Quadro RW fuori dal ravvedimento speciale per il rientro dei capitali esteri

La L. 197/2022, all’art. 1 commi 174 ss., ha introdotto una forma di ravvedimento operoso speciale che si distingue dal ravvedimento ordinario per i seguenti aspetti:
– le sanzioni sono ridotte sempre a 1/18 del minimo;
– gli importi possono essere pagati anche in forma rateale, precisamente in 8 rate maggiorate degli interessi al tasso del 2% annuo;
– il pagamento delle somme e la rimozione della violazione (tipicamente, la dichiarazione integrativa) devono avvenire entro il 30 settembre 2023.

Nel ravvedimento speciale non rientra la violazione di omessa dichiarazione.
Salvo il quadro RW, che merita un discorso a parte, le violazioni reddituali conseguenti al rientro dei capitali esteri ben possono essere oggetto di ravvedimento speciale.
Il problema è complicato se il contribuente non ha dichiarato nel quadro RW possedimenti detenuti in un Paradiso fiscale rilevante ai sensi dell’art. 12 del DL 78/2009.

Pensiamo, per formulare un esempio semplice, alla detenzione di un conto corrente in Svizzera per l’ammontare di 100.000 euro.
Le sanzioni in tema di quadro RW, ai sensi dell’art. 5 del DL 167/90, sono in tal caso dal 6% al 30% dell’ammontare non dichiarato. Opera il ravvedimento ordinario, quindi bisogna pagare le sanzioni del 6% ridotte da 1/8 a 1/6, a seconda di quando ci si ravvede (l’art. 1 comma 176 della L. 197/2022 esclude queste violazioni dal ravvedimento speciale).

In questo caso, come anticipato, opera l’art. 12 del DL 78/2009, quindi l’intero ammontare non dichiarato nel quadro RW si presume reddito evaso in Italia, con sanzioni da dichiarazione infedele raddoppiate.
Ove il contribuente sia certo di poter dimostrare che l’ammontare del conto detenuto in Svizzera derivi da redditi dichiarati in Italia o da proventi non soggetti a tassazione può evitare il ravvedimento e confidare nell’eventuale archiviazione della pratica in caso di controllo.
Se, invece, non si dispone di una convincente prova contraria, le violazioni reddituali indicate possono essere oggetto di ravvedimento speciale, a nostro avviso senza particolari problemi. Non si tratta nemmeno di redditi di fonte estera, ma di redditi prodotti in Italia, sia pure per effetto di presunzione.

Allora, tornando all’esempio del conto svizzero, per tutti gli anni accertabili bisogna pagare le imposte su 100.000 euro, gli interessi legali e le sanzioni del 180% (la misura minima della dichiarazione infedele, pari al 90%, è raddoppiata) ridotte a 1/18.
Volendo essere precisi, ai 100.000 euro andrebbero aggiunti i proventi generati dal conto estero, che, considerata la loro mancata indicazione in RW, rientrano nella presunzione.

Rammentiamo che i termini di accertamento per tale presunzione sono raddoppiati e di ciò, onde regolare completamente la posizione del contribuente, se ne dovrebbe tenere conto.
Entro il 30 settembre 2023 bisogna pagare le somme o la prima rata e presentare la dichiarazione integrativa.

RAVVEDIMENTO SPECIALE PER LA PRESUNZIONE REDDITUALE

Come detto per il quadro RW non c’è il ravvedimento speciale dunque non opera nemmeno il termine del 30 settembre (nulla vieta di presentare una sola integrativa per semplicità, comprensiva anche del quadro RW).
Grazie all’art. 21 comma 2 del DL 34/2023, è ora chiaro che sia i redditi di fonte estera sia le violazioni in tema di IVIE/IVAFE fruiscono del ravvedimento speciale.

Ove il contribuente non abbia compilato il quadro RW non dichiarando, come logica conseguenza, l’IVIE e/o l’IVAFE e i relativi redditi esteri, può fruire del ravvedimento speciale.
Per i redditi esteri, si paga la sanzione del 90% aumentata di un terzo e poi ridotta a 1/18; per l’IVIE/IVAFE la sanzione del 90% ridotta a 1/18.

Decreto Alluvione: rottamazione-quater senza interessi

È stata approvata la legge di conversione del DL n. 61/2023 (decreto Alluvione), pubblicata nella GU del 31 luglio 2023 n. 177.

La conversione in legge del DL Alluvione prevede:

  • la proroga di tre mesi dei termini e delle scadenze della rottamazione-quater e l’azzeramento del tasso di interesse;
  • la sospensione dal 1° maggio 2023 al 31 agosto 2023 dei termini relativi agli adempimenti e versamenti tributari e contributivi;
  • le misure a sostegno del reddito dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi costretti a interrompere l’attività;
  • la possibilità, prevista fino al 31 agosto 2023, per un periodo massimo di 90 giorni di rinnovare o prorogare i contratti a termine anche in assenza delle causali. 

Per completezza si rammenta che nel testo in commento sono state “assorbite” le disposizioni del D.L. n. 88/2023 recante le disposizioni urgenti per la ricostruzione nei territori colpiti dall’alluvione verificatasi dal 1° maggio 2023 con salvezza degli atti e dei provvedimenti adottati medio tempore, oltre che degli effetti prodottisi e dei rapporti giuridici sorti sulla base della sua vigenza.

Proroga della rottamazione-quater e azzeramento del tasso di interesse

Tre mesi di proroga per i termini e le scadenze relativi alla rottamazione-quater. In particolare, i nuovi termini sono:

  • 30 settembre 2023, per la domanda di rottamazione dei ruoli;
  • 31 dicembre 2023, per la comunicazione di liquidazione delle somme;
  • 31 gennaio 2024, per il pagamento della prima o unica rata.

Con una nuova disposizione inserita nel corso dell’iter di conversione, è stato previsto l’azzeramento del tasso di interesse sulle somme dovute in caso di pagamento rateale delle somme dovute.

Sospensione dei termini in materia di adempimenti e versamenti tributari e contributivi

Tra le disposizioni più rilevanti del provvedimento vi è la conferma della sospensione dei termini in materia di adempimenti e versamenti tributari e contributivi nei confronti dei soggetti che alla data del 1° maggio 2023 avevano la residenza, la sede legale o la sede operativa nei territori indicati nell’allegato 1.

Nel dettaglio, vengono sospesi i termini in scadenza nel periodo tra il 1° maggio e il 31 agosto 2023 relativi: 

  • agli adempimenti e ai versamenti tributari;
  • agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria;
  • ai versamenti delle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e alle trattenute relative alle addizionali regionale e comunale all’IRPEF operate dai soggetti ricadenti nelle aree alluvionate in qualità di sostituti d’imposta;
  • agli avvisi di addebito INPS.

I pagamenti dei tributi e contributi sospesi fino al 31 agosto 2023 dovranno essere effettuati in un’unica soluzione entro il 20 novembre 2023 senza sanzioni e interessi; entro lo stesso termine andranno effettuati anche gli adempimenti diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto delle sospensioni.

Nell’ambito delle dichiarazioni dei redditi degli “alluvionati sospesi” l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che qualora il contribuente intenda procedere al versamento delle imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali entro il 31 luglio 2023, non è dovuta la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo.

Nelle ipotesi di versamento rateale delle imposte e contributi a saldo e in acconto ai sensi dell’art. 20 D.Lgs. n. 241/1997 dovrà essere fatta una distinzione per:

  • il titolare di partita IVA, tutte le rate scadrebbero entro il termine per effettuare il versamento in unica soluzione (20 novembre 2023) e, pertanto, gli importi versati ratealmente non devono essere maggiorati degli interessi;
  • il non titolare di partita IVA, tutte le rate scadrebbero entro il termine per effettuare il versamento in unica soluzione, tranne quella in scadenza il 30 novembre 2023, e, pertanto, solo per quest’ultima, qualora non decida di pagarla anticipatamente entro il 20 novembre, dovranno essere versati gli interessi calcolati per un periodo di 10 giorni.

Sospensione degli istituti della tregua fiscale

La sospensione coinvolge pure gli istituti agevolati della tregua fiscale. Sono sospesi i versamenti e gli adempimenti previsti per l’adesione a uno degli istituti di definizione agevolata di cui alla legge di Bilancio 2023 che scadono nel periodo dal 1° maggio 2023 al 31 agosto 2023.

Nel dettaglio la sospensione opera per: 

  • la definizione agevolata degli avvisi bonari (somme dovute a seguito di controllo automatizzato); 
  • la regolarizzazione delle irregolarità formali;
  • il ravvedimento speciale;
  • l’adesione agevolata e la definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento;
  • la definizione agevolata e la conciliazione agevolata delle controversie;
  • la rinuncia agevolata dei giudizi tributari pendenti in Cassazione;
  • la regolarizzazione degli omessi pagamenti di rate dovute a seguito di acquiescenza, accertamento con adesione, reclamo/mediazione e conciliazione giudiziale;
  • lo stralcio dei debiti fino a mille euro affidati all’agente della riscossione.

Analogamente alla sospensione di tutti i versamenti e adempimenti, i versamenti oggetto di sospensione dovranno essere effettuati in unica soluzione, senza sanzioni ed interessi, entro il 20 novembre 2023.

Sono sospesi anche i versamenti, tributari e non, derivanti dalle cartelle di pagamento e da altri atti aventi efficacia esecutiva, ivi compresi quelli degli enti territoriali, che scadono nel periodo dal 1° maggio al 31 agosto 2023. Con riferimento a questi atti, i termini riprendono a decorrere allo scadere del periodo di sospensione, ovvero dal 1° settembre 2023.

Misure a sostegno del reddito dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi

Nelle misure a sostegno dei lavoratori autonomi e subordinati la legge di conversione in commento apporta alcuni correttivi al testo del DL n. 61/2023 e, in particolare, viene prevista:

  • un’indennità una tantum fino a 3.000 euro (500 euro per ciascun periodo di sospensione non superiore a quindici giorni), per professionisti e lavoratori autonomi costretti a interrompere l’attività, riconosciuta ed erogata dall’INPS nei limiti delle risorse disponibili per l’anno 2023 (pari a 253,6 milioni di euro). Le istruzioni operative circa la procedura e le modalità di accesso all’indennità sono state definite dall’INPS con la circolare n. 54/2023. Per ottenere il beneficio, i lavoratori potenziali destinatari delle indennità dovranno presentare domanda all’INPS entro la data del 30 settembre 2023 esclusivamente in via telematica e viene confermato che tale indennità non concorre alla formazione del reddito del percettore;
  • la cassa integrazione emergenziale, fino a 90 giorni per i lavoratori subordinati impossibilitati a prestare attività lavorativa o impossibilitati in tutto o in parte a recarsi al lavoro in conseguenza degli eventi alluvionali (misura coperta fino a 580 milioni di euro). L’indennità è riconosciuta, direttamente dall’INPS, previa domanda del datore di lavoro, quale integrazione al reddito con relativa contribuzione figurativa. Le istruzioni per la presentazione delle istanze sono state fornite dall’INPS con la circolare n. 53/2023.

Per il rinnovo o la proroga dei contratti di lavoro a termine la legge di conversione stabilisce che, fino al 31 agosto 2023, in deroga all’art. 21, DLgs n. 81/2015 e ferma restando la durata massima complessiva di 24 mesi, i datori di lavoro possono rinnovare o prorogare per un periodo massimo di 90 giorni, anche in assenza delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1, del medesimo DLgs. n. 81/2015, i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione, dei lavoratori impiegati presso le imprese che hanno sede legale od operativa in uno dei territori dei comuni alluvionati (individuati nell’allegato 1 del DL n. 61/2023) e che sono impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa.

Remissione in bonis per comunicazioni di opzione con asseverazione predisposta

In relazione alle detrazioni legate agli interventi “edilizi”, l’istituto della remissione in bonis, di cui all’art. 2 comma 1 del DL 16/2012, è pacificamente utilizzabile per sanare:
– l’omesso invio nei termini della comunicazione dovuta all’ENEA entro 90 giorni dall’ultimazione degli interventi di efficienza energetica agevolati con l’ecobonus di cui all’art. 14 del DL 63/2013;
– l’omesso deposito nei termini dell’asseverazione “preventiva”, da predisporre su modello conforme all’Allegato B del DM 58/2017, prima dell’avvio degli interventi di riduzione del rischio sismico agevolati con il sismabonus di cui all’art. 16 comma 1 e ss. del DL 63/2013 o con il superbonus di cui all’art. 119 comma 4 del DL 34/2020;
– l’omesso invio nei termini della comunicazione dovuta all’Agenzia delle Entrate per rendere opponibile all’Erario le opzioni di sconto sul corrispettivo e di cessione del credito esercitate ai sensi dell’art. 121 comma 1 del DL 34/2020 (si veda “Remissione in bonis delle comunicazioni di opzione con sanzione non cumulabile” del 13 giugno 2023).

Nel caso di interventi di efficienza energetica agevolati con il superbonus di cui all’art. 119 commi 1 e 2 del DL 34/2020, la comunicazione dovuta all’ENEA entro 90 giorni dall’ultimazione degli interventi viene a essere sostituita dall’invio all’ENEA dell’“asseverazione superbonus” di cui alla lett. a) del comma 13 dell’art. 119 del DL 34/2020, la quale deve anch’essa avere luogo entro 90 giorni dall’ultimazione degli interventi, ex art. 3 comma 2 del DM “Asseverazioni” 6 agosto 2020.

Questa “asseverazione superbonus” deve peraltro essere predisposta e anche inviata all’ENEA pure in relazione ai SAL di lavori non ancora ultimati, relativamente alle cui spese vengono esercitate le opzioni di sconto o cessione di cui all’art. 121 del DL 34/2020, essendo detta asseverazione condizione essenziale per poter avere diritto a esercitare tali opzioni.

Per l’“asseverazione superbonus” relativa alla fine lavori (Allegato 1 del DM 6 agosto 2020) non vi è alcun valido motivo per dubitare della possibilità di avvalersi della remissione in bonis, in caso di sua omessa presentazione entro il termine di cui all’art. 3 comma 2 del DM 6 agosto 2020.

Per la “asseverazione superbonus” relativa ai SAL (Allegato 2 del DM 6 agosto 2020) non vi è invece necessità di per sé di avvalersi della remissione in bonis, perché relativamente a essa non risulta previsto alcun termine finale per il suo invio all’ENEA, essendo semmai un puro interesse del contribuente a procedervi quanto prima, posto che, fino a quando non sono trascorsi almeno 5 giorni dalla sua presentazione, il sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate può scartare la comunicazione delle opzioni di sconto o cessione relative alle spese di quel dato SAL.

Quanto precede mette già in adeguata evidenza la considerevole confusione fatta dalla risposta n. 406/2023, pur in un contesto di indicazioni parzialmente condivisibili, una volta rimesso un po’ d’ordine (si veda “Remissione in bonis esclusa per la comunicazione ENEA senza i requisiti sostanziali” del 1° agosto 2023).
È per il resto condivisibile, infatti, affermare che, se, alla data ultima per l’invio all’Agenzia della comunicazione delle opzioni di sconto o cessione per spese “superbonus efficienza energetica”, di cui all’art. 121 del DL 34/2020, non risulta predispostatimbrata e firmata l’asseverazione (SAL o fine lavori che sia), non risulta possibile invocare la remissione in bonis della comunicazione di opzione medesima per mancanza, alla data ultima di sua presentazione, di tutti i presupposti sostanziali per poterla tempestivamente esercitare.

Giova sottolineare che ciò che conta è che essa risulti predisposta, timbrata e firmata, non che risulti anche trasmessa all’ENEA entro tale data ultima.
In altre parole, anche dalla non best performing risposta n. 406/2023 emerge che, se l’asseverazione è stata predisposta, timbrata e firmata entro il termine ultimo per il tempestivo invio della comunicazione di opzione, quest’ultima può essere presentata con remissione in bonis, ovviamente non prima (pena lo scarto informatico della comunicazione) dell’invio all’ENEA dell’asseverazione tempestivamente predisposta (con autonoma remissione in bonis di detto invio se l’asseverazione per fine lavori è inviata oltre 90 giorni, mentre nessuna autonoma remissione in bonis serve per le asseverazioni relative a SAL).

Ecco quindi che, se si è in grado di produrre una tempestiva asseverazione timbrata, firmata e conforme agli Allegati 1 e 2 del DM 6 agosto 2020, ancorché non compilata direttamente sul sito dell’ENEA (a causa magari di documentabili disservizi informatici), la possibilità di procedere alla remissione in bonis della comunicazione di opzione non dovrebbe potersi considerare preclusa, come viene invece a esserlo ove alla data ultima per il suo tempestivo invio il contribuente dichiari (come nel caso oggetto della richiamata risposta) che l’asseverazione non solo non era stata ancora inviata, ma nemmeno era stata predisposta.

Soglia dei fringe benefit a 3.000 euro per ogni genitore con reddito di lavoro dipendente

Con la circolare n. 23 di ieri, 1° agosto 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti circa l’ambito oggettivo, soggettivo e le modalità applicative dell’art. 40 del DL 48/2023, che, in ragione del perdurare delle difficoltà legate all’incremento dei prezzi, è intervenuto nuovamente sulle agevolazioni in materia di reddito di lavoro dipendente.
In particolare, con tale norma, il legislatore ha previsto un innalzamento a 3.000 euro del limite di esenzione dei fringe benefit previsto dall’art. 51 comma 3 del TUIR (in via “ordinaria” pari a 258,23 euro), esclusivamente a favore dei lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico e limitatamente al periodo d’imposta 2023.
È appena il caso di ricordare che la norma ricalca quanto previsto in via generalizzata nel 2022 dall’art. 12 del DL 115/2022, come modificato dall’art. 3 comma 10 del DL 176/2022.

Sotto il profilo oggettivo, rientrano tra i fringe benefit soggetti alla soglia di non imponibilità a 3.000 euro il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.

Con la circolare in commento, l’Agenzia, richiamando la relazione illustrativa al DL 48/2023, ha ribadito che il citato art. 40, in coerenza con la disposizione prevista a regime dall’art. 51 comma 3 del TUIR, produce un effetto di detassazione non solo ai fini dell’imposizione ordinaria IRPEF, ma anche in relazione all’imposta sostitutiva di cui all’art. 1 commi 182-189 della L. 208/2015, nell’ipotesi di erogazione dei premi di risultato in beni e servizi. La detassazione opera anche nell’eventualità in cui i fringe benefit siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione dei premi di risultato e delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, a condizione che i contratti aziendali o territoriali prevedano la sostituibilità con benefit (cfr. circ. Agenzia delle Entrate 15 giugno 2016 n. 28, § 3).

L’Amministrazione finanziaria ha, inoltre, precisato che le somme pagate per le utenze dal lavoratore dipendente nel 2023, riferite a consumi di competenza del 2022, che hanno già beneficiato della soglia di esenzione dei fringe benefit per il 2022, ai sensi dell’art. 12 del DL 115/2022, non possono essere considerate ai fini dell’agevolazione per il 2023.

Sotto il profilo soggettivo, l’agevolazione è rivolta ai lavoratori dipendenti con figli (compresi i figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti e i figli adottivi o affidati) fiscalmente a carico, ossia con figli che non abbiano un reddito superiore a 2.840,51 euro (ovvero a 4.000 euro per i figli di età non superiore a 24 anni). Il superamento o meno del limite di reddito va verificato alla data del 31 dicembre 2023.

Nella circ. n. 23/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un atteso chiarimento nell’ipotesi in cui entrambi in genitori siano lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico. L’Agenzia ha, infatti, precisato che l’agevolazione è riconosciuta in misura piena a ogni genitore titolare di reddito di lavoratore dipendente e/o assimilato, anche in presenza di un unico figlio, purché sia fiscalmente a carico. Inoltre, nel caso in cui i genitori si siano accordati per attribuire l’intera detrazione per figli fiscalmente a carico a quello che possiede il reddito complessivo di ammontare più elevato (ex art. 12 comma 1 lett. c) del TUIR), l’agevolazione spetta in ogni caso in misura piena a ciascun genitore, in quanto il figlio è considerato fiscalmente a carico di entrambi. A tal proposito, occorre tuttavia segnalare che, per le utenze domestiche, non è possibile fruire più volte del beneficio in relazione alle medesime spese (circ. n. 35/2022, § 2.1)

Per quanto riguarda, infine, le modalità applicative, ai sensi dell’art. 40 comma 3 del DL 48/2023, la soglia di esenzione a 3.000 euro si applica a condizione il lavoratore dipendente dichiari al datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli. Secondo l’Agenzia delle Entrate tale dichiarazione può essere effettuata con modalità concordate fra datore di lavoro e lavoratore, fermo restando che, in sua assenza, l’agevolazione non è applicabile. Con specifico riferimento invece al rimborso delle utenze valgono le indicazioni fornite dalla circ. n. 35/2022 (si veda “Spazio alla dichiarazione sostitutiva per il bonus di 3.000 euro” del 29 novembre 2022).

TASSAZIONE INTEGRALE SOPRA I 3.000 EURO

L’art. 40 del DL 48/2023 si pone in deroga a quanto previsto dall’art. 51 comma 3 prima parte del terzo periodo del TUIR. Resta, quindi, fermo il secondo periodo del predetto comma 3 con la conseguenza che, nell’ipotesi in cui il valore dei beni e dei servizi forniti e/o delle somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze risulti superiore al limite di 3.000 euro, l’intero valore rientrerà nell’imponibile fiscale e contributivo del lavoratore dipendente.

La domanda di rottamazione dovrebbe “sbloccare” il conto pignorato

Presentata la domanda di rottamazione-quater, ai sensi dell’art. 1 comma 240 lett. d) ed e) della L. 197/2022, non possono essere proseguite procedure esecutive precedentemente avviate, salvo si sia tenuto il primo incanto con esito positivo.
A seguito del pagamento, delle somme o della prima rata, ex art. 1 comma 243 lett. b) della L. 197/2022 si verifica “l’estinzione delle procedure esecutive precedentemente avviate, salvo che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo”.

Con riferimento alla procedura di pignoramento presso terzi dell’art. 72-bis del DPR 602/73, che vede quale terzo pignorato un istituto di credito, capita sovente che l’istituto di credito, anche a fronte della comunicazione dell’Agente della riscossione che informa dell’avvenuta presentazione della domanda di adesione agevolata e quindi della “non prosecuzione” della procedura esecutiva ai sensi di legge (si veda in questo senso la risposta n. 4, seconda parte, ai quesiti posti all’allora Equitalia dall’ODCEC di Roma, a margine del convegno del 6 dicembre 2016 con riferimento alla rottamazione ex DL 193/2016), mantenga il blocco integrale dell’operatività del conto corrente oggetto di pignoramento, causando grave pregiudizio al contribuente che spesso, a maggior ragione se si tratta di impresa con unico conto corrente, non riesce a svolgere le normali attività quotidiane.
Tale modus operandi appare censurabile.

Secondo la dottrina che si è espressa sul punto a fronte della “non prosecuzione” della procedura di pignoramento e della conseguente sospensione dell’efficacia della procedura esecutiva, dalla data di presentazione della domanda di definizione agevolata, le somme oggetto di pignoramento presso terzi dovrebbero tornare nella disponibilità del debitore esecutato; diversamente, se così non fosse, sarebbe evidente che l’utilità della previsione di legge risulterebbe depotenziata, atteso che il debitore non potrebbe disporre dei suoi beni fino al perfezionamento della procedura di rottamazione, e ciò in contrasto con la ratio legis della norma.

Diversamente la giurisprudenza (cfr. Trib. Lecco 13 febbraio 2017) seppur con riguardo alla edizione della procedura di definizione agevolata regolata dall’art. 6 del DL 193/2016, ha affermato che la sospensione delle procedure esecutive, a seguito della domanda di rottamazione, non determina, nel caso del pignoramento presso terzi, l’improcedibilità dell’esecuzione e lo svincolo del credito pignorato. Secondo il Tribunale di Lecco, la mera presenza della richiesta di definizione agevolata, non farebbe venir meno l’obbligo per il terzo pignorato di trattenere le somme in questione.

Più recentemente, il Tribunale di Bari, con la sentenza del 14 aprile 2023, in un caso di pignoramento di somme dovute a titolo di stipendi, sembra distinguere ciò che è maturato prima della domanda di definizione agevolata da ciò che è maturato dopo, affermando che, a far data dalla intervenuta formalizzazione dell’adesione alla rottamazione, la procedura esecutiva deve ritenersi sospesa di diritto, con conseguente venir meno dell’obbligo del terzo di non disporre delle somme maturate.

Se il mantenimento del vincolo sulla sola somma oggetto di pignoramento sino al perfezionamento della procedura di rottamazione, potrebbe essere giustificato dal fatto che in mancanza di tale perfezionamento, l’Agenzia della riscossione potrebbe riprendere la procedura esecutiva senza emettere un nuovo atto, non pare in ogni caso giustificabile il blocco integrale dell’operatività del conto corrente, prassi però che si registra purtroppo tra diversi istituti di credito.
In questo senso, si ricorda che l’art. 546 c.p.c. impone al terzo gli obblighi di custodia relativamente alle somme dovute dal debitore e nei limiti dell’importo del credito intimato aumentato della metà.

MANCA UN CHIARO RIFERIMENTO NORMATIVO

Pertanto, in presenza di fondi che coprano tale importo, l’istituto di credito, ricevuto il pignoramento presso terzi dall’agente della riscossione e la comunicazione di avvenuta sospensione della procedura a seguito della presentazione della domanda di definizione, dovrebbe in ogni caso limitare il vincolo a detto importo, non potendo certamente bloccare l’intera operatività del conto corrente.

Sotto questo punto di vista, è indispensabile che il debitore si faccia comunque parte attiva comunicando tempestivamente alla banca l’avvenuta presentazione della domanda di definizione agevolata e sollecitando l’agente della riscossione a comunicare all’istituto di credito la sospensione della procedura esecutiva.
A fronte del perfezionamento della rottamazione con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata, la procedura esecutiva deve ritenersi in ogni caso estinta con conseguente svincolo delle somme dovute dal terzo pignorato, che possono rientrare, così, nella piena disponibilità del debitore esecutato.

Remissione in bonis esclusa per la comunicazione ENEA senza i requisiti sostanziali

Non è possibile sanare con l’istituto della remissione in bonis, di cui all’art. 2 del DL 16/2012, la tardiva presentazione della comunicazione all’ENEA se manca il requisito sostanziale concernente la tempestiva predisposizione dell’asseverazione di efficienza energetica richiesta ai fini del superbonus dall’art. 119 comma 13 lett. a) del DL 34/2020 tramite l’apposita modulistica ministeriale.

È il condivisibile chiarimento contenuto nella risposta a interpello Agenzia delle Entrate 31 luglio 2023 n. 406, riguardante il caso di un intervento superbonus per il quale il tecnico abilitato non ha predisposto l’asseverazione “debitamente firmata in ogni pagina e timbrata sulla pagina finale con il timbro professionale”, come richiesto dall’art. 4 del DM 6 agosto 2020 “Requisiti”, entro 90 giorni dall’ultimazione dei lavori oppure entro 90 giorni dal termine di ciascun SAL e conseguentemente non è riuscito a inviare la comunicazione all’ENEA entro il termine entro cui doveva essere presentata la comunicazione di opzione, di cui all’art. 121 del DL 34/2020 (per le spese sostenute nel 2022 la comunicazione doveva essere trasmessa all’Agenzia delle Entrate entro il 31 marzo 2023).

Al fine di poter beneficiare del superbonus per gli interventi di risparmio energetico e della relativa opzione per la cessione o lo sconto sul corrispettivo, infatti, il comma 13 lett. a) dell’art. 119 del DL 34/2020 stabilisce che “per gli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo, i tecnici abilitati asseverano il rispetto dei requisiti previsti dai decreti di cui al comma 3-ter dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, e la corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati. Una copia dell’asseverazione è trasmessa, esclusivamente per via telematica, all’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA)”.

Il DM 6 agosto 2020 “Asseverazioni”, oltre all’aver approvato il modello di asseverazione che il tecnico abilitato deve inviare all’ENEA per ciascun stato di avanzamento lavori o al termine degli stessi, stabilisce:
– all’art. 3 comma 2, che “L’asseverazione è trasmessa, con le modalità di cui al comma 1, entro novanta giorni dal termine dei lavori, nel caso di asseverazioni che facciano riferimento a lavori conclusi”;
– all’art. 4 comma 1, che “Al fine di consentire ai beneficiari di accedere alla detrazione diretta e alla cessione o allo sconto di cui all’art. 121 del decreto rilancio, fermo restando il controllo sulla regolarità dell’asseverazione ai sensi dell’art. 5, ENEA effettua un controllo automatico per il tramite del portale di cui all’art. 3, volto ad assicurare la completezza della documentazione fornita. In particolare, per ogni istanza, verifica che sia fornita dichiarazione: (…) e) che l’asseverazione sia regolarmente datata, sottoscritta e timbrata dal tecnico abilitato”.

Se le spese relative all’intervento di efficienza energetica sono agevolate con il superbonus, “superbonus – efficienza energetica”, quindi, l’asseverazione deve essere trasmessa per via telematica all’ENEA, secondo le modalità stabilite con il DM 6 agosto 2020 “Requisiti”, entro 90 giorni dall’ultimazione dei lavori.
La risposta n. 406/2023 aggiunge che l’asseverazione di efficienza energetica richiesta per il superbonus deve essere presentata entro 90 giorni dal termine di ciascun SAL.
Nel caso si intenda esercitare una delle opzioni previste dall’art. 121 del DL 34/2020 l’asseverazione in commento dovrà essere inviata prima di presentare telematicamente all’Agenzia delle Entrate il modello di “comunicazione”.

Tutto ciò premesso, la risposta a interpello n. 406/2023 giunge alla conclusione che “L’assenza dell’asseverazione del tecnico abilitato (condizione sostanziale), non consente il ricorso all’istituto della remissione in bonis di cui all’articolo del decreto-legge n. 16 del 2012, per sanarne l’omesso invio nei termini all’ENEA e, conseguentemente, non è, altresì, possibile sanare l’omessa comunicazione dell’opzione per lo sconto in fattura o cessione del credito” in quanto “la finalità di detto istituto è quella di evitare che il contribuente possa perdere un beneficio fiscale in esito ad un mero inadempimento comunicativo o di natura formale, purché sussistano le condizioni sostanziali”.

In altre parole, l’adempimento concernente la comunicazione ENEA non può essere sanato con la remissione in bonis se manca un requisito sostanziale (l’asseverazione di riqualificazione energetica per gli interventi superbonus nel caso di specie) per poter beneficiare dell’agevolazione fiscale.

Se, invece, sussistono tutti i requisiti sostanziali per poter beneficiare dei bonus fiscali è pacifico che il contribuente possa avvalersi dell’istituto della remissione in bonis di cui all’art. 2 comma 1 del DL 16/2012 con riguardo all’omessa presentazione della comunicazione all’ENEA (tra gli altri, circ. Agenzia delle Entrate 25 luglio 2022 n. 28).

Tassazione cripto-attività: la disciplina dei Paesi UE ed extra-UE

L’impostazione data dal Legislatore italiano nella legge di bilancio per l’anno 2023

La nuova disciplina introduce alla lettera c-quinquies del comma 1, dell’articolo 67 TUIR, tra i redditi diversi, una nuova fattispecie impositiva che ricomprende le plusvalenze e gli altri proventi, se di importo superiore ad euro 2.000 per ogni periodo d’imposta, realizzati tramite il rimborso, la cessione a titolo oneroso, la permuta o la detenzione di cripto-attività. Affinché la permuta, tra cripto-attività, abbia rilievo da un punto di vista fiscale è necessario che le stesse siano di specie diversa, rimanendo neutra (non imponibile) da un punto di vista fiscale la permuta tra cripto-attività definite “eguali”. A mente di quanto contenuto nella relazione illustrativa, per cripto-attività “eguali” si debbono intendere quelle che assolvono alle medesime funzioni e hanno le medesime caratteristiche.

Le plusvalenze generate dalle nuove fattispecie impositive saranno soggette ad imposta sulla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero il valore normale delle cripto-attività e il loro costo o valore di acquisto. Le plusvalenze così determinate potranno essere sommate algebricamente alle eventuali relative minusvalenze e, se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze – di un importo eccedente euro 2.000 – l’eccedenza potrà essere riportata in deduzione, per l’intero ammontare, nei periodi d’imposta successivi e comunque non oltre il quarto.

Le plusvalenze e gli altri proventi imponibili derivanti dal rimborso, dalla cessione a titolo oneroso, dalla permuta o dalla detenzione di cripto-attività saranno assoggettate ad un’imposta sostitutiva del 26%.

Relativamente al pagamento delle imposte concernenti le plusvalenze, la norma ha introdotto la facoltà, per i possessori di cripto-attività in deposito presso intermediari finanziari residenti, di optare, in alternativa all’ordinario regime dichiarativo, per il regime del c.d. risparmio amministrato o per il regime del c.d. risparmio gestito.

L’opzione per il regime del c.d. risparmio amministrato è stata, inoltre, estesa anche ai casi di cripto-attività in deposito presso gli operatori non finanziari di cui alle lett. i) e i-bis) del comma 5 dell’art. 3 del d.Lgs. n. 231/2007 (prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e di portafoglio digitale).

La norma ha esteso, altresì, la disciplina del monitoraggio fiscale a carico degli intermediari finanziari anche ai prestatori di servizi di portafoglio digitale e ha introdotto l’obbligo di compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, per i contribuenti che possiedono o detengono cripto-attività.

In tema di regolarizzazione la norma permette, ai soggetti che non hanno indicato nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi la detenzione di cripto-attività entro il 31 dicembre 2021, di regolarizzare la propria posizione in relazione ad una o più annualità:

  • nel caso in cui il contribuente non abbia realizzato redditi nel periodo d’imposta, la posizione fiscale potrà essere regolarizzata presentando la menzionata istanza (di cui all’emanando provvedimento dell’Agenzia delle Entrate) e versando la sanzione per mancata compilazione del quadro RW nella misura ridotta dello 0,5% – per ciascun anno – sul valore delle attività non dichiarate;
  • nel caso in cui il contribuente abbia, viceversa, realizzato redditi nel periodo d’imposta, dovrà presentare l’istanza e versare un’imposta sostitutiva nella misura del 3,5% del valore delle cripto-attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo, nonché un’ulteriore somma pari allo 0,5 per cento per ciascun anno del predetto valore a titolo di sanzioni ed interessi.

Cenni e comparazioni relativamente alla normativa in vigore in altri Paesi (Germania, Francia, Regno Unito e USA)

Il Legislatore italiano si è accodato agli sforzi fatti da altri ordinamenti finalizzati all’introduzione di una normativa organica per la tassazione dei redditi prodotti attraverso operazioni (di vendita, scambio, mining, staking) aventi ad oggetto cripto-attività.

In particolare, è interessante esaminare e comparare, evidenziando i tratti strutturali, le normative in vigore in FranciaGermaniaRegno Unito e Stati Uniti.

Alcuni Stati hanno approvato normative ad hoc mentre, in altri casi, la regolamentazione ha trovato la propria fonte normativa in provvedimenti di prassi che fanno riferimento alla normativa fiscale già in vigore.

La Francia ha optato per l’approvazione di un regime ad hoc dal 2018, Germania e Stati Uniti riconducono le cripto-attività alla nozione di bene mentre nel Regno Unito vengono considerate attività finanziarie.

Il presupposto imponibile maggiormente ricorrente è lo “scambio” di cripto-asset effettuato a fronte di beni e/o servizi ovvero di valute flat.

In alcuni casi vengono considerate presupposto di imposta anche l’attività di mining (l’attività, portata avanti dai miners, altrimenti noti come “minatori”, consiste quindi nel generare nuove cripto-valute in modo da produrre un reddito continuo) e di staking (svolge una funzione simile a quella del mining, cioè è un processo tramite il quale un partecipante della rete viene selezionato per aggiungere l’ultimo gruppo di transazioni alla blockchain, guadagnando in cambio cripto-valuta).

I criteri di tassazione non sono uniformi, alcuni Paesi hanno adottato sistemi proporzionali mentre altri hanno preferito una tassazione improntata a criteri di progressività.

La diversa impostazione adottata dalla Legislazione dei Paesi presi in considerazione se comparata alle scelte del Legislatore Italiano, con la legge di bilancio per l’anno 2023, fa emergere con chiarezza l’esigenza di un approccio che tenga conto della normativa già esistente al fine di evitare disparità di trattamento fiscale.

L’approccio c.d. look through adottato dall’Agenzia delle Entrate (paragrafo 3.7 della bozza in consultazione della circolare del 15 giugno 2023) in materia di imposizione indiretta (imposta sul valore aggiunto) che prevede la necessità di individuare l’asset sottostante alle cripto-attività, al fine di determinare il suo trattamento fiscale, dovrebbe essere esteso, naturalmente, all’imposizione diretta.

Le cripto-attività costituiscono una categoria assolutamente eterogenea ed abbisognano di un’attività di valutazione caso per caso (che deve fare il legislatore nel determinare la disciplina fiscale anche facendo riferimento alle disposizioni in vigore) della loro natura e della loro funzione al fine di individuare il corretto trattamento fiscale da assegnare.

La circostanza, poi, che vede un bene o un diritto “incorporato” in un asset digitale non dovrebbe condurre ad una diversa tassazione (rispetto allo stesso diritto non incorporato in asset digitale) in evidente violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e di capacità contributiva che “dovrebbero” caratterizzare il nostro ordinamento tributario.

A dire il vero, il nostro Legislatore ha fatto di più e peggio introducendo una tassazione “retroattiva” dei redditi generati a mezzo di operazioni condotte su asset digitali.

Probabilmente, la scelta di alcuni Paesi (è il caso del Regno Unito che considera rendite finanziarie i redditi generati da operazioni aventi ad oggetto le cripto-attività, facendo riferimento alla normativa in vigore) di introdurre un sistema di tassazione per le cripto-attività che faccia riferimento alla normativa fiscale in vigore (per gli asset tradizionali) appare più equa e coerente soprattutto se associata ad un esatta individuazione del sottostante giuridico (diritti, beni e servizi) di cui la cripto-attività ne è la rappresentazione digitale.

Sismabonus acquisti anche con società acquirente collegata alla venditrice

L’esistenza di un collegamento e/o rapporto societario tra la parte venditrice e la parte acquirente non esclude la possibilità per l’acquirente delle unità immobiliari antisismiche di beneficiare del sismabonus acquisti di cui all’art. 16 comma 1-septies del DL 63/2013:
– sia nel caso in cui i soci della società acquirente siano gli stessi della società venditrice;
– sia nel caso in cui la società acquirente sia collegata ex art. 2359 comma 3 c.c. con la società venditrice;
– sia ancora nel caso in cui solo alcuni dei soci della società acquirente siano i medesimi di quelli della società istante, pur non essendo le due società collegate ex art. 2359 comma 3 c.c.

È questo il passaggio più interessante della risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 398 pubblicata ieri, concernente il caso di un edificio in zona sismica demolito e ricostruito con riduzione di classe di rischio sismico da una impresa di costruzione e ristrutturazione immobiliare che cede le 51 unità immobiliari abitative risultanti, con destinazione a uso turistico, ad altra società rientrante in una delle predette casistiche.

Il comma 1-septies dell’art. 16 del DL 63/2013 stabilisce, infatti, che spetta la detrazione IRPEF/IRES anche all’acquirente di singole unità immobiliari site in fabbricati ubicati nelle zone a rischio sismico 1, 2 e 3 dell’ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri 28 aprile 2006 n. 3519 che siano stati per intero oggetto di demolizione e ricostruzione, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all’edificio preesistente (ove le norme urbanistiche vigenti consentano tale aumento), da parte di imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, le quali abbiano provveduto all’alienazione dell’unità immobiliare entro 30 mesi dalla data di termine dei lavori (la risposta n. 398/2023 contiene peraltro il precedente termine di 18 mesi dalla fine lavori entro cui cedere le unità immobiliari che è stato modificato dall’art. 119 comma 10-quater del DL n. 34/2020).

L’Agenzia delle Entrate perviene alla predetta conclusione evidenziando che la norma in commento, oltre a non individuare particolari caratteristiche che deve avere il soggetto acquirente, “sotto il profilo della ratio […] essendo finalizzata a promuovere la messa in sicurezza e la stabilità di tutti gli edifici, sia utilizzati come abitazioni che adibiti a sede di attività produttive, professionali, o commerciali, deve avere un’applicazione più ampia possibile, purché coerentemente al dettato normativo”.

Proprio questo tipo di motivazione, direttamente agganciata alla ratio della norma, che ne impone “un’applicazione più ampia possibile, purché coerentemente al dettato normativo”, rende a questo punto lecito supporre che per l’Agenzia delle Entrate, una volta rispettato quanto previsto dal dettato normativo (relativamente a tempistiche, tipologia degli interventi effettuati, ubicazione degli immobili e riduzione della classe di rischio sismico), nessun altro tipo di “sindacato fiscale” debba essere esperito, con esclusione quindi di valutazioni afferenti, magari, possibili abusi del diritto ex art. 10-bis della L. 212/2000 (che, in effetti, non vengono richiamate nella risposta, come sovente accade invece nell’ambito di risposte su altre tematiche che, pur accogliendo la tesi favorevole al contribuente, esplicitano la subordinazione di tali risposte al fatto che non si rinvengano in sede accertativa profili di abuso del diritto).

In verità, la questione rimane molto scivolosa, in quanto soltanto un intervento interpretativo di carattere generale (quale una circolare o una risoluzione), recante una esclusione esplicita e inequivoca della possibilità di contestare l’abuso del diritto in relazione a fattispecie che rispettano il dettato normativo del comma 1-septies dell’art. 16 del DL 63/2013, potrebbe davvero far sentire i contribuenti adeguatamente al riparo da possibili iniziative in questo senso da parte dei singoli uffici territoriali in sede accertativa.

Bene quindi la risposta data dall’Agenzia delle Entrate (che del resto, norme alla mano, non avrebbe potuto essere diversa) e certamente interessante l’aggancio della motivazione di tale risposta non solo al dettato normativo, ma anche alla ratio della norma, ma, per non incorrere nel rischio di futuri bruschi risvegli, pare francamente rimanere opportuna una attenta valutazione caso per caso, da parte dei contribuenti, del più ampio contesto operativo in cui si sviluppano compravendite assistite da sismabonus acquisti tra soggetti correlati.

Operativo l’incentivo per le assunzioni di NEET

Con la circolare n. 68/2023, l’INPS ha fornito le indicazioni operative per consentire ai datori di lavoro una corretta gestione degli adempimenti connessi alla fruizione dell’incentivo per le assunzioni di giovani “NEET” previsto dall’art. 27 del DL 48/2023 (c.d. decreto “Lavoro”).

L’incentivo è pari al 60% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali (ridotto al 20% in caso di cumulo con altra agevolazione) e viene riconosciuto per le nuove assunzioni a tempo indeterminato (anche a scopo di somministrazione) o in apprendistato professionalizzante, effettuate a decorrere dal 1° giugno scorso fino al 31 dicembre 2023, di giovani che alla data dell’assunzione non devono aver compiuto il trentesimo anno di età, non lavorano e non sono inseriti in corsi di studi o di formazione (“NEET”) e sono registrati al Programma operativo nazionale iniziativa occupazione giovani.
L’incentivo, di durata pari a 12 mesi, è riconoscibile dietro presentazione di una domanda all’INPS ed è fruibile mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili.

Ciò premesso, nella circolare in commento si precisa innanzitutto che l’incentivo è riconosciuto in favore di tutti i datori di lavoro privati, a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditore, ivi compresi i datori di lavoro del settore agricolo.

Per quanto riguarda invece i rapporti di lavoro incentivati, che devono essere a tempo indeterminato (anche a scopo di somministrazione o in apprendistato professionalizzante), l’INPS chiarisce che l’incentivo spetta sia in ipotesi di rapporti a tempo pieno che a part time.
Nel merito, si precisa che in caso di assunzione a scopo di somministrazione l’esonero spetta sia per la somministrazione a tempo indeterminato che per quella a tempo determinato, compresi gli eventuali periodi in cui il lavoratore non viene inviato in missione.

Sono invece esclusi dal beneficio i rapporti di lavoro domestico, le assunzioni con contratto di lavoro intermittente e le prestazioni di lavoro occasionale.
Inoltre, l’agevolazione non è riconosciuta nelle ipotesi di trasformazione a tempo indeterminato di rapporti a termine, in quanto, nelle ipotesi di trasformazione, il giovane non avrebbe il requisito fondante il beneficio, ossia la condizione di “NEET”.

Per quanto concerne invece le condizioni di spettanza, l’INPS ricorda che, trattandosi di un incentivo all’assunzione, l’accesso è subordinato al rispetto dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione di cui all’art. 31 del DLgs. 150/2015, al rispetto delle norme a tutela delle condizioni di lavoro e dell’assicurazione obbligatoria di cui all’art. 1 commi 1175 e 1176 della L. 296/2006, alla realizzazione dell’incremento netto dell’occupazione e, infine, al rispetto delle condizioni generali di compatibilità con il mercato interno previste dal Regolamento (Ue) n. 651/2014.

Ancora, l’incentivo in oggetto è cumulabile sia con l’esonero per l’occupazione giovanile ex art. 1 comma 297 della L. 197/2022, sia con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi. In caso di cumulo con altra agevolazione, come anticipato, l’incentivo è riconosciuto nella misura del 20% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali.

Sotto il profilo operativo, nella circolare in commento si precisa che il datore interessato dovrà presentare una domanda preliminare con il modulo di istanza on line “NEET23”, disponibile dal 31 luglio 2023 all’interno del “Portale delle Agevolazioni”, sul sito www.inps.it.
Entro 5 giorni, l’INPS informerà il datore di lavoro dell’eventuale prenotazione positiva dell’importo massimo dell’incentivo, proporzionato alla retribuzione indicata, per il lavoratore segnalato nell’istanza preliminare.
Entro i successivi 14 giorni di calendario, il datore di lavoro dovrà quindi comunicare l’avvenuta stipula del contratto di lavoro, chiedendo conferma della prenotazione effettuata in suo favore.

I termini previsti per la presentazione dell’istanza definitiva di conferma della prenotazione – con contestuale domanda di ammissione all’incentivo – sono perentori; la loro inosservanza determina la perdita degli importi precedentemente prenotati, ferma restando la possibilità di riproporre una nuova istanza.
L’autorizzazione alla fruizione dell’incentivo verrà in seguito disposta dall’INPS in base all’ordine cronologico di presentazione delle istanze.

Infine, nella circolare vengono illustrate le modalità di gestione dell’incentivo nel flusso UniEmens, evidenziando, tra le varie, che per esporre il beneficio spettante, dal periodo di competenza di settembre 2023, nell’elemento “CodiceCausale” presente all’interno di “DenunciaIndividuale”, “DatiRetributivi” e “InfoAggcausaliContrib”, dovrà essere utilizzato il nuovo valore “NE23”.

Split payment prorogato al 30 giugno 2026

Lo split payment, disciplinato dall’art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972, è il meccanismo in base al quale l’IVA, applicata dal cedente o prestatore in fattura, è versata all’Erario direttamente dal cessionario o committente.

Si tratta di una misura speciale che costituisce una deroga agli artt. 206 e 226 della Direttiva n. 2006/112/CE per ciò che riguarda le modalità di pagamento dell’imposta e di fatturazione e che fa parte di un pacchetto di misure introdotte dall’Italia per contrastare la frode e l’evasione fiscale, che comprende anche l’obbligo di fatturazione elettronica, autorizzato dalla decisione di esecuzione n. 2018/593/UE, e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri.

La fatturazione elettronica riduce il tempo necessario all’Amministrazione finanziaria per venire a conoscenza dell’esistenza di un potenziale rischio di frode o di evasione. Allo stesso tempo, in assenza dello split payment, il recupero dell’imposta in capo gli autori di frodi o evasioni potrebbe risultare impossibile in caso di insolvenza.

Pertanto, il frazionamento dei pagamenti quale misura preventiva si è dimostrato estremamente efficace e complementare alla fatturazione elettronica obbligatoria, che costituisce una misura successiva.

Precedenti proroghe

Con la decisione di esecuzione n. 2015/1401/UE, l’Italia è stata autorizzata a prevedere che, fino al 31 dicembre 2017, l’obbligo di versamento dell’IVA sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi alle Pubbliche amministrazioni spettasse a queste ultime.

La misura speciale è stata dapprima prorogata fino al 30 giugno 2020 con la decisione di esecuzione n. 2017/784/UE e, contestualmente, il relativo ambito di applicazione è stato esteso per includervi le cessioni di beni e le prestazioni di servizi nei confronti di alcune società controllate dalle Pubbliche amministrazioni e delle società quotate in borsa incluse nell’indice FTSE MIB.

Lo split payment non avrebbe più dovuto applicarsi dopo la piena attuazione delle procedure di fatturazione elettronica e di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, in quanto le stesse consentono all’Amministrazione finanziaria la verifica incrociata delle operazioni dichiarate dai soggetti passivi e il controllo dei versamenti dell’imposta.

Tuttavia, con la decisione di esecuzione n. 2020/1105/UE, il Consiglio europeo ha autorizzato l’ulteriore differimento fino al 30 giugno 2023 in considerazione, da un lato, della recente attuazione delle predette procedure e, dall’altro, della pandemia da COVID-19, che ha reso più problematico, per i soggetti passivi, attuare le modifiche richieste nei loro sistemi di fatturazione e, per le Amministrazioni fiscali, adeguare i sistemi di controllo e informatici.

Nuova proroga al 30 giugno 2026

La rinnovata proroga dello split payment fino al 30 giugno 2026 è giustificata dall’esigenza di evitare una regressione negli sforzi compiuti dall’Italia per ridurre il VAT gap.

Per quanto l’attività di controllo, grazie all’obbligo di fatturazione elettronica e di trasmissione telematica dei corrispettivi, sia immediata, le misure ex post non sono in grado di assicurare il recupero effettivo dell’imposta evasa, in specie quando l’autore dell’evasione non dispone della necessaria capacità finanziaria per pagare il debito d’imposta.

Lo split payment costituisce, quindi, uno strumento particolarmente efficace quando il cessionario o committente presenta un grado di adempimento degli obblighi fiscali superiore a quello del cedente o prestatore, per cui le due misure (fatturazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi, da un lato, e split payment, dall’altro) possono considerarsi complementari e non mutuamente interscambiabili.

Proroga al 30 giugno 2025 per le società incluse nell’indice FTSE MIB

Per rispettare l’obbligo di eliminare gradualmente il sistema dello split payment, dal 1° luglio 2025 saranno escluse dall’ambito di applicazione della misura speciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a favore di società incluse nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.

I soggetti passivi interessati dalla restrizione disporranno in tal modo del tempo sufficiente per introdurre gli opportuni aggiustamenti operativi e l’Amministrazione finanziaria potrà monitorare l’efficacia della limitazione valutando adeguatamente eventuali alternative possibili.