Tassati i rimborsi per la ricarica di auto elettriche in uso promiscuo ai dipendenti

rimborsi erogati dal datore di lavoro al proprio dipendente per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione, non rientrando quindi nel fringe benefit di cui all’art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR. È quanto emerge dalla risposta a interpello n. 421 di ieri, 25 agosto, pubblicata dall’Agenzia delle Entrate.

Nella fattispecie in esame, la società ha una flotta aziendale di autovetture assegnate in uso promiscuo ai dipendenti, con addebito del “fringe benefit” in busta paga. La società sta rinnovando il parco auto con automezzi elettrici o ibridi e intende riconoscere ai dipendenti il rimborso delle spese per l’energia elettrica sostenute per la ricarica effettuata presso le relative abitazioni (spese collegate agli spostamenti lavorativi, tranne che per i dirigenti per i quali è previsto il rimborso totale). Viene, inoltre, precisato che l’azienda si farà carico delle spese di installazione e di manutenzione ordinaria delle infrastrutture necessarie (wallbox, colonnine di ricarica, contatore a defalco).
Il dubbio posto è se tali rimborsi possano essere considerati esclusi da imposizione ex art. 51 comma 4 lettera a) del TUIR.

Tanto premesso,  la lettera a) del citato comma 4, lettera a), dell’art. 51 del TUIR, nel definire il regime fiscale degli autoveicoli, motocicli e ciclomotori concessi in uso promiscuo ai dipendenti, prevede per gli stessi, in deroga al generale criterio di tassazione dei fringe benefit basato sul loro ’’valore normale’’, un criterio di determinazione forfetaria del quantum da assoggettare a tassazione (cfr. C.M. n. 326/1997, §§ 2.3.2 e 2.3.2.1).

In relazione ai veicoli concessi in uso promiscuo con contratti stipulati dal 1° luglio 2020, per i veicoli di nuova immatricolazione con valori di emissione di anidride carbonica non superiore a 60 g/km si assume il 25% (importo poi elevato a seconda dell’emissione di CO2) dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle ACI, al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente.
Il legislatore, con la legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), ha previsto, ai fini dell’imponibilità, un valore forfetario del benefit più basso per i veicoli meno inquinanti, aumentando, invece, gradatamente la base imponibile del valore dei veicoli con emissioni di anidride carbonica superiori ai 160 g/km.

In relazione ai veicoli ad uso promiscuo, nella C.M. n. 326/1997 è stato chiarito che la determinazione del valore imponibile sulla base del totale del costo di percorrenza esposto nelle tabelle ACI costituisce una determinazione dell’importo da assoggettare a tassazione del tutto forfetaria, che prescinde da qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del mezzo e anche dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente. È del tutto irrilevante, quindi, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’ACI.

Nel medesimo documento di prassi è stato altresì chiarito che il datore di lavoro, oltre a concedere la possibilità di utilizzare il veicolo in modo promiscuo, può fornire, gratuitamente o meno, altri beni o servizi (es. l’immobile per custodire il veicolo), che andranno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente.
L’Agenzia delle Entrate ha quindi affermato che nella fattispecie in esame l’installazione delle infrastrutture (wallbox, colonnine di ricarica e contatore a defalco) effettuata presso l’abitazione del dipendente rientri tra i beni che vanno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente.

Il consumo di energia non è fringe benefit

Per quanto riguarda il consumo di energia, l’Agenzia delle Entrate ha però rilevato che lo stesso non rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro (c.d. “fringe benefit”), ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore.

Al riguardo, l’Agenzia ricorda che le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, anticipate dal dipendente per snellezza operativa, quali ad esempio l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore (es. carta della fotocopia o della stampante, pile della calcolatrice, ecc.), e fatte salve specifiche deroghe previste dal medesimo art. 51 comma 5 del TUIR per il rimborso analitico delle spese per trasferte.

Pertanto, nella fattispecie, i rimborsi per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono, ad avviso dell’Agenzia, reddito di lavoro dipendente soggetto a tassazione.

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