, questi ultimi non potranno essere oggetto di rimborso.
Quanto alla ripresa dei versamenti sospesi, il decreto prevede che questi dovranno essere effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in unica soluzione entro il 20 novembre 2023.
La sospensione riguarda anche gli avvisi di addebito INPS.

Infine, per il medesimo periodo, sono sospesi anche i termini degli adempimenti, relativi ai rapporti di lavoro, verso le amministrazioni pubbliche previsti a carico di datori di lavoro, di professionisti, di consulenti e CAF che abbiano sede o operino nei territori coinvolti dagli eventi alluvionali, anche per conto di aziende e clienti non operanti nei predetti territori.

SISMABONUS – ASSEVERAZIONE TARDIVA – REMISSIONE IN BONIS

Come noto, la detrazione denominata “sismabonus”, di cui all’art. 16 del DL 63/2013:
▪ in relazione a qualsiasi fattispecie di intervento (ivi incluso il cd. “Sismabonus acquisti” spettante all’acquirente delle unità in edifici riqualificati dal punto di vista sismico), anche ove attratto al super sismabonus
▪ richiede la presentazione della cd. “Asseverazione preventiva”, disciplinata dal DM del MIT n. 58/2017.

Nota: in particolare, quest’ultimo decreto:
✓ al co. 2: disciplina la presentazione dell’asseverazione preventiva
✓ al co. 3: ne prevede i termini di trasmissione al Comune, oggetto di modifica da parte del DM 24/2020.

ASSEVERAZIONE PREVENTIVA

In linea generale l’asseverazione preventiva assolve la funzione:
– di certificare, ad opera del tecnico “strutturalista”, il miglioramento di classe sismica stimato riferito all’edificio (la classe sismica ante operam va confrontata con quella attribuibile post operam)
– al fine di valutare la “bontà” dei lavori ai fini antisismici (a cui, in generale, risulta collegata l’intensità del beneficio fiscale in termini di detrazione).

N.B.: la Commissione consultiva per il monitoraggio dell’applicazione del DM 58/2017 ha, peraltro, ritenuto (Parere n. 3 del 7/04/2021) che l’asseverazione preventiva:
– in generale è dovuta anche in presenza di interventi non associati di miglioramento di classe sismica (si tratta degli interventi detraibili al 50%)
– eventualmente ricorrendo all’attribuzione “in forma semplificata” (ammessa nel caso di edifici di muratura classificabili in una delle tipologie previste dall’allegato A, D.M n. 58/2017)
La Commissione ha inoltre dettagliato i casi in cui l’attribuzione della classe di rischio può essere omessa (riferiti, in generale, alle particolarità costruttive dell’edificio).

TEMPISTICA: l’art. 3 del DM n. 58/2017 prevede la produzione della seguente documentazione:

TARDIVA PRESENTAZIONE DELL’ASSEVERAZIONE PREVENTIVA
L’Agenzia delle entrate ha più volte sostenuto che (CM 28/2022 e Interpelli n. 127/2021 e n. 244/2020):
➔ la tardiva/omessa presentazione della asseverazione rispetto ai citati termini
➔ non consente l’accesso alla detrazione
contravvenendo a quanto espressamente richiesto dal DM attuativo n. 58/2017 (pur in assenza di una specifica disposizione “decadenziale” che faccia riferimento alla fattispecie).

I RECENTI CHIARIMENTI DELL’AGENZIA

L’Agenzia delle entrate è recentemente tornata sulla questione con l’Interpello n. 333 del 29/05/2023, facendo una panoramica aggiornata della situazione.

In primo luogo l’Agenzia chiarisce che la violazione non può essere considerata formale; più in particolare, non si verte nell’ambito:
▪ né di violazione “meramente formale” (dunque non sanzionabile), trattandosi di violazione suscettibile di ostacolare l’attività di controllo degli Uffici
▪ né di violazione formale tout court (cui va associata una sanzione fissa).

REMISSIONE IN BONIS

In relazione a quanto recentemente previsto dall’art. 2-ter, co. 1 lett. c), DL 11/2023 (cd. “Decreto cessioni”) l’Agenzia chiarisce che il contribuente
▪ può sanare il tardivo deposito dell’asseverazione
▪ nei termini ordinari mediante la remissione in bonis ex art. 2, co. 1, DL 16/2012

Nota: si ricorda che il citato DM 11/2023, con disposizione di interpretazione autentica, ha disposto l’applicabilità della remissione in bonis al caso di specie (v. RF 040/2023).

Si tratta di una particolare forma di remissione in bonis in quanto il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi “utile” entro cui esperire l’adempimento tardivo (il deposito dell’asseverazione “preventiva”) va riferita:
➔ non al periodo d’imposta nel quale il tecnico strutturalista avrebbe dovuto depositare il documento
➔ ma a quella nella quale va esercitata la detrazione della 1° rata dell’agevolazione.

Così, in presenza di una autorizzazione trasmessa al SUAP a dicembre 2022 priva della asseverazione preventiva, con pagamenti effettuati solo nel 2023, il termine per effettuare la remissione in bonis coincide:
– non col 30/11/2023 (termine di invio del mod. Redditi 2023 riferito al periodo 2022, anno in cui è intervenuta la violazione)
– ma col 30/11/2024 (termine per l’invio del mod. Redditi 2024 nell’ambito del quale il contribuente detrae la 1° rata del sismabonus)

Nel caso in cui il committente i lavori sia un soggetto imprenditore, il momento in cui sorge il diritto alla detrazione (e, dunque, il termine di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi) va valutato in relazione alla “competenza” del costo sostenuto, e cioè nel momento:
– di accettazione dei SAL: ove l’intervento preveda la ripartizione in Stati avanzamento
– di ultimazione dell’intervento: in caso contrario.

Si ricorda che la remissione in bonis viene esperita tramite:
– il pagamento della sanzione di €. 250 (cod. trib. 8114)
– l’effettuazione dell’adempimento (trasmissione al SUAP dell’asseverazione preventiva, nel caso di specie)
entro il termine di presentazione della “prima dichiarazione utile”.

CESSIONE DEL CREDITO/SCONTO IN FATTURA

Nel caso in cui il contribuente abbia esercitato l’opzione per lo sconto in fattura/cessione del credito derivante dagli interventi di sismabonus, è possibile cumulare due autonome “remissioni in bonis” riferite:
1) non solo alla tardiva trasmissione dell’asseverazione preventiva: che deve intervenire prima della presentazione della comunicazione dell’opzione sulla Piattaforma cessione crediti
2) ma anche della stessa comunicazione dell’opzione per la cessione/sconto in fattura, da trasmettere entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile successiva (come già chiarito nella CM 33/2002).

Accordo di cessione “tardivo”: infine, l’art. 2-quinquies del DL 11/2023 prevede la possibilità:
– per il contribuente che non abbia formalizzato l’accordo di cessione del credito (non lo sconto in fattura) entro il 31/03/2023 (la disposizione natura meramente transitoria, a differenza di quanto visto in precedenza)
– di procedervi “con le modalità ed entro i termini” della remissione in bonis
– purché la cessione sia eseguita a favore degli “intermediari qualificati” (dunque tale possibilità non permette, pur in presenza di una 1° cessione, di effettuarla in modo libero).

N.B.: anche in questo caso non si vedono ostacoli a cumulare tale remissione in bonis con quella prevista per la tardiva presentazione dell’asseverazione preventiva

Acconti d’imposta 2023 alle prese con il ricalcolo

Anche quest’anno, alcune disposizioni di legge prevedono determinati obblighi di rideterminazione delle imposte relative al 2022 sulle quali commisurare gli acconti dovuti per il periodo d’imposta 2023.

Innanzitutto, come in passato, sono tenuti al ricalcolo i distributori di carburante che, nel 2022, hanno fruito della deduzione forfetaria dal reddito d’impresa prevista dall’art. 34 della L. 183/2011.
Nel dettaglio, se l’acconto IRPEF/IRES 2022 è calcolato con il metodo storico, l’IRPEF/IRES 2022, base di commisurazione dell’acconto medesimo, va assunta senza considerare tale deduzione. Nessun obbligo di rideterminazione è, invece, previsto ai fini IRAP.

Ugualmente interessati al ricalcolo sono i soggetti che effettuano il noleggio occasionale di navi e imbarcazioni da diporto e assoggettano i proventi derivanti da tale attività all’imposta sostitutiva IRPEF/IRES del 20% prevista dall’art. 49-bis del DLgs. 171/2005. Tali soggetti devono determinare l’acconto IRPEF/IRES 2023 senza tenere conto del regime agevolato.

Pertanto, se si utilizza il metodo storico e se il regime è stato applicato nel 2022, ai soli fini del calcolo dell’acconto 2023, l’IRPEF/IRES dovuta per il 2022 deve essere rideterminata tenendo conto dei proventi assoggettati a imposta sostitutiva.
Invece, se si intende adoperare il metodo previsionale e il regime agevolativo è applicato nel 2023, l’IRPEF/IRES presunta relativa al 2023 (base di computo dell’acconto) va calcolata facendo concorrere al reddito complessivo anche i proventi che saranno poi assoggettati, nel modello REDDITI 2024, a imposta sostitutiva.

Infine, tenute al ricalcolo sono banche e assicurazioni, in seguito alle modifiche al regime transitorio di deducibilità delle perdite su crediti introdotte dall’art. 42 commi da 1 a 1-ter del DL 17/2022.

Per tali soggetti, dal 2015, sono interamente deducibili ai fini IRES nell’esercizio di imputazione a Conto economico (art. 106 comma 3 del TUIR):
– le svalutazioni e le perdite sui crediti (al netto delle rivalutazioni) vantati dagli intermediari finanziari verso la propria clientela (iscritti in bilancio a tale titolo), nonché dalle assicurazioni verso gli assicurati;
– le perdite sugli stessi crediti derivanti da cessione a titolo oneroso.

Analoga disciplina si applica ai fini IRAP, atteso che, dal 2015 (soggetti “solari”), sono interamente deducibili, nell’esercizio di imputazione a Conto economico (artt. 6 e 7 del DLgs. 446/97):
– in capo agli intermediari finanziari, le rettifiche e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo;
– in capo alle imprese di assicurazione, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti degli assicurati iscritti in bilancio a tale titolo.

Sia ai fini IRES che IRAP, per il primo periodo di applicazione della “nuova” disciplina (2015, per i soggetti “solari”), i suddetti componenti reddituali sono risultati deducibili nel limite del 75% del loro ammontare.

L’eccedenza rispetto a tale limite, nonché le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette relative ai suddetti crediti iscritte in bilancio fino al 2014, e non ancora dedotte in base alla precedente disciplina, sono deducibili per:
– il 5% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016;
– l’8% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017;
– il 12% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020 e fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024;
– il 5% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025;
– il 10% del relativo ammontare nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2026.

L’art. 42 comma 1 del DL 17/2022 ha rimandato la deduzione della quota del 12%, spettante per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022 (2022, per i soggetti “solari”), in quote costanti, al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 e ai tre successivi (2023, 2024, 2025 e 2026, per i soggetti “solari”). Inoltre, si prevede l’anticipazione al 2022 della deducibilità della quota del 10% prevista per il 2026 per una parte pari al 53% del relativo ammontare.

Alla luce di tali modifiche, ai soli fini del calcolo degli acconti IRES e IRAP, con riferimento al periodo d’imposta 2023 viene previsto che:
– in caso di adozione del metodo storico, si assume, quale imposta del periodo d’imposta precedente, quella che si sarebbe determinata senza tenere conto dell’anticipazione al 2022 della deducibilità della parte del 53% della quota del 10% prevista per il 2026;
– in caso di adozione del metodo previsionale, l’IRES presunta relativa al 2023 è calcolata senza considerare la deducibilità della prima delle 4 quote della quota del 12% originariamente spettante per il 2022.

In Gazzetta Ufficiale il decreto Bollette convertito

Nella Gazzetta Ufficiale di ieri è stata pubblicata la L. 26 maggio 2023 n. 56, di conversione del DL 34/2023 (decreto “Bollette”), che entra in vigore oggi.
Sono confermati rispetto al DL originario il rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas per il II trimestre 2023, riconosciuto ai clienti domestici economicamente svantaggiati e in gravi condizioni di salute (art. 1) e l’introduzione di un contributo per i clienti domestici residenti, diversi da quelli titolari del bonus sociale, erogato in quota fissa e differenziato in base alle zone climatiche, per i mesi di ottobre, novembre e dicembre 2023, nel caso di elevati prezzi del gas (art. 3). Confermata, altresì, la previsione dell’aliquota del 5% per le somministrazioni di gas a uso civile e industriale, con riferimento al II trimestre 2023 (art. 2).

All’art. 6 è presente una deroga alla disciplina sulla determinazione del reddito imponibile correlato alla produzione di energia oltre le soglie di 2.400.000 kWh anno per fonti rinnovabili agroforestali e di 260.000 kWh anno per fonti fotovoltaiche. La deroga si applica esclusivamente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2022 (2022, per i soggetti “solari”).

Riproposta la proroga al II trimestre 2023 dei crediti d’imposta riconosciuti alle imprese per l’acquisto di energia e gas (art. 4) mediante il riconoscimento:
– per le imprese energivore, di un credito d’imposta pari al 20% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata ed effettivamente utilizzata nel II trimestre 2023;
– per le imprese non energivore, dotate di contatori di energia elettrica di potenza disponibile pari o superiore a 4,5 kW, di un credito d’imposta pari al 10% della spesa sostenuta per l’acquisto della componente energetica, effettivamente utilizzata nel II trimestre 2023;
– per le imprese gasivore, di un credito d’imposta pari al 20% della spesa sostenuta per l’acquisto di gas naturale consumato nel II trimestre 2023;
– per le imprese non gasivore, di un credito d’imposta pari al 20% della spesa sostenuta per l’acquisto del gas naturale consumato nel II trimestre 2023.
I crediti sono utilizzabili in compensazione in F24 entro il 31 dicembre 2023, ferma restando la facoltà di cessione per intero.

Un’importante novità riguarda lo scorporo dell’IVA sui versamenti cui sono tenute le aziende di dispositivi medici relativi al superamento del tetto di spesa stabilito a carico del Servizio sanitario nazionale (c.d. “payback”). L’art. 9, nella sua stesura definitiva, prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano siano obbligate a comunicare l’ammontare dell’imposta sull’importo oggetto di versamento, calcolato in base alle fatture emesse dalle aziende fornitrici al SSN, tenendo conto delle diverse aliquote applicabili ai beni acquistati.

Sul fronte tributario, trovano conferma la riscrittura del calendario delle definizioni agevolate ex L. 197/2022 e l’introduzione di cause speciali di non punibilità di alcuni reati tributari in caso di definizione della violazione e pagamento delle somme ex L. 197/2022. Con riferimento alle prime, fra i diversi ricordiamo i rinvii:
– al 30 settembre 2023 per il ravvedimento speciale (art. 17);
– al 31 ottobre 2023 per le violazioni formali (art. 17);
– al 30 settembre 2023 per la conciliazione agevolata e rinuncia in Cassazione e per la definizione delle liti pendenti (art. 20).
Sempre in tema di definizione delle liti pendenti, grazie alle modifiche apportate in sede referente, è stato chiarito che il contribuente può versare le rate successive alle prime tre in un massimo di cinquantuno rate mensili di pari importo, con scadenza l’ultimo giorno lavorativo di ciascun mese, a partire da gennaio 2024, fatta eccezione per il mese di dicembre di ciascun anno, per il quale la scadenza del termine di versamento resta ferma al giorno 20 del mese.

Un’altra novità è prevista all’art. 17-bis e riguarda gli enti territoriali che si avvalgano della riscossione diretta delle proprie entrate o affidino tale servizio a soggetti privati; tali enti possono ora applicare la disciplina dell’annullamento dei ruoli sino a 1.000 euro (art. 1 commi 222-230 della L. 197/2022) e della rottamazione dei ruoli (art. 1 comma 231 della L. 197/2022). 

In sede di conversione è poi stato introdotto l’art. 4-ter, che incrementa il “Fondo unico a sostegno del potenziamento del movimento sportivo italiano” da destinare all’erogazione di contributi a fondo perduto per le associazioni e società sportive dilettantistiche che gestiscono impianti sportivi e piscine per fronteggiare l’aumento dei costi dell’energia termica ed elettrica.

In relazione agli interventi volti al risparmio energetico, invece, l’art. 7 autorizza il cumulo tra detrazione fiscale e il contributo regionale (o delle Province autonome di Trento e Bolzano) a determinate condizioni.

Da segnalare, infine, il nuovo art. 7-quater, che riconosce alle start up innovative costituite a partire dal 1° gennaio 2020, operanti nei settori dell’ambiente, delle energie rinnovabili e della sanità, nel limite complessivo di 2 milioni di euro per l’anno 2023, un credito d’imposta, fino a un importo massimo di 200.000 euro, in misura non superiore al 20% delle spese sostenute per attività di ricerca e sviluppo.

Assegno unico e universale per i figli a carico – compensazioni 2022 e 2023

L’INPS, nel messaggio n. 1947 del 26/05/2023, con riferimento agli importi erogati a titolo di Assegno unico e universale per i figli a carico, comunica:
• di aver avviato la rielaborazione di tutte le competenze mensili a partire dalla mensilità di marzo 2022;
• attraverso il ricalcolo degli importi effettivamente dovuti e il calcolo delle differenze, sia in positivo che in negativo, con gli importi già liquidati nel corso dell’annualità 2022 tenuto conto anche delle mensilità già erogate nei primi mesi del 2023.

Il ricalcolo viene effettuato per le seguenti motivazioni:
• variazioni della DSU
• liquidazione degli importi relativi alla settima e ottava mensilità di gravidanza (c.d. premio alla nascita), sulla base del valore dell’ISEE presentato entro 120 giorni dalla nascita del figlio;
• maggiorazioni degli importi spettanti per le mensilità di gennaio e febbraio 2023;
• importi liquidati sulla base di valori di ISEE del nucleo familiare, poi dichiarati discordanti dalla Struttura INPS territorialmente competente a seguito di accertamenti effettuati sulla veridicità dei dati dichiarati;
• conguagli derivanti da operazioni di rettifica dell’ISEE 2022, eventualmente effettuate dai Centri di assistenza fiscale (CAF) successivamente al 31 dicembre 2022;
• eventuali recuperi della maggiorazione per genitori entrambi lavoratori;
• riconoscimento delle maggiorazioni per soggetti disabili;
• ricalcolo degli importi relativi ai nuclei familiari numerosi e per i figli successivi al secondo;
• ricalcolo degli importi dell’Assegno unico per i nuclei percettori di Reddito di cittadinanza;

I cittadini interessati dalle operazioni di conguaglio riceveranno un avviso via mail/sms con cui sarà loro comunicato l’avvio dei conguagli delle rate dell’AUU in corso di godimento che, pertanto, potranno subire variazioni nell’importo calcolato.

Il dettaglio degli importi rimborsati e delle somme che invece dovranno essere restituite all’INPS verrà indicato in apposita sezione della procedura AUU, a cui l’utente può accedere dal sito istituzionale, entro il 10/06/2023.

Registro sul valore catastale nell’assegnazione agevolata di immobili

Nella determinazione della base imponibile dell’imposta di registro, il valore catastale è ormai confinato a un ruolo circoscritto. Infatti, è possibile assumere il valore catastale rivalutato dell’immobile ceduto, come base per l’applicazione delle aliquote dell’imposta di registro, solo in presenza delle condizioni richieste dall’art. 1 comma 497 della L. 266/2005, che disciplina il c.d. “prezzo valore”, ovvero se:
– la cessione sia posta in essere nei confronti di persone fisiche che non agiscano nell’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali;
– la cessione abbia a oggetto un immobile a uso abitativo e relative pertinenze
– la parte acquirente renda al notaio, all’atto della cessione, apposita richiesta;
– le parti indichino in atto il corrispettivo pattuito (ma ciò non è necessario in caso di assegnazione, cfr. circ. Agenzia delle Entrate 4 maggio 2007 n. 25, § 11.2).

L’applicazione del prezzo valore ha un’ulteriore conseguenza favorevole, posto che fa operare la valutazione automatica, che limita il potere dell’Agenzia di rettificare il valore indicato in atto dalle parti, se dichiarato in misura non inferiore al valore catastale rivalutato.
Tale regola, a suo tempo di applicazione generalizzata (art. 52 comma 4 e 5 del DPR 131/86), è ormai confinata alle sole cessioni che rientrano nel campo di applicazione del prezzo valore ex art. 52 comma 5-bis.

In realtà, esaminando la normativa in tema di cessione e assegnazione agevolata di immobili, reintrodotta dall’art. 1 comma 102 della L. 197/2022, si può notare che, in questo ambito, vi è un ulteriore spazio di applicazione del valore catastale.

Si ricorda che, come illustrato diffusamente nello Speciale Eutekne.Info n. 50, l’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022 ha riproposto le agevolazioni per l’assegnazione o la cessione ai soci di beni immobili che consentono, tra il resto, di:
– assoggettare a tassazione le plusvalenze, in capo alla società, con imposta sostitutiva dell’8%;
– utilizzare, come base imponibile per calcolare la tassazione sostitutiva, il valore catastale degli immobili (determinato ai fini dell’imposta di registro) invece del valore normale;
– ridurre al 50% le aliquote dell’imposta di registro proporzionale (che resta, però, dovuta nella misura minima di 1.000 euro), nonché applicare le imposte ipocatastali fisse.
Anche in relazione alle cessioni e assegnazioni agevolate è possibile, naturalmente, applicare il “prezzo valore”, limitatamente alle operazioni che soddisfino anche le condizioni richieste dall’art. 1 comma 497 della L. 266/2005 (immobili abitativi, cessionario persona fisica non imprenditore, etc.).

Un’attenta lettura dell’art. 1 comma 102 della L. 197/2022 induce però a ritenere che il valore catastale possa costituire la base imponibile dell’imposta di registro per le cessioni e assegnazioni agevolate.
Il primo a notare questa possibilità è stato, con riferimento alla “vecchia” disciplina agevolativa prevista dall’art. 1 commi 115-120 della L. 208/2015, il Consiglio nazionale del notariato, nello Studio n. 20-2016/T (§ 6), rilevando come la norma agevolativa richiamasse l’art. 52 comma 4 del DPR 131/86, che prevedeva la valutazione automatica in modo “esteso”, e non, invece, l’art. 52 comma 5-bis che ne circoscrive l’applicazione al prezzo valore.

Tale impostazione, inizialmente respinta dall’Agenzia delle Entrate (circ. Agenzia delle Entrate 4 maggio 2007 n. 25, § 11.2.1), è stata, poi, avallata anche dall’Amministrazione finanziaria, con riferimento alla disciplina agevolativa di cui alla L. 208/2015. Nella circ. 1° giugno 2016 n. 26 (§ 8.1), infatti, si ammette la possibilità di determinare il valore degli immobili nel valore catastale, anche nell’ambito dell’imposta di registro, per le assegnazioni che rientrano nell’ambito applicativo delle norme agevolative, dietro apposita opzione resa in atto dalla società.

Successivamente, nella circ. n. 37/2016 (§ 13), l’Agenzia ha inoltre specificato che l’applicazione del valore catastale nell’imposta di registro è subordinata all’analoga opzione ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze, con la conseguenza che non è possibile optare per la determinazione catastale del valore degli immobili ai soli fini dell’imposta di registro (fatto salvo il “prezzo valore”, ove applicabile).

Nell’attuale disciplina agevolativa, l’identico rinvio, contenuto nell’art. 1 comma 102 della L. 197/2022, all’art. 52 comma 4 del DPR 131/86 consente di giungere alle stesse conclusioni, sicché la valutazione automatica è applicabile alle cessioni e assegnazioni agevolate:
– di immobili abitativi ceduti/assegnati a persone fisiche, mediante richiesta in atto ex art. 1 comma 497 della L. 266/2005;
– di fabbricati strumentali e di fabbricati (sia abitativi che strumentali) ceduti/assegnati a società, in presenza di apposita opzione espressa per le imposte dirette;
con la conseguenza di poter calcolare anche l’imposta di registro sul valore catastale rivalutato, senza rischio di accertamento da parte delle Entrate.

Acconto IMU per l’anno 2023 entro il 16 giugno

Anche quest’anno la prima rata dell’IMU per l’anno 2023 deve essere versata entro il 16 giugno e, relativamente alle modalità di computo dell’imposta, occorre riferirsi alle disposizioni contenute nell’art. 1 commi 739 e ss. della L. 160/2019.

Si ricorda anzitutto che l’imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso.
A tal fine:
– il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni di cui il mese stesso è composto è computato per intero;
– il giorno di trasferimento del possesso si computa in capo all’acquirente e l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del cedente.
Ad esempio, se un immobile viene ceduto il 16 aprile 2023, l’intero mese di aprile (composto da 30 giorni) è a carico dell’acquirente.
Entro il 16 giugno 2023, pertanto, il venditore (ove l’immobile non sia esente da IMU, ad esempio perché destinato ad abitazione principale) dovrà versare l’acconto dell’IMU per i primi tre mesi dell’anno 2023, mentre l’acquirente (sempre che a sua volta non gli competa l’esenzione) dovrà farsi carico dell’IMU per i rimanenti nove mesi dell’anno 2023.

L’IMU per l’anno 2023, infatti, dovuta in generale per i fabbricati, le aree edificabili e i terreni agricoli (le modalità di determinazione della base imponibile dell’IMU variano in funzione della tipologia di bene immobile interessata), deve essere versata in due rate:
– la prima entro il 16 giugno 2023, pari all’imposta dovuta per il primo semestre applicando l’aliquota e la detrazione deliberata per il 2022;
– la seconda entro il 18 dicembre 2023 (in quanto il 16 cade di sabato), a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno 2023 e a conguaglio sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto delle aliquote per il 2023, secondo quanto precisato dalla ris. Min. Economia e finanze 18 febbraio 2020 n. 1/DF e dalla circ. Min. Economia e finanze 18 marzo 2020 n. 1/DF.
Il contribuente, tuttavia, può decidere di effettuare il versamento dell’imposta dovuta in un’unica soluzione annuale, entro la data del 16 giugno 2023.

FACOLTÀ DEI COMUNI DI DIFFERIRE I TERMINI DI VERSAMENTO DELL’IMU

Con riguardo ai termini di versamento dell’IMU si ricorda che nella ris. 8 giugno 2020 n. 5/DF il Min. Economia e finanze ha precisato che i Comuni possono differire autonomamente i termini di versamento dei tributi locali di propria competenza ai sensi degli artt. 52 del DLgs. 446/97 e 6 comma 3 della L. 212/2000.
Tale facoltà può essere esercitata, tuttavia, con riferimento alle entrate di esclusiva competenza dell’ente locale. Quest’ultimo, pertanto, non può prevedere interventi (nemmeno il semplice differimento dei versamenti) che riguardano la quota IMU di competenza statale che deve essere versata per gli immobili a destinazione produttiva del gruppo “D” (art. 1 comma 753 della L. 160/2019).
Per gli immobili a uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, quindi, la quota pari allo 0,76% riservata allo Stato deve in ogni caso essere versata entro il 16 giugno 2023 (per l’acconto) ed entro il 18 dicembre 2023 (per il saldo).