Oggetto di monitoraggio fiscale tutte le fattispecie di cripto-attività

L’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile in consultazione pubblica la bozza di circolare con i chiarimenti sulla disciplina di tassazione delle cripto-attività.
Il documento illustra il quadro normativo di riferimento in ambito europeo, le interpretazioni adottate prima dell’introduzione della L. 197/2022 (legge di bilancio 2023) e le norme in vigore a partire dal 1° gennaio 2023.

Lo scopo della consultazione pubblica è quello di permettere all’Agenzia delle Entrate di valutare i contributi trasmessi ed eventualmente recepirli nella versione definitiva della circolare. A questi fini, gli operatori potranno inviare le loro osservazioni entro il 30 giugno 2023 all’indirizzo di posta elettronica dc.pflaenc.settoreconsulenza@agenziaentrate.it, secondo lo schema: tematica; paragrafo della circolare; osservazione; contributo; finalità.

Al termine della consultazione, l’Agenzia pubblicherà i commenti ricevuti, fatta eccezione per quelli contenenti una espressa richiesta di non divulgazione
Passando all’analisi dello schema di circolare, in primo luogo vengono confermate le interpretazioni fornite con riferimento ai periodi d’imposta anteriori al 2023, adottando il principio secondo cui alle operazioni avente ad oggetto valute virtuali risultano applicabili, in generale, le disposizioni fiscali vigenti in materia di valute estere aventi corso legale.

A decorrere dal 2023, invece, il quadro di riferimento muta radicalmente a seguito dell’introduzione di un articolato impianto normativo.
Attualmente, il regime impositivo delle cripto-attività per i soggetti non imprenditori si rinviene nell’art. 67 comma 1 lett. c-sexies) del TUIR (introdotto dalla L. 197/2022) che fa rientrare tra i redditi diversi di natura finanziaria “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate”.
La norma prevede, inoltre che:
– tali redditi non sono assoggettati a tassazione se inferiori, complessivamente, a 2.000 euro nel periodo d’imposta;
– in ogni caso non costituisce fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi le medesime caratteristiche e funzioni.

In merito, lo schema di circolare precisa che la cessione degli NFT da parte dell’autore non determina un reddito diverso ai sensi della disposizione menzionata sopra. Si afferma che il medesimo, qualora non costituisce un reddito conseguito nell’esercizio di impresa commerciale, si considera un reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. b), del TUIR, nel caso in cui l’attività sia oggetto dell’esercizio di arti o professioni, ovvero ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. l), del TUIR nel caso in cui l’attività non sia esercitata abitualmente.

Per quanto riguarda la permuta, la norma stabilisce che non costituisce evento fiscalmente rilevante quella tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni.
L’interpretazione suggerita dall’Agenzia delle Entrate è, correttamente, quella secondo cui non rappresenta una fattispecie realizzativa lo scambio di una cripto-valuta con un’altra (ad esempio, l’acquisto di ethereum con bitcoin) né lo scambio di un NFT con un altro NFT. Si considera, invece, una fattispecie fiscalmente rilevante come permuta ad esempio l’acquisto di un NFT con una cripto-valuta.

Con riferimento alla disciplina sul monitoraggio fiscale, l’attuale formulazione dell’art. 4 del DL 167/90 prevede la compilazione del quadro RW per le persone fisiche, le società semplici e gli enti non commerciali che detengono cripto-attività.

POSSIBILE BENEFICIARE DELL’ESONERO DEL QUADRO RW

L’Agenzia delle Entrate conferma la sua impostazione per la quale devono essere oggetto di monitoraggio tutte le fattispecie di cripto-attività detenute attraverso “portafogli”, “conti digitali” o altri sistemi di archiviazione o conservazione.

Si precisa anche che le cripto-attività possano rientrare nelle previsioni di esonero dalla compilazione del quadro RW del comma 3, dell’art. 4 del DL 167/90, il quale stabilisce che gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi non sussistono per le attività finanziarie e patrimoniali affidate in gestione o in amministrazione agli intermediari residenti e per i contratti comunque conclusi attraverso il loro intervento, qualora i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività e contratti siano stati assoggettati a ritenuta o imposta sostitutiva dagli intermediari stessi.
Resta fermo, infine, che l’IVAFE sulle cripto-attività si applica a partire dal 1° gennaio 2023.

Slittano al 20 luglio i versamenti per contribuenti ISA e forfetari

Con il comunicato stampa n. 98 pubblicato ieri in serata, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha reso noto che con “una prossima disposizione normativa” verrà prorogato dal 30 giugno al 20 luglio 2023 il termine per i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA dei contribuenti interessati dall’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), compresi quelli aderenti al regime forfetario o dei c.d. “minimi”.

Il comunicato stabilisce che rimane invece ferma la scadenza del 31 luglio 2023 (in quanto il 30 luglio cade di domenica), per il versamento con la maggiorazione dello 0,4% a titolo di interesse corrispettivo. Si tratta quindi di una proroga “dimezzata” rispetto a quella che è stata disposta in vari anni scorsi, ove alla proroga del termine per il versamento senza la maggiorazione dello 0,4% corrispondeva un analogo differimento del termine per il pagamento con la maggiorazione.

Lo stesso Consiglio nazionale dei commercialisti auspicava che anche quest’anno si potesse procedere allo stesso modo ma, nelle interlocuzioni avute con il MEF, ha dovuto prendere atto dei “cogenti vincoli di finanza pubblica” che non hanno consentito un differimento oltre il termine del 31 luglio. “È stato fatto il massimo – ha commentato a caldo il Presidente Elbano de Nuccio – per contemperare le legittime richieste dei colleghi e dei contribuenti con le esigenze di equilibrio dei conti dello Stato”.

Nel prossimo futuro, però, ha aggiunto il Tesoriere del CNDCEC, Salvatore Regalbuto, le proroghe dovranno diventare “l’eccezione e non la regola” e ciò potrà avvenire solo “con un compiuto riconoscimento dei principi dello Statuto dei Diritti del Contribuente”. In tal senso, la riforma fiscale rappresenta “un’occasione da non perdere”, anche per “ridefinire il calendario delle scadenze” e “superare l’ormai insostenibile ingorgo estivo”.

Per quanto riguarda i contribuenti interessati dalla proroga, il comunicato stabilisce che la proroga si applica ai professionisti e alle imprese che esercitano attività per le quali sono approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA); analogamente agli scorsi anni, deve quindi ritenersi che la proroga si applichi ai soggetti che rispettano entrambe le seguenti condizioni:
– esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli ISA, di cui all’art. 9-bis del DL 50/2017;
– dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun indice, dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’Economia e delle finanze (pari a 5.164.569 euro).

Come gli scorsi anni, nel comunicato viene precisato che possono beneficiare della proroga anche i contribuenti che:
– applicano il regime forfetario di cui all’art. 1 commi 54-89 della L. 190/2014;
– applicano il regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità di cui all’art. 27 comma 1 del DL 98/2011 (c.d. “contribuenti minimi”);
– presentano altre cause di esclusione dagli ISA.

Devono invece ritenersi esclusi dalla proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che sono titolari solo di redditi agrari ai sensi degli artt. 32 ss. del TUIR (cfr. risposta a interpello Agenzia delle Entrate 2 agosto 2019 n. 330).
Analogamente agli scorsi anni, il comunicato precisa che la proroga si estende ai soggetti che:
– partecipano a società, associazioni e imprese soggette agli ISA;
– devono dichiarare redditi “per trasparenza”, ai sensi degli artt. 5115 e 116 del TUIR.

La proroga riguarda i versamenti delle somme risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e IRAP, quindi in particolare:
– il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP;
– il saldo 2022 dell’addizionale regionale IRPEF;
– il saldo 2022 e l’eventuale acconto 2023 dell’addizionale comunale IRPEF;
– il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 della “cedolare secca sulle locazioni”, dell’imposta sostitutiva (15% o 5%) dovuta dai contribuenti forfettari e dell’imposta sostitutiva del 5% dovuta dai c.d. “contribuenti minimi”;
– le altre imposte sostitutive o addizionali (es. la c.d. “tassa etica”) che seguono gli stessi termini previsti per le imposte sui redditi;
– il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IVIE e/o dell’IVAFE;
– l’IVA dovuta sui maggiori ricavi o compensi dichiarati per migliorare il proprio profilo di affidabilità in base agli ISA.

Poiché il comunicato fa espresso riferimento anche alla dichiarazione IVA, la proroga al 20 luglio 2023 si estende al versamento del saldo IVA 2022, qualora non sia stato effettuato entro l’ordinaria scadenza del 16 marzo scorso, con le previste maggiorazioni dello 0,4% per ogni mese o frazione di mese successivo al termine ordinario e fino al 30 giugno, fermo restando il versamento entro il 31 luglio con l’ulteriore maggiorazione dello 0,4% calcolata anche sulle precedenti.

IL BILANCIO DI SOSTENIBILITÀ (SUSTAINABILITY REPORT)

Il Bilancio di Sostenibilità (cd. “ESG”) è un documento che:
▪️ a differenzia dal bilancio d’esercizio, che fornisce una rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società ed è rivolto a chiunque vi abbia interesse
▪️ contiene delle valutazioni in merito all’impatto economico, ambientale e sociale dell’azienda (informazioni “non finanziarie”) ed è principalmente rivolto agli “stakeholder”

Libro verde della Commissione UE: il Bilancio di Sostenibilità costituisce “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.

Redazione del documento con le informazioni ESG prende oggi diversi nomi che creano confusione,
ma che nella sostanza identificano lo stesso oggetto. Inizialmente, le informazioni sulla sostenibilità sono state riportate nel c.d. “bilancio di sostenibilità”.
La normativa comunitaria per identificare il documento che le imprese devono produrre con indicazione dei temi ESG ha introdotto dapprima:
▪️ la Dichiarazione Non Finanziaria (DNF)
▪️ e successivamente, con l’emanazione della CSRD, il Rendiconto aziendale di sostenibilità.

In ogni caso, a prescindere dalla terminologia utilizzata, l’obiettivo del bilancio di sostenibilità (o ESG o Sustainability Report) è di riportare le informazioni sugli aspetti extra-finanziari connessi con le politiche di sostenibilità.
Così come per il bilancio d’esercizio, anche per la Reportistica di sostenibilità vi sono standard di riferimento da applicare al fine di utilizzare un linguaggio comune e rendere comparabili i documenti.
Nella redazione del bilancio ESG è necessario operare delle scelte con riferimento almeno ai seguenti aspetti:
1) la definizione degli stakeholders di riferimento;
2) l’identificazione dei temi materiali;
3) la determinazione del perimetro della rendicontazione.

Sulla base delle scelte inerenti agli aspetti individuati si definiscono:
▪️ l’ampiezza
▪️ e la profondità
del Sustainability Report e se ne determina la capacità a rappresentare un utile strumento di valutazione del management improntato alla sostenibilità.

Anche se non obbligatorio, il Bilancio di Sostenibilità è, spesso, un criterio di selezione da parte di investitori, banche e soggetti della filiera.

DEFINIZIONE DEGLI STAKEHOLDERS

L’identificazione degli stakeholders rappresenta nel sistema del Report di sostenibilità un passaggio preliminare rivolto a definire verso chi si intende rivolgere la comunicazione.

Negli standard del GRI si fa riferimento al fatto che il documento deve essere utile a “tutti” gli stakeholders (i cd. “portatori di interessi”), tra cui, principalmente:
▪️ azionisti
▪️ finanziatori
▪️ fornitori e clienti (inclusi i consumatori finali)
▪️ PP.AA (comunità locali, istituzioni, centri di ricerca, ecc.)
al fine di comprendere le condizioni di sostenibilità
economica
ambientale
✓ e sociale.

Con detta formulazione si stabilisce che il report di sostenibilità è orientato a fornire informazioni utili a molti soggetti, pur nella consapevolezza che ciascuno di essi, se da un lato, direttamente o indirettamente, influenza positivamente o negativamente l’operato dell’azienda, dall’altro, depone determinate e specifiche aspettative in relazione al suo operato.

Definendo:
quali sono questi soggetti
✓ e quali sono le reciproche aspettative
l’azienda è in grado di identificare quali aspetti sono maggiormente da monitorare (e dunque, a monte, da inserire nei processi manageriali di pianificazione e azione coerente).

L’analisi degli stakeholders può avvenire considerando la cd. “matrice legittimità-potere-urgenza”, che permette di delineare alcuni gruppi di soggetti il cui rapporto con l’azienda è da intendersi in chiave prioritaria rispetto ad altri.

IDENTIFICAZIONE DEI TEMI MATERIALI

La “materialità” (o “significatività”) è un tema di grande importanza nell’ambito dell’informativa (sia finanziaria ed extra-finanziaria).

Le informazioni materiali sono quelle fornite in misura necessaria alla comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività.

La “materialità” delle informazioni può essere analizzata sotto due prospettive:
a) l’impact materiality (impatto ambientale o sociale), che assume come primario l’interesse per gli influssi che l’attività di impresa ha sulle persone, sull’ambiente e sulla società; questa prospettiva la materialità è rivolta a soddisfare le istanze di conoscenza di diversi stakeholder;
b) la financial materiality, che pone l’attenzione sui rischi e sulle opportunità che gli aspetti ambientali, sociali e di governance possono avere sulla performance finanziaria delle imprese al fine di apprezzare come tali aspetti incidano in definitiva sul valore d’impresa.
Si parla dunque di “doppia materialità”, intendendo un approccio da tenere nella valutazione che
combini le due visuali, includendo quelle questioni di sostenibilità che sono rilevanti
▪️ sia dal punto della financial materiality,
▪️ sia della dell’impact materiality.

Quindi nella rendicontazione di sostenibilità è necessario focalizzarsi sulle informazioni che davvero possono essere utili per l’interlocutore e che sono necessarie per far comprendere ai terzi le strategie, i rischi e le azioni poste in essere ESG.

La materialità però non è da intendersi solo nella fase rendicontativa in termini di numero di informazioni fornite, ma deve essere effettuata in termini di:
– modello aziendale, strategia e rischi principali;
– settore;
– stakeholders;
– impatto dell’attività;
– politiche pubbliche e stimoli normativi.

PROCESSO DI DETERMINAZIONE DEI TEMI MATERIALI

Al fine di una corretta e trasparente informativa è necessario che venga descritto il processo seguito per la determinazione dei temi materiali.
Tale processo si articola in alcune fasi:
1) desk analysis che considera le migliori prassi, le norme di riferimento e una benchmark analysis basata sui competitors. Tale fase permette di identificare un insieme molto ampio e dettagliato dei possibili temi;
2) internal review finalizzata a effettuare una prima valutazione dei temi per quanto riguarda la coerenza con gli obiettivi strategici;
3) external review che utilizza focus group e altre modalità di coinvolgimento degli stakeholders;
4) definizione della matrice di materialità e conseguente identificazione dei temi materiali sulla base del posizionamento relativo su di essa.

Per ogni tema materiale l’impresa deve descrivere gli impatti positivi e negativi, effettivi e potenziali, sull’economia, sull’ambiente e sulle persone, inclusi quelli sui diritti umani di quest’ultime.
In dettaglio essa deve:
a) rendicontare se l’organizzazione è coinvolta negli impatti negativi attraverso le sue attività o come conseguenza dei suoi rapporti di business, e descrivere le attività o i rapporti di business;
b) descrivere le policy e gli impegni presi rispetto al tema materiale;
c) descrivere le azioni intraprese per gestire il tema e gli impatti correlati, includendo:
– le azioni volte a prevenire o mitigare i potenziali impatti negativi;
– le azioni volte ad affrontare gli impatti negativi effettivi, comprese le azioni volte a fornire o a contribuire a fornire una soluzione;
– le azioni volte a gestire impatti positivi effettivi e potenziali;
d) rendicontare le seguenti informazioni sul monitoraggio dell’efficacia delle azioni intraprese:
– processi utilizzati per tenere traccia dell’efficacia delle azioni;
– obiettivi e indicatori utilizzati per valutare i progressi;
– l’efficacia delle azioni, compresi i progressi raggiunti rispetto agli obiettivi e ai target;
– lezioni apprese e come queste siano state incorporate nelle policy e nelle procedure
operative dell’organizzazione;
e) descrivere come il confronto con gli stakeholder abbia condizionato le azioni intraprese e la loro efficacia.

MATERIALITÀ E SUSTAINABLE DEVELOPMENT GOALS (SDGS)

La definizione della materialità dei temi di rendicontazione è sempre più influenzata dai temi impellenti legati agli obiettivi 2030 delle Nazioni Unite (gli Sustainable Development Goals – SDGs).

In altri termini, la definizione dei temi materiali, oltre a considerare le due visuali
✓ interna
✓ ed esterna,
considera anche i macro-obiettivi generali individuati dall’ONU attraverso i 17 goals per lo sviluppo

Superbonus e varianti CILA – chiarimenti dell’Agenzia

Con la CM 13/E/2023 sono stati forniti chiarimenti sulle ultime novità introdotte in materia di Superbonus dal decreto “Aiuti-quater”, dalla legge di bilancio 2023 e dal Dl n. 11/2023 (decreto “Cessioni”).

Il DL 11/2023 post conversione ha introdotto una norma di interpretazione autentica al fine di chiarire: ▪️l’impatto dell’eventuale “variante CILA”;
– ai fini dell’aliquota del Superbonus applicabile per il 2023 (110 o 90%);
– nonché sul “termine” per il “blocco” delle opzioni (sconto/cessione) ex art. 121, DL 34/2020.

Nel dettaglio, l’interpretazione riguarda:
▪️ l’art. 1, c. 894, L. 197/2022 che proroga al 2023 il superbonus nella misura del 110% (in luogo del 90%) per alcuni specifici interventi in presenza di determinati requisiti temporali;
▪️ i c. 2 e 3 del DL 11/2023, che prevedono delle specifiche deroghe al divieto, operante a partire 17/02/2023, di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione per interventi edilizi, per lo sconto in fattura o la cessione del credito (superbonus e altri interventi edilizi).

Aliquota Superbonus 2023 – Le previsioni contenute nel c. 894, art. 1, L. 197/2022, prevedono che:
▪️ il superbonus 110% si applica, per tutto il 2023, ai seguenti interventi:
– interventi diversi da quelli effettuati dai condomini per i quali, alla data del 25/11/2022, risulta effettuata, la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
– interventi effettuati dai condomini per i quali la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori risulta adottata in data antecedente al 18/11/2022, sempre che tale data sia attestata, con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dall’amministratore del condominio ovvero, nel caso in cui, ai sensi dell’articolo 1129 del c.c., non vi sia l’obbligo di nominare l’amministratore e i condòmini non vi abbiano provveduto, dal condomino che ha presieduto l’assemblea, e a condizione che per tali interventi, alla data del 31/12/2022, risulti effettuata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
– interventi effettuati dai condomini per i quali la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori risulta adottata in una data compresa fra il 18/11/2022 e il 24/11/2022, sempre che tale data sia attestata, con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (ex art. 47, DPR 445/2000) dall’amministratore del condominio ovvero, nel caso in cui non vi sia l’obbligo di nominare l’amministratore (articolo 1129 del codice civile), e i condòmini non vi abbiano provveduto, dal condomino che ha presieduto l’assemblea, e a condizione che per tali interventi, alla data dei 25/11/2022, risulti effettuata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
– interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici per i quali alla data del 31/12/2022 risulta presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.

Nei casi citati, ove l’applicazione dell’aliquota maggiorata del Superbonus è legata alla presentazione della CILA entro un termine perentorio, si poneva il problema dell’impatto di eventuali “varianti CILA” presentate successivamente al termine perentorio previsto.

Tale questione è risolta dalla norma di interpretazione autentica contenuta nella legge di conversione del DL 11/2023. Tale norma dispone che non rileva – ai fini della fruizione dell’aliquota del 110 e al necessario rispetto dei termini perentori precedentemente indicati – “la presentazione di un progetto in variante alla comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) o al diverso titolo abilitativo richiesto in ragione della tipologia di intervento edilizio da eseguire. Con riguardo agli interventi su parti comuni di proprietà condominiale, non rileva, agli stessi fini, l’eventuale nuova de- liberazione assembleare di approvazione della suddetta variante”.

Chiarimenti Agenzia – Nel documento di prassi si chiarisce che a titolo esemplificativo, costituiscono varianti alla CILA, che non rilevano ai fini del rispetto dei termini previsti dall’art.1, c. 894, Legge di bilancio 2023:
▪️ non solo le modifiche o integrazioni del progetto iniziale;
▪️ ma anche la variazione dell’impresa incaricata dei lavori o del committente degli stessi,
▪️ nonché la previsione della realizzazione di interventi trainanti e trainati rientranti nel Superbonus, non previsti nella CILA presentata ad inizio dei lavori.

In caso di varianti in corso d’opera, peraltro, l’Amministrazione finanziaria ricorda che “il comma 13 quinquies dell’articolo 119 del Decreto Rilancio prevede che in caso di varianti in corso d’opera, queste possano essere comunicate alla fine dei lavori e costituiscono integrazione della CILA presentata”

RIMBORSI CHILOMETRICI PER GLI STUDI ASSOCIATI – LA GIURISPRUDENZA

Con riferimento alle professioni intellettuali, la disciplina civilistica distingue tra:
✓ i “compensi”
✓ ed i “rimborsi spese”.

Al contrario, la disciplina fiscale del reddito professionale è carente di una regolamentazione sistematica dei rimborsi spese, limitandosi a disciplinare (art. 54, co. 5, Tuir) le seguenti due fattispecie:
1) il sostenimento delle spese di qualsiasi natura direttamente da parte del committente
2) il rimborso (analitico o meno) delle spese di vitto alloggio sostenute in trasferta.
La disciplina di tali fattispecie viene riepilogata nel grafico che segue:

REGIME DEI RIMBORSI SPESA NELL’AMBITO DELLE SOCIETA’ DI PERSONE
Il regime applicabile ai riaddebiti delle spese per l’autovettura per gli studi associati potrebbe mutuare la disciplina da quella prevista per le società di persone; infatti, l’art. 5, co. 3, lett. c), tuir, dispone che “ai fini delle imposte sul reddito” le associazioni professionali “sono equiparate” alle società di persone.
Secondo tale orientamento, andrebbero estesi alle associazioni professionali i chiarimenti della CM 6/2009, riferiti alle società di persone in merito ai rimborsi spese in favore dei soci.

IL RIMBORSO DELLE SPESE DELL’AUTOVETTURA

Prima di affrontare la questione del rimborso per le spese sostenute riferite alle autovetture, è opportuno richiamare il regime di deducibilità di dette spese.

DEDUCIBILITA’ DELLE SPESE PER AUTOVETTURE

L’art. 164 del tuir (che si applica sia al reddito d’impresa che al reddito di lavoro autonomo) stabilisce che le spese e gli altri componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto su strada, a motore, utilizzati nell’esercizio di imprese, arti e professioni, sono deducibili
✓ integralmente, se destinati esclusivamente come beni strumentali “nell’attività propria” dell’impresa (art. 164, co. 1, lett. a), tuir)
✓ solo parzialmente, nella misura del 20%, in caso contrario (art. 164, co. 1, lett. b), tuir).

In relazione alla prima fattispecie, secondo costante orientamento dell’Agenzia (avallato dalla giurisprudenza: Cass., n. 31031/2018), questa si verifica solo se il mezzo risulti:
– non meramente “strumentale” (nel senso che l’attività potrebbe realizzarsi anche esternalizzando il servizio di trasporto delle persone a terzi)
– ma “indispensabile” per lo svolgimento dell’attività, evento che si verifica solo nei seguenti casi:

Per quanto attiene la generalità dei casi, poi:
✓ la deducibilità nel limite del 20% opera le spese di impiego in generale (carburante, manutenzioni, pedaggi, assicurazioni, tassa di proprietà, ecc.)
✓ a cui si affianca un limite massimo di spesa per quanto attiene la deducibilità
– degli ammortamenti e canoni di leasing relativi a detti beni
– delle spese per il noleggio

UTILIZZO DELL’AUTOVETTURA NEGLI INCARICHI PROFESSIONALI

In alcuni casi l’incarico professionale richiede l’utilizzo dell’autovettura del libero professionista.
SPESE INTESTATE DIRETTAMENTE AL COMMITTENTE
Va preliminarmente osservato che, posta la particolare tipologia di spesa, non risulta concretamente esperibile la prima delle soluzioni inizialmente prospettate, cioè il fatto che possa essere il committente a pagare direttamente il fornitore della spesa.

Nota: la soluzione:
– risulta fattibile per le spese di trasporto (si pensi all’acquisto del biglietto aereo o ferroviario direttamente da parte del committente); in tal caso la spesa risulta estranea al reddito di lavoro autonomo (del professionista singolo o associato che si reca in trasferta)
– è più difficilmente realizzabile per le spese di viaggio. Si pensi al pagamento delle spese di carburante sostenute dal professionista in occasione della trasferta, alle spese per i pedaggi, ecc., per le quali, in generale, si avrà un documento di spesa intestato al professionista che procede a successivo riaddebito.

I RIMBORSO SPESE PER AUTOVETTURE NEGLI STUDI ASSOCIATI

SOGGETTIVITA’ PASSIVA
Nell’ambito delle associazioni professionali un aspetto particolare assume la soggettività passiva.
Più in particolare
▪️ se questa è riconosciuta, senza particolari problemi, per quanto attiene la stipula di contratti in generale, nonché alla legittimità passive in giudizio
▪️ per quanto attiene l’intestazione dei beni “registrati” si pone ancora la seguente situazione:
✓ è ammessa l’intestazione degli automezzi
non è ancora ammessa l’intestazione degli immobili
Beni mobili registrati: dal 2020 la (imperfetta) soggettività delle associazioni professionali permette l’immatricolazione del mezzo a nome di quest’ultima e, dunque:
– la fatturazione in capo a quest’ultima (con detrazione dell’Iva, anche se limitata al 40% per le autovetture)
– la deduzione del costo per ammortamento e delle spese di gestione.

RIMBORSI SPESA PER L’UTILIZZO DEI MEZZI DEI SINGOLI ASSOCIATI

Come anticipato, una prima alternativa riferita all’utilizzo degli automezzi riguarda la possibilità, per lo studio associato, di acquistare direttamente il mezzo.

In tal caso la situazione risulta del tutto analoga a quella prevista per il professionista singolo.
N.B: unica particolarità rispetto al regime delle imprese attiene al limite numerico degli automezzi (senza differenza tra autovetture e motocicli/ciclomotori), che:
– per il professionista singolo corrisponde ad 1 solo automezzo e corrisponde al numero dei soci per quanto attiene lo studio associato
– mentre nulla è disposto nell’ambito di impresa (ditta individuale o società)

AUTO PRIVATA CONCESSA IN USO ALLO STUDIO ASSOCIATO
Una seconda alternativa attiene la possibilità, per lo studio associato, di avvalersi dell’auto privata del professionista associato.

Professionista singolo: nel caso di singolo lavoratore autonomo, l’utilizzo nell’ambito dell’attività dell’automezzo “privato” (non iscritto a libro cespiti) è sempre ammesso, nel senso che risultano deducibili le spese di gestione (nei limiti del 20%), mentre non è ammessa la deduzione dell’ammortamento.
Si noti che anche tale limitazione potrebbe implicare la totale indeducibilità di un automezzo noleggiato pur in presenza della totale imponibilità dell’eventuale riaddebito al committente.

Aspetti civilistici: secondo la giurisprudenza, il contratto che viene stipulato tra l’associato e l’associazione professionale rientra tra i contratti di comodato (CTP di Treviso, n. 10/8/15, del 12/1/2015).

A tal fine si ricorda che, ai sensi dell’art. 1803 c.c., il comodato è essenzialmente gratuito, ma permette di porre a carico dell’utilizzatore il pagamento delle spese occorrenti per le il suo utilizzo (è il cd. “comodato modale” – Cass., nn. 1693/1981 e 9718/1990).

Aspetti fiscali
In merito alla deducibilità delle spese sostenute dall’associato e rimborsate dall’associazione professionale (nel presupposto che le spese risultino analiticamente documentate dall’associato, che possa dimostrarne il sostenimento in occasione di “trasferte”, cioè di spostamenti inerenti all’attività professionale), in passato si sono formati due orientamenti divergenti:
1) le spese sostenute (e rimborsate al professionista associato) rimangono deducibili nella misura del 20%, trovando applicazione il disposto normativo contenuto nell’art. 164 c. 1, lett. b), Tuir
2) le spese sono deducibili al 100%, posto che l’art. 164 non rileva nel caso di autovetture “di terzi”, come nel caso di specie, ma rileva nel caso di auto di proprietà del contribuente stesso (imprenditore o libero professionista)

L’assenza di una specifica disciplina dei rimborsi spese chilometrici nell’ambito delle norme che regolano il reddito di lavoro autonomo ha generato i citati orientamenti divergenti.

LA GIURISPRUDENZA PIÙ RECENTE
In due recenti sentenze la Cassazione si è espressa in materia.

Con la ord. n. 776/2022, la corte si è adeguata al primo orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 24154 del 2021; Cass. n. 16245 del 2021; Cass. n. 31031 del 2018; Cass. n. 14858 del 2018), sostenendo che:

Con una seconda pronuncia (ord. n. 2831/2022), tuttavia, la Corte si è adeguata al secondo orientamento (minoritario in giurisprudenza), sostenendo che:
– la presunzione di uso promiscuo delle autovetture contenuta nell’art. 164 del tuir si estende fino a ricomprendere il caso in cui l’associazione professionale si avvalga dei mezzi degli associati
– sul contribuente gravano l’onere di dimostrare la “indispensabilità del mezzo” per l’esercizio dell’attività (che l’Agenzia delimita, come visto, a situazioni che esulano tutte da una attività di lavoro autonomo).

CONCLUSIONI
Alla luce del profondo dissidio giurisprudenziale non resta che attendere un possibile rinvio della questione alle Sezioni Unite della cassazione o, ancora meglio, l’introduzione, da parte del legislatore, di una specifica disciplina nell’ambito del Tuir.

Dietrofront della Cassazione sull’incasso giuridico

Con la sentenza n. 16595 di ieri, la Cassazione ha affermato che la rinuncia, operata da un socio nei confronti della società, a un credito relativo a un reddito tassato per cassa (quali gli interessi maturati su finanziamenti erogati a una società partecipata), non comporta l’obbligo di sottoporne a tassazione il relativo ammontare, con conseguente esclusione anche della ritenuta prevista dall’art. 26 comma 5 del DPR 600/73.

Il principio appare innovativo, dal momento che, sino ad oggi, con riferimento a fattispecie analoghe (quale la rinuncia al TFM da parte di soci amministratori), i giudici di legittimità e l’Amministrazione finanziaria hanno sostenuto la tesi opposta.

Ad esempio, l’ordinanza n. 12222/2022 aveva affermato che la rinuncia, da parte del socio-amministratore, al TFM costituisce dal punto di vista giuridico un incasso, come tale suscettibile di essere tassato, in quanto:
– per un verso, presuppone la possibilità di disporre di una somma di denaro, costituisce espressione della volontà di patrimonializzare la società e, pertanto, presuppone il conseguimento del credito il cui importo, anche se non materialmente incassato, viene, comunque, “utilizzato”;
– per un altro verso, arricchisce un soggetto giuridico – la società – che appartiene al rinunciante in quanto socio della stessa, il quale altrimenti si gioverebbe, attraverso lo schermo della personalità giuridica e in violazione del principio della capacità contributiva, dell’incremento della partecipazione sociale.

Analogo orientamento è stato seguito dall’Amministrazione finanziaria (C.M. n. 73/94 e ris. Agenzia delle Entrate n. 124/2017), secondo la quale “la rinuncia ai crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa (quali, ad esempio, i compensi spettanti agli amministratori e gli interessi relativi a finanziamenti dei soci) presuppone l’avvenuto incasso giuridico del credito e quindi l’obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare, anche mediante applicazione della ritenuta di imposta”.

Con un’impostazione che appare condivisibile, la sentenza n. 16595/2023 afferma che occorre distinguere tra la previgente disciplina e quella attuale.

Infatti, in base alla disciplina in vigore sino al periodo d’imposta in corso al 7 ottobre 2015 (2015, per i soggetti “solari”), la rinuncia, da parte del socio, al credito nei confronti della società partecipata non determinava, in capo a quest’ultima, l’insorgere di una sopravvenienza attiva rilevante ai fini della formazione del reddito imponibile (art. 88 comma 4 del TUIR).
Tale norma andava esaminata in correlazione con i previgenti artt. 94 comma 6 e 101 comma 7 del TUIR, per effetto dei quali l’ammontare relativo al credito oggetto della rinuncia non era ammesso in deduzione in capo al socio e si aggiungeva (totalmente) al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione detenuta nella società debitrice (cfr. anche le ris. Agenzia delle Entrate nn. 152/2002 e 41/2001).

A partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 7 ottobre 2015 (2016, per i soggetti “solari”), invece, la norma di riferimento è l’art. 88 comma 4-bis del TUIR, in base al quale “la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale”. Il nuovo regime qualifica, quindi, come “apporto” la sola parte di rinuncia che corrisponde al valore fiscalmente riconosciuto del credito in capo al socio.

Specularmente, in capo al socio imprenditore che detiene le partecipazioni in regime di impresa, ai sensi degli artt. 94 comma 6 e 101 comma 7 del TUIR l’ammontare della rinuncia si aggiunge al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione “nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia”.

Alla luce del mutato quadro normativo, quindi, il valore fiscale del credito oggetto di rinuncia è stato posto in correlazione con la detassazione.
In altri termini, a seguito della rinuncia, il socio aumenta il costo della partecipazione solo nei limiti del valore fiscale del credito e la società beneficia di una sopravvenienza non tassabile solo nei limiti di detto valore.

Pertanto, la rinuncia di un credito avente valore fiscale pari a zero, come per i crediti legati ad un reddito tassato per cassa, non incrementa il valore fiscale della partecipazione, diversamente da quanto prospettato nel precedente regime, sia dalla Cassazione, sia dall’Agenzia. Di contro, detta rinuncia comporta la tassazione integrale della sopravvenienza attiva in capo alla società partecipata.

Le asimmetrie cui la regola dell’incasso giuridico intendeva porre rimedio sono state, pertanto, risolte dal legislatore mutando la formulazione dell’art. 88 del TUIR, lato società partecipata, e degli artt. 94 e 101 dello stesso TUIR, lato socio creditore.

La Suprema Corte si allinea così all’orientamento dottrinale pressoché unanime (cfr., per tutti, la norma di comportamento AIDC n. 201/2018).

Indennità una tantum dei lavoratori colpiti dall’alluvione – via alle domande

Con la circolare 54 dello scorso 08/06/2023, l’INPS ha fornito le indicazioni per la determinazione della platea dei destinatari della misura e le istruzioni operative per presentazione della domanda per ottenere l’indennità una tantum prevista dall’art. 8 del DL 61/2023.

La domanda può essere presentata a partire dal 15/06/2023 e fino al 30/09/2023 da part dei lavoratori autonomi colpiti dall’alluvione che ha interessato alcuni territori dell’Emilia Romagna, delle Marche e della Toscana.

Possono fruire dell’agevolazione i collaboratori coordinati e continuativi, i titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e i lavoratori autonomi o professionisti, compresi i titolari di attività di impresa, iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza.

L’INPS specifica che tra i collaboratori coordinati e continuativi rientrano:
• i co.co.co. di cui all’art. 409 c.p.c., iscritti alla Gestione separata dell’INPS, dell’INPGI e dell’ENPAPI;
• i rapporti di co.co.co. per i quali è obbligatoria la contribuzione presso le casse professionali autonome o le gestioni INPS;
• i dottorandi, gli assegnisti di ricerca e i medici in formazione specialistica;
• i titolari di rapporti di agenzia e rappresentanza devono essere iscritti alla Gestione commercianti o alla Gestione separata dell’INPS (c.d. venditori porta a porta).

Invece, tra i gli autonomi e i professionisti rientrano i:
• lavoratori autonomi iscritti alla Gestione artigiani e commercianti e alla Gestione speciale per i coltivatori diretti e per i coloni e mezzadri dell’INPS (compresi gli IAP e i coadiuvanti e coadiutori);
• pescatori autonomi;
• liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’INPS (compresi i partecipanti agli studi associati o società semplici);
• lavoratori autonomi che svolgono attività per la quale vige l’obbligo contributivo presso la gestione speciale ex Enpals;
• professionisti con cassa (vale a dire iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza di cui al DLgs. 509/94 e al DLgs. 103/96).

Ai fini della fruizione dell’agevolazione, i soggetti indicati devono avere:
• alla data del 01/01/2023;
• la residenza o il domicilio ovvero devono operare, esclusivamente o, nel caso degli agenti e rappresentanti, prevalentemente in uno dei Comuni per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, come indicati nell’allegato 1 al decreto;
• inoltre gli stessi soggetti devono aver sospeso l’attività a causa degli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 01/01/2023;
• i suddetti soggetti devono risultare iscritti a qualsiasi forma obbligatoria di previdenza e assistenza alla data del 1° maggio 2023 e devono avere l’attività già avviata alla medesima data.

Indennità – L’indennità:
• può essere riconosciuta per il periodo dal 01/01/2023 al 31/08/2023;
• ed è pari a 500 euro per ciascun periodo di sospensione non superiore a 15 giorni, ma non può eccedere l’importo massimo di 3.000 euro per ogni singolo lavoratore.

In sede di presentazione della domanda, il richiedente sarà tenuto a dichiarare – oltre al possesso dei requisiti – il periodo o i periodi di sospensione dell’attività a causa degli eventi alluvionali, indicando per ciascun periodo la data di inizio e fine della sospensione.

Procedure operative – Sempre sotto il profilo operativo, i lavoratori interessati possono scegliere di presentare una domanda per ciascun periodo di sospensione oppure una domanda che interessa due o più periodi di sospensione o, infine, un’unica domanda per tutti i periodi di sospensione; i periodi di sospensione dell’attività, fino a un massimo di sei periodi, possono anche essere continuativi.
L’importo sarà poi erogato dall’INPS il quale provvede anche all’attività di monitoraggio delle risorse stanziate (non procedendo all’accoglimento di ulteriori domande in caso di raggiungimento, anche in via prospettica, del limite di spesa).

L’Istituto effettuerà anche le verifiche circa la sussistenza dei requisiti, anche in collaborazione con enti e istituzioni esterni e in caso di assenza avvierà la procedura di recupero nei confronti del soggetto che ha usufruito indebitamente dell’indennità (fermo restando le sanzioni, anche penali).

Trasmissione dei 730/2023 all’Agenzia delle Entrate entro il 15 giugno

Ai sensi degli artt. 16 e 17 del DM 31 maggio 1999 n. 164, come modificati dall’art. 16-bis del DL 124/2019, i CAF, i professionisti abilitati e i sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale sono tenuti a trasmettere telematicamente all’Agenzia delle Entrate i modelli 730/2023 entro il 15 giugno 2023, con riferimento alle dichiarazioni presentate dai contribuenti entro lo scorso 31 maggio.
Prima della trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate, i medesimi soggetti devono consegnare al contribuente la copia della dichiarazione elaborata e del relativo prospetto di liquidazione (modello 730-3).
I sostituti d’imposta, ai fini della trasmissione telematica dei modelli 730/2023, possono avvalersi di un intermediario abilitato.

Nell’ambito della trasmissione telematica dei modelli, i CAF, i professionisti abilitati e i sostituti d’imposta comunicano all’Agenzia delle Entrate i risultati contabili derivanti dalla liquidazione dei modelli 730/2023 (modelli 730-4) ai fini dell’effettuazione dei conguagli.

L’Agenzia delle Entrate provvede poi a trasmettere in via telematica ai sostituti d’imposta i modelli 730-4 ricevuti, presso la sede telematica indicata da questi ultimi, affinché possano effettuare i relativi conguagli in capo ai contribuenti sulle retribuzioni e compensi erogati. Pertanto, come precisato dalla circolare Agenzia delle Entrate 12 marzo 2018 n. 4, i sostituti d’imposta, per procedere alle operazioni di conguaglio, devono attendere che l’Agenzia metta a disposizione il modello 730-4, mediante la suddetta “sede telematica”, analogamente ai modelli 730 elaborati dai CAF e dai professionisti.

La comunicazione all’Agenzia delle Entrate della “sede telematica” presso cui ricevere i modelli 730-4 avviene, di regola, con il “quadro CT” della Certificazione Unica, da parte dei sostituti d’imposta che trasmettono almeno una certificazione dei redditi di lavoro dipendente o assimilati con compilazione dei dati fiscali, oppure mediante il modello “CSO”, nel periodo in cui non è più consentita la trasmissione telematica delle Certificazioni Uniche con il quadro CT.

Entro il medesimo termine del 15 giugno per le dichiarazioni presentate entro il 31 maggio 2023, i CAF, i professionisti e i sostituti d’imposta sono altresì tenuti a trasmettere all’Agenzia delle Entrate le schede relative alle scelte di destinazione dell’otto, cinque e due per mille dell’IRPEF (modelli 730-1).
A questo proposito, si ricorda che:
– i CAF e i professionisti trasmettono telematicamente i modelli 730-1 all’Agenzia delle Entrate, con le modalità di cui al provv. Agenzia delle Entrate 24 febbraio 2023 n. 52627;
– i sostituti d’imposta consegnano le schede per la destinazione dell’otto, cinque e due per mille dell’IRPEF a un intermediario abilitato alla trasmissione telematica o ad un ufficio postale.
A decorrere dalle dichiarazioni da tramettere nel 2024, relative al periodo d’imposta 2023, anche i sostituti d’imposta saranno tenuti a trasmettere i dati contenuti nelle schede in via telematica all’Agenzia delle Entrate (si veda “Dematerializzazione delle schede di otto, cinque e due per mille dell’IRPEF rinviata” del 12 maggio).

Relativamente ai conguagli a debito e a credito si specifica che, in base all’art. 19 commi 1 e 2 del DM 164/99, le somme risultanti a debito o a credito del contribuente dal prospetto di liquidazione del modello 730 (modello 730-3) e comunicate al sostituto d’imposta con il modello 730-4, devono essere trattenute o rimborsate sulla prima retribuzione utile e comunque sulla retribuzione di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto d’imposta ha ricevuto il modello 730-4.

Pertanto, in caso di conguagli a debito diventa conveniente rinviare la presentazione del modello 730/2023, che deve avvenire entro il 2 ottobre 2023 (poiché la scadenza ordinaria del 30 settembre cade di sabato), in quanto ciò determina automaticamente il differimento della trattenuta delle somme ricevute. Viceversa, in caso di conguagli a credito, risulta conveniente anticipare la presentazione del modello 730/2023, al fine di anticipare il rimborso spettante.
Ad esempio, supponendo che il modello 730/2023 sia stato presentato il 30 maggio 2023 e il relativo modello 730-4 sia ricevuto dal sostituto d’imposta il 10 giugno 2023, le somme saranno trattenute o rimborsate al contribuente sulla retribuzione di giugno (prima retribuzione utile) o comunque con la retribuzione di luglio 2023.

730/2023 ANNULLABILE FINO AL 20 GIUGNO

Sul sito dell’Agenzia delle Entrate è presente una sezione dedicata al calendario delle date importanti ai fini della dichiarazione precompilata, dove si specifica che il 20 giugno 2023 è l’ultimo giorno per annullare il modello 730 già inviato o il modello 730 inviato e l’eventuale relativo modello REDDITI PF correttivo.

Elementi di incoerenza per i rimborsi dei modelli 730/2023 invariati

Con il provvedimento n. 203543 pubblicato ieri, 9 giugno, l’Agenzia delle Entrate ha approvato i criteri per individuare gli elementi di incoerenza da utilizzare per effettuare i controlli preventivi dei modelli 730/2023 che determinano un rimborso in capo al contribuente.
In pratica, vengono confermati i criteri che erano già stati previsti in relazione ai modelli:

  • 730/2017 (cfr. provvedimento 9 giugno 2017 n. 108815);
  • 730/2018 (cfr. provvedimento 25 giugno 2018 n. 127084);
  • 730/2019 (cfr. provvedimento 19 giugno 2019 n. 207079);
  • 730/2020 (cfr. provvedimento 5 giugno 2020 n. 225347);
  • 730/2021 (cfr. provvedimento 24 maggio 2021 n. 125708);
  • 730/2022 (cfr. provvedimento 30 maggio 2022 n. 184653).

L’art. 5 comma 3-bis del DLgs. 175/2014 prevede infatti una specifica disciplina in merito ai controlli preventivi sui modelli 730, in presenza di situazioni considerate “a rischio”. In particolare, l’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli preventivi nel caso di presentazione del modello 730 direttamente da parte del contribuente, ovvero tramite il sostituto d’imposta che presta assistenza fiscale, con modifiche rispetto alla dichiarazione precompilata che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta e che:

  • presentano elementi di incoerenza rispetto a particolari criteri, determinati con provvedimento della stessa Agenzia;
  • ovvero determinano un rimborso di importo superiore a 4.000 euro.

Il provvedimento n. 203543 di ieri ha quindi individuato i criteri a cui fare riferimento per identificare i suddetti elementi di incoerenza in relazione ai modelli 730/2023, confermando quelli individuati nei sei anni scorsi.
Costituiscono, dunque, elementi di incoerenza relativi ai modelli 730/2023 con esito a rimborso:

  • lo scostamento per importi significativi dei dati risultanti nei modelli di versamento, nelle Certificazioni Uniche e nelle dichiarazioni dell’anno precedente;
  • oppure la presenza di altri elementi di significativa incoerenza rispetto ai dati inviati da enti esterni o a quelli esposti nelle Certificazioni Uniche;
  • oppure la presenza di situazioni di rischio individuate in base alle irregolarità verificatesi negli anni precedenti.

Il suddetto comma 3-bis dell’art. 5 del DLgs. 175/2014 prevede, inoltre, che l’attività di controllo preventiva sopra illustrata possa avvenire in via automatizzata o mediante verifica della documentazione giustificativa, entro quattro mesi dal termine previsto per la trasmissione del modello 730, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a tale termine.

A conclusione delle operazioni di controllo preventivo, l’Agenzia delle Entrate eroga il rimborso che risulta spettante non oltre il sesto mese successivo al termine previsto per la trasmissione del modello 730, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine.
Restano comunque fermi i controlli previsti in materia di imposte sui redditi.

La suddetta disciplina in materia di controlli preventivi trova applicazione, secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 4 del DLgs. 175/2014, anche in relazione ai modelli 730 presentati:

  • tramite i CAF e i professionisti abilitati che prestano assistenza fiscale;
  • a prescindere che si tratti di una dichiarazione precompilata (modificata o meno) o di una dichiarazione presentata secondo le modalità ordinarie.

Se la dichiarazione è stata inclusa nei controlli preventivi:

  • l’Agenzia delle Entrate non rende disponibile il risultato contabile per l’effettuazione dei conguagli (modello 730-4) e ne informa il soggetto che ha prestato assistenza fiscale (professionista, CAF o sostituto d’imposta) o il contribuente in caso di presentazione diretta;
  • il contribuente deve provvedere autonomamente al versamento del secondo o unico acconto relativo all’IRPEF e/o alla cedolare secca sulle locazioni, entro il 30 novembre, mediante il modello F24 (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 12 marzo 2018 n. 4, § 7).

PROCEDURE APPLICABILI ANCHE ALL’INPS
Ai fini dei controlli preventivi, le suddette procedure si applicano anche ai modelli 730/2023 presentati a un CAF o professionista con l’INPS quale sostituto d’imposta.
A partire dai modelli 730/2020, infatti, è stata disposta l’estensione all’INPS delle ordinarie procedure di ricezione dei modelli 730-4 per il tramite dell’Agenzia delle Entrate, come avviene nei confronti degli altri sostituti d’imposta (in precedenza, invece, l’INPS riceveva i modelli 730-4 dai CAF o professionisti mediante l’utilizzo dei propri canali telematici).

Frazionamenti ante interventi agevolati sempre legittimi con i presupposti urbanistici

“In assenza di una espressa previsione normativa al riguardo, è possibile fruire del Superbonus anche nell’ipotesi in cui, prima dell’inizio dei lavori, il contribuente suddivida in più immobili un’unica unità abitativa”.
L’importante affermazione di principio è contenuta nella circ. Agenzia delle Entrate n. 23/2022 (§ 2), la quale, dopo aver chiarito che, “ad esempio, l’unico proprietario di un edificio può prima dell’inizio dei lavori, frazionarlo in più unità immobiliari distintamente accatastate al fine di beneficiare di un limite di spesa più elevato” aggiunge anche che “resta fermo l’eventuale accertamento, in concreto di un utilizzo distorto dell’agevolazione in esame”.

Giova anzitutto sottolineare che, nonostante il chiarimento di prassi ufficiale si riferisca specificamente al superbonus di cui all’art. 119 del DL 34/2020 e al caso del frazionamento di una “unità abitativa”, tale affermazione risulta altrettanto pertinente:
– con riferimento anche agli altri bonus edilizi diversi dal superbonus, di cui all’elencazione del comma 2 dell’art. 121 del DL 34/2020,
– e con riguardo al frazionamento di immobili a destinazione diversa da quella abitativa.

Ciò detto, il diritto di frazionare l’immobile ante interventi, le cui spese vengono agevolate con il superbonus o altro bonus edilizio di cui all’art. 121 comma 2 del DL 34/2020 (ecobonus, sismabonus, bonus eliminazione barriere e bonus casa), “al fine di beneficiare di un limite di spesa più elevato” non si estende, come è del resto logico, al punto di consentire un utilizzo distorto delle agevolazioni in esame.

Al netto della combinazione del “frazionamento ante interventi” con altri atti, fatti e circostanze da valutare caso per caso, pare corretto ritenere che non si possa ravvisare utilizzo distorto alcuno ogni qual volta sussistano i presupposti urbanistici alla base della richiesta di frazionamento; e, anche qualora per poter creare tali presupposti si rendano necessari degli interventi edilizi sull’immobile, pare corretto che non si possa ravvisare utilizzo distorto alcuno se rimane possibile individuare una piena autonomia amministrativa e funzionale tra gli interventi sull’immobile finalizzati all’ottenimento del frazionamento catastale sulla base di corretti presupposti urbanistici e i successivi (autonomi) interventi finalizzati al miglioramento dell’efficienza energetica, della riduzione del rischio sismico e della eliminazione delle barriere architettoniche, le cui spese vengono agevolate con il superbonus e/o gli altri bonus edilizi.

Viene da sé che, in questi casi, tutte le spese sostenute sugli interventi finalizzati al frazionamento, ove mai potessero anche in piccola parte rientrare in una o più delle agevolazioni previste, potrebbero beneficiare delle agevolazioni medesime solo fino a concorrenza di un ammontare massimo di spesa agevolata calcolato moltiplicando i tetti massimi unitari per il numero di unità risultanti ante frazionamento; mentre le spese sostenute sugli (autonomi) interventi post frazionamento, finalizzati all’efficienza energetica, alla riduzione del rischio sismico e alla eliminazione delle barriere architettoniche, possono beneficiare delle relative agevolazioni fino a concorrenza di un ammontare massimo di spesa agevolata calcolato moltiplicando i tetti massimi unitari per il numero di unità risultanti post “frazionamento ante interventi”.

Sul piano operativo, risulta evidente come l’opportunità di procedere a interventi finalizzati alla creazione dei corretti presupposti urbanistici per il frazionamento dell’immobile, prima di porre in essere gli (autonomi) interventi agevolati con il superbonus, l’ecobonus, il sismabonus, eccetera, acquisisce un suo interesse economico solo nella misura in cui le spese per gli interventi finalizzati al frazionamento sono di importo trascurabile o comunque significativamente inferiore a quello delle spese sostenute per gli interventi agevolati post frazionamento.

Quello che è però importante sia chiaro agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, è che, anche laddove questo interesse economico vi sia, esso è da considerarsi legittimo sulla base della prassi ufficiale dell’Agenzia medesima richiamata in premessa.
La verifica non va dunque fatta con malinteso pregiudizio sulla convenienza della scelta del contribuente di porre in essere due autonomi interventi edilizi, uno “non agevolato” per frazionare e uno “agevolato” post frazionamento, ma avendo riguardo esclusivo alla correttezza urbanistica del frazionamento posto in essere, alla sussistenza dei presupposti di autonomia amministrativa e funzionale dell’intervento ante e dell’intervento post frazionamento e alla corretta riconducibilità all’uno e all’altro intervento delle spese sostenute per la loro realizzazione.