Proroga degli impatriati ancorata all’AIRE

Con risposta al question time n. 5-01137 del 19 luglio 2023, il MEF ha ribadito che, in considerazione del dettato normativo, possono accedere alla proroga del regime degli impatriati per un ulteriore quinquennio (art. 16 del DLgs. 147/2015) i soggetti iscritti all’AIRE o i cittadini Ue che abbiano trasferito la residenza prima del 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultassero beneficiari dell’agevolazione.
Pertanto, dovrebbero ritenersi in ogni caso esclusi dalla possibilità di esercizio dell’opzione coloro che, benché beneficiari al 31 dicembre 2019 del regime speciale per i lavoratori impatriati, non sono stati iscritti all’AIRE o sono cittadini extracomunitari.

L’impostazione si evince da un’interpretazione letterale dell’art. 1 comma 50 della L. 178/2020 che ha introdotto, all’art. 5 comma 2-bis del DL 34/2019, la possibilità, anche per i “vecchi” lavoratori impatriati, di prolungare il regime per ulteriori 5 periodi d’imposta (analogamente a quanto previsto dall’art. 16 comma 3-bis del DLgs. 147/2015 per i “nuovi” impatriati).
Tale norma riconosce, infatti, il beneficio dell’estensione ai “vecchi” impatriati “che siano stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o che siano cittadini di Stati membri dell’Unione europea”. Di analogo tenore, il provv. Agenzia delle Entrate n. 60353/2021, attuativo della suddetta facoltà.

La formulazione in base alla quale, per i cittadini italiani, l’estensione risulterebbe condizionata all’iscrizione pregressa all’AIRE della persona è suscettibile di critiche alla luce del fatto che le Convenzioni internazionali, quale fonte sovraordinata, consentono di comprovare la residenza estera pregressa in base a canoni quali l’abitazione permanente e il centro degli interessi vitali. Gli stessi interroganti evidenziano come, ai fini dell’accesso al regime ordinario per i nuovi impatriati, l’iscrizione all’AIRE non rappresenti più un requisito indispensabile.

Infatti, mediante il comma 5-ter dell’art. 16 del DLgs. 147/2015, il legislatore ha riconosciuto la possibilità di fruire dell’agevolazione ordinaria anche in capo ai cittadini italiani non iscritti all’AIRE rientrati in Italia dal 1° gennaio 2020, ferma restando la possibilità di comprovare il periodo di residenza all’estero sulla base delle Convenzioni contro le doppie imposizioni (risposta interpello Agenzia delle Entrate 25 novembre 2019 n. 495). Ciò vale, in base alla circ. Agenzia delle Entrate 28 dicembre 2020 n. 33, § 5, anche per i soggetti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia entro il periodo di imposta 2019 (cfr. anche risposta a interpello Agenzia delle Entrate 25 novembre 2019 n. 497).
Ciò nonostante, la necessaria iscrizione all’AIRE è stata più volte confermata dell’Agenzia ai fini dell’estensione temporale del beneficio (cfr., da ultimo, risposta a interpello 3 giugno 2022 n. 321), oltre che dalla risposta all’interrogazione parlamentare in commento.

Risulta altresì eccessivamente legata al dato formale della norma l’impostazione per cui, stando al dettato normativo, il prolungamento del periodo agevolato sarebbe, altresì, precluso ai cittadini non comunitari (e, da quanto emerge dal testo di legge, ai cittadini degli Stati appartenenti allo Spazio economico europeo).

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 172/2022, ha ammesso l’esercizio dell’opzione per la proroga da parte di un cittadino britannico in virtù del principio di non discriminazione di cui all’art. 12 dell’Accordo sul recesso del Regno Unito del 24 gennaio 2020. Inoltre, l’art. 24 del citato Accordo, facendo esplicito richiamo al regolamento Ue 492/2011 (relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione), garantisce ai cittadini del Regno Unito di godere degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.

Tale divieto di discriminazione, evidenzia l’Agenzia, è coerente con quanto previsto all’art. 25 paragrafo 1 della Convenzione tra l’Italia e il Regno Unito per evitare le doppie imposizioni secondo cui: “i nazionali di uno Stato contraente non sono assoggettati nell’altro Stato contraente ad alcuna imposizione od obbligo ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i nazionali di detto altro Stato che si trovino nella stessa situazione”.

Mediante questa presa di posizione l’Agenzia sembra superare il limite per cui alcune normative agevolative sono riservate alle persone residenti in uno Stato membro dell’Ue, fornendone un’interpretazione estensiva che, con riferimento alla circolazione dei lavoratori inglesi, trova fondamento in una norma specifica dell’accordo commerciale ma che, con riferimento cittadini di uno Stato non comunitario con cui è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni, troverebbe fondamento nel principio di non discriminazione in essa contenuto.

In altre parole, la preclusione dovrebbe riguardare soltanto i cittadini extracomunitari che siano cittadini di uno Stato con cui non è in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni ovvero di uno Stato con cui è in vigore una Convenzione non recante il principio di non discriminazione.

La valorizzazione dei requisiti formali soprarichiamati non sembra in linea con la ratio di agevolare le persone fisiche che rientrano in Italia per svolgervi un’attività di lavoro e presta il fianco a non giustificabili discriminazioni basate sulla cittadinanza dei lavoratori.

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