SISTEMA TS – AMPLIATO AGLI INFERMIERI PEDIATRICI L’OBBLIGO DI INVIO

Come noto, l’art. 3, co. 3, DLgs. n. 175/2014 ha stabilito che:
– i soggetti che erogano prestazioni sanitarie
– sono tenuti ad inviare al Sistema Tessera Sanitaria (STS) i relativi dati entro il 31/01 dell’anno successivo a quello di “sostenimento” della spesa;
per permettere all’Agenzia delle Entrate di predisporre il 730 precompilato dei contribuenti.

SOGGETTI OBBLIGATI ALLA COMUNICAZIONE DELLE SPESE

Nel corso del tempo la platea dei soggetti interessati si è progressivamente ampliata, con l’emanazione di appositi provvedimenti del MEF.

NUOVI SOGGETTI DAL 2023

Con D.M. del 22/05/2023 (in G.U. del 3/06/2023), il MEF ha disposto l’ampliamento della platea dei soggetti tenuti a trasmettere al Sistema TS i dati delle spese sanitarie:
▪️ agli infermieri pediatrici con profilo professionale individuato dal D.M. n. 70/1997 del Ministero della Sanità
▪️ iscritti nell’omonimo Albo nato dal riordino della disciplina degli Ordini delle professioni sanitarie (art. 4, L. n. 3/2018).

DECORRENZA E TERMINE D’INVIO
DECORRENZA E TERMINE D’INVIO

L’obbligo di invio dei dati decorre con riferimento alle spese sostenute dal 1/01/2023 (effetto retroattivo).
In particolare, le spese sostenute:
▪️ nel 2023: dovranno essere oggetto di comunicazione entro il 31/01/2024
▪️ dal 1/01/2024: dovranno essere inviate nei termini ordinari (cadenza mensile).

INVIO DATI STS

Circa l’invio dati al STS si ricorda:
divieto di fatturazione elettronica tramite sdi
l’art. 10-bis, DL n. 119/2018 prevede il divieto di emissione della fattura elettronica per i soggetti tenuti all’invio dei dati STS per il 2019. Dopo una serie di proroghe il divieto da ultimo è stato esteso anche al periodo 2023 (art. 3, co. 2, D.L. n. 198/2022)
invio corrispettivi
l’art. 2, comma 6-quater, D.Lgs. n. 127/2015 prevede la possibilità per i soggetti tenuti all’invio dei dati al STS, di assolvere alla trasmissione telematica dei corrispettivi mediante l’invio dei dati di tutti i corrispettivi giornalieri al STS tramite un RT.

Cripto-attività: il differente approccio tra imposte dirette e indirette

L’Agenzia delle Entrate, al paragrafo 3.7. della bozza in consultazione della circolare pubblicata il 15 giugno 2023, affronta il tema del trattamento fiscale delle cripto-attività ai fini delle imposte indirette, dal momento che queste ultime non sono state oggetto di specifiche disposizioni in ambito IVA.

Il ragionamento delle Entrate

La premessa da cui muove l’Agenzia è che le cripto-attività costituiscono una categoria eterogenea, all’interno della quale sono compresi asset differenti tra loro sia per funzione che per natura. Fatta questa premessa, l’Agenzia delle Entrate afferma (correttamente) che la disciplina IVA per le cripto-attività non può essere univoca e che non si può prescindere da una valutazione case by case, finalizzata cioè a individuare e valutare la reale natura della cripto-attività nonché la sua funzione nella pratica e gli scopi per i quali è effettivamente utilizzata.

Per fare ciò, conclude l’Ufficio, bisogna utilizzare l’approccio c.d. look through un approccio cioè che non si fermi alla mera qualificazione formale ma che invece da rilevanza alla sostanza della cripto-attività al fine di valutare la loro reale natura e funzione.

In termini pratici, ciò significa che per determinare la disciplina IVA applicabile occorre, oltre ai presupposti soggettivi, individuare concretamente l’asset sottostante la singola tipologia di cripto-attività.

Ora, questo ragionamento è condivisibile perché inquadra perfettamente il corretto modus operandi che andrebbe applicato per il trattamento fiscale delle cripto-attività, e cioè un approccio che tenga conto delle differenze tra le varie tipologie di cripto-attività che ne non permette una disciplina unitaria.

Il problema, tuttavia, è che questo metodo non è stato applicato anche per disciplinare il trattamento fiscale delle cripto-attività ai fini delle imposte dirette, nonostante la stessa Agenzia scriva nella circolare che il c.d. look throught sia più propriamente riferito al settore dell’imposizione diretta

Ai fini delle imposte dirette, infatti, la legge di bilancio 2023, con l’aggiunta della lettera c-sexies) all’art. 67 TUIR, ha stabilito che sono redditi tassabili le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività comunque denominate, laddove per cripto-attività si intende “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga”. Così come formulata, questa norma determina un indiscriminato appiattimento delle cripto-attività benché esista una differenza sostanziale tra i diversi tipi di cripto-attività – ad esempio, tra i bitcoin e gli NFT – tale da determinare una distorsione sotto il profillo della tassazione.

La difformità di trattamento

C’è quindi un problema di difformità di trattamento: ai fini delle imposte indirette occorre far riferimento all’asset sottostante la singola cripto-attività per stabilirne il trattamento fiscale, mentre ai fini delle imposte dirette no, con la conseguenza che ogni plusvalenza genera reddito tassabile.

Questa discrepanza in termini pratici provoca scenari quantomeno illogici. Facciamo un esempio: l’acquisto di un’opera d’arte da un privato che poi viene rivenduta non genera plusvalenze rilevanti ai fini delle imposte dirette; al contrario, un’opera d’arte digitale, cioè un NFT, che viene acquistata e poi rivenduta invece genera plusvalenze tassabili.

Ora, al di là dell’illogicità di questa scelta, non si può non evidenziare che, dati gli esiti sperequativi, la norma così come formulata presenta profili di incostituzionalità, non rispettando né i principi di ragionevolezza e di uguaglianza, trattando diversamente situazioni uguali, e nemmeno quello della capacità contributiva.

A parere di chi scrive, quindi, lo stesso approccio c.d. look through che l’Agenzia delle Entrate ritiene correttamente di doversi applicare in ambito dell’Imposta sul Valore Aggiunto, avrebbe dovuto essere applicato dal legislatore nella codificazione del trattamento fiscale del cripto-attività ai fini delle imposte dirette.

E probabilmente questo approccio anche per le imposte dirette avrebbe legittimato una norma d’interpretazione autentica con valenza retroattiva.

ANNUNCIATA LA PROROGA DEI VERSAMENTI PER I SOGGETTI ISA

Con il Comunicato stampa del 14/06/2023, il MEF ha reso noto che, con un prossimo provvedimento, verrà prorogato il termine per il versamento delle imposte in relazione ai “soggetti Isa”.

In particolare, è previsto il differimento:
dal 30/06/2023 al 20/07/2023 senza applicazione della maggiorazione dello 0,4%
✓ del termine per i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA in relazione contribuenti interessati dall’applicazione degli Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA).

AMBITO SOGGETTIVO

In relazione ai soggetti interessati dalla proroga, il Comunicato rende noto si applica ai professionisti e alle imprese che esercitano attività per le quali sono approvati gli ISA.
In sostanza si dovrebbe trattare di una proroga del tutto analoga a quanto già previsto negli scorsi anni, dovendosi, pertanto, ritenere che operi a favore dei soggetti che soddisfano le seguenti condizioni:
▪️ esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli ISA
▪️ dichiarano ricavi/compensi di importo non superiore a € 5.164.569 (limite stabilito, per ciascun
indice, dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’Economia e delle finanze)

Contribuenti inclusi: possono beneficiare della proroga anche i contribuenti che
– applicano il regime forfetario o il regime dei “contribuenti minimi”
– presentano cause di esclusione dagli ISA diverse da quella citata (ricavi/compensi > € 5.164.569)
partecipano a società di persone/Srl in trasparenza fiscale, studi associati o imprese familiari che fruiscono della proroga (in quanto soggetti Isa e con ricavi/compensi inferiore al citato limite); per i soci di Srl non in trasparenza fiscale la proroga dovrebbe estendersi all’IVS eventualmente dovuta.

Soggetti esclusi: non possono fruire della proroga i contribuenti che svolgono attività agricole e che sono titolari solo di redditi agrari ai sensi degli artt. 32 ss. del TUIR (Interpello 330/2019).

Naturalmente rimangono esclusi anche tutte le persone fisiche “private”, nonché gli enti non commerciali privi di un’attività commerciale soggetta ad ISA.

AMBITO OGGETTIVO

La proroga si applica a tutti i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e IRAP e IVA, tra cui:
– il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IRPEF, dell’IRES e dell’IRAP;
– il saldo 2022 dell’addizionale regionale IRPEF;
– il saldo 2022 e l’eventuale acconto 2023 dell’addizionale comunale IRPEF;
– il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 della cedolare secca sulle locazioni;
– il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’imposta sostitutiva (15% o 5%) dovuta dai contribuenti forfettari e dell’imposta sostitutiva del 5% dovuta dai c.d. contribuenti minimi;
– il saldo 2022 e l’eventuale primo acconto 2023 dell’IVIE e/o dell’IVAFE;

VERSAMENTI SUCCESSIVI E RATEAZIONE

Per i soggetti Isa che possono fruire della proroga, in passato era previsto che:
✓ per i versamenti differiti al 20 luglio: il differimento opera senza alcuna maggiorazione dello 0,4%
✓ maggiorazione che risultava applicabile per i versamenti effettuati successivamente, dal 21/07 al 31/07.

Rateizzazione
Per i contribuenti che si avvarranno della proroga al 20/07/2023 si modifica il piano di rateazione che intendono eventualmente applicare; in tal caso: la seconda rata: non può cadere al 17/07/2023, ma viene differita al 21/08/2023 mentre le rate successive rimangono

Non risultano modificate le scadenze del piano di rateazione nel caso in cui si provveda al pagamento entro il 31/07/2023 (con la maggiorazione dello 0,4%).

Dichiarazione IMU per gli anni 2021 e 2022 entro fine mese

Entro il 30 giugno 2023 deve essere presentata, in alcuni casi, la dichiarazione IMU “ordinaria” e la dichiarazione IMU enti non commerciali (ENC) relativamente agli anni 2021 2022.
Quanto alla dichiarazione “ordinaria” la norma cui fare riferimento è contenuta nel comma 769 dell’art. 1 della L. 27 dicembre 2019 n. 160, mentre per gli enti non commerciali occorre riferirsi al successivo comma 770.

nuovi modelli di dichiarazione che devono essere utilizzati sono quelli approvati dal:
– DM 29 luglio 2022, per i soggetti passivi IMU “ordinari”;
– DM 4 maggio 2023, per gli enti non commerciali.
Le uniche eccezioni riguardano gli immobili situati nelle Province autonome di Trento e Bolzano, assoggettati rispettivamente all’IMIS e all’IMI, per i quali i contribuenti devono utilizzare i modelli dichiarativi approvati dalle suddette Province autonome.
Per gli immobili siti nella Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, nella quale è applicabile l’imposta locale immobiliare autonoma (ILIA) a partire dal 1° gennaio 2023, i soggetti passivi (compresi gli enti non commerciali) continuano a usare, per le dichiarazioni relative al 2021 e 2022, i modelli previsti per l’IMU.

In generale, i soggetti passivi sono tenuti a presentare la dichiarazione IMU “ordinaria” entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui:
– il possesso degli immobili ha avuto inizio;
– o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta.
In ogni caso, per i soggetti passivi diversi dagli enti non commerciali di cui all’art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019, nessuna dichiarazione deve essere presentata se le circostanze sono conoscibili autonomamente dal Comune, ad esempio mediante consultazioni catastali (cfr. istruzioni allegate al DM 29 luglio 2022, p. 7).

Di contro, sono tenuti all’adempimento i contribuenti che non hanno richiesto gli aggiornamenti della banca dati catastale (cfr. istruzioni allegate al DM 29 luglio 2022, p. 9), ma anche quelli che beneficiano delle esenzioni o riduzioni previste per l’IMU, ai sensi dell’art. 1 comma 769 della L. 160/2019 (ad esempio, l’esenzione per i c.d. “immobili merce” in vigore dal 2022, le agevolazioni previste per gli immobili assimilati all’abitazione principale, le esenzioni IMU riconosciute nell’ambito del Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato COVID, elencate dal DM 11 dicembre 2021, ecc.), e, in generale, per tutte le circostanze che determinano una variazione dell’imposta non autonomamente conoscibile dal Comune.

Gli enti non commerciali di cui all’art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019, invece, devono presentare la dichiarazione IMU ENC ogni anno, indipendentemente dal verificarsi di variazioni che influiscano o meno sulla determinazione dell’imposta dovuta.

Si ricorda al riguardo che, a norma dell’art. 1 comma 6 del DL 61/2023, per i soggetti che, al 1° maggio 2023, avevano la residenza ovvero la sede legale o la sede operativa nei territori indicati nell’allegato 1 del medesimo decreto (ossia nei territori di Emilia Romagna, Marche e Toscana colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi dal 1° maggio 2023), sono sospesi i termini per gli adempimenti tributari in scadenza dal 1° maggio 2023 al 31 agosto 2023.
In ragione di tale disposizione, si deve ritenere che, anche per gli enti non commerciali ex art. 1 comma 759 lett. g) della L. 160/2019 con sede nei predetti territori al 1° maggio 2023 (così come per gli altri soggetti passivi con residenza o sede in tali luoghi), siano sospesi i termini di presentazione delle dichiarazioni IMU per il 2021 e 2022 (entrambi con scadenza il 30 giugno 2023).

Ai sensi del successivo comma 7 ultimo periodo dell’art. 1 del DL 61/2023, la presentazione delle dichiarazioni IMU per il 2021 e 2022 in detti territori potrà avvenire entro il 20 novembre 2023, senza applicazione di sanzioni.Dichiarazione IMU ENC solo telematica

Per quanto riguarda le modalità di presentazione, il DM 4 maggio 2023 richiama che la dichiarazione IMU ENC va presentata esclusivamente con modalità telematiche (mediante i servizi telematici Entratel o Fisconline), direttamente dal contribuente oppure da un soggetto abilitato ex art. 3 comma 3 del DPR 322/98.

Limitatamente alla dichiarazione IMU “ordinaria”, la trasmissione, oltre che con modalità telematica, può avvenire in forma cartacea mediante consegna a mano presso l’ufficio protocollo del Comune, trasmissione a mezzo PEC o posta, con raccomandata senza ricevuta di ritorno indirizzata all’ufficio tributi del Comune (la data di spedizione è considerata come data di presentazione della dichiarazione).

Comunicazione dei tax credit energia maturati nel 2022 con remissione in bonis

In relazione alla mancata comunicazione dei crediti d’imposta energia e gas maturati nel 2022, è possibile fruire della remissione in bonis trattandosi di un adempimento di natura “formale”. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 27 di ieri.

Si ricorda che le disposizioni sui crediti d’imposta per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale relative al terzo trimestre 2022 (art. 6 del DL 115/2022), ai mesi di ottobre e novembre (art. 1 del DL 144/2022) e dicembre 2022 (art. 1 del DL 176/2022) prevedono che i beneficiari dei crediti d’imposta debbano inviare entro il 16 marzo 2023 all’Agenzia delle Entrate, a pena di decadenza dal diritto alla fruizione del credito residuo, un’apposita comunicazione dell’importo del credito maturato nell’esercizio 2022 (cfr. art. 1 comma 6 del DL 176/2022).
Tale comunicazione doveva essere inviata entro lo scorso 16 marzo, secondo le modalità previste con il provv. Agenzia delle Entrate 16 febbraio 2023 n. 44905 (si vedano “Ultimi giorni per la comunicazione dei tax credit energia e gas maturati nel 2022” del 9 marzo 2023 e “Comunicazione tax credit energia scartata ritrasmessa anche oltre il 16 marzo” dell’11 marzo 2023).

Nel caso di specie, viene rilevato che la comunicazione dell’importo del credito maturato nell’esercizio 2022 non è stata inviata per mera dimenticanza, ma che ricorrono i presupposti che danno luogo al diritto a fruire del credito di imposta e non sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento. Si chiede quindi se sia possibile ricorrere all’istituto della remissione in bonis disciplinato dall’art. 2 della DL 16/2012.
Inoltre, viene chiesto cosa fare nel caso in cui il sistema informativo dell’Agenzia delle Entrate dovesse scartare la comunicazione per avvenuto superamento del termine ordinario di invio.

L’Agenzia afferma che, fermo restando che l’istante non precisa di quali crediti d’imposta sia esattamente titolare, non può porsi alcun dubbio di remissione in bonis in riferimento ai:
– crediti relativi al primo e secondo trimestre 2022, non coinvolti nella citata comunicazione e, comunque, da utilizzare al più tardi entro il 31 dicembre 2022;
– crediti riferiti ai primi trimestri del 2023, parimenti estranei alla citata comunicazione.

Tanto premesso, l’Amministrazione finanziaria osserva come l’adempimento di cui all’art. 1 comma 6 del DL 176/2022 non rappresenta un elemento costitutivo dei crediti richiamati. La sua omissione, infatti, non ne inficia l’esistenza, ma ne inibisce l’utilizzo in compensazione, qualora lo stesso non sia già avvenuto entro il 16 marzo 2023.
Si tratta, dunque, di un adempimento di natura “formale”, come risulta dal citato provvedimento del 16 febbraio 2023 (§ 2.6 e 3.1) e dalle circolari nn. 13/2022 e 20/2022 (con riferimento al termine iniziale di fruizione).

Quanto precisato sulla natura della comunicazione, ad avviso dell’Agenzia, rende alla stessa applicabile la previsione dell’art. 2 comma 1 del DL 16/2012 disciplinante la c.d. “remissione in bonis”, secondo cui la fruizione di benefici di natura fiscale o l’accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa laddove il contribuente:
– abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
– effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
– versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’art. 11 comma 1 del DLgs. 471/97, pari a 250 euro.

Considerando tuttavia che i crediti in esame, in riferimento ai periodi oggetto di comunicazione (terzo e quarto trimestre 2022), sono utilizzabili esclusivamente in compensazione ex art. 17 del DLgs. 241/97 entro il 30 settembre 2023 (art. 1 comma 3 del DL 176/2022), la remissione in bonis, dovendo necessariamente precedere l’utilizzo del credito, non può essere effettuata oltre tale termine e comunque prima dell’utilizzo in compensazione del credito.
Peraltro, stante l’espressa previsione normativa, si rammenta che il ricorso a tale istituto è inibito in presenza di attività di controllo poste in essere prima del suo perfezionamento.

L’Agenzia rileva inoltre che lo scarto del modello F24 recante i crediti che avrebbero dovuto formare oggetto di una tempestiva comunicazione non rientra tra le ipotesi inibitorie. Tale tipologia di scarto segnala soltanto l’anomalia del mancato invio della comunicazione o sue eventuali incongruenze e non appura una violazione.

Da ultimo, in merito alle modalità con cui procedere all’invio della comunicazione oltre il termine del 16 marzo 2023, la risoluzione segnala che lo stesso potrà avvenire come in precedenza stante la riapertura del canale telematico dedicato, che sarà resa nota nei prossimi giorni con apposito avviso pubblicato sul sito istituzionale dell’Agenzia delle Entrate.

Assegnazioni e cessioni agevolate con differenti effetti in capo al socio

Le operazioni agevolate di assegnazione e cessione dei beni ai soci di cui all’art. 1 commi 100-105 della L. 197/2022 comportano differenti effetti in capo ai soci con riferimento al valore fiscale dei beni assegnati (o ceduti).

In particolare, nell’ambito delle operazioni di assegnazione agevolata, l’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che il valore del bene assunto ai fini fiscali dal socio assegnatario è il medesimo di quello adottato dalla società nella determinazione dell’imposta sostitutiva sulla plusvalenza realizzata: in questo senso si era espressa nella C.M. 21 maggio 1999 n. 112 (cap. I, Parte II, § 4.3), il cui orientamento è stato confermato nella più recente circ. 1 giugno 2016 n. 26.
Pertanto, laddove la società abbia calcolato l’imposta sostitutiva dell’8% o del 10,5% sulla plusvalenza determinata assumendo il valore normale ex art. 9 del TUIR, lo stesso deve essere assunto dal socio nella determinazione delle (eventuali) successive plusvalenze o minusvalenze.
Laddove, invece, la società abbia determinato la plusvalenza assumendo il valore catastale, lo stesso costituisce il nuovo costo fiscale in capo al socio ai fini delle successive plusvalenze o minusvalenze.

Diversamente, nell’ambito delle operazioni di cessione agevolata, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il costo fiscalmente riconosciuto del bene in capo al socio (cessionario) deve essere pari al corrispettivo pattuito, indipendentemente dal valore utilizzato dalla società nella determinazione della plusvalenza assoggettata a imposta sostitutiva (così si sono espresse le circ. n. 26/2016 e n. 37/2016).

Trattasi, con tutta probabilità, di un’interpretazione volta a scoraggiare le cessioni agevolate effettuate a corrispettivi inferiori al valore catastale, la quale comporta, tuttavia, fenomeni di doppia imposizione su una parte di valore del bene, in considerazione del fatto per cui il valore catastale rappresenta proprio il minimo valore cui attenersi nell’operazione di cessione agevolata (art. 1 comma 102, secondo periodo, della L. 197/2022).

Si pensi, ad esempio, ad un’operazione di cessione agevolata di un bene avente costo fiscalmente riconosciuto di 90.000 euro, valore normale di 250.000 euro e valore catastale di 165.000 euro, effettuata ad un corrispettivo di 150.000 euro.
La società assoggetta all’imposizione sostitutiva la plusvalenza fiscale di 75.000 euro, determinata dalla differenza tra il valore catastale (valore minimo da assumere a questi fini se il corrispettivo, come nell’esemplificazione, è inferiore) e il costo fiscalmente riconosciuto del bene.

Il socio, stando all’interpretazione fornita dalla prassi, nell’ipotesi di una successiva vendita dello stesso bene al prezzo di 200.000 euro, realizzerebbe una plusvalenza di 50.000 euro, dovendo assumere quale nuovo costo fiscale del bene il corrispettivo della cessione agevolata (150.000 euro), anziché il valore catastale (165.000 euro) utilizzato dalla società, che porterebbe ad una plusvalenza di 35.000 euro.Ripartenza del quinquennio dalla data di assegnazione

L’assegnazione e cessione agevolate determinano, inoltre, in capo ai soci assegnatari (o cessionari) l’acquisto a titolo originario del bene, comportando per i soggetti non imprenditori l’interruzione del quinquennio rilevante per le plusvalenze immobiliari ex art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR.
Se, quindi, il socio decide di vendere il bene immobile nei cinque anni successivi all’operazione, lo stesso realizzerà una plusvalenza imponibile.

Nell’ambito dell’assegnazione agevolata, quindi, la scelta tra valore normale e catastale dovrà essere valutata anche sulla scorta delle intenzioni del socio rispetto a una successiva vendita dell’immobile (se queste intenzioni sono concrete e, soprattutto, attuali, l’assunzione del valore normale è in genere una scelta maggiormente favorevole nell’economia complessiva dell’operazione).

Su questo profilo, inoltre, l’Agenzia delle Entrate (ris. 17 ottobre 2016 n. 93) ha chiarito che non sussiste abuso del diritto in ipotesi di cessione di immobili effettuata dal socio successivamente all’assegnazione agevolata, godendo di un’imposizione calcolata sulla sola differenza tra il prezzo pagato dal terzo acquirente e il valore di assegnazione (o, addirittura, senza scontare tassazione).

L’operazione agevolata di trasformazione in società semplice, invece, non comporta alcuna interruzione del periodo di possesso dei beni e non determina, quindi, l’interruzione del quinquennio rilevante per le plusvalenze immobiliari.
Così, se all’atto della trasformazione la società deteneva gli immobili da almeno cinque anni, nella successiva cessione non si realizzano plusvalenze tassabili.

Contributo alle imprese di autotrasporto: prenotazione dal 26/06/2023

Con un apposito comunicato stampa (08/06/2023), il MIT ha reso noto che:
• dalle ore 10 del 26/06/2023 e fino alle ore 16 dell’11/08/2023;
• le imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi: la cui attività prevalente sia quella di autotrasporto di cose, codice ATECO 49.41;
• possono presentare le domande per accedere al contributo previsto per il rinnovo del parco veicolare in senso maggiormente eco-sostenibile, disciplinato dal DM n. 97 del 12/04/2023.

L’istanza, che ha validità di prenotazione delle risorse disponibili (pari a 25 milioni di euro), è presentata dall’impresa richiedente esclusivamente tramite PEC all’indirizzo ram.investimenti2023@legalmail.it, trasmettendo il modello reperibile nella Sezione “Investimenti IX edizione” dedicata all’incentivo sul sito web del soggetto gestore RAM (www.ramspa.it).

Ogni impresa ha diritto alla presentazione di una sola domanda di accesso agli incentivi, contenente tutti gli investimenti anche per più mezzi di diversa tipologia. Nel caso in cui vengano presentate più domande, verrà presa in considerazione solamente quella inoltrata per prima.

È tuttavia possibile annullare l’istanza precedentemente inoltrata e, contestualmente, presentare una nuova domanda, riportando come oggetto della PEC la dicitura “annullamento istanza”, oppure “annullamento istanza e nuova presentazione”, con l’effetto di uno scorrimento nella graduatoria a una nuova posizione in coda.

Tutti i soggetti che hanno presentato la domanda, nel periodo di rendicontazione sono tenuti a fornire la prova:
• del perfezionamento dell’investimento;
• che l’investimento sia stato avviato in data successiva al 23 maggio 2023 (data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del DM 12 aprile 2023 n. 97), presupposto per l’ammissione all’erogazione del contributo.

In caso di acquisizione mediante contratto di leasing finanziario, i contribuenti devono altresì dimostrare la piena disponibilità del bene, attraverso la produzione di copia del verbale di presa in consegna del bene medesimo.

Il suddetto periodo di rendicontazione decorre dalle ore 10 dell’11 settembre 2023 e si conclude alle ore 16 dell’11 giugno 2024.

La documentazione richiesta deve essere trasmessa utilizzando l’apposita piattaforma informatica, che sarà resa nota sul sito web del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e sul sito della RAM.

Al fine della rendicontazione, le imprese sono tenute a presentare la documentazione tecnica di cui agli articoli da 4 a 9 del DM 97/2023 e la prova documentale dell’integrale pagamento del prezzo attraverso la relativa fattura debitamente quietanzata, da cui risulti il prezzo del bene.

Beni acquisiti in leasing – Ove l’acquisizione dei beni si perfezioni mediante contratto di leasing finanziario, l’aspirante all’incentivo è tenuto a comprovare il pagamento dei canoni in scadenza alla data ultima per l’invio della documentazione. La prova del pagamento dei suddetti canoni può essere fornita alternativamente con la fattura rilasciata all’utilizzatore dalla società di leasing, debitamente quietanzata, ovvero con copia della ricevuta dei bonifici bancari effettuati dall’utilizzatore a favore della suddetta società.

Solo successivamente al completamento della rendicontazione, la domanda effettuata con prenotazione potrà considerarsi perfezionata. Le domande che non verranno rendicontate nei termini descritti decadranno automaticamente, liberando quindi risorse e determinando lo scorrimento dell’elenco degli istanti.

Nel caso in cui, a esito dell’istruttoria sulla rendicontazione, l’impresa non risulti aver perfezionato, in tutto o in parte, gli investimenti dichiarati, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti potrà tenerne conto ai fini di successive edizioni di incentivazione.

Calcolo tax credit imprese energivore: non rientra tra i sussidi l’analogo credito d’imposta riconosciuto per il trimestre precedente

Con la risposta a interpello 355 del 20/06/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al calcolo dei crediti d’imposta per le imprese energivore, con particolare riferimento all’inclusione o meno del sussidio ottenuto nel trimestre precedente.

La questione posta riguardava, in sostanza, l’incidenza del credito d’imposta riconosciuto per il 2° trimestre 2022 su quello spettante per il 3° trimestre, nonché la rilevanza di eventuali sussidi in relazione al credito per l’autoconsumo fruito.

Ai sensi dell’art. 6, co. 1, DL 115/2022, le imprese “a forte consumo di energia elettrica” (come definite dal DM 21/12/2017), i cui costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del 2° trimestre 2022 al netto delle imposte e di “eventuali sussidi”, hanno subito un incremento superiore al 30% rispetto al 2° trimestre 2019, è riconosciuto un contributo straordinario sotto forma di credito di imposta, pari al 25% delle spese sostenute per la componente energetica acquistata (ed effettivamente utilizzata) nel 3° trimestre 2022.

Il credito d’imposta è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l’energia elettrica prodotta dalle imprese energivore e dalle stesse autoconsumata nel 3° trimestre 2022. In tal caso, l’incremento del costo per kWh di energia elettrica prodotta e autoconsumata è calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati per la produzione della medesima energia elettrica e il credito di imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell’energia elettrica pari alla media, relativa al 3° trimestre 2022, del prezzo unico nazionale dell’energia elettrica (cd. PUN”).

Nel documento di prassi viene evidenziato che il perdurare della situazione che ha giustificato l’originario intervento normativo ha spinto il legislatore a prorogare le misure originarie nel quadro di un intervento che deve comunque considerarsi “unitario” in quanto collegato a una unitaria situazione di crisi che si è prolungata ben oltre l’originario orizzonte temporale.

Valutate sotto il profilo della loro ratio, infatti, le disposizioni hanno inteso introdurre un beneficio unico “a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti” dalle predette imprese per tutto il 2022 e per parte del 2023.

Ciò detto, in relazione al caso descritto, si richiamano i chiarimenti forniti con la CM 13/E/2022, in base alla quale:
• si considera spesa agevolabile quella sostenuta per l’acquisto della componente energetica (costituita dai costi per l’energia elettrica, il dispacciamento e la commercializzazione), ad esclusione di ogni onere accessorio, diretto e/o indiretto, indicato in fattura diverso dalla componente energetica. Si tratta, sostanzialmente, della macrocategoria abitualmente indicata in fattura complessivamente alla voce ”spesa per la materia energia”. Non costituiscono spese agevolabili, a titolo di esempio, le spese di trasporto e le coperture finanziarie sugli acquisti di energia elettrica
• per ”sussidio” si intende qualsiasi beneficio economico (fiscale e non fiscale) conseguito dall’impresa ”energivora”, a copertura totale o parziale della componente energia elettrica e ad essa direttamente collegata. Si tratta, in particolare, di sussidi riconosciuti in euro/MWh ovvero in conto esercizio sull’energia elettrica.

Quanto detto vale anche in relazione al credito d’imposta relativo all’energia autoconsumata; ciò è confermato dal tenore letterale della citata disposizione che, ai fini del test di accesso, considera come incremento la mera variazione del prezzo “unitario” del combustibile.

In conclusione, secondo l’Amministrazione finanziaria i crediti d’imposta energivori relativi al 2° trimestre del 2022, di cui all’art. 4, co. 1, DL 17/2022, non rientrano tra i “sussidi” ai fini della determinazione del credito relativo al 3° trimestre 2022 (art. 6, DL 115/2022).

Del pari, l’incremento del costo per kWh di energia elettrica prodotta e autoconsumata deve essere calcolato dalla società, nel caso di specie, con riferimento alla variazione del prezzo unitario del gas acquistato e utilizzato per la produzione della medesima energia elettrica, senza tenere conto del credito energivori autoconsumo relativo al 2° trimestre 2022 (ex art. 4, co. 2, DL 17/2022).
I medesimi concetti trovano, naturalmente, applicazione anche per quanto riguarda i crediti d’imposta spettanti sui trimestri successivi.

Superbonus – sconto in fattura: sanzione per credito non spettante per errata indicazione del codice fiscale nelle fatture emesse e nelle comunicazioni

Con la risposta n. 348 del 14/06/2023, l’Agenzia ha affrontato il caso relativo all’ipotesi di ”annullamento” della comunicazione di ”sconto in fattura” e successivo riversamento del credito già compensato, a fronte di interventi agevolabili realmente eseguiti, benché in favore di un soggetto individuato in fattura con un codice fiscale diverso; si chiede se in tale fattispecie la sanzione da applicare:
• sia quella del credito ”non spettante’ ex art. 13 comma 4 del DLgs. 471/97′;
• o, piuttosto quella del credito ”inesistente” ex art. 13 comma 5 del DLgs. 471/97.

Richiamando la RM 36/2018 e la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. nn. 34444 e 34445 del 2021), si desume che devono ricorrere entrambi i requisiti per considerare inesistente il credito, ossia:
• deve mancare il presupposto costitutivo (il credito non emerge dai dati contabili, finanziari o patrimoniali del contribuente)
• l’inesistenza non deve essere riscontrabile con controlli automatizzati o formali.

Ne deriva, a contrario, che se manca uno di tali requisiti, il credito deve ritenersi non spettante (cfr. anche Cass. 7615/2022).

Nel caso di specie,
• sebbene l’errata indicazione del codice fiscale, sia nelle fatture emesse sia nelle comunicazioni inviate, rappresenti un errore sostanziale; per il quale si è resa necessaria la correzione dell’operazione ab origine e il riversamento del credito indebitamente utilizzato;
• considerato che: il credito compensato si ricollega a un intervento “reale” con la sola eccezione dell’errata indicazione del codice fiscale del fruitore dei lavori agevolabili” e la rettifica dell’operazione mediante, storno e sostituzione delle fatture originarie, oltre all’invio della nuova comunicazione, ha rigenerato il credito, il cui presupposto costitutivo può dirsi esistente ante compensazione.

Nella fattispecie descritta, è stata considerata applicabile la sanzione per i crediti “non spettanti” di cui all’ art. 13 comma 4 del DLgs. 471/97(ossia quella del 30% e non quella dal 100% al 200% del successivo comma 5 per i casi di crediti “insistenti”), ravvedibile ex art. 13 del DLgs. 472/97.

Tale violazione – fino al 30 settembre 2023 – è sanabile anche tramite il c.d. “ravvedimento speciale”, nei termini e con le modalità disciplinate dall’art. 1 commi da 174 a 178 della L. 197/2022.

Scende a 48 euro la deduzione forfetaria per gli autotrasportatori

Scende a 48 euro la misura della deduzione forfetaria per gli autotrasportatori. Con comunicato di ieri, 16 giugno, il Ministero dell’Economia e delle finanze ha reso note le misure dell’agevolazione per il periodo d’imposta 2022, da indicare nel modello REDDITI 2023.

Si tratta, nello specifico, della deduzione forfetaria di cui all’art. 66 comma 5 primo periodo del TUIR, con riferimento alla quale, nonostante gli importi deducibili siano previsti direttamente dalla citata norma, la misura effettiva della deduzione forfetaria viene fissata annualmente, tenendo conto dello stanziamento annuale previsto e dell’adeguamento alle variazioni dell’indice ISTAT.
Con il comunicato di ieri, il Ministero dell’Economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base delle risorse disponibili, ha quindi definito le misure agevolative relative alle deduzioni forfetarie per spese non documentate (art. 66 comma 5 primo periodo del TUIR) a favore degli autotrasportatori nel 2023.

In particolare, per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore oltre il Comune in cui ha sede l’impresa (autotrasporto merci per conto di terzi) è prevista una deduzione forfetaria di spese non documentate, per il periodo d’imposta 2022, nella misura di 48 euro.
La misura viene quindi ridotta rispetto a quella dello scorso anno (periodo d’imposta 2021), che era stata fissata in misura pari a 55 euro; l’anno ancora precedente (periodo d’imposta 2020) era invece pari a 48 euro.
La deduzione, ricorda il comunicato, spetta una sola volta per ogni giorno di effettuazione di trasporti, indipendentemente dal numero dei viaggi.

Il comunicato precisa inoltre che la deduzione spetta anche per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa, per un importo pari al 35% di quello riconosciuto per i medesimi trasporti oltre il territorio comunale.
Pertanto, tale deduzione spetta in misura pari a 16,8 euro (35% di 48).

Quanto agli obblighi documentali, si ricorda che il contribuente deve predisporre e conservare (fino alla scadenza del termine per l’accertamento, unitamente ai documenti di trasporto, alle fatture ed alle lettere di vettura) un prospetto recante l’indicazione: dei viaggi effettuati e della loro durata; delle località di destinazione; degli estremi dei documenti di trasporto delle merci (o delle fatture o delle lettere di vettura).

INDICAZIONE NEL RIGO RF55 O RG22

In merito all’indicazione in dichiarazione dei redditi, l’Agenzia delle Entrate, con comunicato stampa pubblicato sempre ieri, ha fornito le relative indicazioni per la compilazione.

Si ricorda che la deduzione forfetaria per i trasporti effettuati personalmente dall’imprenditore ai sensi dell’art. 66 comma 5 primo periodo del TUIR va riportata nei quadri RF e RG dei modelli REDDITI PF e SP 2023, utilizzando (come indicato nelle istruzioni del modello REDDITI):
– nel rigo RF55 i codici 43 e 44;
– nel rigo RG22 i codici 16 e 17.
Tali codici si riferiscono, rispettivamente, alla deduzione per i trasporti all’interno del Comune in cui ha sede l’impresa e alla deduzione per i trasporti oltre tale ambito.