Lo schema di DLgs. di attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, approvato dal Governo in via preliminare il 16 ottobre, revisiona in modo dirompente l’agevolazione per i lavoratori impatriati.
Di fatto, lo schema dispone un ritorno al passato del beneficio che, dal 2024, riguarderà i soli lavoratori in possesso dei requisiti di elevata qualificazione e specializzazione, i quali potranno godere della detassazione nella misura del 50% se il reddito rispetta un determinato limite.
Rimane invariata la detassazione per i docenti e i ricercatori (art. 44 del DL 78/2010), mentre non risulta chiaro, a una prima lettura, come il regime opererà nei confronti degli sportivi professionisti.
L’intervento tende ad allineare la normativa a quanto previsto dagli altri Stati europei, ponendo requisiti più stringenti.
Più nel dettaglio, l’art. 7 della bozza di DLgs. dispone che il nuovo regime agevolativo a favore dei lavoratori impatriati riguardi i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia.
Si tratta di una prima rilevante novità in quanto, ove la formulazione venisse confermata, rimarrebbero esclusi i redditi di impresa percepiti dall’imprenditore individuale, i quali rientrano invece nella versione dell’agevolazione attualmente vigente.
Altra significativa novità è l’introduzione di un limite di reddito agevolato, pari a 600.000 euro.
La nuova misura di detassazione è pari al 50% del reddito (non più quindi pari al 70%) e, diversamente da quanto a oggi previsto, non è stabilita alcuna riduzione ulteriore per i trasferimenti di residenza nel Sud Italia (in tale ipotesi la detassazione è pari al 90%).
Venendo ai requisiti di carattere soggettivo, va rilevato come la norma torni a interessare i soli soggetti in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal DLgs. 28 giugno 2012 n. 108 e dal DLgs. 9 novembre 2007 n. 206. In altre parole, come nella versione dell’agevolazione vigente fino al 29 aprile 2019, la fruizione del beneficio è subordinata alle seguenti condizioni:
– conseguimento di un titolo di istruzione superiore rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione ISTAT delle professioni CP 2011, attestata dal Paese di provenienza e riconosciuta in Italia;
– possesso dei requisiti previsti dal DLgs. 9 novembre 2007 n. 206, limitatamente all’esercizio delle professioni ivi regolamentate.
Cambiano anche i requisiti legati alla residenza estera pregressa e al mantenimento della residenza in Italia, pena il recupero dei benefici fruiti con le relative sanzioni e interessi.
Per fruire del nuovo regime, infatti, si richiede che i lavoratori siano stati residenti all’estero nei tre periodi di imposta precedenti il trasferimento in Italia (in luogo dei due periodi richiesti dall’attuale regime) e che gli stessi si impegnino a risiedere in Italia per almeno cinque anni (in luogo dei due anni previsti dall’attuale regime).
Discontinuità rispetto all’attività ante rientro
Di particolare rilevanza sono poi i requisiti legati all’attività lavorativa da svolgere in Italia per la maggior parte del periodo di imposta. Il nuovo regime richiede, al riguardo, che la stessa sia svolta in virtù di un “nuovo” rapporto di lavoro con un soggetto “diverso” da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento nonché da quelli appartenenti al suo stesso gruppo.
Anche in questo caso, si determina una restrizione dell’ambito applicativo del beneficio, con conseguente superamento dell’interpretazione, fornita in virtù dell’ampia formulazione dell’attuale art. 16 del DLgs. 147/2015, per cui, al di fuori dell’ipotesi del distacco, l’agevolazione non è subordinata al rispetto di particolari requisiti di novità del rapporto di lavoro, potendone fruire anche la persona che, rientrata in Italia, continui a svolgere la medesima attività per il datore di lavoro estero in modalità smart working.
La nuova norma dispone infine l’abrogazione, dal 1° gennaio 2024, dell’art. 16 del DLgs. 147/2015, nonché dell’art. 5 commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del DL 34/2019. In altre parole, è disposta l’abrogazione della disciplina degli impatriati a oggi operativa (ivi inclusa la facoltà di prolungamento della stessa).
Le stesse disposizioni, però, continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia entro il 2023.
Trasferimenti fino al 2023 | Trasferimenti dal 2024 | |
Redditi agevolati – Entità | Nessun limite | Limite massimo di 600.000 euro |
Redditi agevolati – Natura | Reddito di lavoro dipendente e assimilato, reddito di lavoro autonomo, reddito d’impresa dell’imprenditore individuale | Reddito i lavoro dipendente e assimilato, reddito di lavoro autonomo |
Misura dell’agevolazione | Reddito imponibile al 30% Reddito imponibile al 10% per i trasferimenti al sud Italia Reddito imponibile al 50% per gli sportivi professionisti | Reddito imponibile al 50% |
Durata dell’agevolazione | 5 periodi di imposta (facoltà di proroga per ulteriori 5 periodi) | 5 periodi di imposta (non sono previste proroghe) |
Residenza estera pregressa | 2 periodi di imposta | 3 periodi di imposta |
Impegno a mantenere la residenza in Italia | 2 anni | 5 anni |
Attività lavorativa svolta prevalentemente in Italia | Non necessaria la discontinuità con l’attività svolta ante trasferimento (con l’eccezione dell’ipotesi di distacco) | Rapporto di lavoro nuovo con soggetto diverso da quello ante trasferimento |
Qualificazione o specializzazione | Nessuna | Possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione |