Illegittimo l’accertamento basato sulle indagini finanziarie quando il professionista dimostra che il versamento sospetto sul conto cointestato con la moglie non è altro che un incasso in contanti delle sue prestazioni.
È quanto affermato dalla Corte di cassazione che, con ordinanza 17413 del 30 maggio 2022, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
La contestazione riguardava, in particolare, un versamento in contanti da parte del professionista su un conto cointestato con il coniuge.
Col proprio ricorso in Cassazione l’Agenzia delle entrate, dopo le soccombenze in entrambi i gradi di merito, denunciava violazione dell’art. 32 del dpr 600/1973 per avere la Ctr erroneamente ritenuto adeguata la prova contraria fornita dal contribuente.
Nel rigettare il ricorso la Cassazione ha ricordato che in tema di indagini finanziarie, si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (cfr. Cass.15538/2020, 9423/2020, 24422/2018, 15857/2016).
Nel caso di specie la Ctr si era adeguata al principio ritenendo, sulla scorta dell’esame della documentazione contabile fornita dal contribuente, che il versamento di 12.000,00 euro, sia stato adeguatamente giustificato sulla base del fatto che nel periodo preso in considerazione il professionista ha incassato in contante compensi (pari ad euro 51.432,97) per prestazioni notarili
eccedenti euro 45.000,00 e, quindi, una somma ben superiore a quella contestata dall’ufficio.