Il 2 maggio 2023 era l’ultimo giorno entro il quale presentare il modello IVA 2023 riferito all’anno 2022.
Per i soggetti passivi che non sono riusciti a rispettare il termine, tuttavia, è ancora possibile inviare validamente la dichiarazione entro 90 giorni dal termine (c.d. dichiarazione IVA “tardiva”), fatta salva la debenza delle sanzioni amministrative previste per il ritardo e ferma restando la possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso (art. 8 comma 6 e art. 2 comma 7 del DPR 322/98).
Il termine per presentare la dichiarazione IVA “tardiva” riferita al 2022 è da ritenersi il 31 luglio 2023.
Il decorso dei 90 giorni, infatti, è computato dalla scadenza del termine ordinario che, come detto, nel caso di specie era il 2 maggio 2023, ossia il primo giorno lavorativo successivo al 30 aprile 2023, in virtù di quanto previsto dall’art. 7 comma 1 lett. h) del DL 70/2011.
Qualora venisse invece assunto come decorso dei 90 giorni il 30 aprile 2023 (e non il differimento al 2 maggio), il termine per la presentazione della dichiarazione IVA “tardiva” scadrebbe il 29 luglio 2023. Si potrebbe assumere tale data in via prudenziale come scadenza per la dichiarazione “tardiva”, ma non si può non osservare che è un sabato e, quindi, applicando il rinvio al primo giorno lavorativo successivo, il termine andrebbe a scadere comunque il 31 luglio 2023.
Sulla base di quanto indicato dalla prassi amministrativa (C.M. n. 23/99 e circ. Agenzia delle Entrate n. 42/2016), in caso di presentazione tardiva della dichiarazione, è dovuta:
– la sanzione per l’omessa dichiarazione in assenza di debito d’imposta, pari a 250 euro, ridotta a 25 euro (1/10 del minimo) per effetto del ravvedimento operoso, ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97;
– la sanzione per l’eventuale tardivo o carente pagamento del tributo, pari al 30% dell’imposta non versata (15% dell’imposta, per i versamenti operati entro 90 giorni dalla scadenza), ai sensi dell’art. 13 comma 1 del DLgs. 471/97, ferma la riduzione derivante dal ravvedimento operoso.
Se la dichiarazione IVA per il 2022 è presentata successivamente al 31 luglio 2023, tale dichiarazione si considera omessa ed è applicabile la sanzione di cui all’art. 5 comma 1 del DLgs. 471/97, in misura:
– dal 120% al 240% (con un minimo di 250 euro) dell’ammontare dell’IVA dovuta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione;
– dal 60% al 120% dell’imposta dovuta (con un minimo di 200 euro), nel caso in cui la dichiarazione omessa sia presentata entro il termine per la dichiarazione relativa all’anno successivo (30 aprile 2024) e comunque prima dell’avvio di qualsiasi attività di accertamento di cui il soggetto passivo abbia avuto formale conoscenza.
Qualora il soggetto effettui esclusivamente operazioni per le quali l’IVA non è dovuta, la sanzione è di importo da 250 a 2.000 euro (oppure, da 150 a 1.000 euro se la dichiarazione omessa è presentata entro il termine per la dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo), a norma dell’art. 5 comma 3 del DLgs. 471/97.
Nell’ipotesi di dichiarazione omessa, le sanzioni non possono essere regolarizzate spontaneamente mediante l’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 comma 1 lett. c) del DLgs. 472/97 e circ. Agenzia delle Entrate n. 42/2016).
Resta possibile la presentazione di una dichiarazione integrativa, da parte del soggetto passivo, allo scopo di emendare omissioni o errori relativi alla compilazione del modello IVA.
Nel caso della dichiarazione riferita all’anno 2022, trasmessa entro il 2 maggio 2023 o nei 90 giorni successivi, è possibile presentare la c.d. “integrativa” entro il 31 dicembre 2028, vale a dire entro i termini per la decadenza del potere di accertamento fissati dall’art. 57 del DPR 633/72.
La dichiarazione IVA integrativa può assolvere anche altre finalità, quali:
– l’apposizione del visto di conformità e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, in precedenza assenti (risposta a interpello n. 289/2021);
– la modifica della scelta sull’utilizzo del credito IVA (risposta a interpello n. 231/2020).
Un ulteriore ruolo della dichiarazione integrativa consiste nella possibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta su una fattura d’acquisto ricevuta nel 2022, ma non registrata tempestivamente.
Difatti, come precisato nella circ. Agenzia delle Entrate n. 1/2018, il diritto alla detrazione è subordinato all’esistenza di un duplice requisito, ossia l’avvenuta esigibilità dell’imposta e il possesso di una valida fattura d’acquisto.
Il diritto può essere esercitato entro la data di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i presupposti e con riferimento allo stesso periodo d’imposta.
Tuttavia, il soggetto passivo che non abbia esercitato per tempo il diritto alla detrazione dell’IVA riferita a una fattura ricevuta nel 2022 può recuperare l’imposta assolta presentando una dichiarazione integrativa “a favore” non oltre il citato termine del 31 dicembre 2028.